IMPATTO AMBIENTALE DELL'UOMO SULLE CALOTTE POLARI
Il freddo, le calotte polari, il ghiaccio gelido: io vivo qui. Appartengo ad uno tra i più antichi gruppi primitivi dell’Antartide: gli Inuit. I miei antenati hanno vissuto a lungo in queste zone inospitali e difficili e sono riusciti a sopravvivere per anni, fino a quando non sono arrivati loro: gli uomini “dell’altro mondo”. Sono arrivati e hanno distrutto, devastato il nostro mondo, quello “lontano”, quello che all’essere vivente è sconosciuto ma che alla natura è ben conosciuto. Io non vado a scuola e non so né scrivere né leggere, ma so di certo cosa sta accadendo alla mia casa, alla mia terra. La mia più grande qualità è quella di saper osservare. Sono sorda, e come tutti i sordi, sono riuscita a sviluppare molto la vista. Grazie ad essa riesco a captare informazioni vitali, senza delle quali non potrei vivere. Ogni mattina, appena svegliata e vestita, insieme ai miei due fratelli grandi Aliz e Zalu, devo andare a raccogliere il pesce intrappolato tre le reti che, la sera prima, gettiamo in acqua. Mi sto accorgendo però di come il pesce che raccogliamo non sia più gustoso e saporito come lo era qualche anno fa, ma acido e aspro e molto spesso, neanche lo mangio anche perché riesco a capire la qualità solo dal suo colore. Mi chiedo sempre che cosa stia succedendo e forse conosco la risposta. Sento parlare del cambiamento climatico e mia mamma mi spiega che è un fenomeno che ci distrugge e che è causato dall’ignoranza dell’uomo. Sono una bambina che, come dicevo prima, osserva molto e quindi riesce a riflettere approfonditamente su tutto ciò che accade. Mi sono resa conto, infatti, che sempre più calotte polari si stanno sciogliendo tanto che molti orsi polari stanno morendo annegati nelle acque gelide dell’Artide, non permettendo neanche più la loro caccia. Questo enorme problema si estende su specie di vario tipo: dai leopardi della neve, ai pinguini, alle balene franche. Io e la mia famiglia siamo costretti a mangiare cibo in scatola sia a pranzo che a cena anche perché, a causa delle basse temperature, nel nostro dimenticato territorio, non si sviluppa alcun tipo di vegetazione, se non qualche muschio e licheno, più visibile nella stagione dello scioglimento dei ghiacciai, la stagione più calda. Penso che adesso ti immaginerai un luogo gelido dove le temperature non superano i dieci gradi sotto zero, sì, una volta era così. Mio padre, quando ero piccola, mi raccontava di come lui e suo fratello Kaly, non riuscissero mai a sopportare il freddo e dovessero nascondersi sotto il letto per sfuggire al pesante lavoro che gli attendeva fuori: tra la neve bianca e le forti bufere. A differenza di come si può pensare, al giorno d’oggi, le temperature superano anche i venti gradi, e non è tutto! A volte, siamo costretti a lavorare per ore senza le pellicce e solo con maglioni di vari tessuti, non sempre lana. Quello che sta succedendo qui non è solo conseguenza dell’ignoranza dell’uomo, ma anche il contro di quest’ultimo di non saper osservare il mondo al di fuori della propria visione, non imparando ad apprezzare ciò che la natura ha donato a voi esseri viventi incoscienti e che, come si sta verificando, non state conservando al meglio. Molti miei cari amici, di soli dieci anni, stanno combattendo per la vita contro la morte a causa del vostro non riflettere sul mondo che ci circonda, sul vostro non apprezzare la naturale bellezza dei luoghi remoti e che considerate lontani e desolati, privi di vita, gelidi.
Lavinia Bossi , 3^C
Classe 2^B
Salviamo il mondo con le merende senza plastica.
Nel 2021 la classe 2D ha partecipato al concorso “Plastica: nata come risorsa, diventata un problema”. Da qui è nata l’idea del “plastic-free saturday”, che consiste nel portare a scuola una merenda non contenuta in imballaggi di plastica usa e getta. Così, dallo scorso anno, il sabato portiamo a scuola merende che rispettano l'ambiente.
Da quest’anno, inoltre, ogni classe effettua un monitoraggio registrando quanti alunni hanno merende “plastic free” (in contenitori di plastica riutilizzabile o in sacchetti di carta) e quanti invece merende con imballaggi di plastica non riutilizzabile. A fine anno vedremo quale classe si sarà dimostrata più amica dell’ambiente.
In quest’ultimo caso non ci sono punizioni o richiami, solo l’invito a compiere questo piccolo gesto così da poter gustare la merenda sapendo di aver contribuito alla salvaguardia del nostro pianeta!
Siamo convinti che le piccole azioni quotidiane come fare la raccolta differenziata, riutilizzare gli oggetti e dargli nuova vita, usare sacchetti di plastica biodegradabile, non acquistare oggetti inutili o usa e getta, possano aiutare la Terra.
L’efficacia di questi piccoli gesti non sarebbe molta se una sola persona li mettesse in atto, ma l’unione fa la forza, e da quest’anno tutta la scuola Cima partecipa a questa iniziativa!
Da 20 persone a più di 200: un bel successo!
Classe 2^D
APPROFONDIMENTO
In che modo inquina la plastica?
La produzione e lo sviluppo di migliaia di nuovi prodotti in plastica è aumentato notevolmente dopo la Seconda guerra mondiale trasformando le abitudini di consumo in un modo così profondo che oggi sembra quasi impossibile pensare di vivere senza. La plastica ha rivoluzionato la medicina, ha reso più leggeri i mezzi di locomozione, ha salvato vite (basti pensare ai caschi, alle incubatrici e alle attrezzature per rendere potabile l’acqua).
Purtroppo il 40% della plastica prodotta ogni anno è usa e getta: le buste e gli involucri per il cibo, le cannucce, i piatti, i bicchieri… sono tutti prodotti che hanno una vita di pochi minuti/ore/giorni ma che sono destinati a rimanere nell’ambiente per centinaia di anni.
Il National Geographic ha così riassunto alcuni dati importanti che devono farci riflettere:
metà della plastica prodotta è stata realizzata negli ultimi 15 anni. Siamo passati da 2,3 milioni di tonnellate nel 1950 a 448 milioni di tonnellate nel 2015 (di cui solo il 3% viene riutilizzato) dato che si prevede raddoppierà entro il 2050.
ogni anno, circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono negli oceani: è come se buttassimo cinque buste d’immondizia ogni 30 cm di costa in tutto il mondo!
le plastiche contengono additivi per renderle più resistenti, flessibili e durevoli al punto che un oggetto di plastica, che adoperiamo per pochi minuti, impiega 400 anni per degradarsi.
Quali sono le conseguenze nei nostri mari?
Ogni anno milioni di animali vengono uccisi dalle plastiche che si trovano nei mari: foche, balene, tartarughe e altri animali, acquatici e non, finiscono strangolati o strozzati dopo essere rimasti intrappolati in qualche rifiuto o dopo averne mangiato qualche pezzo convinti sia cibo.
Infatti i rifiuti di plastica iniziano un lento processo di degradazione attraverso l’azione di vento, onde e luce del sole, riducendosi così in particelle spesso inferiori al mezzo centimetro, le microplastiche, che entrano nella catena alimentare fino a tornare all’uomo!
Classe 2^D
Esmeralda Rui, 3^A