Le Feste


A Venezia le feste pubbliche sono state sempre numerose e complesse: le feste principali erano quelle che ricordavano eventi storici della Serenissima e quelle religiose. Entrambe si svolgevano con la partecipazione unanime del popolo e degli onnipresenti stranieri e avevano lo scopo di dimostrare l’unità dello stato e rinsaldare i sentimenti patriottici e religiosi. La Repubblica sapeva bene come organizzare la memoria storica e collettiva dei suoi cittadini, tutte le feste avevano la funzione di aggregare le masse attorno ai simboli della città.

Assieme alla feste di commemorazione storica e a quelle religiose si svolgevano, e in parte si svolgono ancora, feste costituite da competizioni di forza e coraggio che avevano lo scopo di tenere in vita lo spirito combattivo: le regate, le lotte dei pugni, le forze d’Ercole, le giostre con i cavalli, le finte battaglie navali. Molte di questa feste non si celebrano più ma i veneziani, nel loro piccolo, le rispettano e le riconoscono essendo oramai entrate a far parte dell’inconscio collettivo. E non dimentichiamo il Carnevale, la più famosa delle feste, un strabiliante miscela dal sapore sacro e profano.

FESTA DELLE MARIE

a Carnevale

La Festa delle Marie era una delle più amate dal popolo veneziano che però cadde in disuso già nel 1379 e furipresa alcuni secoli dopo ma in forma molto ridotta.

Narra una leggenda che nel 943, sotto il doge Pietro Candiano, fosse nell’uso veneziano celebrare i matrimoni in ‘un unico giorno dell’anno. Le spose partivano in corteo acqueo dall’Arsenale lungo il rio detto “delle Vergini” per raggiungere i promessi sposi che le attendevano assieme agli invitati nella Chiesa di San Nicolò al Lido. Quell’anno i pirati triestini o narentani, con una temeraria scorreria, assalirono il corteo in laguna e rapirono le spose con tutti i corredi e le doti. I pirati vennero presto raggiunti nella laguna di Caorle (dove i pirat8i si stavano spartendo il bottino) dalla spedizione che i veneziani inferociti avevano approntato già poche ore dopo il ratto. I pirati vennero tutti trucidati sul posto e le spose riportate alla cerimonia. Il Governo della Serenissima impose allora a didici famiglie patrizie di provvedere ogni anno alla dote di dodici fanciulle veneziane povere scelte tra le più belle e che venivano battezzate come “Marie”.

La festa si svolgeva nel mese di gennaio e prevedeva che le fanciulle si recassero nelle Chiesa di San Pietro di Castello dove venivano benedette dal vescovo. Dopo la banedizione le ragazze venivano portate a San Marco per incontrare il Doge. Seguiva la sfilata sul Bucintoro fino a Santa Maria Formosa.

Nel corso dei secoli ci furono volte in cui la festa diventò una vera e propria farsa con le Marie sostituite da dodici fantocci di legno sui quali il popolo si esercitava al tiro al bersaglio. Da questo gioco nacque il detto delle “Maria de Tola” ad indicare una donna freda e impettita. Secondo una interpretazione etimologica da questa espressione deriverebbe anche il termine Marionetta.

L' antica festa è stata reintrodotta in tempi recenti e si celebra in due distinte occasioni. Una durante il Carnevale con la parata di dodici fanciulle veneziane, tra cui viene eletta la più bella. L'altra in giugno quando, durante la festa di S.Pietro di Castello, si organizza la regata femminile su mascarete detta appunto delle Marie, cui partecipano giovani regatanti alle prime esperienze sui remi.

FESTA DI SAN MARCO

25 Aprile

Il 25 aprile a Venezia si festeggia San Marco, il patrono della città. Anticamente in questa giornata si svolgeva in piazza una famosa processione alla quale partecipavano aurìtorità religiose, civili e rappresentanti delle arti. Ancora oggi San Marco si festeggia con una processione in Basilica.

Tra i veneziani è estremamente diffusa la consuetudine di donare in questa giornata un “bocolo”, un bocciolo di rosa alle donne che più si amano.

LA FESTA DELLA SENSA

a maggio per il giorno dell'Ascensione

La Festa della Sensa è una delle più antiche feste veneziane. Si festeggia da più di mille anni nel giorno del’Ascensione (il giorno della Sensa) e celebra lo Sposalizio del Mare a ricordo della conquista della Dalmazia da parte delle navi veneziane capeggiate dal Doge Pietro Orseolo II nel 1999.

Con essa Venezia liberava il Mare Adriatico dalla pirateria divenendo la regina incontrastata di questo mare.

Dopo la vittoria venne decretato che ogni anno nel giorno della Sensa il Doge e il Patriarca dovessero recarsi fuori del porto del Lido per benedire l’acqua. Qualche anno dopo, esattamente nel 1177, il papa Alessandro III donò al Doge Sebastiano Zani un anello d’oro per l’aiuto avuto nella riconciliazione con l’imperatore Federico Barbarossa, riconoscendo alla Serenissima la sovranità sul mare, e, da quel momento in poi cominciò la secolare tradizione dello Sposalizio del Mare, la mistica unione di Venezia con il Mare. Il Doge saliva sul Bucintoro, la sua nave di rappresentanza, con tutto il suo seguito, il clero, gli ambasciatori presenti, i Capi del Consiglio dei Dieci e altre autorità.

