L'evoluzione della chirurgia valvolare aortica e il contributo italiano

Data pubblicazione: 1-ott-2012 20.09.01

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Nel 1872 un oculista di nome Becker per primo creò un modello sperimentale di insufficienza della valvola aortica nel cane distruggendo una delle cuspidi valvolari con una bacchetta di vetro introdotta un modo retrogrado nel sistema vascolare al fine di dimostrare una fantasiosa correlazione tra vizio visivo e valvulopatia [1]. Nel frattempo, Haecker tentò di creare un modello animale di stenosi aortica utilizzando una sutura costrittiva sopra l'origine dell'aorta [2].

Nel 1913, il chirurgo francese Theodor Tuffier per primo trattò con successo una stenosi della valvola aortica utilizzando il dito invaginato nella parete aortica elastica di una giovane paziente, per dilatare la valvola stenotica [3].

A St Louis nel 1922, Graham e Allen furono pionieri nelle tecniche trans-catetere inventando un cardioscopio che poteva essere introdotto nel sistema vascolare fino ad entrare in contatto diretto con la valvola aortica. Il cardioscopio era inserito attraverso l'arteria succlavia e l'apice del ventricolo sinistro. A questo era collegata una lama grazie alla quale i chirurghi erano in grado di incidere la valvola stenotica [4]. (fig 1)


Fig 1 Strumento per l'incisione delle commissure valvolari

A Londra, Brock iniziò a trattare la valvola aortica via succlavia destra, sempre impiegando una lama collegata ad un cardioscopio e introdotta in arteria; tuttavia, abbandonò questa procedura perché ritenuta troppo pericolosa per incidere la valvola calcificata [5,6]. Nel 1946 Horace Smithy impiegò un Valvulotomo a lama attraverso l'aorta ascendente di cani, ampliando in tal modo l'apertura delle valvole aortiche stenotiche [7]. Quattro anni più tardi nel 1950, Bailey tentò un commissurotomia utilizzando introduzione retrograda di un dilatatore attraverso la carotide e in seguito per via trans-ventricolare, ma la procedura venne abbandonata dopo essere stata eseguita in 65 pazienti [8-10].

In Italia nel febbraio 1955 venne eseguito con successo il primo intervento di divulsione di valvola aortica stenotica con accesso transventricolare con uno strumento simile a quello utilizzato da Bailey (fig 2).


Fig 2 Divulsione valvolare aortica mediante strumento introdotto attraverso il ventricolo sinistro

A questo intervento ne seguirono circa 90 con risultati buoni nei casi di valvulopatia congenita e fibrotica e viceversa scarsi per l'elevata incidenza di complicazioni emorragiche ed emboliche nei casi di presenza di calcificazioni. La mortalità relativa a questa tecnica nei primi anni '60 era del 15%.

Nei casi invece di insufficienza della valvola aortica venne eseguito un intervento sempre a cuore battente di circumclusione della radice aortica dilatata con notevole riduzione del rigurgito e miglioramento clinico e strumentale (fig 3).


Fig 3 Tecnica di circumclusione della radice aortica eseguita a cuore battente al fine di ottenere una riduzione della insufficienza valvolare

In alcuni casi era anche possibile una bicuspidalizzazione mediante apposizione di un punto sul seno di Valsalva non coronarico (fig 4). (11)


Fig 4 Applicazione di un punto sul seno di Valsalva non coronarico al fine di ottenere una bicuspidalizzazione della valvola aortica incontinente. L'intervento era eseguito a cuore battente.

Gli studi sulla ipotermia condotti da Bigelow spianarono la strada per la esecuzione di commissurotomia tramite visualizzazione diretta [12,13] mediante occlusione bicavale a 26-28 gradi per il tempo necessario per ispezionare e intervenire sulla valvola [14] .

Alla fine del 1955 Julien [15] Shumway e Lewis [16] e Swann [17] iniziarono indipendentemente ad adottare questa tecnica per il trattamento chirurgico di alcuni pazienti [18] .

Nei primi anni '60 a Torino parallelamente ai primi interventi a cuore esangue di plastica per correggere l'insufficienza valvolare mitralica (19), vennero eseguiti da Achille M Dogliotti diversi interventi di correzione sotto visione diretta della valvola aortica per stenosi congenita (fig 5).


