Manifesto

Dune. Scritture su moda, progetto e cultura visuale

Vol. 001 n. 002, novembre 2020

semestrale

editoriale

pp. 146-147

Maria Luisa Frisa

"Stampato nel 2020, l'anno della Pandemia", ho letto sul frontespizio del mio libro Las Formas de la moda pubblicato da Ediciones Ampersand, riedizione di Le forme della moda edito nel 2015 da il Mulino. Anche noi abbiamo deciso di scriverlo nel nostro colophon, e non per un’estrinseca caratterizzazione temporale o storica: molti degli autori dei testi selezionati per questo numero, dedicato al concetto multiforme e insieme preciso di Manifesto, hanno sentito la necessità di fare i conti, attraverso un tema metastorico, concepito nel tempo anteriore della “normalità”, con lo “spazio vuoto inatteso” in cui siamo stati calati, e hanno voluto farlo ancora dall’interno di questo territorio dell’attesa privo d’azione e di comunicazione dei corpi. >>>

Elogio della manutenzione: leggere il Manifesto di Mierle Laderman Ukeles nel 2020 di Stella Bottai parte dal lavoro di questa artista per “offrire strumenti pratici per andare avanti”. Anna Franceschini, affrontando la fantascienza distopica della saga di Frank Herbert Dune, scrive nel proprio incipit di “obblighi e restrizioni che hanno intercettato la dimensione dell’apparire e l’ordine vestimentario il cui tratto simbolico più manifesto è diventato il ‘facciale filtrante’ o mascherina”. È nello spazio in sottrazione, articolato dalla mancanza delle relazioni, che Elisa Frasson riflette sul No Manifesto della danzatrice americana Yvonne Rainer. Il manifesto del corpo di Hervé Guibert devastato dall’AIDS, trasformato in film dallo stesso Guibert, ci costringe nel saggio di Michele Maltauro al confronto con il contagio che cancella relazioni, amori, amicizie.

Fare una rivista a più voci significa manifestarsi ma anche manifestare. Così il numero raduna molteplici interpretazioni del suo tema, inseguendo un’idea di trasversalità che è alla base del progetto editoriale. La parola “manifesto”, indagata a partire dalle sue relazioni con le culture progettuali e visuali, ha innescato, nel mese di apertura della call for papers, uno scambio di idee nel comitato editoriale che si è tradotto in una sequenza di post quotidiani sull’account Instagram @dunejournal.

Un manifesto, per dirla come la direbbe Tristan Tzara, ha sempre ragione, è forte, vigoroso e logico; è un formato che permette una comunicazione rapida e combattiva: siamo partiti da connotazioni come queste per tratteggiare con i nostri post una costellazione di indizi. Gli statement d’impronta ecologista sulle t-shirt di Katharine Hamnett; “The mask as a cut between visible and invisible” sulla maglia di Alessandro Michele per Gucci; “We Should All Be Feminists” di Chimamanda Ngozi Adichie sulla t-shirt come manifesto indossabile di Maria Grazia Chiuri per Dior; le “D.P.” (Doppie Pagine) di Anna Piaggi su Vogue Italia; i molti volti di Cate Blanchett in Manifesto di Julian Rosefeldt; lo S.C.U.M. Manifesto (Manifesto for the Society for Cutting Up Men) di Valerie Solanas riattivato attraverso la performance di Chiara Fumai; la collezione Manifest Destiny di Hussein Chalayan; l’intimità del letto sfatto di Félix González- Torres stampata su cartelloni ed esposta allo sguardo pubblico; le proteste pacifiste a letto di John Lennon e Yoko Ono e quelle mascherate delle Guerrilla Girls: sono soltanto alcune delle sollecitazioni che, in attesa di ricevere gli abstract, il gruppo di lavoro ha messo in fila sul social network per rendere conto della tensione ibrida di questo journal. La risposta è stata multiforme, a tratti imprevedibile, e il risultato è un numero che tiene insieme contributi testuali e visivi di studiosi, ricercatori e artisti con percorsi eterogenei che si sono focalizzati su argomenti laterali e poco approfonditi oppure su temi cruciali della contemporaneità.

