La Chiesa nei secoli I-X


Con gli Apostoli in partenza per la prima volta, facili all’entusiasmo e allo scoraggiamento, volenterosi e sprovveduti, incomincia il “pellegrinaggio sulla terra” di tutta la Chiesa. Un lungo cammino sempre in corso, sempre pieno delle vicende che hanno incontrato i primi evangelizzatori, sempre travagliato da insufficienze e debolezze. Non verrà mai il momento della totale sicurezza. Sarà un continuo esaminarsi e interrogarsi sulla propria qualità di trasmettitori fedeli dell’annuncio e sul proprio coraggio nel diffonderlo veramente tutto. A volte una deviazione è servita a far scattare nel tempo una giusta reazione e allo stesso modo il fatto che non ci siano mai state vittorie complete, sta a indicare che c'è sempre un margine da riempire, qualcosa da rendere più giusto è perfetto. Di qui la catena dei successi e degli insuccessi che ripete il ritmo della nostra vita terrena. La storia della Chiesa é infatti l'immagine della nostra piccola storia quotidiana: da una parte c'è una premessa altissima, un desiderio di rinnovamento e dall'altra la delusione la vanificazione, il dover riconoscere la nostra impotenza.


Il Cristianesimo è la religione fondata da Gesù di Nazareth. “Cristo” è la traduzione greca della parola ebraica “messia”, che vuol dire “unto". I primi fedeli di Gesù furono chiamati “cristiani” dai pagani di Antiochia, e questo nome è loro rimasto. La religione di Gesù si presentava come lo sviluppo della religione giudaica; Gesù si diceva il Messia atteso dagli Ebrei, inviato da Dio non per abolire ma per completare l'opera di Mosè e dei profeti. La novità del messaggio di Gesù (Vangelo significa, dal gr., buona novella) fu tale, tuttavia, da soppiantare coi suoi princìpi morali e religiosi molte delle dottrine precedenti, sì da imprimere un nuovo indirizzo al corso della civiltà, che tuttora può dirsi cristiana. Il cristiano è colui il quale pensa, secondo l'insegnamento di Paolo, che tutto debba essere reinterpretato nella luce di Gesù. Da questo punto di vista, la religione giudaica fu una preparazione lenta e progressiva alla venuta di Gesù, annunciato dalla fede di Abramo e dalla legge di Mosè, e del quale i profeti avevano delineato in precedenza il duplice aspetto, umiliato e glorioso. La religione cristiana continua l'opera di Gesù fino alla fine dei secoli, applicando secondo le circostanze il suo messaggio. Il cristianesimo si ispira a Gesù, ritenendo il suo passaggio terreno il più grande avvenimento della storia, e si conforma al suo insegnamento che, mentre annunciava la venuta del regno di Dio, predicava la conversione dei cuori all'amore per il prossimo, identificato con l'amore per Iddio. Unico tra i fondatori di religioni, Gesù è insieme un essere umano soggetto alla storia e un essere divino e trascendente che, quale Figlio unigenito di Dio Padre, può affermare di esercitarne sovranamente i poteri. Dopo il sacrificio della croce, patito per riscattare l'umanità dal peccato, il suo messaggio, per opera degli apostoli, e soprattutto di Paolo, varcò i confini del mondo giudaico e si fece universale. La forza della nuova religione consistette nel proporre l'idea di uno slancio continuo verso il meglio, con la coscienza dell'inadeguatezza dei risultati di volta in volta raggiunti: il cristianesimo sostituiva all'ideale greco e romano del saggio quello dell'uomo perennemente teso verso una perfezione irraggiungibile in questo mondo. La virtù per eccellenza è la carità, atto d'amore verso le creature, che è atto d'amore verso il Creatore stesso, il quale non in questo mondo elargirà i premi ai buoni e le pene ai malvagi. E la carità deve esercitarsi verso ogni uomo, senza distinzione di stirpi e di categorie sociali; di qui venne il fermento di concezioni radicalmente nuove, quali la condanna della schiavitù e il rifiuto dei piaceri della carne, per cercare in tutto, anche nell'amore, i valori spirituali. Nonostante l'ostilità del giudaismo di Gerusalemme e del paganesimo della Roma imperiale, il cristianesimo ebbe rapida diffusione. La causa del suo successo fu, con l'inquietudine delle coscienze, la sublimità della sua dottrina, che rispondeva alle angosce insopprimibili dell'uomo, rivelandogli il senso della vita e della morte, la felicità dei buoni e il castigo dei cattivi, il mistero della vita divina, e l'amore infinito di Dio per l'uomo. A differenza delle altre religioni, il cristianesimo, con la Grazia di Gesù, dava all'uomo peccatore il mezzo di compiere i doveri di giustizia e d'amore che gli erano imposti. Il cristianesimo, inoltre, spezzando l'antico ordine sociale, fece cadere le barriere tra le razze, le classi e i popoli. Dall'idea dell'uguaglianza degli uomini davanti al Padre che è nei Cieli derivarono lentamente mutamenti radicali.



