Paolo Landi

  • Alunno di Don Lorenzo

  • Sindacalista convinto, ha visitato vari paesi del mondo.

Intervista a Paolo Landi.mp4

Trascrizione dell’intervista a Paolo Landi


I: ”Buonasera Signor Landi, innanzitutto vorrei ringraziarla per la sua disponibilità.

In quanto ex alunno di Don Milani, vorrei chiederle di raccontarci la sua esperienza personale, eventuali suggerimenti che Don Milani gli ha dato o qualcosa che lo ha colpito particolarmente.”

P: ”Sì, bene… Io sono arrivato a Barbiana che avevo già fatto la scuola di avviamento al lavoro; non abitavo a Barbiana, ma in una parrocchia vicino distante circa una decina di chilometri. Pensate che quando sono uscito dalla scuola elementare, eravamo trenta ragazzi tra bambine e bambini e solo tre eravamo andati alla scuola di avviamento al lavoro.

Tre su trenta!

Finita la scuola di avviamento al lavoro, a me piaceva studiare, girare il mondo e non volevo fare il contadino.

Mi sono iscritto alla scuola di Firenze “Leonardo da Vinci” e all’esame di ammissione (serviva per chi arrivava dalla scuola per avviamento al lavoro)fui bocciato. Mi scrissi ad un’altra scuola professionale di odontotecnico, dopo due settimane ci diedero la lista con le cose da comprare (circa €60/70), ma i miei non ce li avevano e dovetti rinunciare alla scuola.

Quindi mi trovai in un vicolo cieco: mi piaceva studiare, ma le porte si erano chiuse.

Mio padre aveva sentito parlare di questo prete a Barbiana (sul monte Giovi) che faceva scuola gratis. Non ero molto entusiasta di andare a vederla.

Mi chiedevo: “Cosa ci vado a fare? Cosa mi può insegnare un prete?”.

Sono andato in Lambretta con mio padre alla scuola e lui stava leggendo il Vangelo, sotto alla pergola, all’aperto. I ragazzi erano seduti attorno a lui sulle panche.

La cosa che mi colpì fu il fatto che dopo tre ore di lezione di lettura del Vangelo, aveva fatto solo tre righe.

Rimasi un po’ scioccato da quel modo di insegnare: aveva parlato della storia, dei costumi dell’epoca, guardato una cartina della Palestina lì appesa, consultato il testo in latino e quello in greco…

Mi fece una buona impressione: una persona che aveva qualcosa da insegnarmi.

Mio padre gli racconta la mia storia dicendogli anche che ero stato bocciato e Don Milani gli disse una frase che mi rimase impressa: “Paolo imparerà da solo che c’è qualcosa di più importante del diploma, ma lo capirà più avanti”.

Infatti ora ho capito che è più importante lo studio, imparare le cose. Sono rimasto a Barbiana due anni e mezzo studiando l’inglese, il francese, lo spagnolo e frequentando un corso di disegnatore meccanico.

Poi sono andato a lavorare in Inghilterra: prima tre mesi come sguattero in un college di Oxford, poi un anno in una fabbrica metalmeccanica.

Sono tornato in Italia e sono andato a lavorare a Milano e lui mi ha dato un altro consiglio importante che mi è rimasto impresso: ”Adesso che vai a Milano, ci saranno tante riunioni di sindacato dove si discuteranno di problemi, per un anno, tieni la bocca chiusa. Se ti viene da parlare, morditi la lingua. Tu devi ascoltare e imparare.

Dopo un anno, se sei alle riunioni e non condividi quello che dicono, tu devi prendere la parola e dire la tua opinione. Non devi stare zitto.

Devi prendere la parola e spiegare quali sono le ragioni per cui tu non condivi quell'idea. Questi due insegnamenti dell’importanza della cultura, dell’imparare e del linguaggio, come una forza che apre tutto uno scenario per la vita...

Questi consigli, quando ho iniziato a lavorare, a non essere superficiali, a riflettere e poi ad assumersi anche la responsabilità di decidere delle proprie azioni, mi sono rimasti per tutto l’impegno successivo che è stato un impegno di vent'anni nel sindacato, nel settore tessile di abbigliamento (sono stato diverse volte a Modena a fare anche qualche comizio lì in piazza a Carpi).

Ho partecipato al sindacato a Milano, Roma, Bruxelles, poi venticinque anni di impegno nei consumatori a Roma, a Milano con progetti europei e di cooperazione con altri paesi.

In Russia ho fatto un progetto di cooperazione per aiutare il governo sovietico a riscrivere alcune leggi.

Quindi un’esperienza bellissima, ma partendo dalla scuola di questo prete sul monte Giovi che mi ha insegnato delle cose che mi sono rimaste come punto di riferimento per tutta l’attività che ho fatto dopo.

Ci sono alcuni insegnamenti che ho imparato a Barbiana che ho utilizzato negli incontri con il Ministero di Grazia e Giustizia a Roma, con la Commissione a Bruxelles, con il Governo russo, per i vari paesi europei.

Quindi per me è stata una scuola eccezionale: mi ha aperto una porta di esperienze nella vita che non avrei mai immaginato quando ero ragazzo.”

I: “A proposito di responsabilizzazione dei più giovani, in che senso una legge è giusta o sbagliata?”


P: ”Faccio un attimo un passo indietro. Don Lorenzo Milani è stata una persona importante perché ha aperto tutta una serie di insegnamenti, anche molto innovativi, soprattutto relativi alla scuola.

Pensate, una cosa importante, quando si parla di Don Milani… Adesso è una persona nota, viene presentata come una persona positiva: nella Chiesa come un profeta, nella scuola come un grande educatore, settecentocinquanta scuole intestate a Don Milani, ma quando è morto, il discorso era completamente diverso.