Fig 5 Valvuloplastica aortica eseguita con tecnica a cuore esangue analogamente alla valvulotomia polmonare in ipotermia e arresto di circolo. In questi casi la CEC non doveva superare i 30' per gli elevati rischi di "stone heart" e di embolia.

In caso di insufficienza congenita o acquisita venivano impiegate tecniche riparative con biscuspidalizzazione (fig 6) o ancora utilizzati i primi sostituti di tessuto sintetico in Ivalon (fig 7). Le tecniche di protezione miocardica consistevano nella ipotermia o l'uso di aceticolina o citrato di potassio infuso direttamente nelle coronarie. Inoltre venivano eseguite perfusioni selettive continue negli osti coronarici o nel seno venoso coronarico.


Fig 5 Tecnica di bicuspidalizzazione della valvola in caso di insufficienza mediante sutura di una delle commissure. Notare l'infusione retrograda di sangue nel seno venoso coronarico

Fig 6 Posizionamento di un patch di materiale sintetico (Ivalon) in un caso di perforazione di una cuspide aortica in caso di endocardite

L'avvento delle protesi per la sostituzione della valvola aortica

Murray a Toronto sperimentò per primo l'homograft per trattare l' insufficienza aortica , eseguendo una toracotomia nei cani a cui impiantava il condotto in aorta toracica discendente. Egli osservò che se la valvola aortica nativa era funzionante l'homograft impiantato rimaneva aperto e inattivo. Tuttavia, quando si rendeva la valvola aortica nativa incompetente, l'homograft funzionava aprendosi e chiudendosi normalmente. Alcuni dei cani sopravvissero fino a 9 mesi.

La tecnica venne adottata con successo negli esseri umani, a partire dal 1955, sull'aorta toracica discendente attraverso una toracotomia sinistra e usando il clampaggio aortico [20-22] .

Nel 1950 Hufnagel a Washington creà la prima valvola cardiaca meccanica [23] .Questa protesi venne ispirata da un ingegnoso metodo per consentire di tappare le bottiglie contenenti bevande gassate in uso dalla fine dell'800 sino agli anni '60 (fig 8)


Fig 8 Bottiglie di gassosa e soda degli anni '20 e schema del meccanismo a valvola della biglia di vetro che sotto la pressione esercitata dalla bevanda gassata determina la chiusura ermetica

Inizialmente questa protesi era costituita da un tubo in metacrilato rigido contenente una sfera dello stesso materiale e venne concepita esclusivamente per il trattamento di insufficienza aortica. Il tubo rigido veniva impiantato tramite una toracotomia sinistra. Dopo clampaggio aortico, l'aorta veniva sezionata e la valvola interposta. (fig.9).


Fig 9 Protesi di Hufnagel in sede subito al di sotto della arteria succlavia sinistra (25)

Il fissaggio della valvola rigida all'aorta toracica costituiva un problema: una legatura circonferenziale dell'aorta attorno al tubo poteva dterminare la necrosi della parete aortica. Pertanto venne ideato un anello in nylon semi-flessibile dotato di piccoli denti. Lo spazio tra i denti consentiva la perfusione della parete aortica garantendo tuttavia anche la tenuta emostatica (fig 10). Con questa tecnica, definita fissazione multipla, il tubo rimaneva stabilmente in posizione.


Fig 10 Particolare degli speciali elementi a fascetta dentati per consentire il fissaggio sutureless della protesi di Hufnagel e impedire la necrosi del tessuto (25)

Hufnagel impiantò oltre 200 valvole, dimostrando che un materiale estraneo poteva essere impiantato in modo permanente all'interno del sistema circolatorio [23,24] . Questo concetto , attualmente universalmente accettata , era del tutto nuovo 60 anni fa. Tuttavia il problema principale di questa impianto protesico era emodinamico in quanto il posizionamento in aorta toracica non consentiva di ottenere un miglioramento significativo della cardiopatia.