LA  CHIESA PRIMITIVA

La  Chiesa cristiana nacque dopo l'Ascensione, quando gli apostoli si riunirono nel cenacolo e cominciarono a organizzare la comunità dei discepoli di Gesù. Le sue prime conquiste datano dal giorno della Pentecoste (cinquanta giorni dopo la Pasqua), quando gli apostoli, ricevuto lo Spirito Santo, uscirono a predicare la parola di Gesù agli ebrei presenti a Gerusalemme per le feste. Una prima scelta si impose subito: bisognava decidere se la comunità dei discepoli di Cristo dovesse rimanere una comunità giudaica o estendersi ai pagani. Pietro, battezzando il centurione romano Cornelio, Filippo predicando in Samaria, battezzando l'eunuco della regina Candace, affermarono già il principio dell'universalismo cristiano. Le autorità giudaiche, perseguitando la comunità cristiana di Gerusalemme (martirio di Stefano nel 36, persecuzione di Erode Agrippa nel 41), consacrarono la rottura del giudaismo ufficiale con la comunità cristiana. Questa rottura fu sancita all'interno stesso della Chiesa quando gli apostoli riuniti a Gerusalemme (nel 49) decisero che i pagani potevano entrare nella comunità senza subire la circoncisione, e rimanervi, come fedeli a pieno diritto, senza essere costretti ai precetti rituali del giudaismo. Già, ad Antiochia, i discepoli avevano preso il nome di “cristiani”. Un impulso particolarmente vigoroso fu dato alla nuova comunità da un ebreo convertito, Paolo. Nei suoi tre grandi viaggi missionari (47-48, 49-52, 53-58) Paolo fondò e rinsaldò il cristianesimo nel mondo orientale, ellenico e romano. Parallelamente, o piuttosto congiuntamente con l'apostolato missionario degli apostoli, si pone la redazione dei testi del Nuovo Testamento ispirati dallo Spirito Santo: i Vangeli, gli Atti degli Apostoli, le Lettere di Paolo, le Lettere cattoliche e l'Apocalisse, la cui redazione definitiva è posta negli anni che vanno dal 50 al 100 circa. A partire dalla metà del primo secolo esisteva una comunità cristiana a Roma. Alla fine dell'età apostolica, le basi della Chiesa cristiana erano già tutte poste: universalismo, unità dottrinale (assicurata dai testi sacri, dal ricorso all'autorità gerarchica e alla tradizione apostolica), unità organizzativa (grazie alla costituzione d'una gerarchia che prevalse in autorità sul profetismo carismatico), unità di vita spirituale. La vitalità della Chiesa si veniva così affermando attraverso la testimonianza dei martiri, l'efficacia della sua predicazione, la coesione delle comunità nella celebrazione liturgica e nello spirito di carità.



