di Lorenzo Balma

Gli accordi di Bretton Woods


“Il centro della finanza mondiale sarà New York. Per noi è un vantaggio e penso dovremmo approfittarne”

Henry Morghetau, segretario del tesoro USA


Durante la seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti e la Gran Bretagna incominciarono a concepire le nuove istituzioni economiche mondiali del dopoguerra, i cui obbiettivi sarebbero stati la promozione dell’economia globale gestita in maniera multilaterale e aprire nuove zone commerciali al denaro anglo-americano. Il multilateralismo si sarebbe avuto solo una volta iniziata la ricostruzione dopo la guerra, ma già durante il conflitto iniziò un processo di mutamento dei rapporti di forza tra USA e Gran Bretagna, oltre che tra USA e il resto del mondo. Questo cambiamento avvenne all’insegna dell’unilateralismo americano e di un’intensa attività industriale in tempo di guerra, che ne consolidò l’egemonia mondiale.

Se il Regno Unito (in un’Europa devastata dalla povertà) puntava alla propria ripresa nel dopoguerra attraverso la difesa del sistema semichiuso di commercio preferenziale all’interno del Commonwealth, gli Stati Uniti presero di mira questi accordi commerciali dell’impero, usando gli aiuti del programma Lend-Lease da 42 miliardi di dollari per gli alleati durante la guerra, come pretesto per indebolire il sistema protezionista imperiale britannico. Quest’ultimo, infatti, discriminava i prodotti dei non membri, mentre per gli statunitensi sarebbe stato doverosa l’adozione della dottrina “opendoor”, ovvero liberalizzazione degli scambi commerciali e finanziari.

Fu sicuramente la difesa degli interessi economici americani il presupposto per la nascita delle organizzazioni internazionali deputate al governo monetario e commerciale.

Nel luglio 1944 a Bretton Woods, nel New Hampshire, si riunirono 44 nazioni per discutere le questioni cardine quali: stabilire le regole necessarie per stabilizzare gli accordi commerciali globali, come sarebbero state applicate e chi le avrebbe salvaguardate.

In passato il sistema aureo aveva fissato permanentemente i tassi di cambio al fine di evitare fluttuazioni finanziare ed avere relazioni economiche stabili, ma questo sistema rigido ebbe come conseguenza quella di indurre troppo spesso le nazioni ad adottare opzioni deflazionistiche o addirittura abbandonare il “gold standard”. Il sistema messo in piedi a Bretton Woods mantenne alto il valore dell’oro e Washington vi agganciò il dollaro, che divenne la valuta dominante a livello mondiale. Assegnare un potere simile agli Stati Uniti non fu un’operazione indolore, per molti paesi fu una scelta necessaria, ma fu soprattutto per questa ragione che l’URSS uscì dagli accordi nel 1945. Il dollaro divenne la valuta centrale, determinava i tassi di cambio e le nazioni che presero parte agli accordi dovettero agganciarvi la loro moneta. Il dollaro divenne il “gold standard” (quantificato come 35 dollari/oncia) e punto di riferimento per ogni transizione internazionale.

Nel 1947 venne istituito il Fondo Monetario Internazionale (FMI), il cui compito era di garantire liquidità sufficiente affinché venisse garantito lo svolgimento delle transizioni commerciali e venne creata la Banca Internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS), con una capitalizzazione di 10 miliardi di dollari da utilizzare come prestiti sotto forma di aiuti economici per le zone colpite maggiormente dalla guerra. Il fattore critico di entrambe le istituzioni era il peso politico statunitense proporzionale al contributo economico, che garantì al dollaro il ruolo di moneta di riserva del dopoguerra. Per evitare la minaccia dell’inflazione sarebbero state imposte ai paesi membri del FMI misure di austerità che avrebbero evitato l’oscillazione dei prezzi, ma solo dopo che le nazioni si fossero riprese economicamente dopo la ricostruzione.

La piena realizzazione del multilateralismo commerciale fu potenziata dalla costituzione del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade, cui seguirono e seguono tutt’ora continue contrattazioni) che aveva come obbiettivo la costituzione di un sistema di mercato globalizzato e avversare il nazionalismo economico(protezionismo). Quest’ultimo venne identificato ideologicamente come una causa fondamentale dello scoppio della guerra, mentre politiche di libero mercato in tutto il mondo sarebbero state sinonimo di sicurezza nazionale, pace globale, nonché di un benessere diffuso che avrebbe garantito la salvaguardia dei diritti umani. Le ulteriori formazioni del Reciprocal Trade Act riguardante il taglio dei dazi e la Carta dell’Organizzazione Internazionale del Commercio (ITO) confermarono la volontà di assicurare nel dopoguerra l’assicurazione dei principi liberisti sulle relazioni commerciali, oltre l’inizio della pratica di utilizzare il commercio come arma diplomatica, prima come assicurazione della stabilità del mondo occidentale capitalista, poi in chiave antisovietica utilizzando i negoziati commerciali nel più ampio spettro della guerra fredda e della lotta al comunismo.

Fu chiaro a tutti però, che il sistema messo in piedi a Bretton Woods avrebbe rivelato la sua vera forma in seguito, ma inizialmente fu inapplicabile causa le annose perdite in termini economiche, paesaggistico-urbanistiche e di vite umane. Inizialmente quindi si preferì optare per un processo di deglobalizzazione dei mercati e un’organizzazione economica regionale in sistemi circoscritti (poi irrorati dal denaro dello European Recovery Program o Piano Marshall). Il sistema economico globalizzato si sarebbe riaffacciato più tardi quando le condizioni economiche mondiali sarebbero state finalmente mature.


LETTURE E APPROFONDIMENTI:


  • T. Zeiler, “Aprire le porte all’economia globale”, Piccola biblioteca Einaudi, 2015;


  • Storia del Mondo Vol.6 “Il Mondo Globalizzato”, Einaudi, 2014.