Oltre al Convegno Formativo estivo, il MimesisLab organizza formazioni nelle sedi degli istituti per i docenti delle scuole di ogni ordine e grado.
Le formazioni, basate sulla pedagogia dell'espressione, consentono di acquisire conoscenze teoriche e competenze pratiche per migliorare e innovare l'azione degli insegnanti rispetto a diversi elementi del processo didattico ed educativo:
Apprendimento e comprensione
Motivazione, interesse, passione e creatività
Facilitazione delle azioni educative a sostegno dei disturbi dell'apprendimento (DSA)
Inclusione, rispetto e accoglienza delle differenze
Intensificazione dell’uso del corpo e del movimento
Sviluppo della sensibilità estetica e della capacità espressiva
Qualità della relazione
Responsabile scientifico dei progetti di formazione: Gilberto Scaramuzzo
Pedagogia dell'Espressione I (Corso Base)
Pedagogia dell'Espressione II (Corso Avanzato)
Mimesis e Apprendimento
Lettura Espressiva
Educazione Poetica alla Sessualità
Le formazioni si realizzano attraverso un accordo quadro con il MimesisLab del Dipartimento di Scienze della Formazione dell'Università Roma Tre e un contratto specifico
Costi
1 ora di formazione: 120 € (esente da IVA)
Per maggiori informazioni è possibile contattare il responsabile scientifico all'indirizzo mail: gilberto.scaramuzzo@uniroma3.it
Alcuni brevi video dalle nostre formazioni per le scuole, con testimonianze di come quanto appreso dai docenti durante il percorso formativo possa essere utilizzato in classe con gli alunni.
I testi delle didascalie sono ispirati da passi dall'articolo "Movimento espressivo e apprendimento. Immagini di una pedagogia dell’espressione", di Gilberto Scaramuzzo, pubblicato sulla rivista MeTis (Anno VI, Numero 2, 2016).
Le bocche si aprono, i bambini hanno espressioni così simili che sembrano svelare una qualche legge umana, la lettura è espressiva. Quando il dire si colora del senso accade qualcosa in chi ascolta: i bambini sono così coinvolti che completano le frasi. Dalle immagini appare evidente come l’educare sia un nutrire, e quei bambini con le bocche aperte e indifese raccontano della responsabilità di chi insegna quando sceglie il cibo spirituale da dare in pasto ai suoi allievi.
Chi è chiamato a essere fuoco è al centro del cerchio e vive e vibra, guidato dalla regia dinamica dell’educatrice. Chi è seduto osserva e partecipa; finché un bambino, che non resiste più a stare fermo, di colpo si accende: il movimento dell’altro contagia. La mimesis è movimento naturale, vive dentro chi guarda e ascolta, e si manifesta per forza sua propria. L’uragano è ancora più contagioso del fuoco: bastano pochi istanti e più bambini invadono lo spazio espressivo senza esserne stati chiamati. È l’urgenza del bisogno espressivo che deve trovare una forma.
Sono fotogrammi bellissimi: bambini della scuola dell’infanzia che studiano con i loro corpi la radice e provano a vocalizzare la parola impregnandola dello sforzo che essa compie proprio mentre loro stessi si fanno modellare da quello stesso sforzo. Uno sforzo – quello della radice – che i bambini hanno la gioia-seria di assumere per sé.
Tutti conosciamo il gioco delle scatoline, ma forse non tutti abbiamo veramente considerato che da quella scatolina può uscire qualunque cosa, ma davvero qualunque. Qui si vede uscire un filo di fumo e si sente l'educatrice guidare l’agire dei bambini con una regia dinamica tesa a studiare il filo di fumo in alcune delle sue caratteristiche. Il gioco delle scatoline è particolarmente efficace perché consente di ristabilire il silenzio e la concentrazione anche dopo la più vivace delle mimesis: silenzio e concentrazione si ristabiliscono, infatti, semplicemente dicendo: “Scatoline!”. I bambini torneranno prontamente in una posizione chiusa, in trepidante attesa di una nuova parola da esprimere. È la trepidazione che pre-sente l’attivazione del “punto vivo”, di quel luogo in noi con cui possiamo produrre atti creativi: la vita stessa in noi, appunto (Pirandello). Il fare l’esercizio insieme con altri sembra accendere nei bambini ulteriori possibilità creative piuttosto che produrre un’omogeneizzazione dell’attività espressiva.