II - III SECOLO

La procedura contro i cristiani fu istituzionalizzata per la prima volta dai decreti di Traiano (112 d.C.). Le persecuzioni più rilevanti furono quelle di Nerone, di Traiano, di Marco Aurelio, di Decio, di Valeriano, di Diocleziano. Alcune, soprattutto quelle di Decio, procurarono molte perdite ai cristiani; nell'insieme tuttavia esse, ben lungi dall'indebolire la Chiesa, la fortificarono con l'esempio eroico dei martiri. Costretta alla clandestinità, la Chiesa attinse allora tutta la sua forza nella vita interiore, incentrata attorno alla celebrazione della Cena del Signore; il culto, proibito dalle leggi dell'impero, veniva celebrato nascostamente presso privati o nei cimiteri sotterranei (catacombe). Nel campo dottrinario tre obiettivi si imponevano: mantenere e approfondire la fede lasciata da Cristo e dagli apostoli; difenderla dalle eresie apparse fin dalla nascita della Chiesa (giudaismo cristiano, docetismo); giustificare il cristianesimo davanti ai pagani. Alla generazione dei padri apostolici della fine del I secolo-prima metà del II: Clemente di Roma (+100), Ignazio di Antiochia (35-107), Erma, Policarpo di Smirne (69-155), successero a partire dal 150 i grandi apologisti, quali Giustino (100-164), Tertulliano (155-230), Cipriano (210-250). Nonostante la minaccia dello gnosticismo, tentativo del pensiero filosofico (sopratutto neo-platonico) di assorbire il cristianesimo e ridurlo a una semplice filosofia religiosa, assai presto si manifestò da parte ortodossa uno sforzo per elaborare una sintesi tra fede e cultura greca: questa fu opera della scuola di Alessandria, i cui due principali maestri furono Clemente d'Alessandria (150-215) e Origene (185-254). Nel campo penitenziale infine, la Chiesa mantenne fermamente il primato della carità contro il rigorismo asceta del montanismo (fine del II secolo). Il piccolo e sparso universo cristiano era un vivacissimo laboratorio dottrinale, che vedeva scontrarsi molte differenti maniere di vedere Gesù. C’era chi accentuava una caratteristica e chi un’altra. I cristiani compirono uno sforzo drammatico per definire chiaramente i termini della fede e per pregare come si crede. Dopo aver lasciato campo libero all’orazione spontanea, si cominciò a fare attenzione alle formule stesse della preghiera. Poiché una formula generale non era ancora fissata, circolavano vari tipi di Credo. Uno di essi, recitato nel secondo secolo diceva: “Io credo nel Padre onnipotente, in Gesù Cristo nostro Salvatore e nello Spirito Santo, Paraclito; nella Santa Chiesa, nella remissione dei peccati”.



IV SECOLO

L'imperatore Costantino (306-337) aprì una nuova era nella storia del cristianesimo: con "l'editto di Milano" (inizio del 313), concesse ai cristiani la libertà religiosa e la restituzione integrale dei loro beni confiscati dallo stato. Benché si facesse battezzare egli stesso soltanto poco prima di morire, Costantino si sforzò di preparare l'unità religiosa dell'impero per opera del cristianesimo; conservò il titolo di pontifex maximus, ma si astenne sempre più dall'assistere alle cerimonie di culto non cristiano; pose sui vessilli non più l'aquila romana, ma il monogramma di Cristo; improntò il diritto penale e quello civile a un sentimento cristiano (abolizione del supplizio della croce, protezione della famiglia, dei bambini, degli schiavi; leggi più dure contro l'adulterio). La costruzione di numerose basiliche, l'apertura del Santo Sepolcro da parte dell'imperatrice Elena (248-329), madre dell'imperatore, la fondazione di una nuova capitale, Costantinopoli (330), consacrata al Dio dei martiri, furono altrettanti segni della predilezione che il potere cominciava a dimostrare per il cristianesimo. Di più Costantino volle essere un vero "vescovo dal di fuori": fu così che intervenne personalmente nella grande disputa dottrinale aperta dall'arianesimo, che negava la natura divina di Gesù Cristo, fu condannata dal concilio di Nicea (325), primo concilio ecumenico dove fu adottata una formula che riassumeva la dottrina cristiana, il simbolo di Nicea. Malgrado la sua buona volontà Costantino aveva dato in quell'occasione l'esempio di una poco felice ingerenza del potere imperiale nelle questioni prettamente religiose. La libertà concessa alla Chiesa si trasformò in una tutela che divenne intollerabile quando i successori di Costantino, Costante e Valente, si fecero protettori dell'arianesimo; si dovette attendere l'imperatore Teodosio perché  gli venisse dato il colpo decisivo, al concilio di Costantinopoli (381), dopo più di mezzo secolo di appassionate dispute, ma per molto tempo ancora la Chiesa sarebbe stata scossa da conflitti dottrinali. L'impero divenne definitivamente cristiano sotto il regno di Teodosio I (346-395) che, con una serie di leggi del 391-92, perseguitò duramente le religioni non cristiane, ne proibì il culto, ne chiuse i templi e fece del cristianesimo la religione ufficiale dello stato. Ma la Chiesa ufficiale, improvvisamente ingrossata dall'afflusso di conversioni opportuniste, non dimostrava lo stesso fervore e la stessa purezza della Chiesa dell'epoca delle persecuzioni: il rifugio delle anime forti, avide di perfezione, fu allora il monachesimo. La rinuncia ai beni terreni si accompagnava all’isolamento dal mondo, al fine di condurre una vita ascetica: la forma più originaria di monachesimo fu quella degli anacoreti, che vivevano in completa solitudine nei deserti dell’Egitto e della Siria. L’esempio di Antonio (251-356) è emblematico della scelta di monachesimo anacoretico, di cui egli è considerato il fondatore: figlio di contadini egiziani, risponde al richiamo del Vangelo assumendo la povertà e la fuga dal mondo a fondamento della propria scelta evangelica e della vita monastica. Tale esempio influenzò fortemente la chiesa cristiana: altri adottarono il monachesimo come ideale di vita, isolandosi nel silenzio dei luoghi deserti e praticando l’ascesi individuale. Molto presto monaci anacoreti si riunirono, facendo esperienza di vita comunitaria: fu l’eremita Pacomio (292-348) il primo a introdurre una regola monastica, fondando il primo cenobio, da cui sarebbe sorto il monachesimo cenobita, basato sulla preghiera, la pratica della penitenza e il lavoro finalizzato al sostentamento della comunità e all’assistenza dei poveri. Dall'Oriente il monachesimo fu ben presto portato in occidente da Girolamo (347-420), Agostino (354-430) e Martino di Tours (316-397), che fondò a Ligugé il primo monastero della Gallia.