Alla fine degli anni '50 anche in Italia (Actis Dato) vennero iniziate le prime sperimentazioni su animale utilizzando delle protesi meccaniche prodotte artigianalmente dapprima da maestri vetrai (fig 11) e in seguito da officine meccaniche (fig 12)


Fig 11 Valvole sperimentali in vetro soffiato (1958-1959) per posizionamento in aorta discendente e annulare (collezione Actis Dato) (26)


Fig 12 Valvola sperimentale metallica con sfera in plastica e sistema di fissaggio a denti (1960) per posizionamento in sede sottocoronarica (collezione Actis Dato) (26)

Nel 1961 l'attenzione dei ricercatori e dei chirurghi si rivolse verso un nuovo concetto: homograft impiantato in posizione ortotopica, approccio per primo tentato da Heimbecker a Toronto [27,28]. Con il perfezionamento del bypass cardiopolmonare l'impianto della valvola aortica in posizione ortotopica diventerà la regola.

A causa dei vari inconvenienti con gli homograft, la ricerca si rivolse verso le valvole eterologhe e dopo gli studi iniziali eseguiti da Duran e Gunning ad Oxford (28), Binet, Carpentier, Duran e Langlois a Parigi pubblicarono nel 1965 il primo impianto con successo di sostituzione della valvola aortica con protesi suina in cinque pazienti. (29)

Il gruppo italiano di Padova (Cevese) diede un importante contributo allo sviluppo sulle valvole biologiche rappresentando nei primi anni '70 uno dei Centri in Europa che impiegarono più largamente questo sostituto protesico. Grazie al loro contributo le protesi biologiche vennero perfezionate in particolare per quanto riguarda le tecniche di fissaggio del tessuto permettendo di allungare significativamente la durata dell'impianto nel FU. (30)

Verso la fine degli anni '60 invece a Torino (Actis Dato) vennero sperimentate tecniche di creazione di valvole autologhe dalla fascia lata muscolare. La tecnica consisteva nell'impiantare sottopelle una matrice in Dacron che consentisse la creazione di una valvola autologa interponendo la fascia lata. Dopo circa 1 mese la valvola era pronta per essere impiegata semplicemente incidendo i lembi neoformati (fig 13). (31)


Fig 13 Schema riassuntivo della tecnica di creazione di una neo-valvola autologa

Sempre nello stesso decennio vennero anche progettate e prodotte diverse protesi aortiche meccaniche che si sono evolute in quattro diversi modelli: a palla, a disco, a disco basculante, e le valvole bidisco.

La prima sostituzione di valvola aortica con una protesi a palla in posizione sub-coronarica venne eseguita da Dwight Harken nel 1960 [32]. In quegli anni divenne molto popolare la protesi a palla di Starr-Edwards, progettata da Lowell Edwards e ispirata, come detto in precedenza, dalle bottiglie della soda brevettate negli Stati Uniti un secolo prima [33,34]. A questo modello iniziale ne seguirono molti altri con accorgimenti che volevano tentare di migliorare le caratteristiche di biocompatibilità, come l'impiego di un rivestimento in Dacron sulla gabbietta (fig 14).


Fig 14 Protesi a palla di Starr e a destra un modello "fabric covered" in cui il rivestimento doveva consentire una endotelizzazione della gabbia metallica che in tal modo rendesse più biocompatibile l'impianto. Purtroppo l'usura del tessuto provocava a breve distanza embolizzazioni che costringenvano al reintervento di rimozione della protesi (collezione Actis Dato)

1965 Starr Valve Implantation (Actis Dato) (26)

In Italia per primo in Europa Renato Donatelli al Niguarda di Milano eseguì nella metà degli anni '60 il doppio impianto di una valvola mitralica e aortica con protesi di Smeloff Cutter sullo stesso paziente. (35) (fig 15)


Fig 14 Protesi di Smeloff Cutter impiegata per la prima doppia sostituzione mitro aortica (collezione Ugo Tesler)

La protesi a disco di Key rappresenta l'anello di congiunzione tra le protesi a palla e la successiva protesi a disco basculante. Questo modello di protesi presentava notevoli problemi legati alle turbolenze e alle basse performances emodinamiche (fig 16). Di questo tipo di protesi nella metà degli anni '60 vennero ideati e prodotti molteplici modelli con differenze che miravano alla ottimizzazione della emodinamica in fase di apertura ma con scarsi risultati. Pertanto veniva favorito il loro impianto in posizione mitralica per le pressioni minori di esercizio.


