Arte contemporanea a Napoli, quanto serve, a chi serve

Post date: Aug 13, 2011 9:40:50 AM

L'arte contemporanea cos'è, a cosa serve, a chi serve in una città come Napoli che è da considerare forse come tra le più grandi metropoli d'Europa.All'estero se chiedi "Italia", ti dicono spaghetti, pizza, mandolini e, purtroppo, munnezza. Gli stranieri associano per lo più l'Italia alla pizza e quindi a Napoli, al Vesuvio, al calore umano che solo qui c'è. Nonostante tutto. Ci sono cose che accadono solo a Napoli e forse anche alcune di queste cose andrebbero pubblicizzate per attirare un turismo alternativo. Perchè tutto può funzionare, dipende solo dal brand che si vuole organizzare di una città e come comunicarlo.

Napoli, dalla prima fase bassoliniana, non bisogna rinnegare che è diventata una città in cui l'arte contemporanea l'ha resa ancora più internazionale. E se la montagna di sale di Mimmo Paladino diventò lo scivolo, la giostra dei ragazzini del Pallonetto, o le spirali ("Naples") di Richard Serra divennero orinatoi, ben venga. L'arte deve essere interattiva a tutti gli effetti, anche profanata se si vuole comprendere l'impatto che ha in un contesto.

Trecento, quattrocento, 700mila euro per un'installazione di un'opera in una piazza forse sono troppi se tale opera viene rimossa dopo una 30ina di giorni e a volte non si conosce nemmeno quella che sarà la destinazione successiva relegandola a un deposito.

Negli ultimi 16 anni abbiamo avuto arte contemporanea come non se n'era mai vista prima: le stazioni della L1 della metropolitana, le installazioni natalizie in P.zza Plebiscito e le bandiere di Maggio, la nascita del PAN, del MADRE e numerose altre gallerie private che intessono rapporti con Parigi, Londra, New-York, le mostre curate da Achille Bonito Oliva al Castel S.Elmo, quelle a Castel dell'Ovo... fino alla riapertura degli spazi dell'Istituto francese Grenoble in via Crispi dove ultimamente vi hanno partecipato studenti dell'Accademia di Belle Arti di Napoli con la rassegna Uomo 2.0.

Ci volle il terremoto del Novembre 1980 affinchè, prima del bassolinismo, gli artisti internazionali alzassero le chiappe per partecipare a una grande operazione voluta dal compianto Lucio Amelio: Terrae Motus. Napoli era sotto i riflettori internazionali non più per la cronaca del terremoto, ma perchè diventò "città d'arte" con l'arrivo di Andy Warhol, Joseph Beuys, Robert Mappletorphe...

Il problema per l'arte contemporanea a Napoli non è "a cosa serve", "a chi serve" e "quanto spendere" per essa, ma è capire una volta per tutte qual'è l'immagine, il brand, che si vuole trasmettere della città nel Paese e all'estero.Probabilmente non conviene spendere 500mila euro per un'installazione in piazza, ma può convenire invece acquistare un'opera per un proprio museo comunale. Un investimento per la città.

Probabilmente non è stimabile il rapporto spesa-investimento arte/entrate economiche per una città, ma sicuramente la spesa inficia sul brand generale. Vi sono per un'industria spese che sono a perdere come essere presente col proprio negozio, il proprio marchio, in alcuni centri commerciali che non rendono economicamente, ma il gioco vale la candela perchè essere presenti sul territorio "fa brand".

Non so fino a che punto il sindaco di Napoli voglia ridurre le spese per la grande arte contemporanea per spalmarle su più situazioni, forse è una strada giusta purchè sia in linea con le direttive stabilite da una copy-strategy che definiscano il brand di Napoli.

Poi c'è un altro punto cruciale nelle scelte sull'arte contemporanea. Chi deve esserci? Calcare l'onda dei soliti artisti, critici, galleristi, o dare spazio a nuovi movimenti? E i nuovi movimenti da chi potranno essere supportati se vivono ancora nell'underground dell'arte contemporanea?

Ecco, qui mi sento di dover dare un mio consiglio. Consiglierei di definire nel brand di Napoli una strada di arte sostenibile che sia in linea con l'attuazione delle varie delibere sui rifiuti che faranno di Napoli (spero) un Comune virtuoso. Sia Napoli virtuosa in tutti i sensi.

Nell'arte contemporanea si vedono tante cose inutili che hanno mercato solo perchè il sistema-arte ne ha creato il mercato. Critici corteggiati da artisti, riviste di settore che corteggiano galleristi e critici, politici che si ritrovano in casa opere di artisti in quanto favoriti dai primi. Non è un bel sistema. E' una beffa all'intelligenza degli storici d'arte, ai critici puri e, non per ultimi, ai contribuenti quando un'opera viene finanziata con fondi pubblici.

Quello che consiglio è seguire l'onda dell'arte sostenibile, arte utile. Arte che sto personalmente seguendo per i miei studi e che vedo in parte occultata dal mercato dell'arte. La tendenza dell'arte dei prossimi anni mi sento di dover dire che è questa.

Si va dalla Fun-Theory ai Flash-Mob in stile Fluxus, dai PAV (Parchi Arte Viventi) alle sinergie tra scienziati, tecnologi e artisti per la creazione di opere di utilità collettiva (Mu-Lab). C'è tanta arte utile nel mondo ed anche in Italia. Cerchiamo di capire di cosa si tratta. Per dargli spazio.

A Napoli.