“THE BIG THREE” E LE GRANDI CONFERENZE INTERALLEATE


di Andrea Bernabale

Le fasi conclusive della seconda guerra mondiale mostrarono una grande differenza rispetto alla Grande Guerra: la gestione strategica e la gestione della vittoria militare, nonché dei negoziati post-bellici da parte delle potenze alleate. Durante la prima guerra mondiale, infatti, il dialogo tra le potenze dell’Intesa quasi mai riuscì a definire obiettivi comuni da perseguire una volta concluse le ostilità e tali divisioni persistettero anche nei negoziati di Versailles del 1919, incapaci di assicurare una pace duratura per gli anni a venire.

Non sorprende, pertanto, la grande enfasi che il primo ministro britannico Winston Churchill e il presidente americano Franklin D. Roosevelt riposero nell’intessere un fitto dialogo tra le potenze alleate, ovvero le potenze che avrebbero gestito la pace e avrebbero dato vita a un nuovo ordine globale. Tale importante dialogo si esplicò in una serie di conferenze che rafforzarono l’alleanza britannico-statunitense ma che inclusero anche l’alleato sovietico rappresentato da Josef Stalin, benché avesse una personalità molto diversa dagli altri due. Ad ogni modo, questo cooperativo triumvirato, anche noto come “The Big Three” (Churchill-Roosevelt-Stalin), pose le basi del nuovo assetto globale. In realtà, a voler essere precisi, il primo incontro includeva solamente Roosevelt e Churchill, che si incontrarono a Placentia Bay nell’agosto ‘41, ma tecnicamente gli Stati Uniti erano all’epoca ancora una potenza neutrale rispetto al conflitto. Dopo l’attacco subito a Pearl Harbour nel dicembre 1941, che decretò l’entrata in guerra degli USA, Churchill si recò immediatamente a Washington e da lì presero a costituirsi dei formali e costanti incontri diplomatici.

L’alleato sovietico fu invece incluso a partire dal maggio 1942, quando fu stipulato il trattato anglo-sovietico, e dopo l’incontro tra Roosevelt e Molotov, ministro degli affari esteri sovietico. Primi contatti che servirono a sciogliere i reciproci sospetti tra le potenze liberali e l’alleato comunista.

Tuttavia, anche le relazioni tra Stati Uniti e Gran Bretagna non mancarono di divergenze di vedute, soprattutto riguardo la strategia bellica da adottare: Roosevelt riteneva fosse necessario l’intervento statunitense il prima possibile con truppe di terra sul suolo europeo, mentre Churchill si mostrava più cauto, preferendo concentrare le attività belliche statunitensi nelle parti periferiche del conflitto, nonostante le pressioni di Stalin ad aprire un secondo fronte in Europa che accerchiasse il nemico nazista. Com’è noto, in un primo momento prevalse la strategia britannica, in un secondo si rese necessaria quella statunitense.

Successivamente, nella Conferenza di Casablanca del gennaio 1943, Roosevelt e Churchill stabilirono il principio della resa incondizionata, una resa senza alcun tipo di pretese da imporre ai tedeschi. Si rincontrarono poi nell’agosto ‘43 a Quebec, dove si iniziò a discutere anche del possibile impiego dell’armamento atomico.

Rimaneva, però, fondamentale includere Stalin all’interno di un disegno comune ed evitare che l’URSS stabilisse una pace separata con la Germania, una volta sconfitta. In questo fu fondamentale la buona intesa che si stabilì direttamente tra Roosevelt e Stalin, che divenne palese nella Conferenza di Teheran del novembre-dicembre 1943, durante la quale Roosevelt fu lieto di annunciare a Stalin l’apertura di un secondo fronte con l’Operazione Overlord, ignorando e marginalizzato la visione opposta di Churchill, che forse avrebbe voluto portare allo strenuo la resistenza sovietica sul fronte orientale.

Vi furono poi, nel 1944, le conferenze volte a delineare il nuovo mondo che si apprestava a venire: con la conferenza di Bretton Woods (luglio ‘44) e di Dumbarton Oaks (agosto ‘44) si dava vita rispettivamente al Fondo Monetario Internazionale e all’ONU, istituzioni economiche e di governance politica che avrebbero avuto un ruolo cruciale nei decenni a venire sino ai giorni nostri.

Roosevelt, Churchill e Stalin si rincontrarono poi a Yalta, in Crimea, dove prevalse il cinismo e dove fu principalmente stabilita la smilitarizzazione della Germania come prerequisito per la pace futura, un tema scottante negli anni di poco successivi. Fu poi anche affrontato il futuro di altre nazioni, come la Polonia e la Jugoslavia.

L’era delle grandi Conferenze interalleate stava per concludersi, così come la guerra, che vedeva il nemico tedesco vicino alla capitolazione. Nell’aprile 1945, a San Francisco, con grande gioia e soddisfazione le Nazioni Unite inauguravano il loro corso, mentre in estate, a Potsdam (Germania), i “Big Three” già non c’erano più: ad incontrarsi furono infatti Harry Truman, nuovo presidente americano, Clement Attlee, successore di Churchill sconfitto alle elezioni, e Stalin. Si incontravano per presentare un ultimatum al nemico giapponese restio ad arrendersi, ma appariva chiaro che la fine della guerra portava via con sé anche quel breve intermezzo scandito dagli incontri del triumvirato interalleato. In altre parole, a Potsdam finiva una guerra e iniziavano quarant’anni di guerra fredda.