L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999, ha istituito il 25 novembre come Giornata internazionale contro la violenza sulle donne : in questa occasione, governi, organizzazioni internazionali e ONG sono invitati a promuovere iniziative e attività volte a combattere questo drammatico fenomeno.
La scelta della data è un omaggio alle sorelle Mirabal, attiviste politiche della Repubblica Dominicana, barbaramente uccise il 25 novembre 1960 dagli agenti del regime dittatoriale di Rafael Trujillo.
Questa giornata pone l’accento sul fatto che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani. Non a caso, essa segna l’inizio dei "16 giorni di attivismo contro la violenza di genere", che culminano il 10 dicembre nella Giornata mondiale dei diritti umani.
In molti paesi, il colore rosso e le scarpe rosse da donna esposte in piazze e luoghi pubblici simboleggiano le vittime di violenza e femminicidio. Un simbolo potente ideato nel 2009 dall’artista messicana Elina Chauvet con l’installazione Zapatos Rojos.
L’idea di Chauvet nacque per la necessità di accendere i riflettori sul dilagante fenomeno, ma anche per ricordare la sorella, assassinata dal marito a soli vent’anni. 33 paia di calzature, tutte diverse l'una dall'altra ma accomunate dal colore rosso, lo stesso del sangue, e dal fatto di essere prive delle loro rispettive proprietarie, scomparse a causa di una violenza innegabilmente sistemica: la potenza dell’immagine non poteva lasciare indifferenti.
Anche il Consiglio regionale partecipa attivamente alle iniziative di sensibilizzazione, illuminandosi di rosso come segno di impegno e vicinanza alle vittime di violenza.
Sono il simbolo del 25 novembre, e per estensione della lotta alla violenza di genere.
Vengono posizionate in scenografici luoghi pubblici, e in alcune occasioni a ogni paio viene associato un biglietto che riporta il nome di una donna uccisa.
Le panchine, comunissimo arredo urbano, sono veicolo di messaggio. La panchina rossa oggi viene utilizzata per dire no alla violenza, con particolare riferimento alla violenza domestica, ed è un elemento che ci ricorda che i maltrattamenti nei confronti delle donne avvengono anche nelle proprie comunità, nei luoghi familiari, nei piccoli e grandi centri.
Con il loro colore scarlatto ricordano il vuoto lasciato dalle vittime, e richiamano l’attenzione sulla necessità di opporsi a quello che è un fenomeno sistemico.
Un messaggio che parla di rispetto e che dice con forza no alla violenza sulle donne, al silenzio, all'indifferenza e alla rassegnazione.
Un segno visibile, rosso, da tracciare con il rossetto sullo zigomo, subito sotto l'occhio. E un aiuto concreto, a favore di una realtà che da tanti anni lavora per dare voce e futuro a chi non ne avrebbe.
La Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne segnerà il lancio della campagna UNiTE (25 novembre-10 dicembre), un'iniziativa di 16 giorni di attivismo che si concluderà il giorno che commemora la Giornata internazionale dei diritti umani (10 dicembre).
#NoExcuse è l'hashtag di riferimento scelto da UN Women per questo 25 novembre (2024). Non ci sono più scuse per tollerare la violenza di genere nelle nostre società. Non ci sono scuse neppure per non celebrare la Giornata dedicata. Con un libro, una mostra, una manifestazione: ciascuno può trovare la sua via. L'importante è fare rumore e bandire il silenzio.