In questo numero introduciamo e sperimentiamo modalità di scrittura nuove rispetto al volume precedente (una rivista è un confronto aperto e uno strumento di ricerca su se stessa), affiancando ai saggi testi più brevi, in forma di pronunciamento pubblico o lettera. La moda, il progetto e la cultura visuale mantengono una posizione centrale ma in dialogo aperto e costante con altri linguaggi e altre forme espressive.

Il reazionario self-fashioning dei futuristi, l’arte del ricamo, un faxtestamento dell’artista e designer Cinzia Ruggeri sono soltanto alcuni degli argomenti ulteriori innescati in questo numero, illuminazioni che danno origine e profondità ad analisi e riflessioni.

È stato il Manifesto di Rivolta Femminile, redatto e affisso a Roma nel luglio 1970 da Carla Lonzi, Carla Accardi e Elvira Banotti, a suggerirci di coinvolgere in questo numero il collettivo

Claire Fontaine, che in più occasioni ha dedicato il proprio lavoro a Carla Lonzi e al gruppo Rivolta Femminile. Al collettivo, invitato a occupare sei doppie pagine della rivista, così come all’artista Kensuke Koike, che ha concepito il progetto di copertina, è stata data piena libertà espressiva e di azione.

Dune è un progetto che cerca di rispondere alle esigenze di sedimentazione, trasformazione ed evoluzione di un pensiero sulle pratiche progettuali e visuali, impegnandosi a cogliere dinamiche ampie e profonde della contemporaneità. Non era nel suo programma farsi coinvolgere dalla contingenza (dalla contemporaneità più contingente, per così dire) ma quanto di “accidentale” si è imposto in questo numero ci ha tanto sorpresi quanto ci è sembrato naturale. La ragione è ovvia: la contingenza che si ritrova tra queste pagine non è meno profonda e significativa di quanto lo siano eventi e fenomeni di ampio periodo culturale (cioè, al momento, di più ampio periodo culturale). Pur prodotto nell’anno e dall’anno (straordinario) della pandemia, questo numero di Dune non è nato da una composizione di discorsi straordinariamente dislocati su livelli differenti di osservazione e di riflessione.

indice

Claire Fontaine

We Are All Clitoridian Women

pp. 148

SELF-ANALYSIS 001.010

bio >>>

Claire Fontaine è un’artista collettiva concettuale e femminista creata a Parigi nel 2004 con base a Palermo. Il suo lavoro è stato presentato in musei, mostre internazionali e biennali. Un catalogo monografico intitolato Newsfloor è stato pubblicato nel 2020 con Koenig Books.

Nel settembre 2017 è stata pubblicata da DeriveApprodi la raccolta di scritti Lo sciopero umano e l’arte di creare la libertà pubblicata nel 2019 in francese da Diaphanes; nel 2021 la raccolta sarà pubblicata in lingua inglese da Semiotext(e).

www.clairefontaine.ws

Stella Bottai

Elogio della manutenzione: leggere il Manifesto di Mierle Laderman Ukeles nel 2020

pp. 149-156

ESSAYS 001.011

Questo saggio presenta una lettura del seminale MANIFESTO FOR MAINTENANCE ART 1969! Proposal for an exhibition “CARE” (1969) dell’artista Mierle Laderman Ukeles in rapporto alla pandemia globale del 2020 e alle più ampie dinamiche socioculturali dell’epoca. Il testo sottolinea la natura pionieristica della dichiarazione femminista di Ukeles che attribuisce valore artistico alle attività di manutenzione. Il saggio propone di prendere ispirazione dalla metodologia di Ukeles per sviluppare pratiche rinnovate ed espanse di conoscenza e cura per il futuro, in tutta l’arte e la società.

La ricerca di Stella Bottai su Mierle Laderman Ukeles e la nozione di "manutenzione” fa parte di una più ampia collaborazione tra Dune e il Parco Archeologico di Pompei nell'ambito del programma Pompeii Commitment. Materie Archeologiche, ideato e coordinato da Bottai con Andrea Viliani e Laura Mariano.

Keywords

Manutenzione, Femminismo, Arte Pubblica, Pandemia

bio >>>

Stella Bottai ,è responsabile della Manutenzione epistemologica, curatoriale ed editoriale di “Pompeii Commitment. Materie archeologiche /Archaeological Matters” al Parco Archeologico di Pompei. Nel 2019 è stata curatrice associata del Padiglione Italiano alla Biennale di Venezia.