Difficile trovare parole per esprimere la meraviglia che si prova nel guardare come bambini di sei anni, delle etnie le più diverse, lavorando a coppie, riescano a realizzare con i loro corpi, nel tempo di un batter di ciglia, una “A” in due. Tutte belle, tutte giuste, tutte diverse, tutte condivise. Un esempio puro di solidarietà; e ancora quella gioia e quella serietà così umana, che si manifesta quando di un subito si trova l’accordo e si realizza il compito.
Leggere con la mano
Ma chi l’ha detto che bisogna imparare a leggere stando fermi? È forse per questo che molti bambini leggono correttamente i fonemi ma non contattano il senso di quello che leggono. Far con le mani la mimesis delle parole: una via non sufficientemente esplorata di meditazione espressiva nel logos.
Fare con le mani quello che l’altro legge
Scoprire che la propria lettura può creare il movimento dell’altro, essere curiosi di vedere come il proprio leggere si trasformi in movimento nell’altro. Quante volte abbiamo sperimentato come sia difficile per i bambini rimanere attenti mentre l’altro legge, e come il leggere stesso possa essere senza premi per chi lo esegue. Qui tutto questo sembra essere superato, e, nuovamente, si vede gioia, e interesse per il sentimento dell’altro.
Mimare e comprendere
Come mostra la terza e ultima parte del video, è possibile seguire le parole di una poesia soltanto guardando i movimenti del corpo. Questo favorisce l’ascolto in chi guarda, e chi mima può esperire le potenzialità del parlare corporeo, in un ambiente di gioco e di sfida.
I bambini sono impegnati a fare con le mani la mimesis della neve che cade, lasciandosi ispirare da un brano musicale. Sono molto coinvolti nell'attività e si immergono totalmente nella musica, che sembra riuscire a fargli vivere l'altro da sé ancor più profondamente. Si riesce bene a notare come la loro interiorità tutta sia impegnata nell'avvicinamento della realtà "neve". Il corpo si accende e vive: alcuni, superando la consegna, diventano neve che cade anche con la testa, il busto, le braccia....
Mentre un bambino legge l’altro esegue, con tutto il corpo, la mimesis delle parole del testo. È bello vedere come chi legge modula la propria lettura sui tempi dell’altro e ripete le parole per vedere nuovamente, forse perché non riesce bene a comprendere, la creazione poetica del compagno. Chi fa il lavoro corporeo si impegna nel suo compito cercando di eseguire il suo lavoro al meglio. Qui i bambini sono completamente autonomi e ricercano insieme, giocando con la vita delle parole. La serietà dei bambini nello svolgere il lavoro appare palpabile.
Lo studiare il passaggio dallo stadio solido a quello liquido è un compito facile per il corpo. Un agire che il bambino trova subito, e noi osservatori riconosciamo il coglimento dell’universale nel movimento espressivo che il bambino esegue. Quanto ancora dobbiamo scoprire del rapporto tra espressione e comprensione: si vede e si sente che il bambino nell’atto espressivo crea e approfondisce la sua comprensione del fenomeno.
Crediamo che questi fotogrammi abbiano forza di aprire una feritoia sul mistero dell’esprimersi e del comprendere umano, e mostrino un esempio radicale di educazione alla democrazia. I bambini, a turno, eseguono con le braccia la mimesis del fuoco e gli altri fanno la mimesis della mimesis realizzata dal compagno. È facile osservare sia la serietà e la concentrazione con cui i singoli bambini realizzano la loro interpretazione (ciascuno ritrova il proprio sentimento e lo esprime, nessuno si appiattisce sul sentimento dell’altro) sia l’attenzione quasi sacrale con cui i bambini fanno la mimesis della mimesis dell’altro.
