Vera Vigevani Jarach

Vera Vigevani nasce il 5 marzo 1928 a Milano da una famiglia ebraica benestante: il padre Vittorio è avvocato, mentre la moglie Lidia è una volontaria sociale presso la sinagoga, dove collabora con il rabbino assistendo gli ebrei tedeschi rifugiati. La religione ricopre un ruolo centrale per la madre di Vera, proveniente da una famiglia molto osservante, mentre per suo padre non ha lo stesso valore.

Trascorre un'infanzia tranquilla in un piccolo quartiere milanese insieme ai genitori e alla sorella maggiore Livia fino all'ottobre 1938, quando Benito Mussolini permette la promulgazione delle leggi razziali in Italia come condizione di alleanza con Hitler. I Vigevani vengono a conoscenza della legislazione in due momenti diversi: i primi segnali sono alcuni articoli di giornale letti durante un soggiorno a Viareggio. Un mese dopo, presso San Martino di Castrozza, il vago contenuto di quelle notizie diventa una concreta e preoccupante consapevolezza.

Le conseguenze si fanno subito sentire: fino a questo momento Vera ha frequentato la scuola elementare Morosini. Subito dopo l'emanazione delle leggi una maestra si presenta a casa sua avvertendo la madre che la figlia decenne non potrà più frequentare l'istituto. In un primo momento Vera si trasferisce a una scuola situata in Via della Spiga. Qui, su iniziativa del professore fascista Bronzino, sono impartite lezioni pomeridiane a bambini ebrei da parte di insegnanti israeliti. L'esperienza risulta gradevole.

La pericolosità dalle leggi è nota fin da subito alla famiglia. Parlando con i rifugiati che assiste, la madre comprende la portata della minaccia alla vita degli ebrei italiani e sa bene che rimanere in Italia è rischioso. I genitori di Vera decidono dunque di abbandonare il paese. La scelta ricade dapprima sulla Palestina, dove il padre aveva da tempo comprato un terreno. Successivamente, però, una famiglia di ebrei amici dei Vigevani residenti a Buenos Aires li convince a raggiungerli. In più, in Argentina sarebbe stato più semplice imparare la lingua spagnola, molto simile all'italiano. L'unico della famiglia che invece preferisce non partire è Ettore Felice Camerino, nonno materno di Vera, convinto che la situazione non sia tanto allarmante. Grazie all'aiuto degli amici argentini, i Vigevani ottengono il visto turistico per l'Argentina, che diverrà definitivo dopo il loro arrivo.

Anche la figlia di Vera Vigevani Jarach, avuta durante il suo matrimonio, Franca Jarach. È una delle vittime del regime: a soli diciotto anni, il 25 giugno 1976, viene catturata e condotta all'ESMA, la Escuela de Mecánica de la Armada, adibita a centro di detenzione e tortura dei ribelli.