Le classi del triennio

CLASSI DEL TRIENNIO


Le classi del triennio hanno dimostrato interesse e partecipazione, avendo spesso già affrontato l’argomento del gender gap con i propri docenti. A partire dalla classe terza abbiamo inoltre assistito ad un coinvolgimento maggiore e spontaneo della componente femminile.

Oltre alle tematiche giá descritte e affrontate nelle classi prime e seconde, è emersa, a partire da questi focus, la questione dei rappresentanti studenteschi nel consiglio d’istituto: analizzando i dati fornitici dal Dirigente Scolastico, abbiamo evidenziato come i quattro eletti nel consiglio siano tutti maschi.

Intervistati e intervistate hanno rilevato che sono poche le candidate rispetto ai candidati. La percezione condivisa da molti è che le ragazze siano relegate ad un ruolo di mera immagine e che elettori ed elettrici siano più propensi a riporre la propria fiducia in candidati maschi perché percepiti come più autorevoli, carismatici e competenti. Quando è stato chiesto se l'autorevolezza dei candidati si fondasse su ragioni precise, è emerso che molti non conoscessero nemmeno il candidato cui hanno dato il voto.

Abbiamo chiesto anche il motivo per cui siano poche le candidate rispetto ai candidati.

Le studentesse hanno confessato la paura di essere giudicate, paura non condivisa dalla componente maschile delle classi.

Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un problema dichiaratamente “di genere”: il condizionamento del giudizio sociale influenza le scelte delle femmine, non dei maschi, che evidentemente beneficiano di una maggior percezione di autorevolezza, anche qualora non sia effettivamente suffragata da motivazioni oggettive.

Questo può spiegare la maggior partecipazione dei maschi alle Olimpiadi scolastiche, la loro facilità ad intervenire nei dibattiti collettivi, la maggior propensione a candidarsi e parlare in pubblico.

Indotto a riflettere su questo argomento, ciascun gruppo concorda sul fatto che compito della scuola sia quello di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo di studentesse, e impegnarsi a promuovere le pari opportunità tra le parti.

Poiché il sistema elettorale scolastico permette di esprimere fino a due preferenze, la proposta emersa da questi focus group è la richiesta di stabilire che le due preferenze debbano essere di sesso diverso e che le liste abbiano una composizione paritaria quanto al genere.

Alcuni intervistati hanno espresso la considerazione che sarebbe necessario che questo provvedimento avesse una dimensione nazionale e che dunque fosse preso in carico dal Ministero dell’Istruzione.

Un aspetto inatteso, emerso in alcuni focus group, è nato durante il gioco dei personaggi preferiti, non tanto per il risultato, che è stato simile a quello conseguito nelle altre classi, e quindi una netta preponderanza di nomi maschili del passato e del presente, quanto nel dibattito che i risultati hanno scatenato.

Interrogate sull'origine di tale divario, le classi intervistate si sono schierate su due posizioni: da una parte, chi credeva che le figure femminili non si studiano perché storicamente non hanno apportato un contributo significativo, e dall’altra chi, al contrario, sosteneva che le figure femminili non si studiano nonostante la loro importanza storica. Tutti, tra studentesse e studenti, erano concordi nell’affermare che la disparità denunciata ha, e non potrebbe essere diversamente, un forte impatto sociale, alimentando l’idea della maggiore autorevolezza della voce maschile, che, come si è visto in altre occasioni, è alla base di molti aspetti del gender gap.

Le soluzioni al problema sono dunque giunte da entrambi gli schieramenti: se anche le figure femminili in passato non hanno avuto l’occasione di guadagnarsi un posto nei libri di scuola, ci sono oggi donne di grande spessore che meriterebbero di essere citate in qualità di esperte, studiose, rappresentanti di settori nei quali hanno raggiunto risultati importanti, quando invece questo ruolo continua ad essere riservato a uomini. D’altra parte, non è detto che si possa escludere l’ingresso di grandi donne nei testi scolastici anche come protagoniste: si dice che la storia sia stata scritta dai vincitori, dunque si può dire che la storia sia stata scritta dagli uomini. Questo problema era già affrontato, come è stato opportunamente osservato, nel contesto rinascimentale della querelle de femme, in particolare da autori come Ludovico Ariosto e Baldassarre Castiglione. Anche loro infatti riconoscevano come non fosse vero che mancassero donne importanti nella storia, ma che piuttosto la loro fama fosse stata oscurata dall'invidia degli uomini, incuranti della componente femminile in ambito artistico-letterario.