Cosa imparano i bambini facendo questo esercizio? Comprendono, ma senza che nessuno glielo espliciti, che ciascuno sente la vita in maniera diversa e che ciascuno dei modi in cui l’altro esprime quel sentimento, e con esso si esprime, è giusto; attraverso la mimesis della mimesis dell’altro si sfiora “il punto vivo” dell’altro: si in-tende la capacità relazionale dell’altro, la sua originale parola.
Studiare il volto dell’altro con le mani e a occhi chiusi. Quanta delicatezza e pudore nel toccarsi, e, come di un subito, questo esercizio sembra trasformarsi nel toccare l’altro come l’altro ci tocca, e, forse, nel toccare l’altro come si vorrebbe essere toccati. Anche quando tra maschi si gioca con un po’ più di energia non si degenera mai, e i volti, tutti, si colorano di un sorriso sereno e desideroso di nuova esperienza.
Fare un albero insieme, fare la propria parte per realizzare un tutto. Corpi che non si vergognano di stare vicini e di cooperare con l’altro. Aumenta l’età ma non diminuisce l’impegno e la ricerca.
Ma chi l’ha detto che bisogna imparare a leggere stando fermi; è forse per questo che molti bambini e ragazzi fanno fatica a leggere, non provano piacere nel farlo e, il più delle volte, leggono correttamente i fonemi ma non contattano il senso di quello che leggono. Far con le mani la mimesis delle parole: una via non sufficientemente esplorata di meditazione espressiva nel logos.
L’ora di educazione artistica. Tanta fatica per ricercare insieme una qualità che si raggiunge soltanto dopo un lungo lavoro. Nel montaggio accelerato si intuiscono le prove e le riprove, la fatica fisica per giungere a quell’incontro carico di energia che l’ultimo fotogramma rivela.
Può una forma d’arte sostenere l’espressione di un’altra? Qui alcuni bambini di scuola media sono ripresi mentre si fanno guidare dalla musica per immaginare di scolpire con le mani un volto (il proprio?). Quanta bellezza in questi giovani visi umani mentre le loro mani danzano modellando un volto ispirati dalla musica. Quanta diversità nella poesia del loro movimento. A questo lavoro di ricerca può poi seguire la realizzazione di un’opera che permane, sia in forma di disegno sia in forma plastica.
Diverse mani e diverse parole, lo svelamento di come vive la parola nell’altro. Facciamo esprimere troppo poco i nostri studenti, per questo, a volte, andare a scuola è faticoso, e poco utile, sia per chi insegna e sia per chi riceve l’insegnamento. La mimesis dell’odio fatta da un bambino sorprende chi la osserva, e costringe a pensare e a ri-conoscere.
Questi adulti, migranti, leggono Pirandello, e muovono le loro mani; ricercano anche loro, come prima i bambini, la mimesis delle parole. Bello vedere come le parole prendano corpo. Noi non sappiamo nulla di come le parole vivano nel sentimento dell’altro: attraverso il movimento di quelle mani si aprono feritoie che gettano luce dentro questo mistero. Perché non usiamo sempre i grandi autori quando insegniamo ad apprendere la nostra lingua ai migranti? Non lascia indifferenti vedere gli adulti giocare con la stessa serietà con cui giocavano i bambini.
I docenti studiano con il loro corpo cosa vuol dire fare la mimesis. Nella sequenza sono ripresi mentre con le mani e con le braccia “si fanno” nuvola, geyser e fiamma di una candela. Per loro si tratta di riprendere da adulti un’attività che si faceva naturalmente da bambini, e da cui tanto impegno razionale può avere allontanato. Non è difficile notare – ed è una nota amara – che quel che nei bambini è entusiasmo appare qui faticoso impegno, e una sorta di uniformità espressiva sembra aver sostituito quell’espressione di originalità che caratterizza il fare dei bambini (anche se non mancano eccezioni!). Alcune braccia e mani, infatti, faticano a ritrovare una via spontanea e naturale, a volte sembrano descrivere più che ri-vivere, eppure nessuno vuole sottrarsi alla ricerca per ritrovare, almeno per un istante, il proprio “punto vivo”. Può l’educazione individuare forme e pratiche affinché quell’entusiasmo e quell’originalità “bambina” possano permanere vivi in noi per tutto il corso della nostra esistenza?