Porrajmos

Il giorno 20 gennaio 2018 ci siamo recati a Palazzo Ducale per la visita alla mostra sul “Porrajmos”.

Porrajmos è il corrispettivo della shoah per la popolazione rom e sinta.

E’ la parola che indica il “divoramento” subito durante il periodo del fascismo e del nazismo ovvero lo sterminio di circa 500.000 rom e sinti, la metà della loro popolazione presente in Europa.Questo disegno genocida è definito da loro anche con il termine “samudaripen”, che significa letteralmente “tutti morti”.

La prima misura che viene adottata è la sterilizzazione forzata che veniva utilizzata inizialmente per prevenire la nascita di bambini con malattie ereditarie come il ritardo congenito, la schizofrenia, l’epilessia congenita o l’alcolismo grave. Questo nella legge del luglio del 1933, sinti e rom furono bersaglio di quella promulgata il 24 novembre 1933 contro i delinquenti abituali perché gli “zingari” erano considerati un gruppo di pericolosi e irrecuperabili asociali di cui arrestare la diffusione e la riproduzione.

Una testimonianza molto toccante è quella della dottoressa Zdenka Nedvedova Nejedla: ”Mia madre riuscì a rimanere incinta prima di essere sterilizzata. Dagli esami risultò che era incinta di due gemelle: se non avesse accettato di lasciare le sue bambine ai medici del Reich, sarebbe stata costretta ad abortire e condotta immediatamente ad Auschwitz.

Mia madre mi ha raccontato che attorno a lei c’erano molti medici in uniforme ad assistere al parto. Ci presero immediatamente e a mia madre non fu possibile vederci per i successivi cinque giorni. Mia madre era spaventata dopo molte insistenze, riuscì a convincere un’infermiera che le mostrò me.

Quando mia madre insistette per vedere anche mia sorella, l’infermiera la portò in bagno e le indicò Rolanda, in una vasca da bagno, con indosso una maglietta e la testa fasciata. Era morta: i medici le avevano fatto delle iniezioni di inchiostro negli occhi per tentare di cambiarle il colore”.

Un altro dei metodi prediletti dai tedeschi fu la fucilazione di massa. Questo fenomeno si spiega con il semplice fatto che il popolo zingaro, non essendo per cultura abituato a vivere in luoghi fissi e stazionari per lunghi periodi di tempo, tendeva ad insorgere o a fuggire dai ghetti dove venivano reclusi durante l'avanzata delle armate del Reich. Tale comportamento spinse le autorità naziste ad eliminare gruppi numerosi di zingari già fuori dai campi di concentramento, vista anche la loro grande conoscenza dei territori polacchi, che rappresentava un enorme margine di vantaggio per la fuga. Questa forma di sterminio fu registrata per la prima volta in Volhynia, dove più di cento zingari morirono per mano dei fascisti ucraini che collaboravano con le forze naziste.