Ha editato la prima monografia di Patrizio Di Massimo (CURA.); e ideato, con Lucia Pietroiusti, il podcast site-specific Cold Protein. Tiene la serie “Art by Telephone” su Harper’s Bazaar Italia.

s.bowtie@gmail.com

Michele Maltauro

“Le mourant doit sourire et même, s’il y arrive, rire”: La Pudeur ou l’Impudeur di Hervé Guibert come manifesto del corpo moribondo

pp. 157-158

CHRONICLES 001.012

bio >>>

Michele Maltauro, laureato in Lettere moderne e laureando in Filologia moderna presso l’Università degli Studi di Padova. Dopo un’esperienza Erasmus all’Université Sorbonne Nouvelle – Paris 3, sta lavorando alla tesi magistrale sull’opera tarda dello scrittore e fotografo Hervé Guibert (1955-1991).

michele.maltauro@studenti.unipd.it

Carmelo Marabello

L’immanenza delle immagini. Virus, mondi reali, nuovi neo-realismi

pp. 159-162

ESSAYS 001.013

Dogma 95 è il manifesto firmato da Lars von Trier e Thomas Vinterberg venticinque anni fa. Ipotizzava un cinema senza costumi, senza oggetti di scena, filmato in ambienti reali: alla costruzione del set contrapponeva la radicalità di un grado zero dello spazio da filmare, delle fattezze di corpi e abiti, del disegno delle luci, di voci, suoni e rumori in presa diretta. Lo spazio filmico, come sappiamo, si nutre tuttavia di scelte, inquadrature, prese del suono. La messa in scena accade comunque e si produce come differenza dalla semplice registrazione.

Il neorealismo è, pur sempre, un neo-reale. Nella scena della pandemia il neo-reale si è fatto webcam e nello spazio del confinamento il close-up è divenuto una sequenza di volti neorealisti, di trame di luci involontarie, talvolta espressioniste, di sfondi privati colmi di oggetti di scena casuali, ready made del domestico. Un manifesto del cinema – l’ultimo manifesto del cinema – si è inverato e trasformato nel quotidiano digitale dei media e dei new media.

keywords

Neorealismo, Bassa definizione, Domestico, Virus, Immunità mediale

bio >>>

Carmelo Marabello, di formazione filosofica e antropologica, insegna cinema e fotografia all’Università Iuav di Venezia. Negli anni Novanta è stato autore e curatore di Fuori orario per Rai 3 e curatore del Festival internazionale del cinema di Taormina. Ha firmato diversi film di montaggio, alcune sceneggiature e radiodrammi.

Tra i suoi volumi principali, Sulle tracce del vero. Cinema, antropologia, storie di foto (Milano: Bompiani, 2011), Il potere del film. Gregory Bateson nell’America in guerra contro il nazismo (Milano-Udine: Mimesis, 2018).

carmelo.marabello@iuav.it

Università Iuav di Venezia

Matteo Billeri

Power Suit. Moda maschile come manifesto d’avanguardia

pp. 163-167

ESSAYS 001.014

L’articolo fa luce sulla contraddizione che, all’interno del primo Futurismo, si stabilisce tra i programmi eversivi dei manifesti e il reazionario self-fashioning degli avanguardisti prescritto dal fondatore F.T. Marinetti. Attraverso l’analisi di una celebre fotografia di gruppo del 1912, si rileggono i moventi egemonici dell’adozione del completo borghese da uomo. Proponendosi al pubblico come uniformati manichini di moda, i futuristi attuano infatti una precisa strategia promozionale, su cui rifletterà decenni più tardi Mario Schifano.

keywords

Futurismo, Abito da uomo, Uniforme, Borghesia, Pop Art

bio >>>

Matteo Billeri, si è formato presso l’Università di Firenze e la University of Wisconsin-Madison, dove ha ottenuto un PhD con lode per la tesi su Moda e modernismo letterario in Italia (2019). I suoi interessi di ricerca vertono sul modernismo europeo, le avanguardie, la storia della moda e gli studi visuali. Suoi articoli sono apparsi in varie riviste, tra cui Paragone, Autografo, e L’avventura: International Journal of Italian Film and Media Landscapes. Attualmente è editor per Mondadori Education.

