Torella dei Lombardi è un borgo dell’alta Irpinia situato nel sud di Italia, nella regione della Campania, provincia di Avellino (AV).
Il paese conta 2.081 abitanti.
Il centro abitato di Torella dei Lombardi si trova ad un'altitudine di 666 metri sul livello del mare.
Le attrattive di Torella Dei Lombardi
Il Castello Candriano, oggi riconosciuto come “Castello Ruspoli” dal nome della famiglia che ne deteneva il possesso nel 1950, è caratterizzato dal Torrione di forma cilindrica, dal giardino pensile, da alte mura possenti e feritoie da cui venivano scagliati in tempo di guerra dardi infuocati. Il maniero ha subito diverse ricostruzioni nel tempo (compresa quella post-terremoto del 1980) e si presenta modificato rispetto alla struttura originaria, la quale si presume avesse una pianta quadrilatera con cortile centrale.
Nella seconda metà del ‘400 sarebbero state aggiunte le mura e i due imponenti torrioni a pianta circolare.
Successivamente, i Caracciolo fecero erigere il portale in marmo dell’ingresso e resero più raffinati gli ambienti interni, impreziosendo l’edificio con opere d’arte.
All’interno del forte si trova la Cappella Palatina dedicata a Sant’Eustachio.
Camillo Ruspoli fu l’ultimo proprietario del castello di Torella, prima che questo passasse al Comune.
Addentrandoci nelle stanze del forte è possibile apprezzare dipinti del XIV secolo, contemplare le torri e i locali sottostanti che conducono al Museo dove sono custoditi antichi reperti rinvenuti dagli scavi archeologici.
Tra artiglieria, elementi di numismatica, anfore e brocche dipinte di rosso troviamo anche una collezione di ceramica che riporta lo stemma dei Caracciolo.
Il museo è collocato nelle sale del castello e collegato al percorso di visita dei locali con scene graffite, torri e scavi. Oltre ai reperti provenienti dal territorio comunale si conservano i manufatti rinvenuti nel castello e venuti alla luce nel corso delle indagini archeologiche condotte dall’archeologo Marcello Rotili tra il 1993 e il 1997.
Insieme ai manufatti d’uso domestico, fittili e in metallo, sono esibiti un proiettile d’artiglieria e monete (40 di cui 2 in argento e 38 in bronzo) insieme alla ceramica acroma utilizzata nel trasporto di cibi o liquidi oppure impiegata per funzioni di tipo devozionale.
Sono presenti alcune delle produzioni più significative del Medioevo come la ceramica dipinta e rivestita di vetrina piombifera del XIII-XIV secolo, la protomaiolica di XIII-XIV secolo e la graffita prodotta tra XIV e XV. Si possono ammirare esemplari di ceramica bianca e smaltata a disegni blu e i numerosi piatti, boccali, bottiglie, microvasetti, scodelle, oliere e lucerne di fine Medioevo e di età Moderna.
Si distinguono i piatti decorati con lo stemma della famiglia Caracciolo (scudo bandato in oro e capo in azzurro) due fondi di piatti di sicura produzione arianese decorati rispettivamente con busto d’angelo e con busto muliebre.
Fu eretta all’interno del Castello Ruspoli di Candriano ed è probabilmente più antica della chiesa di Santa Maria del Perillo. Il culto del Santo si diffuse dopo che un feudatario riuscì ad ottenerne il teschio e lo conservò in una testa di bronzo o d’argento. Da quel momento i resti sacri furono venerati come reliquia. I cappellani che celebravano la messa e gli altri uffici divini venivano scelti dal feudatario. Completamente distrutta dal terremoto del 1980 la chiesa di Sant’Eustachio non fu più ricostruita. Oggi, dunque, possiamo ammirarne solo la posizione e la struttura originaria difatti è visibile l’ambiente non arredato ad edificio sacro, posta ad un piano rialzato rispetto al cortile.
