Quante volte abbiamo fantasticato sulla vita dei nostri professori al di fuori della scuola? Quali loschi segreti hanno nascosto per molti anni agli studenti? Per placare la vostra sete di curiosità, ecco a voi l’intervista a tre professori che si sono messi a nudo raccontando indiscrezioni ed esperienze personali che sicuramente vi stupiranno.
1. Lei ha studiato all’estero? Se sì, quali sono le differenze più evidenti che ha notato rispetto alla scuola italiana? Non ho frequentato anni scolastici all’estero, ma ho fatto corsi di inglese a Londra e di tedesco presso l’Università di Monaco di Baviera. Tuttavia, alcune differenze le ho notate durante gli stage linguistici del nostro Istituto:
l’articolazione oraria della giornata scolastica, con l’inizio posticipato rispetto al nostro (tra le 8.30 e le 9.00) e il proseguimento nel pomeriggio, il tutto intervallato da una breve pausa pranzo.
l’obbligo di indossare la uniform.
Alla High School alcune materie sono fisse, altre invece sono a scelta dello studente, in base al percorso che intende seguire dopo il diploma.
2. Quale lavoro le sarebbe piaciuto fare se non fosse diventata insegnante?
L'interprete, che comunque mi è capitato e mi capita di fare, oppure la traduttrice. Per fortuna non ho seguito il mio pallino fisso dei tempi del liceo, la biologa, non sarebbe stato il lavoro per me.
2. Ha avuto come colleghi alcuni suoi docenti? No, però ho avuto come alunni i figli di alcuni miei ex professori, è stato divertente trovarseli davanti ai colloqui.
1. Lei che tipo di studente era? Ho frequentato la “vecchia” ragioneria del Da Vinci tra il 1985 e il 1990. Innanzitutto posso dire che mi rammarico del fatto di essere stato uno studente che si accontentava di quel poco che la scuola offriva, a differenza di questi ultimi anni, dove vengono proposte diverse attività accessorie al classico percorso di formazione. Purtroppo ai miei tempi ho fatto pochissime esperienze dal punto di vista digitale, il massimo del divertimento e della sorpresa avveniva quando una nostra insegnante ci portava nell’aula di informatica per provare alcuni giochi. Ero uno studente piuttosto timido che rimaneva serio nei momenti opportuni e che adorava divertirsi quando c’era occasione di farlo, partecipando a gite e svolgendo altre attività. Peccato per le troppe lezioni frontali fatte che non mi hanno permesso di cogliere di più da quel periodo.
3. Andrea Gallo professore cosa direbbe ad Andrea Gallo studente?
Gli direi assolutamente di cogliere tutte le opportunità offerte dalla scuola in base a quelle che sono le proprie passioni e le proprie possibilità economiche. Bisogna cogliere tutto ciò che si vive in questo periodo, perché molte cose rimarranno sempre, come le amicizie. Infatti ancora oggi ho una chat con tutti i miei vecchi compagni di classe. Suggerirei a lui di vivere la scuola il più possibile non solo dal punto di vista sociale o pensando alle opportunità che l’istituto ci offre, ma anche un qualcosa che spaventa come l’esame di maturità. Esso rimarrà una tappa fondamentale della vita di ogni studente, io stesso me lo ricordo ancora. Un’altra cosa di cui mi rammarico è il fatto di non aver capito sin da subito, forse per ingenuità, il vero senso della scuola. In conclusione, direi a me stesso di viverla di più e di approfittare di ogni singola occasione, perché è questo il momento della nostra vita più adatto per farlo.
1. Se potesse tornare indietro nel tempo, quali consigli darebbe a un se stesso più giovane?
E' una bella domanda, molto impegnativa, perché in qualche modo mi costringe a fare un bilancio della mia vita. Probabilmente è una semplice casualità che questa intervista si svolga alla vigilia dei miei sessant'anni. Sono pronto a rispondere, cercando di non essere prolisso.