Cambiare i programmi scolastici e i libri di testo è quindi possibile, anche senza dover ricorrere a forzature: non si vuole togliere spazio e tempo ai grandi poeti, pittori, filosofi, scienziati, ma è necessario trovare il modo per trattare le grandi donne di ieri e di oggi.

Secondo i partecipanti dei nostri focus group, si potrebbe riprogettare il programma di storia, molto ripetitivo soprattutto per quanto riguarda la storia antica, studiata alle Elementari, alle Medie e alle Superiori. La proposta è di creare una continuità tra i due gradi di scuola secondaria, rendendo così possibile inserire nel programma di storia del biennio ore dedicate alle tematiche di genere, e soffermarsi sulla condizione femminile nel passato e sulle protagoniste femminili. Inoltre, poiché dal prossimo anno scolastico è prevista l'introduzione di una specifica materia, Educazione Civica, una parte importante della programmazione dovrebbe riguardare le lotte per l’emancipazione femminile fino ai giorni nostri e la parità di genere nella Carta Costituzionale, in particolare in riferimento agli articoli 3 e 51.

Il Ministero dell'Istruzione, inoltre, dovrebbe assicurarsi che i libri di testo citino esperti e critici contemporanei di ambo i generi, sia in campo umanistico sia in campo scientifico.

Interessante è anche un altro aspetto emerso durante i focus group con le classi del triennio, legata agli stereotipi uomo-donna, ancor oggi diffusi nella società.

Durante il gioco delle scatole, descritto nella pagina precedente, è risultato chiaro che l’uomo e la donna risultino "inscatolati" in stereotipi legati ancora a una visione patriarcale della società, nella quale il maschio è visto come il padre di famiglia, lavoratore ed autorevole, coraggioso, dominante e competitivo; la donna, al contrario, è prevalentemente vista come sinonimo di eleganza, bellezza, remissività e delegata alla gestione della famiglia.

I partecipanti hanno attribuito la principale responsabilità di ciò alle pubblicità e ai programmi televisivi e spesso ai social, che veicolano immagini estremamente stereotipate. Nei focus si è dibattuto di come ancora ai nostri giorni, sulle reti nazionali di servizio pubblico occorre assistere ai programmi in cui alle donne è riservato il ruolo di vallette seminude, di padrone di casa, di piacevole contorno, di ospiti invitate in quanto "fidanzate di", mentre agli uomini vengono riservati incarichi di prestigio, quali direttori artistici, presentatori di programmi di livello nazionale e internazionale, esperti accreditati. E’ anche così che ancora ai nostri giorni si veicola un'immagine falsata in cui il genere maschile è il più autorevole e la donna relegata a un ruolo di secondo piano. Questo spiega, secondo quanto emerso dai focus, come sia possibile che ancora oggi giovani ragazze e ragazzi della nostra età, quando sono chiamati a dare le proprie preferenze, scelgano quasi inconsapevolmente un rappresentante di sesso maschile. In seconda istanza, questo rappresenta anche un fattore educativo che occorre rimuovere se si vuole risolvere alla radice il delicatissimo problema dei femminicidi.

Per questo tutti i partecipanti al forum hanno concordato sulla necessità che le Istituzioni dello Stato, proprio in coerenza con il principio costituzionale per cui la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, impedisca che la comunicazione si debba reggere su stereotipi di genere malsani e ormai superati, il cui impatto negativo sulle giovani generazioni risulta ancora evidente.

In virtù dello stesso principio, il Ministero dell'Istruzione dovrebbe promuovere tutti gli interventi possibili a smascherare queste forme striscianti di disuguaglianza di genere e a promuovere una cultura attenta alla gender equity.