Casi emblematici, su tutti il femminicidio dei Giulia Cecchettin, hanno scosso le coscienze. Così le donne denunciano di più (aumentato nel 2024 di oltre l’80% le richieste di aiuto al numero antiviolenza 1522), si rivolgono di più ai centri antiviolenza (dal 2,4% al 4,9% secondo l’Istat) e considerano più spesso gli abusi un reato (dal 14,3% al 29,6%) e meno come qualcosa che è solo accaduto (in calo dal 35,2% al 20%). Non solo: aumentano anche gli uomini che si impegnano per abbattere sessismo e mentalità patriarcale, e che avvertono questo impegno come una loro responsabilità. E aumenta, finalmente, anche il personale sanitario, operativo nei pronto soccorsi, formato per riconoscere e prendersi adeguatamente cura delle vittime. Chiaramente, non è abbastanza. Bisogna continuare a fare rumore, come invitava, un anno fa, Elena Cecchettin. Ma anche fare rete, come sollecita oggi Valore D, per sviluppare una vera nuova coscienza collettiva sul tema. In ogni caso #noexuse, #NessunaScusa è lo slogan simbolo di questa Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Fa parte dell’iniziativa globale Orange the World, con l’arancione rappresenta un futuro libero dalla violenza contro donne e ragazze ed è focalizzata, quest’anno, sul tema del femminicidio, da affrontare con l’hashtag #NessunaScusa. L’iniziativa è stata rilanciata da UN Women Italy che ha richiamato l’attenzione sulle azioni concrete che devono essere adottate da tutti i settori della società, con riferimento specifico al nostro Paese. Se i governi devono creare e applicare leggi severe contro la violenza di genere, e adottare Piani Nazionali d’Azione che garantiscano la protezione delle donne, anche le aziende e le istituzioni devono fare la loro parte. Implementando politiche di tolleranza zero, offrendo sostegno alle vittime. Promuovendo ambienti di lavoro sicuri e inclusivi. Ma anche i singoli individui possono cambiare le cose, denunciando ogni forma di abuso e violenza e sostenendo l’operato di enti ed associazioni.
Il progetto di Sorgenia, realizzato con la collaborazione di Fondazione Pangea ETS, ha lo scopo di mostrare in modo oggettivo e concreto come alcuni episodi di violenza siano nascosti tra le pieghe della vita quotidiana, come ad esempio il controllo del telefono o dell’abbigliamento, la discriminazione in ambito lavorativo o familiare. Per creare consapevolezza Sorgenia ha ideato una pagina online con dodici storie interattive (www.sempre25novembre.it), ispirate a fatti realmente accaduti. Il lettore può scegliere quale azione compiere, da cui scaturisce un epilogo ogni volta differente. Ci si rende così conto di come ogni decisione, anche la più piccola, possa modificare il corso degli eventi. L’esperienza si conclude con un breve approfondimento sul fenomeno rappresentato. Le storie sono accompagnate da installazioni in cui i racconti sono introdotti da immagini di apparente normalità, ma che nascondono violenza o la discriminazione, come a dire che non sempre la realtà è ciò che appare a un primo sguardo superficiale.
La designer italiana Sara Battaglia presenterà la sua capsule di camicie “Red Collar” durante la Art Week di Miami questo dicembre, collaborando con l’Istituto Marangoni Miami per evidenziare questo potente simbolo contro la violenza sulle donne. La camicia “Red Collar”, facilmente riconoscibile per il suo audace colletto rosso, rappresenta un segno visibile di supporto ai sopravvissuti alla violenza di genere e richiama una solidarietà globale per affrontare questo tema.
Negli ultimi anni abbiamo visto tante campagne di sensibilizzazione contro la violenza di genere. Ma la chiave di volta, in prospettiva futura, è l’educazione di bambini e i ragazzi. Di qui la ricerca di INC Non Profit Lab “Prima che sia troppo tardi. Educare i giovani all’affettività per contrastare la violenza di genere”, condotta da AstraRicerche, su un campione di italiani tra i 18 e i 75 anni, con il patrocinio di Rai Per la Sostenibilità – ESG. Dallo studio risulta che gli italiani parlano abbstanza di violenza in famiglia. Quasi 8 su 10 lo fanno con i figli 14-18enni, 7 su 10 con il/la partner e i bambini/ragazzi dai dieci anni in su, ma meno di 4 su 10 ne parlano con i figli più piccoli (5-9 anni). Ma la famiglia non basta: per il 91,6% servono campagne di sensibilizzazione da indirizzare a bambini e ragazzi e con l’inserimento (79,7%) dell’educazione all’affettività nei programmi scolastici.
Per 8 italiani su 10 è opportuno far diventare l’educazione all’affettività una materia di studio nel corso scolastico di bambini e adolescenti (79,7%). I temi a cui dare priorità sono quattro: come riconoscere i segnali della violenza di genere (72,6%), come superare gli stereotipi di genere (48,1%), come affrontare il tema della rabbia (45,6%) e quello dei rapporti sentimentali e amorosi (40,1%).
In ogni caso il compito di trasferire educazione su questo tema resta per il 65,5% del campione anche in capo alla famiglia, ma per il 61% degli italiani dovrebbero essere demandata ai docenti e, con percentuali minori, alle Istituzioni locali, ad altre figure estere di riferimento, come alcuni specialisti (medico, psicologo, sessuologo) e alle organizzazioni non profit attive sul territorio.