La pace non dipende unicamente dai decisori politici, ma anche da noi cittadini. Possiamo mettere in atto strategie per dimostrare, anche rispetto a scenari internazionali che ci sembrano irraggiungibili e immodificabili, la forza che le nostre azioni possono avere e gli straordinari risultati che possiamo ottenere.
Abbiamo deciso di intervistare alcune persone attorno a noi, nostri coetanei e docenti, per scoprire che cosa si può fare, a loro giudizio, per promuovere e diffondere la pace in ogni angolo della Terra.
Domanda 1: Che cos'è la pace?
E: Per me la pace rappresenta una condizione sociale per la quale tutti quanti i cittadini sono sereni, non ci sono trambusti, conflitti guerre ecc...
G: L’incontro tra due idee contrapposte che però trovano un punto in comune giungendo ad un periodo di pace.
Domanda 2: Pace è solo assenza di guerra?
E: L’assenza di guerra aiuterebbe sicuramente, però non si potrebbe arrivare alla pace senza conflitto, perché questa è successiva allo scontro.
Domanda 3: Pensi di star facendo qualcosa per contribuire alla pace?
E: No.
G: Non lo so ma probabilmente sì. Sto accanto alle opinioni degli altri e cerco di conciliarle, ma socialmente non faccio nulla di utile.
Domanda 4: Cosa pensi che ognuno di noi dovrebbe fare per contribuire alla pace?
E: Cercare di ascoltare le opinioni altrui, comprendendo i diversi punti di vista in modo tale da creare una società in cui tutti quanti possano essere ascoltati e rispettati.
G: Essere aperto alle opinioni altrui, ai cambiamenti e non discriminare nessuno.
Domanda 5: Trovi utili le manifestazioni?
E: Se parliamo di manifestazioni sociali, trovo che abbiano senso, poiché si discutono o si richiedono dei diritti che potrebbero migliorare la vita di alcune o molte persone. Ritengo però che alcune manifestazioni siano abbastanza inutili, come quelle per il clima: anche se si protesta, infatti, è difficile venire ascoltati dai “piani alti" della società.
Trovo molto più utile impegnarsi nel proprio piccolo cercando di applicare e di portare avanti gli ideali per combattere e limitare questa crisi climatica.
G: Si, ho partecipato a delle manifestazioni, ma manifestare rovinando delle opere storiche di grande valore non mi sembra il modo adatto a farlo.
Domanda 1: Parlate della situazione conflittuale in famiglia?
A: Sì, ne discutiamo portando le nostre opinioni in merito.
M: Sì abbastanza, quasi quotidianamente. I miei genitori seguono attivamente giornali e telegiornali per informarsi sulle ultime notizie e, trovando l’argomento interessante e molto importante, discutiamo insieme.
Domanda 2: Avete mai partecipato a delle manifestazioni per la pace, siete favorevoli ad esse?
A: Sono favorevole, anche se le reputo inefficaci e spesso perdite di tempo.
M: Non ho mai partecipato ad una manifestazione.
Domanda 3: Cos’è per te la pace?
A: La pace è ovviamente l’assenza di guerra, ma anche il rispetto della della libertà altrui e propria. Sia quindi il non prevaricare sugli altri, ma anche il lottare per non farsi opprimere. Ciò è riassumibile "in essere rispettosi e pretendere di essere rispettati".
M: La pace è uno stato di armonia nella quale vengono rispettati i diritti di tutte le persone. (Ma non è nemmeno un'utopia poiché anche quella sarebbe sbagliata). La pace è l’assenza di guerra.
Domanda 4: Come promuoveresti la pace?
A: Ci sono diversi modi per promuovere la pace, ad esempio lavorare sulla propria mentalità e comportamento, partecipare a progetti riguardanti la pace, diffondere messaggi di pace attraverso le proprie azioni e parole e promuovere la comprensione interculturale. Anche le piccole azioni possono fare la differenza per un mondo più pacifico e armonioso.
M: Tramite la divulgazione nel tentativo di dimostrare i molti vantaggi che ha la pace.
Domanda 5: Cosa fai o faresti tu per promuovere la pace?
A: Cerco di comunicare in modo efficace, partecipo a progetti di pace, lavoro sulla comprensione interculturale e diffondo messaggi di pace attraverso le mie azioni.
M: Per promuovere la pace devi iniziare lavorando su te stesso, cercando di essere un esempio positivo per gli altri.
Domanda 6: Pensi che sia importante trattare di pace e di attualità con i giovani (figli/studenti)? Lo fai?
A: Sì, penso che sia importante trattare di pace e di attualità con i giovani e cerco di farlo sempre quando possibile.
M: Sì, senza però essere assillanti. Ciò serve a non normalizzare la presenza di conflitti o guerre.