V-VII  SECOLO

Mentre l'Oriente era assorbito dalle dispute teologiche, l'Occidente si frantumava sotto la pressione delle grandi invasioni barbariche: nel 410 Roma fu presa dal goto Alarico; nel 476 Odoacre, capo degli Eruli, diede il colpo fatale all'impero d'Occidente. Di fronte a questo crollo, la Chiesa comprese che non doveva legarsi ad alcuna forma politica particolare (come dimostrò Agostino nella Città di Dio, 420-29). Nello sfacelo dell'impero, ritenne di essere il solo organismo in grado di guidare i popoli; da quel momento, oltre alla sua propria missione essenzialmente spirituale, decise di assumere anche un ruolo temporale: molti vescovi divennero "difensori della città"; Leone Magno (390-461), con il suo atteggiamento coraggioso e facendo donazioni, arrestò Attila e Genserico. Lungi dal limitarsi a un atteggiamento difensivo, la Chiesa intraprese la conversione dei barbari all'arianesimo che, per opera di Ulfila (311-388), era stato introdotto tra i Germani fin dalla metà del IV secolo. Il battesimo del re dei Franchi, Clodoveo (attorno al 496), primo capo dei Germani ad abbracciare la fede, ebbe un'importanza capitale; godendo ormai dell'appoggio del clero, Clodoveo divenne il campione contro l'arianesimo dei Visigoti che, dapprima ricacciati in Spagna, finirono per convertirsi (586). La Chiesa d'Africa invece, così fiorente dal II secolo agli inizi del V secolo (epoca di Tertulliano, Cipriano, Agostino) doveva essere poi distrutta dalle violente persecuzioni dei Vandali; ristabilita in seguito alle vittorie del generale bizantino Belisario (533) fu definitivamente annientata all'inizio del VII secolo dall'invasione musulmana. In Italia i secoli V e VI videro l'ascesa del vescovo romano, il cui intervento era stato decisivo già in diverse dispute dottrinali (specialmente al concilio di Efeso, 431 e al concilio di Calcedonia, 451). Sottomesso alla tutela di Bisanzio dall'imperatore Giustiniano (527-65), il pontefice romano si rese indipendente da Costantinopoli al tempo di Gregorio Magno (540-604). Questo ultimo, romano di antica stirpe e profondamente legato alle tradizioni de mondo antico, ma cosciente dei pericoli che comportava per la Chiesa il cesaropapismo orientale, ebbe il coraggio di indirizzare risolutamente quest'ultima verso i barbari d'Occidente. Assumendo in Italia il ruolo di un vero sovrano, trattò con i Longobardi, intrecciò strette relazioni con i Merovingi e i re visigoti e infine, dal 597, intraprese la conversione degli Anglosassoni. Durante tutto il suo pontificato estremamente attivo, Gregorio Magno si appoggiò sempre al monachesimo che incontrava un crescente favore in tutto l'Occidente. La Chiesa si fece educatrice dei barbari e proprio attraverso di essa si compì l'unione del mondo antico con il nuovo Occidente germanico. Vivificata dalla vitalità delle razze germaniche, la Chiesa si sforzò di introdurre la morale evangelica in una società abbandonata alla violenza: i vescovi, divenuti grandi proprietari e godendo di esenzioni di ogni sorta, esercitavano una notevole influenza nelle città; incutevano timore con il potere di scomunica; prendevano parte al governo, sostenevano spesso il ruolo di consiglieri del re e in tal modo, benché la Chiesa apparisse più libera nel VII secolo che non durante l'impero romano, si produceva una profonda compenetrazione tra potere spirituale e temporale che sarebbe rimasta fino al XIV secolo l'aspetto caratteristico della cristianità medievale.