Prima di tutto una premessa. Émile Zola, uno dei massimi rappresentanti del Naturalismo francese, nei suoi romanzi si era posto un problema di grande interesse: in che modo l’ereditarietà dei caratteri e l'ambiente sociale condizionano l'individuo? Ciò che siamo è esclusivamente il risultato delle nostre capacità o in qualche modo l'ambiente esterno condiziona le nostre scelte? In quale percentuale?
Ho provato a rispondere a questi quesiti ma una soluzione esaustiva non sono riuscito ancora a darmela: forse siamo il risultato di diverse concause.
Provengo da una famiglia semplice e di sani principi; mio padre era operaio della Lancia, mia madre casalinga, ho due fratelli e due sorelle. Se dovessi dire qual è il valore più importante trasmessomi dai miei genitori, senza ombra di dubbio direi l'onestà. E' un valore sul quale sono state e sono basate tutte le scelte di vita della nostra famiglia. A tale proposito vorrei raccontarvi un aneddoto a mio parere significativo, che dimostra come alcuni comportamenti diventino un modus vivendi familiare.
Il mio nonno materno, dopo aver combattuto la prima guerra mondiale, divenne guardia del dazio. Uno dei ruoli specifici di questa polizia era di scoraggiare il più possibile, con sequestri e denunce, il mercato nero molto diffuso in particolare nel corso della seconda guerra mondiale. Un giorno durante uno di questi controlli di routine, mio nonno bloccò lo svolgimento di un funerale, ordinando di aprire una bara, perché aveva sentito dire che spesso i funerali fungevano da copertura del mercato nero. Scoperchiata la bara vi trovò ogni ben di Dio: prosciutti, farina bianca, scatolame di tutti i tipi, pane, formaggi … e alla proposta di chiudere un occhio, dietro compenso di parte dei prodotti trasportati, pur avendo a casa sei bocche da sfamare (in tempo di guerra chi ha patito la fame lo sa bene), procedette alla denuncia e al sequestro della merce, senza appropriarsi di nulla, al contrario di quello che in altre occasioni avevano fatto alcuni suoi colleghi. Aveva preferito patire la fame piuttosto che perdere la dignità.
Ho voluto raccontare questo episodio per far capire quanto sia importante trasmettere dei valori; sono convinto che intorno a noi ci siano tante persone buone e oneste; sono costoro che spingono avanti il mondo, e ci danno la speranza che non tutto è perso.
Questo è il messaggio che dobbiamo consegnare alle nuove generazioni.
Tornando al mio racconto, ritengo che la mia vita e quella della mia famiglia sia cambiata grazie alla scelta di trasferirci dalla città vecchia in un quartiere residenziale di Bari. Ciò mi ha permesso di aprire il mio orizzonte sociale e culturale.
A distanza di tempo posso dire che molte mie scelte sono state dettate da pura casualità ma anche dal mio carattere, dalle mete che mi ero prefissato. Ho avuto la fortuna ma anche la determinazione di capire cosa sarebbe stato meglio per me.
All'età di 13 anni sembrava realizzarsi il sogno di intraprendere la carriera del calciatore ma, viste le difficoltà che si profilavano, ebbi subito sentore, mio malgrado, che avrei dovuto concentrarmi sullo studio. I fatti mi hanno dato ragione: mi sono laureato a 24 anni e dopo aver svolto il servizio militare, ho superato ben tre classi di concorso per diventare insegnante ed ho iniziato la mia carriera a 26 anni.
Quella di docente è un gran bella professione, molto impegnativa e delicata; mi piace e mi dà grandi soddisfazioni professionali. Ciò che del mio lavoro mi appaga molto è dovermi tenere sempre aggiornato, essere sempre a contatto con i giovani e potermi confrontare con loro.