Le immagini mostrano il monumento dedicato ai Caduti dietro il quale si nota una feritoia.
Occorre notare che l'attuale livello esterno è sopraelevato rispetto a quello originario.
Quindi, in origine, in tale luogo al posto della statua c'era il fossato difensivo. Qui, più o meno, doveva essere collocato il ponte levatoio, come lascia supporre la conformazione delle mura all'interno del castello, in corrispondenza di tale punto.
Nella parte bassa di Torella dei Lombardi, in prossimità dello splendido Castello Candriano, si trova un vero e proprio capolavoro di ingegneria idraulica denominato Fontana Monumentale. Tale fontana venne realizzata verso la metà del XIX secolo per erogare ai Torellesi l'acqua delle tante sorgenti limitrofe. Tale fontana è divenuta il simbolo del paese. L'opera presenta due distinti livelli: al livello inferiore (a cui si riferiscono le prime due immagini) all'altezza della sede stradale dietro robusti archi di pietra, esistono quattro lavatoi pubblici realizzati con pietre calcaree scalpellate collocati in un'area coperta con volte a botte.
Al livello superiore (relativo all'ultima immagine) privo di copertura e pavimentato con nove basamenti squadrati di pietra levigata, sono collocate delle bocche con mascheroni che gettano l'acqua ciascuna nella vasca corrispondente.
È probabilmente il più antico nucleo centrale di Torella, il nome deriva dal termine tedesco Geirfalk, cioè falco rapacissimo, per ricordare i boschi del territorio ricchi di selvaggina. Sulla collina di Girifalco, avvolta dal bosco di cerri secolari, solitaria ma maestosa si erge una bella Torre quadrangolare con le mura spesse, edificata nel XII secolo, che presenta le caratteristiche tipiche dell'architettura militare normanna del XIII secolo.
Attorno alla Torre si sarebbe aggregato il borgo medioevale di Girifalco, fortificato da un castello di proprietà feudale di cui però oggi non resta alcuna traccia. Si ritiene che a causa della contiguità di un luogo di culto dedicato ai Santi martiri Giovanni e Paolo a cui è oggi dedicata una chiesetta e nei cui pressi insiste un'antica Ara Pagana in seguito cristianizzata. La Torre svolse la sua funzione difensiva fino alla prima metà del XV secolo. Già "dismessa" venne fortemente danneggiata da due successivi terremoti, nel 1456 e nel 1466. L'area venne abbandonata tanto che in un diploma del 1649 del Re Ferdinando I d'Aragona l'area risultò "terra distrutta e disabitata". Purtroppo la torre subì un pessimo mutamento di destinazione d'uso: divenne un deposito di attrezzi per l'agricoltura.
Si tratta di una stele romana situata nel bosco Girifalco nella parte posteriore della chiesa dedicata ai
Santi Giovanni e Paolo.
L'originaria Ara Pagana venne trasformata in una struttura paleocristiana come lascia intuire la sovrapposizione della croce effettuata in tempi successivi.
Tradizione
Dicono che le tradizioni sono gli spazi più chiari e
conciliari che si possano trovare nel mondo. Le
tradizioni ci stringono tutti più vicino, ci rendono tutti
partecipi di un qualcosa, di un amore e una fede
comune. San Giovanni e Paolo è una di quelle tradizioni
villamainesi di cui non puoi far altro che
innamorartene. La loro celebrazione ricade l’ultimo sabato di maggio e
consiste nel pellegrinaggio alla Chiesa dei Santi situata nel bosco di Girifalco nel
territorio di Torella dei Lombardi. Una giornata che
inizia dalle prime luci dell’alba per finire con il calare
del sole che coinvolge tutta la comunità.