Domanda 7: “Per fare la pace ci vuole la guerra", cosa ne pensi?
A: Sono d'accordo sul fatto che per attuare la pace serva la guerra, ma concettualmente lo ritengo sbagliato.
M: La pace non può essere raggiunta attraverso la guerra, poiché la guerra porta morte, distruzione e sofferenza e spesso perpetua il ciclo di violenza. Invece la pace può essere raggiunta attraverso la negoziazione, la diplomazia, la comprensione interculturale e il dialogo.
Domanda 1: Cosa significa per Lei il termine pace?
Pensando al filosofo Machiavelli, che aveva un approccio realistico per certi punti di vista, ma per altri cinico, possiamo dire che i rapporti tra gli stati sono rapporti strutturalmente conflittuali.
Le nazioni sono in concorrenza perché non esiste un’istituzione superiore che controlli il loro potere.
Ogni élite politica, ogni principe, ogni sovrano, ogni struttura interna ha l'obiettivo di autoaffermarsi, di ingrandirsi, di rafforzarsi, di esercitare la sua influenza sugli altri e di evitare di essere oggetto di aggressione e di conquista.
Fondamentalmente lo schema si riduce all'espressione latina: “se vuoi la pace prepara la guerra”, preparati a difenderti con un meccanismo di deterrenza che disincentivi i potenziali aggressori dall’aggredirti.
Naturalmente, se ogni stato la pensa in modo diverso si attiva un meccanismo di sfiducia quando avvengono gli armamenti, perché non si riesce ad identificare e distinguere la preparazione difensiva da quella aggressiva.
In questa prospettiva, i rapporti internazionali sono conflittuali e anarchici.
A questa teoria si contrappongono altre visioni, ma esiste il “diritto internazionale”.
Ci sono dei principi che valgono sempre perché sono razionali e naturali, che stabiliscono come i rapporti devono essere o non essere, quali cose sono lecite o illecite.
La domanda da porsi è: chi fa rispettare queste norme che garantiscono la pace?
In un'ottica realistica la pace è una conseguenza provvisoria, temporanea.
La guerra prima o poi arriva, di conseguenza la pace deve essere interpretata solo come una tregua, più o meno lunga, in cui il conflitto armato è sempre dietro l'angolo.
Secondo il filosofo Kant, la pace può essere realizzata come una condizione permanente e perpetua.
La guerra può essere evitata, la pace può essere instaurata, ma per farlo bisogna:
Essere in uno stato democratico;
(pre-condizione per la pace).
Avere un set di diritti universali riconosciuti da tutti gli stati, per garantire la parità di trattamento.
(le persone devono avere diritti indipendentemente dal luogo in cui vivono);
Creare un potere politico superiore sovranazionale, una struttura federale, a cui trasferire le competenze giuridiche, difensive.
(Come se l’ONU dovesse diventare un vero e proprio governo mondiale, l’unico ad avere armamenti militari).
Come vedete la pace può essere vista in diverso modo.
E' assenza di conflitto armato, una condizione provvisoria, un bene prezioso, che dipende dalla disponibilità alla cooperazione degli stati attori internazionali. Ci sono stati più pacifici, quelli liberali, e altri più bellicosi, quelli autoritari.
La differenza di regime politico interno si riflette sul piano internazionale e sulla dinamica di potenza.
Se noi pensiamo alla pace e alle cause della guerra c’è il problema delle risorse, dei livelli economici, dei paesi più ricchi e avanzati che prevalgono su quelli più poveri che vorrebbero fruire degli stessi interessi.
Domanda 2: Per Lei pace vuol dire solo assenza di guerra? Se non è solo questo, che cos'altro è?
Pace non è solo assenza di guerra ma più in generale assenza dell’uso della violenza e della forza per la repressione di: controversie, diversità di opinioni, manifestazioni…
Per risolvere le questioni, di solito, si ricorre al voto (diretto o indiretto) raggiungendo una soluzione che viene messa a norma e che deve essere rispettata da tutti.
Nello stato c’è il divieto di farsi giustizia da sé, cioè di usare la forza e la violenza, perché il compito spetta ad apposite istituzioni; a livello internazionale questo meccanismo manca.
La pace è (anche) condizione di empatia, rispetto e amore reciproco basato sul “non fare agli altri quello che non vorresti che gli altri facessero a te”.
A differenza degli anni precedenti abbiamo più consapevolezza del passato riguardo alla pace.
La comprensione che la guerra non è il mezzo per risolvere i problemi tra individui e stato dovrebbe diventare una dogana applicabile praticamente e non solo tecnicamente.