Silvia Calderoni

Qui non è mai dov’ero ieri

con un contributo visivo

di Giulio Testi


PERFORMATIVE WRITINGS 001.015

bio >>>

Silvia Calderoni, è attrice e performer. Si forma con la coreografa Monica Francia e con la compagnia Teatro della Valdoca. Dal 2006 è parte attiva della compagnia Motus. È protagonista di The Plot is the Revolution a fianco di Judith Malina. Dal 2015 è in tournée con il solo MDLSX, di cui firma anche la drammaturgia insieme a Daniela Nicolò. Premio Ubu 2009 come miglior attrice under 30; al cinema nel 2012 è Kaspar nel film cult La leggenda di Kaspar Hauser.

Giulio Testi si laurea in Arti Multimediali all’Università Iuav di Venezia nel 2019 con una tesi centrata sulla relazione tra indagine fotografica e flânerie.

Elisa Frasson

Come le parole ci toccano. Riflessioni su alcuni No Manifesto alla luce della pandemia attuale

pp. 170-176

ESSAYS 001.016

Partendo da No Manifesto (1965) e dal successivo A Manifesto Reconsidered (2008) della coreografa Yvonne Rainer, questo articolo approfondisce alcuni aspetti della corrente produzione teorica di specifiche realtà di danza e performative italiane nel corso dell’odierna situazione legata al Covid-19. Nello specifico, presenta alcune esperienze recenti riguardanti la danza e formati di produzioni ibride, che si incarnano sia attraverso degli scritti sia tramite azioni dal vivo, come Il Campo Innocente (The Innocente Field) e Danze Clandestine (Secret-Clandestine Dances).

keywords

No, Yvonne Rainer, Italian Dance Scene, Covid-19

bio >>>

Elisa Frasson, è dottoranda in Dance Studies presso Roehampton University (Londra). Ha lavorato in diversi contesti educativi e per progetti sia istituzionali che indipendenti, tra Italia e Regno Unito. Ha curato diversi progetti di danza e screendance, facendo anche da mentore a studenti di danza e arti performative. I suoi interessi riguardano la storia della danza, l’impatto delle pratiche somatiche nella coreografia, la screendance, e la musica elettronica. Attualmente vive a Berlino.

frassone@roehampton.ac.uk

Roehampton University , London

Elena Fava

L’Uomo nuovo di Cinzia Ruggeri

pp. 177-178


CHRONICLES 001.017

bio >>>

Elena Fava, è assegnista di ricerca (Infrastruttura IR.IDE, laboratorio PRIDE.IT) ed è docente a contratto nel corso di laurea in Design della moda e arti multimediali presso l’Università Iuav di Venezia. Ha conseguito il dottorato in Storia dell’arte e collabora a progetti espositivi con CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma. La sua ricerca si muove tra la riflessione sull’archivio, sul made in Italy e le relazioni tra moda e culture del progetto.

efava@iuav.it

Università Iuav di Venezia

Anna Franceschini

Abiti disciplinati e gesti educati. Del vestirsi e camminare come manifesto dell’emergenza tra realtà e fantascienza

pp. 179-183

ESSAYS 001.017

Alla luce dell’impatto della pandemia sui modi del vivere sociale, della ricaduta sui codici dell’abbigliamento COVID19 e dell disciplina prossemica imposta dal distanziamento sociale, il testo indaga l’embodiment del pensiero bio-tecnico novecentesco – di cui il correalismo di Frederick Kiesler è una delle espressioni – attraverso l’analisi di un indumento – la “tuta distillante” o “stillsuit” – e di una coreografia del gesto di origine finzionale, manifesti della disciplina autoimposta dei nativi di Dune per la coesistenza armonica nell’ecosistema planetario, nell’omonimo romanzo di Frank Herbert.

keywords

Pandemia, Correalismo, Frederick Kiesler, Tuta distillante, Biotecnica

bio >>>

Anna Franceschini, è artista visiva, filmmaker e dottoranda in Visual e Media Studies presso l’Università Iulm di Milano. I suoi ambiti di ricerca pratico-teorica sono: il display nella doppia accezione di messinscena di beni di consumo e installazione artistica, la migrazione dei codici estetici tra ambito artistico e non artistico, la vetrina di negozio come dispositivo cinematografico e il film come display.

anna.franceschini@gmail.com

Università Iulm di Milano

Maria Luisa Frisa

Moschino: To be or not to be, that’s fashion

pp. 184-185

STUDIES 001.019

bio >>>

Maria Luisa Frisa, critico e curatore, è professore ordinario all’Università Iuav di Venezia, dove dirige il corso di laurea in Design della moda e Arti Multimediali. Fra le pubblicazioni recenti: Le forme della moda (Il Mulino, 2015), Desire and Discipline: Designing Fashion at Iuav (Marsilio, 2016).