Storia
La tradizione nasce da due cacciatori
villamainesi che si spersero in
questo bosco e al massimo della loro
disperazione trovarono due giovani che
li scortarono fino alla chiesa di
Costantinopoli (a porta vecchia) di
Villamaina. I due giovani, secondo
leggenda, si presentarono come i Santi
Giovanni e Paolo (due fratelli
martirizzati nel 300 d.C.) e da allora -
per riconoscenza dell’aiuto dei due
Santi - gli abitanti di Villamaina
effettuano annualmente il
pellegrinaggio fino alla chiesetta di
Girifalco.
La chiesa odierna fu costruita in seguito al terremoto del 1980. La prima pietra posta per iniziare l’opera era stata prelevata dall’edificio originario completamente distrutto dal sisma per dare un senso di continuità al luogo sacro. Al suo interno si conservano le opere salvate dalle macerie. Tra queste si annoverano uno splendido quadro ligneo del 1568 raffigurante l’Ultima Cena del Signore; la Maestà, ovvero La Madonna col bambino. l’Immacolata, attribuita ad un anonimo manierista; un quadro raffigurante la scena dell’Offerta del Bambino Gesù, conosciuto come tavola della Purificazione. Altra opera degna di nomina è La madonna e i Santi della seconda metà del XVIII, allo stesso periodo risale la Madonna del Rosario.
La chiesa sorge sul terreno dove sin dal 1354 vi era una piccola chiesa
dedicata all’Annunziata, annessa ad un edificio che ospitava frati
francescani, sostituito nel XVI secolo da un convento, quest’ultimo
distrutto qualche decennio dopo il 1809. La chiesa ha subito danni
ingenti con il sisma del 1980 ed è stata riconsacrata nel 2003. L’attuale
struttura, affiancata dal campanile di XIV secolo, richiama l’assetto
settecentesco.
La facciata è caratterizzata da un pronao a tre arcate erette
da pilastri.
L’edificio ospita una serie di suggestive opere d’arte e oggetti sacri di
notevole valenza storica: due acquasantiere di XVII secolo, tre
confessionali, gli stalli lignei, la teca per le reliquie, un lavabo, un
ostensorio d’argento del XVIII secolo, il pulpito e l’altare maggiore di XIX
secolo, una tavola raffigurante L’Annunciazione (metà del XVI secolo) e
la tela della Crocifissione (XVI secolo).
La chiesa di Sant’Anna fu eretta nel 1783 e restaurata nel secolo scorso dopo il terremoto. L’unica piccola navata centrale è affiancata dagli stalli per i membri della confraternita una volta esistente.
Nata come cappella in onore della Madonna del Carmine sul terreno degli ex conventuali, crollò col terremoto del 1732. Parzialmente danneggiata col terremoto del 1980 è stata restaurata e riaperta ai fedeli.
Ogni famiglia della zona si recava con sacrificio al vallone di Candriano per raccogliere la sabbia e trasportarla con il proprio asino sul luogo della cappella in costruzione. Alcuni uomini capaci andavano in giro a procurarsi le pietre necessarie e la calce, altri ne scavarono le fondamenta. La chiesa sorge attualmente su un’antica struttura di inizio ‘900. In seguito al sisma del 1980 è rimasta priva di copertura e solo recentemente è stata restaurata. In fondo vi è un altare in marmo recante alcune lettere incise e la data 1921; nell’abside vi è la nicchia del Santo. La facciata col timpano è in pietra e sul portale in travertino vi è una finestra ovale. La festa di San Vito ha le sue usanze e tradizioni: il giorno della vigilia da più di 80 anni si avvia la consueta processione preceduta dalla statua del Santo e da una fanfara di musicisti.
Le rive del fiume Ofanto e dei suoi affluenti sono state abitate da tempi antichissimi dai mulini ad acqua. Gli abitanti sfruttavano le sue acque per azionare i mulini e irrigare i campi. L’acqua azionata dal mulino è la stessa che alimenta la fontana pubblica e che arriva al mulino tramite un canale; attualmente in uno stato di conservazione precario. L’edificio risale ai primi anni dell’800 e si sviluppa su due livelli, uno costituito dal mulino e l’altro utilizzato come abitazione del mugnaio.