Un'ultima riflessione. La delicata situazione che stiamo vivendo, a causa del Covid, ha evidenziato quale ruolo fondamentale abbia la scuola nella nostra società: tutti sono concordi nell'attribuire alla Istituzione scolastica un ruolo centrale. E' un riconoscimento importante, visto che non molti anni fa vi era stato un tentativo politico prima e mediatico poi di screditare i docenti e il loro lavoro agli occhi dell'opinione pubblica, il tutto accompagnato da una mirata campagna mediatica che intendeva ridimensionarne drasticamente il ruolo, a vantaggio di altre realtà formative.
Per concludere: non mi sentirei di dire niente di diverso a me stesso più giovane, rispetto a quello che ho fatto. Posso ritenermi appagato e contento delle mie scelte e le rifarei. Quanto ho realizzato è il risultato delle mie capacità ma anche del contributo di tutti quelli che ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita, dalla parrocchia che frequentavo da giovane, all'università al mondo del lavoro. Naturalmente questo vale ancora adesso perché non si smette mai di formarsi ed affinare il proprio carattere.
2. Quali valori intende trasmettere ai suoi alunni al di là del programma scolastico?
Questa seconda domanda mi permette di chiarire ulteriormente quali siano i valori nei quali credo e che cerco di trasmettere ai miei alunni.
Prima di tutto spero di inculcare in loro l'onestà morale ed intellettuale, accanto alla quale metto il valore della libertà, intesa come rispetto di se stessi e delle idee altrui. Aggiungerei, senza dubbio, quello della tolleranza, ovvero la necessità di confrontarsi senza pregiudizi di razza, credo politico e religioso; sono un sostenitore del confronto sereno perché ritengo che la ragione non stia solo da una parte.
Altro insegnamento che cerco di inculcare in loro è il rispetto delle regole, che devono essere sempre rispettate, costi quel che costi. Mi dà molto fastidio vedere persone che si sentono al di sopra della legge o, peggio, che adattano le regole secondo la convenienza personale. Un altro aspetto che desidero trasmettere ai giovani studenti è prendere insegnamento da qualsiasi cosa si faccia.
Accanto a questi valori, sono fermamente convinto che l'elemento che li tiene tutti insieme e ne dà un significato è la cultura, intesa come desiderio di conoscere: solo la cultura, intesa in senso lato, salverà l'umanità.
Purtroppo la maggior parte dei mali che attanagliano gli uomini sono dettati dall'ignoranza. L'essere umano è fondamentalmente buono ma si lascia facilmente traviare, perché il suo egoismo è smisurato. Dovremmo imparare a coltivare di più l'umiltà, che non significa rinunciare a combattere e a difendere le proprie idee, ma scoprire quello che di buono c'è in chi ci è accanto, senza pregiudizi.
A tale proposito permettetemi un ultimo suggerimento, sempre ai giovani; vi invito a leggere uno dei più bei romanzi mai scritti: I Miserabili di Victor Ugo. Jean Valjean, il protagonista, è un ergastolano abbruttito dall'odio e dal rancore, odiato da tutti. L'autore racconta come costui riesca a riscattarsi come uomo e come cittadino. Un uomo che la fame, la miseria ed una società ostile e bigotta aveva già condannato, trova la forza di rialzarsi e diventare un uomo onesto e laborioso, grazie ad un fortunato incontro che gli cambia la vita.
Cosa vorrei trasmettere ai miei studenti? Tutto quello che provo dentro di me guardando ciò che di bello la vita ci offre, il sentimento di amicizia vera, le sensazioni che si provano ascoltando un brano musicale, leggendo un libro o raccontando una storia; qualsiasi cosa che faccia accendere in noi sentimenti autentici.
La mia più grande soddisfazione è quella di saperli cittadini consapevoli e coerenti, preparati ad affrontare la vita; non poca cosa in una società nella quale l'ignoranza e la mediocrità sembrano crescere esponenzialmente.
Cerco di trasmettere ad ognuno di loro queste e tante altre cose, alcune delle quali in questo momento neanche immagino, perché spesso nascono senza essere programmate e forse per questo sono le più belle
a cura di Jacopo Chinaglia