Seguito da un folto corteo di barche di ogni forma e dimensione tutte parate a festa, il Bucintoro salpava verso il porto del Lido. Giunti davanti al Forte di Sant’Andrea il patriarca versava dell’acqua benedetta mentre il Doge lasciava cedere in acqua l’anello d’oro pronunciando queste parole: “Ti sposiamo, o mare, in segno di eterno dominio”.

La festa era davvero grandiosa. Dopo questa cerimonia iniziava la Fiera della Sensa con spettacoli, saltimbanchi, cantastorie in tutte le calli di Venezia. In Piazza San Marco si svolgeva un grande mercato all’interno di botteghe di legno montate per l’occasione tutto intorno alla piazza e all’interno delle quali si potevano acquistare prodotti di ogni tipo e provenienti da ogni paese e l’atmosfera che si respirava era quella di una contemporanea Fiera Internazionale. L’ultimo Sposalizio del Mare della Repubblica di Venezia avvenne nel 1796 sotto il dogado di Ludovico Manin. La cerimonia si ripete oggi come festa tradizionale la prima domenica dopo il giorno dell’Ascensione.

VOGALONGA

a maggio

In Maggio si svolge anche una “vogata” non competitiva per qualsiasi tipo di natante a remi molto sentita dalla popolazione chiamata Vogalonga.

Fu organizzata per la prima volta nel 1975 dalla famiglia Rosa Salva assieme ad amici e amanti della voga e delle tradizioni veneziane. Il successo fu strepitoso e alla manifestazione aderirono tutte le società remiere, la stampa, le autorità cittadine e la popolazione.

Oggi partecipano circa 1000 imbarcazioni di ogni tipo, circa 3000 vogatori (gruppi di amici, famiglie intere, anziani, donne e bambini. C’è chi porta in barca anche il cane o il gatto di casa).

La Vogalonga è stata anche una ventata d’aria fresca per la picola cantieristica della città. Sono state ricostruite anche tipologie di imbarcazione oramai scomparse e riprese dalle opere dei grandi vedutisti veneti: Canaletto, Guardi, Longhi.

PALIO DELLE REPUBBLICHE MARINARE

tra maggio e giugno

Il Palio delle Repubbliche Marinare è legato alle più antiche Repubbliche italiane che un tempo erano, come ben sappiamo, Venezia, Genova Pisa e Amalfi.

La prima edizione della regata si svolse nel 1955 quando i rappresentanti delle quattro città si riunirono per organizzare una manifestazione che ricordasse i fasti dei secoli passati. Si stabilì che la Regata dovesse svolgersi su galeoni ad otto rematori più un timoniere e doveva svolgersi ogni anno a turno in una di queste città.

Ogni quattro anni si può ammirare la Regata sul Canal Grande con i quattro galeoni che si sfidano simbolicamente e preceduti da un corteo di barche riccamente parate e con gli equipaggi in costume d’epoca. Tutte le volte il tifo è incredibile e grazie all’incitamento dei cittadini Venezia ha già riportato numerose vittorie. La regata si svolge tra maggio e giugno.

FESTA DEL REDENTORE

terzo sabato del mese di Luglio

La festa più sentita dai veneziani è, tuttavia, quella del Redentore. Nel 1575 l’Italia fu investita da una tremenda epidemia di peste che dilagò per la città di Venezia per quasi due anni, mietendo quasi cinquantamila vittime. A seguito di altre epidemie analoghe scoppiate in epoche precedenti il Governo Veneziano, attraverso i Provveditori alla Sanità, aveva già fatto costruire due Lazzaretti (Lazzaretto Nuovo e Lazzaretto Vecchio) in un’isola della Laguna, nel 1423 e nel 1468 ma durante l’epidemia del1575 i due ricoveri erano talmente sovraccarichi che il Senato decretò che potessero sostare vicino all’isola delle grandi barche contenenti gli ammalati non ricoverabili nei lazzaretti.

Nel frattempo tutti i mendicati della città venivano arrestati perché erano gli individui più soggetti a contrarre il morbo a causa delle lor precarie condizioni igieniche. Anche loro vennero caricati su quasi duemila barche ancorate vicino ai Lazzaretti. Un altro ricovero utilizzato fu la Chiesa della Madonna dell’Orto.

In città si inceneriva ogni cosa potesse avere avuto contatto con i malati, si purificava l’aria bruciando del ginepro che arrivava apposta dall’Istria e dalla Dalmazia, si obbligavano gli abitanti a restare chiusi in casa per otto giorni chiudendo i sestieri. Ma tutto fu inutile. Non sapendo più cosa fare il doge esortò il popolo a pregare e deliberò la costruzione di un tempio votivo dedicato al Redentore non appena la pestilenza fosse terminata. Il Governo affidò l’incarico ad Andrea Palladio. La sede scelta fu l’isola della Giudecca e la prima pietra fu posta il 3 maggio del 1577.