Fig 16 Protesi di Key Shiley (collezione Actis Dato)

In Svezia Bjork nella seconda metà degli anni '60 progettava la prima protesi a disco oscillante (tilting disk) che costituirà una pietra miliare per molti anni nel trattamento sostitutivo delle valvole cardiache e in particolare della valvola aorta. La ricerca portata avanti al Karolinska Institute di Stoccolma vedeva tra i collaboratori un italiano, Francesco Intonti proveniente dalla Cattolica di Roma che collaborando con Bijork aveva assistito allo sviluppo della sua protesi meccanica. Gli studi di Bjork inizialmente erano orientati all'impiego di mezzi con cuspidi di tessuto sintetico morbido. In particolare aveva utilizzato le cuspidi di Huffnagel e di Bahnson (fig 17). Questi elementi tuttavia calcificavano e si deterioravano rapidamente dopo l'impianto (36).


Fig 17 Cuspidi aortiche di Hufnagel e di Bahnson (collezione Actis Dato)

Venne a quel punto preferita la linea di ricerca sul sistema di apertura di una protesi a disco che permisero il perfezionamento e la produzione della prima protesi di Bjork con disco oscillante in Delrin (fig 17). (37)


Fig 17 Protesi a disco oscillante in Delrin di Bjork-Shiley (collezione Actis Dato)

Protesi Sutureless

La prima protesi sutureless nella storia della chirurgia cardiaca fù la valvola già citata che Hufnagel inserì in aorta toracica discendente nel 1950 [23] .

Questo concetto presto abbandonato venne reintrodotto nel 1960 da Magovern a Pittsburgh, in collaborazione con Harry Cromie, un ingegnere meccanico che lavorava sulle proprie invenzioni meccaniche in un garage [38] . Il dispositivo che svilupparono era costituito da una valvola a sfera che conteneva un sistema di fissaggio originale dotato di uncini che si impiantavano nell'anello aortico tramite un utensile rotante (fig 19) .


Fig 19 Sistema di impianto della protesi Magovern: una volta rimossa la valvola nativa veniva posizionato il sistema e ruotato il manipolo gli uncini si ancoravano all'annulus aortico. Successivamente all'impianto veniva posizionata la biglia di silastic nella gabbia (25).

Il principale vantaggio di questa procedura era la velocità di impianto rispetto ai precedenti approcci con utilizzo di suture, richiedendo solo tre o quattro minuti per impiantare la valvola. Questa riduzione nel tempo di impianto consentì di ridurre la mortalità peri-procedurale dal 90 % al 10 %. Il motivo di ciò era per il rischio intrinseco legato alla circolazione extracorporea che negli anni '60 non era ancora sufficientemente perfezionata in particolare per la mancanza di filtri che ne riducessero il microembolismo determinato dagli ossigenatori a bolle.

Cromie ottenuto il brevetto sulla valvola, andò a lavorare per Baxter Healthcare (Deerfield, IL, USA), che acquistò i diritti per l'invenzione e in seguito anche la società Surgitool che produceva la protesi.

Il primo impianto di questa valvola venne riportato da Magovern nel 1963 [39]. Anche se l'impiego di questa protesi venne abbandonato a causa delle complicanze (leaks ed eventi tromboembolici) alcuni impianti hanno avuto molto successo. Nel 2007 un report israeliano riferiva di una valvola Magovern-Cromie espiantata dopo 42 anni, pur essendo ancora funzionante [40] . La produzione della protesi Magovern-Cromie cessò nel 1980, anche se Magovern ha continuato a impiantarle fino al 1991 [39].

Nel periodo 1964-1965 vennero impiantate a Torino 12 protesi di questo tipo con tempi di CEC tra 8-10 minuti e con risultati anche a distanza favorevoli. Indubbiamente questo dispositivo mantiene ancora oggi un fascino per la genialità e per la filosofia di rapidità di impianto (fig 20)


Fig 20 Protesi Magovern chiusa e aperta e radiografia di FU che dimostra la protesi in sede e l'ombra cardiaca di dimensione conservate (25)

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