Ma fino ad adesso ciò non è accaduto, se abbiamo degli eserciti e non solo delle forze di polizia, vigili del fuoco… vuol dire che i conflitti armati non sono un’opzione, ma un qualcosa per cui prepararsi.
Domanda 3: Cosa possono fare i cittadini? Che cosa fa lei nel suo quotidiano per contribuire alla pace?
Le singole persone hanno senz’altro un ruolo, che però varia a seconda delle possibilità e in base al contesto politico-sociale in cui si trovano.
Come cittadini di uno stato democratico consideriamo naturale manifestare per la pace, sottoscrivere petizioni, inviare e scrivere articoli sui giornali e sui social per auspicare alla fine della guerra.
La scelta di contribuire alla pace è di carattere personale e soggettivo.
Alla vostra età mi sono iscritto ad una associazione che si chiama “Movimento Federalista Europeo”, perché ritengo che la creazione degli Stati Uniti d’Europa sia un passo importante per impedire la guerra tra gli stati dell’UE, anche se in questi tempi è una possibilità irrealistica ai nostri occhi.
Il mio pacifismo ha avuto questa declinazione. Ha dato vita ad un desiderio: creare una struttura politica sovrannazionale in Europa, a cui trasferire tutte le competenze in materia di politica estera e di difesa.
Questo passo per me è necessario e possibile, ma probabilmente non riuscirò ad assistervi.
Uno step successivo potrebbe essere la realizzazione della Federazione Mondiale, un potere politico democratico a livello universale, anche se la possibilità concreta che si realizzi è molto scarsa.
Un'azione a favore della pace è il mio europeismo, anzi la mia convinzione nella creazione degli Stati Uniti d’Europa.
Citando un pensatore federalista inglese della prima metà del 1900, “Il pacifismo non basta e neppure il patriottismo”.
Non possiamo limitarci a manifestare e auspicare la pace, bisogna rendere la guerra impossibile creando un potere superiore agli Stati, che rimarranno senza strumenti di guerra.
Domanda 1: Parla dei conflitti in corso, in famiglia?
Sì, specialmente con le mie figlie (in maniera particolare con la più grande, che lavora con l'UNICEF). Non siamo sempre d’accordo, ma questo non ci ferma dal confrontarci. Spesso ne discuto anche con amiche e/o colleghe.
Domanda 2: Ha mai partecipato a manifestazioni per la pace, è favorevole ad esse?
Dallo scoppio della guerra in Ucraina ho iniziato a partecipare a manifestazioni silenziose. Un esempio è la manifestazione delle donne in nero. L’associazione aveva preparato dei cartelli che mostravamo durante la protesta, restando in fila senza parlare.
Domanda 3: Cos’è per lei la pace?
L’assenza di guerra sarebbe già un grande obiettivo. La pace si ha quando non si è in conflitto, né con se stessi né con il proprio vicino né con l’ambiente.
Domanda 4: Come promuoverebbe la pace?
Credo molto nella diplomazia come risoluzione dei problemi. Un altro modo (necessario) per promuovere la pace è l’insegnamento e il dialogo con le nuove generazioni (confronto che può partire da entrambi i poli). Trovo che uno dei punti fondamentali per promuovere la pace sia applicare la giustizia ambientale (la salvaguardia dell’ambiente) e il rispetto per la natura. Per coltivare la pace con gli altri bisogna essere in pace con se stessi e impegnarsi nel auto osservazione dei propri atteggiamenti e allenare la propria emotività (è stato osservato che può essere fatto anche attraverso la lettura).
Domanda 5: Cosa fa o farebbe per promuovere la pace?
Partecipo ad alcuni corsi di comunicazione non violenta secondo il metodo Marshall Rosenberg (psicoterapeuta americano della scuola di Rogers) per acquisire la consapevolezza dell’uso che facciamo del linguaggio e uscire dalla reattività. Trovo che sia facile da comprendere, ma impegnativo da attuare.
Domanda 6: Pensa che sia importante trattare di pace e di attualità con i giovani (figli/studenti)? Lo fa?
Penso che sia molto importante parlare con i giovani, per evitare che sottovalutino i diritti che hanno e che se li lascino sottrarre.
Domanda 7: “Per fare la pace ci vuole la guerra", cosa ne pensa?
La guerra può portare temporaneamente alla pace, ma a lungo termine genera solo più conflitti e violenze. La pace è invece un processo complesso e duraturo, che richiede la creazione di condizioni di giustizia, equità e rispetto reciproco tra le persone e le comunità. La pace non si può ottenere attraverso la forza o la violenza, ma attraverso il dialogo, la cooperazione e la comprensione reciproca. Per questo motivo è importante lavorare costantemente sulla costruzione di relazioni pacifiche e di una cultura della non-violenza, come modo per prevenire i conflitti e promuovere la pace in modo sostenibile.