Tra i progetti più recenti: la mostra e il libro Italiana. L’Italia vista dalla moda 1971 -2001 (Milano, Palazzo Reale, 2018), la mostra e il libro Memos. A proposito della moda in questo millennio (Milano, Museo Poldi Pezzoli, 2020).

frisa@iuav.it

Università Iuav di Venezia

Stefano Tomassini

L’arte di sollevare le immagini. Un’inedita prefazione di Paolo Beni, “in lode de’ Ricami” (1607)

pp. 186-192

ESSAYS 001.020

Il saggio documenta il ritrovamento e la riedizione di un’inedita lettera proemiale, “in lode de’ Ricami”, del controverso umanista padovano Paolo Beni (1552 ca–1625). In questa lettera-manifesto (1607), l’autore sostiene che l’arte del ricamo è superiore alla pittura e alla scultura, poiché il ricamo comprende sia il potere del disegno e del colore, sia il potere del rilievo con cui “sollevare” le immagini. Beni, così, porta a compimento il dibattito cinquecentesco sul paragone tra le arti, e rivendica uno statuto di legittimità a un’arte considerata, per la dimensione materiale del suo fare, minore.

keywords

Studi sul Barocco, Libro di ricamo, Lettera manifesto, Paragone delle arti, Forme della merce

bio >>>

Stefano Tomassini, insegna Coreografia, Drammaturgia e Teorie della performance all’Università Iuav di Venezia, scrive di danza su Artribune e, negli anni della sua formazione, si è occupato degli studî sul barocco italiano come una controcultura.

Sta scrivendo un libro sulla ricezione coreografica della musica di J.S. Bach nella danza teatrale del Novecento.

stefano.tomassini@iuav.it

Università Iuav di Venezia

Edoardo Brunello

Produrre e comunicare: manifesti del made in Italy contemporaneo

pp. 193-197

ESSAYS 001.021

Le immagini e gli immaginari dei prodotti di pelletteria italiani oscillano oggi tra l’essere sofisticate impressioni del contesto globale e stereotipate visioni del sistema moda. L’articolo considera le borse come manifesti programmatici dei singoli brand, con l’obiettivo di mettere a fuoco i miti di riferimento e gli stereotipi del made in Italy contemporaneo. Medea e Bianchi e Nardi 1946 sono progetti che non appartengono a colossi finanziari del lusso e che, incarnando immaginari che integrano produzione materiale e immateriale, aiutano a leggere la moda italiana come sistema culturale, oltre che produttivo.

keywords

Made in Italy, Borse, Accessori, Pelletteria

bio >>>

Edoardo Brunello, è architetto e fashion designer. È laureato presso l’Università Iuav di Venezia. Dal 2014 è collaboratore alla didattica del Laboratorio di progettazione della moda all’interno del dipartimento di Culture del Progetto. Attualmente sta svolgendo il dottorato di ricerca in “Culture del progetto del Made in Italy” nell’ambito dell’Infrastruttura di Ricerca Integral Design Environment – IR.IDE.

ebrunello@iuav.it

Università Iuav di Venezia

Jacopo Miliani

“Je es un autre”

pp. 198-199

PERFORMATIVE WRITINGS 001.022

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Jacopo Miliani, è un artista visivo che vive e lavora a Milano. La sua pratica guarda alla performance come metodologia di ricerca, osservando le connessioni tra linguaggio e corpo. È fondatore del progetto editoriale indipendente Self Pleasure Publishing. Ha collaborato con diversi performers e i suoi progetti a carattere interdisciplinare hanno visto la partecipazione del regista Dario Argento, i designers Boboutic, il produttore musicale Jean–Louis Huhta. Attualmente sta lavorando al suo primo feature film: La discoteca.

www.jacopomiliani.info