Lui era esiliato dalla Chiesa. Pensate che il vescovo non era venuto neppure ai funerali.

Era emarginato dal mondo della scuola ufficiale perché aveva scritto “Lettere ad una professoressa”, veniva considerato assolutista, un fustigatore di coscienza.

Andavano di moda questi due termini sui giornali: fustigatore di coscienza e assolutista. Quindi quando è morto, era una persona molto isolata ed emarginata. Da questi pochi testi provenienti dalla scuola di Barbiana (“Lettere ad una professoressa”, “Lettera ai cappellani militari”, “Lettera ai giudici”), ci sono diversi insegnamenti interessanti e quello che hai citato tu è uno tra questi.

Se uno dovesse chiedere a tutti i ragazzi che fanno giurisprudenza: “Scusa, ma come si distingue una legge giusta da una legge sbagliata?”... O provate a chiederlo al professore. Quello che vi direbbe sarebbe un discorso molto contorto che alla fine probabilmente uno non ha capito nulla.

E lui dice: “Molto semplice. Una legge è giusta quando è a supporto, a sostegno della parte debole, sfrutta, più in difficoltà ed è una legge sbagliata quando è a supporto del potere, della parte che è la forza, del privilegio.”.

In più Don Milani aggiungeva: “Se è una legge sbagliata, bisogna dire anche ai ragazzi di impegnarsi a cambiarla”.

Quindi il suo ragionamento era di innanzitutto ragionare e pensare con la propria testa e chiedersi se si tratta di una legge giusta o di una sbagliata.

Se è sbagliata, bisogna rimboccarsi le maniche perché il sistema non cambia da solo.

Esso cambia quando c’è una volontà dietro, un’organizzazione e a quel punto si possono cambiare le leggi o migliorarle.

Per questo pensiero lui fu denunciato per apologia di reato, cioè per essere un cattivo insegnante. In tribunale in prima istanza fu accolto e non fu condannato; in appello, invece, dopo che l’editore era morto da 4 mesi, ci fa la condanna per l’editore che aveva pubblicato a 5 mesi con la condizionale.

Per l'insegnamento di “legge giusta”, di “legge sbagliata” e per l’invito ai ragazzi a cambiare cambiare le leggi sbagliate fino ad arrivare al ricorso alla disobbedienza civile all'obiezione di coscienza disattendendo la legge per la volontà di cambiarla in meglio; lui venne condannato.


I: ”Invece a proposito del rapporto alunno-scuola e alunno-insegnante, cosa diceva a proposito Don Milani?”


P: ”Questa è una cosa importante perché quando io ero alla scuola, quello dei rapporti tra alunno e insegnante era un aspetto che non veniva considerato.

Ultimamente, invece, ho incominciato a riflettere su quello che era il modo di Don Milani di insegnare e ho scoperto una serie di tecniche e di metodi che lui utilizzava; lui non la chiamava ⟪pedagogia⟫, questa parola era sconosciuta a Barbiana e veniva contesta abbastanza duramente da Don Milani.

Uno dei metodi che lui utilizzava era, nel rapporto insegnante ragazzo, era quella che da noi veniva definita come ⟪predica del mezzogiorno⟫ perché nell’ora del dopo pranzo Don Milani nella strada della chiesa parlava con i singoli ragazzi; questo perché per lui era molto importante sviluppare, accanto al rapporto collettivo che c’era quando faceva scuola, il rapporto individuale con i singoli ragazzi.

Io reputo che questo rapporto con i singoli ragazzi ha dato vita ad un rapporto alunno-maestro estremamente importante dove per il maestro l’alunno non era un numero o un nome sul registro ma una persona che ha i suoi problemi, le sue difficoltà e i suoi sogni che dovevano essere condivisi con il maestro che potesse consigliare e suggerire.

Tutti noi alunni ricordiamo questo prete sia per il maestro che era ma soprattutto lo ricordiamo in quanto figura di un ⟪secondo padre⟫ che parlando e approfondendo con i ragazzi i problemi in modo oggettivo riusciva a creare con i suoi alunni un forte legame. Questo legame non è entrato a far parte della riforma della scuola, nella riforma della scuola media il discorso è concentrato sul dialogo tra insegnante e genitore; per Don Milani i genitori sono importanti e bisogna tenerli buoni ma importante è il rapporto maestro-alunno.

Un’altra tecnica che utilizzava era quelle che permetteva ai ragazzi più grandi di fare scuola ai più piccoli, questa tecnica era legata al bisogno perché non c’erano insegnanti ma riflettendoci bene con questa tecnica si faceva anche in modo che i ragazzi prendessero sicurezza di sé stessi.

Utilizzava anche la tecnica della lettura del giornale; tutti i giorni a Barbiana leggevamo il giornale, spesso quello del giorno prima.

All’interno del giornale Don Milani sceglieva una notizia per partire da un problema concreto arrivando ad approfondirlo costruendoci sopra la lezione [...].

Dalla lettura del giornale derivava un altro metodo che prevedeva di mettere a confronto le notizie su uno stesso argomento [...] arrivando a capire qual'era la notizia dal giudizio del giornalista capendone anche gli interessi che si celavano dietro di essa; attraverso questo confronto voleva abituare noi ragazzi a ragionare con una testa critica che non prendesse per vera ogni cosa che veniva letta o sentita, cercando sempre di utilizzare un atteggiamento critico nei confronti della notizia approfondendola scovando la notizia, il giudizio e gli interessi che stanno dietro alla notizia.”