di Andrea Bernabale

LE ORIGINI DELLA GUERRA FREDDA


La seconda guerra mondiale è stata uno dei più devastanti conflitti della storia umana, tenendo conto della sua estensione e delle brutalità messe in atto. In termini umani costò circa 41-49 milioni di vittime (inclusi civili), mentre in termini economici fu circa 5 volte più dispendiosa rispetto alla Grande Guerra. I Paesi che erano stati teatro di guerra ne uscivano devastati, così come le loro popolazioni ormai esauste dai combattimenti, Unione Sovietica in particolare: usciva dal conflitto con ingenti perdite umane (circa 27milioni di caduti) che determinarono anche un brusco mutamento demografico.

Negli altri Paesi europei e asiatici i postumi della guerra si ripercossero negli anni a venire, determinando fame, miseria e disoccupazione. La “ricostruzione” diveniva così in ogni Paese un imperativo della politica e della società civile e passava anche per l’epurazione di coloro che si erano macchiati di collaborazionismo con i regimi fascisti o nazisti per decenni al potere. In Francia, circa 8-9mila ex-collaboratori vennero giustiziati a morte, Germania e Giappone videro la costituzione di un tribunale penale (tribunali di Norimberga e Tokyo) con l’obiettivo di sentenziarli in seguito ad un processo, in altri Paesi invece (come l’Italia) gli ex gerarchi non scontarono mai una pena, né sanzionatoria né tantomeno capitale.

La fine della guerra accelerò anche un processo di unità europea, come argine da porre contro la possibile rinascita dei nazionalismi, quello tedesco era il più temuto. L’idea era che una Germania economicamente e politicamente integrata all’interno di un sistema di dimensione continentale non avrebbe mai più agito in maniera unilaterale dando adito a quei sentimenti “revanchisti” che si erano già verificati nell’intermezzo tra le due guerre.

Tuttavia, la guerra non era finita per tutti. In Cina, la disputa tra il partito nazionalista del Kuomintang e il partito comunista si tradusse in una continuazione della guerra, che ora aveva però una dimensione “nazionale” e che si risolse solo nel 1949 con la vittoria dei comunisti e la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese che oggi tutti conosciamo.

Altri punti caldi del globo erano invece legati al discorso coloniale: l’indipendenza difficile di India e Pakistan, così come una Francia troppo affezionata alle proprie colonie nel sudest asiatico provocò un nuovo conflitto in Indocina, mentre movimenti indipendentisti fiorivano in tutto il continente africano, scalfendo il leit motiv degli anni a venire. Le lotte per l’indipendenza, spesso sanguinose, nel giro di un paio di decenni diedero vita a decine e decine di nuovi Stati che andavano ad arricchire la comunità internazionale delle Nazioni.

La fine della guerra portò con sé anche un paradosso destinato a pesare per i decenni a venire e, pertanto, di particolare importanza: obiettivo di Hitler era quello di annientare il comunismo e invece, al termine del conflitto, l’ideologia comunista ne uscì rafforzata e in rapida espansione. Non più presente solo in Unione Sovietica, il comunismo si diffondeva a macchia d’olio in tutta Europa: in alcuni Stati prese il potere attraverso colpi di Stato e occupazioni, mentre in altri (come Italia e Francia) il partito comunista diventava sempre più un polo d’attrazione in attesa della “rivoluzione” che li avrebbe condotti al potere.

Infine vi erano Paesi che uscivano dalla guerra politicamente e geograficamente divisi: è il caso della Germania e della Corea. In virtù delle sfere di occupazione, nel 1949 nacquero la Repubblica Federale Tedesca (RFT) e la Repubblica Democratica Tedesca (DDR). La prima fece propria l’economia di mercato come modello economico, mentre la seconda adottò il modello di economia pianificata socialista. Così anche la Corea, che fu divisa in due Stati differenti in prossimità del 38esimo parallelo. Tuttavia, a differenza della Germania che si riunificò nel 1990, la Corea ancora oggi è uno Stato diviso, un ulteriore retaggio della seconda guerra mondiale che riecheggia con forza.

In conclusione, la fine della seconda guerra mondiale diede vita ad un nuovo assetto globale, un mondo bipolare dominato dall’antagonismo della superpotenza statunitense e di quella sovietica, un equilibrio fondato sulla paura reciproca di entrambe di arrivare a confrontarsi direttamente. Tale paura ha delineato una nuova guerra, una guerra “fredda”.


LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- J. L. Gaddis, “La guerra fredda”, Mondadori, 2007