“Solitudine”, sembra quasi una parola dolorosa, soprattutto in un momento in cui viviamo di contatti bidimensionali, scanditi da uno schermo che ci fa compagnia a suon di click, forse perché desideriamo annullare quel piccolo metro che ci divide e ci fa sentire davvero lontani. Tutti ci siamo sentiti soli, soprattutto in quarantena, quando il contatto sociale più significativo sembrava salutarci dal balcone o stare in fila per il supermercato, ma la solitudine esisteva anche prima. La solitudine non è di certo una novità, ma prima non ci facevamo caso. Prima non ci importava di chi trascorreva il Natale da solo, di chi a scuola girava per i corridoi come un’ombra o di chi soffriva pensando di non avere nessuno; semplicemente non ci toccava, perché non ci riguardava, quindi per quale motivo ci saremmo dovuti curare di chi si sentiva più perso di noi? Poi arriva improvvisamente il virus, rimaniamo in casa e, in un istante, ci ritroviamo rinchiusi dentro ad una bolla che non ci è concesso scoppiare, di colpo quel minuto in macchina che ci divide dalla casa del nostro migliore amico sembra troppo lungo per potersi sentire vicini. Ci spaventiamo quando rimaniamo soli, ci chiediamo chi ci farà compagnia, forse perché ci sottovalutiamo o ci manca l’approvazione degli altri. A volte rimanere soli è scomodo, accorgerci che ci dispiace non avere qualcuno per poterci distrarre da noi stessi. Purtroppo moltissime volte ci sentiamo soli anche in mezzo agli altri; ci accorgiamo che chi ci circonda non ci conosce davvero e sembra smateriallizzarsi nell’aria appena cerchiamo un vero amico; preferiremmo teletrasportarci dall’altra parte del mondo e, nel pieno della nostra incertezza su come tenerci impegnati, prendiamo il cellulare, tanto per avere qualcosa da fare; ci riempiamo di post da scrollare, like da contare e commenti inutili scritti per noia, cercando di rendere la nostra vita colma di impegni ed inarrestabile. Molti adolescenti hanno paura della solitudine perché quella maschera che davanti agli altri modellano con cura sul loro viso, quando si è soli non ha più valore. In realtà a volte la solitudine è più costruttiva che fastidiosa; una sana discussione introspettiva ci permette di conoscerci meglio, di maturare, di coltivare sogni e di fare scelte, piccole o grandi che siano. La solitudine quindi ci ha cambiati? Tra tutte le cose che abbiamo, o meglio diciamo di aver imparato dalle conseguenze della pandemia, si spera rientri anche la consapevolezza della solitudine, per aprirci alla solidarietà verso chi prima, presi dalla nostra vita frenetica, non notavamo e per imparare a non dare per scontati nemmeno i più piccoli ed apparentemente insignificanti momenti felici che abbiamo l’occasione di trascorrere con chi davvero ci vuole bene, perché come scrive Leo Buscaglia: “Abbiamo dimenticato cosa sia guardarsi l’un l’altro, toccarsi, avere una vera vita di relazione, curarsi l’uno dell’altro. Non sorprende se stiamo morendo tutti di solitudine”.
Di Maria Luce De Guidi