VIII-X SECOLO

La vittoria di Carlo Martello sugli Arabi (732) strinse ancor più i legami della Chiesa con i Franchi e fece si che il papato assumesse un atteggiamento favorevole nei riguardi della nuova dinastia carolingia: nel 751; il papa Zaccaria approvò il colpo di stato di Pipino il Breve che, da Bonifacio, fu consacrato re dei Franchi; nel 754, il papa Stefano II, minacciato dai Longobardi, ottenne l'aiuto di Pipino che ebbe in cambio il titolo di "patrizio dei Romani". Dopo due campagne vittoriose contro i Longobardi, il re franco diede al papa l'esarcato di Ravenna e il ducato di Roma: questa "donazione di Pipino"(756) costituì il primo nucleo del patrimonium Petri e del potere temporale dei papi, che sarebbe poi durato undici secoli. L'alleanza del papato e dei principi franchi fu infine suggellata in modo grandioso con l'incoronazione imperiale di Carlomagno (742-814) a Roma (800) da parte di papa Leone III. Questo atto, di enorme portata, pose le basi politiche della cristianità medievale: il mondo era ormai sottomesso a due sole autorità che dominavano tutte le altre, il papa e l'imperatore. In realtà la Chiesa avrebbe pagato assai cara, per molti secoli, la protezione che le assicurava l'imperatore: il nuovo stato pontificio era indipendente ma sotto la sovranità di Carlomagno. Quest'ultimo ottenne inoltre un diritto di controllo nelle elezioni pontificie, fonte di molte lotte future. Più ancora che Costantino, Carlomagno intervenne costantemente nella vita interna della Chiesa, esercitando una sorte di magistratura suprema, allo stesso tempo politica e religiosa, e servendosi della Chiesa quale forza unificatrice dell'impero. Questa azione fu tuttavia benefica: la gerarchia ecclesiastica fu epurata e riorganizzata, ma l'antico sistema di elezione dei vescovi fu sostituito dalla nomina reale; furono ristabilite le leggi canoniche; furono unificate le liturgie con l'adozione di quella romana; e soprattutto l'epoca carolingia fu segnata da una meravigliosa rinascita intellettuale cristiana. Lo slancio missionario della Chiesa continuò a svilupparsi nell'Europa centrale e settentrionale: alla fine del VII secolo gli Anglosassoni erano quasi totalmente convertiti e le usanze romane avevano trionfato sul particolarismo celtico al sinodo di Whitby (664). La conversione della Germania, avviata da monaci irlandesi, fu realizzata da Willibrord (658-739) nell'VIII secolo e soprattutto da Bonifacio (680-754); Carlomagno la ultimò poi con la brutale conquista della Sassonia terminata nell'804. L'evangelizzazione della Danimarca, intrapresa da Anscario, fu portata a termine soltanto alla fine del X secolo; quella della Svezia e della Norvegia ai primi dell'XI secolo. Nell'Europa centrale i fratelli Cirillo (827-869) e Metodio (815-885) portarono la fede in Moravia e riuscirono a far accettare da Roma l'uso della lingua slava nella liturgia; la fede conquistò poi l'Ungheria e la Polonia (fine del X secolo). Ma al centro dell'Occidente, la rapida disgregazione dell'impero carolingio e l'instaurazione del regime feudale apriranno un periodo critico per il papato. Rimasta senza protezione Roma fu abbandonata alla lotta di fazioni; durante i primi sessant'anni del X secolo (saeculum obscurum) la potente famiglia di Teofilatto, conte di Tusculum, tenne soggetta la Santa Sede, a capo della quale pose le sue più insignificanti creature, un Sergio III (904-11), un Giovanni XI (931-935), un Giovanni XII (955-964). Ovunque la feudalità si manifestava sotto forma di ingerenza secolare nella vita della Chiesa: molti signori detenevano la patrimonialità di chiese e abbazie, delle quali si assicuravano i benefici e dove nominavano loro uomini; titolari di alta signoria, re, imperatori, affidavano poteri temporali a vescovi e abati e si arrogavano il diritto di investire questi ultimi con la croce e l'anello (investiture laiche), così da diventare veri signori della Chiesa. A tutti i livelli del clero erano diffusi la simonia e il nicolaismo.