La fine del morbo fu annunziata nel luglio dello stessa anno nella Basilica di San Marco e si decretò che la terza domenica di luglio fosse per sempre dedicata alla visita del tempio del Redentore. Si costuì allora un ponte di barche da Piazza San Marco alla Giudecca per far passare la processione e il popolo al seguito e così per ogni anno a venire.

La festa si svolge tuttora. Un tempo era preceduta da numerosi preparativi e a poco a poco si cominciò a festeggiarla sin dalla vigilia perché molta gente per paura di non trovare posto per le cerimonie prese l’abitudine di recarsi alla Giudecca sin dalla sera prima trascorrendovi la notte. Così sorsero delle cucine ambulanti per chi, sulla riva, nelle calli e nei giardini o nella barche passava la sera e la notte in attesa delle cerimonie.

Diventò così la Sagra del Redentore o il Redentor, dove famiglie intere del popolo o della nobiltà e gruppi di amici restavano alla Giudecca a mangiare, bere e fare festa, tutti assieme e per tutta la notte.

Alle 23.30 inizia il gioco pirotecnico. Il ponte di barche viene costruito ancora oggi, inizia dalle Zattere e, attraversando il canale della Giudecca, arriva proprio davanti al Tempio del Redentore.

LA REGATA STORICA

L’acqua è l’elemento che maggiormente caratterizza Venezia e non è certamente un caso che la festa più conosciuta e spettacolare della città si svolga proprio sulle acque del Canal Grande

La Regata Storica è ancor oggi uno dei momenti più spettacolari, pittoreschi e coinvolgenti della vita cittadina, in grado, nello stesso tempo, di incantare i turisti e di eccitare e appassionare i locali.

Fin dai primi anni della Repubblica era tradizione organizzare delle competizioni tra barche in occasione della visita a Venezia di personaggi importanti quali regnanti, ambasciatori, stranieri o per festeggiare qualche avvenimento storico o politico.

La gara vera e propria era preceduta da un corteo composto da decine di barche colorate (le bissone) e di vario tipo addobbate magnificamente dalla verie famiglie nobili, al centro della quali stava il famoso Bucintoro.

La gara che si svolgeva successivamente era quella che più accendeva gli animi perché vi prendevano parte i campioni più conosciuti e più forti tra i gondolieri delle famiglie patrizie.

Ogni anno nel pomeriggio della prima domenica di settembre si rinnova questa manifestazione squisitamente veneziana con le stesse regole, gli stessi sfarzi dei secoli andati e con la stessa partecipazione di popolo che acclama i suoi campioni nel magnifico scenario del Canal Grande.

FESTA DELLA MADONNA DELLA SALUTE

21 novembre

Anche la Festa della Madonna della Salute ha una origine legata ai lutti subiti dalla città di Venezia nel corso del Seicento e, in particolar modo, nel 1629 quando l’Italia si trovava in una contingenza particolare sia per i continui rimpasti nella successione dei vari governi sia per la presenza sul territorio di truppe straniere.

Queste ultime portarono in italia un’altra ondata di peste che si annidò anche a Venezia e cominciò a diffondersi a macchia d’olio, aiutata anche dall’ignoranza dei mendicanti che rivendevano gli indumenti dei morti e dalla scarsa conoscenza di norme igieniche.

Anche questa volta, poiché la peste non accennava a calmarsi, ci si rivolse al cielo e il Senato stabilì che si edificasse un nuovo tempio. La peste finì e il nuovo tempio venne dedicato a Santa Maria della Salute. Inoltre il Senato deliberò che ogni anno, nel giorno ufficiale delle fine del contagio, i Dogi dovessero andare a visitare solennemente questa chiesa. La cerimonia della posa delle prima pietra si effettuò il primo aprile costruendo, per l’occasione, un ponte di barche che attraversava il Canal Grande verso la costutuenda chiesa. In quel giorno un’imponente processione preceduta dall’immagine della Madonna Nicopeja si mosse da San Marco verso il luogo stabilito con tutte le autorità e il popolo, escluse la donne, che in quel periodo non potevano uscire dai propri rioni.

Il 6 settembre 1631 si gettarono le prime fondazioni secondo il progetto di costruzione di Baldasserre Longhena, scelto dal Senato tra gli undici presentati. Il 28 novembre fu decretato giorno ufficiale dalla liberazione dal morbo. La peste avava fatto cinquantamila vittime solo a Venezia, mentre in tutto il territorio della Repubblica c’erano stati settecentomila morti. La data della festa venne spostata definitivamente il 21 novembre. Quale che sia il clima la folla si reca tuttora in pellegrinaggio nei pressi della chiesa attraverso un ponte di barche costruito per l’occasione sul Canal Grande.

Davanti alla chiesa e nei campi vicini si svolge una fiera e non mancano le bancarelle: non solo ceri votivi, ma anche fritole, dociumi in genere, palloncini, giocattoli, in un’atmosfera mista di sacro e profano.

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