L’analisi dell’architettura si concentra sul concetto di spazio, un elemento fondamentale, nonché il mezzo attraverso il quale essa si sviluppa. Mettere lo spazio al centro dell’architettura è un’idea relativamente recente, emersa con la pubblicazione del libro di Bruno Zevi, “Saper vedere l’architettura” nel 1948. Da quel momento, l’architettura è stata considerata come una pratica di manipolazione dello spazio: il modo in cui questa arte organizza e trasforma il vuoto è diventato uno dei criteri principali per valutarne il valore. Questo principio ha reso quasi inevitabile, oggi, affrontare l’architettura senza considerare come si configuri e manipoli lo spazio in modo espressivo, funzionale e organico.
Il concetto di spazio evolve nel tempo e si modifica in base ai periodi storici. Non è un’entità fissa, viene percepito e vissuto in relazione alle condizioni storiche, al pensiero e alle scoperte scientifiche del momento. Basti pensare alla differenza tra lo spazio “a-prospettico” dell’arte gotica e quello “prospettico” del Rinascimento: ognuno di essi riflette la visione del mondo della propria epoca.
Per ogni architetto, il modo di interpretare e modellare lo spazio rappresenta un modo di conoscere la realtà del proprio tempo. Lo spazio barocco, ad esempio, rompe con la rigida simmetria dello spazio classico, introducendo concetti come dinamismo e forme curve, resi possibili dall’evoluzione degli strumenti di lavoro. Nello spazio industriale, invece, prevalgono altre categorie, come la sequenza e il montaggio, che rappresentano una visione diversa dello spazio stesso.
Tre interpretazioni moderne dello spazio
SPAZIO COME "ORGANO": Lo spazio è concepito come un organismo funzionale, dove ciascun elemento ha un ruolo specifico. Un esempio emblematico è il Guggenheim Museum di New York, progettato da Frank Lloyd Wright. In questo caso, l’architettura serve a guidare il visitatore lungo un percorso; lo spazio stesso diventa il “cuore” del museo, sviluppandosi attorno alla funzione del percorso. E' noto per la sua struttura iconica: una spirale bianca che si sviluppa in verticale, offrendo un percorso espositivo che permette di guardare le opere mentre si sale la rampa.
SPAZIO COME "SISTEMA": La creazione dell'edificio non è basata sul suo funzionamento interno, ma su una maglia molto più complessa di considerazioni, che sono appunto relazionate sistematicamente, a rete: il rapporto con il contesto, la costruzione, la spazialità l'espressività, la funzionalità, invece di essere concepite come un insieme rigidamente concatenato gerarchicamente, funzionano come un sistema di "equazioni indipendenti", relazionate una all'altra; ciascuna equazione viene ottimizzata al suo interno e passa un testimone (il risultato) all'equazione successiva.
Ogni parte dell’edificio è interconnessa con le altre in un modo organico e fluido. In pratica, non esiste una divisione rigida tra gli ambienti, ma una continuità che permette al visitatore di muoversi senza interruzioni da uno spazio all’altro, sia fisicamente che visivamente.
Nel Guggenheim di Bilbao, l’architetto Frank Gehry vede lo spazio come un sistema complesso, dove diverse esigenze vengono risolte contemporaneamente. Qui, la tecnologia informatica gioca un ruolo chiave, consentendo di ottimizzare il design secondo molteplici criteri.
Il Museo Guggenheim di Bilbao, progettato dall’architetto canadese Frank Gehry e inaugurato nel 1997, è uno dei più significativi esempi di architettura contemporanea e di “architettura come catalizzatore di trasformazione urbana”. Situato lungo le rive del fiume Nervión, nella città di Bilbao, questo edificio ha rivoluzionato non solo il concetto di museo, ma ha anche segnato un punto di svolta nella rigenerazione urbana della città, trasformandola in una delle principali mete culturali e turistiche d’Europa.
L’architettura del Guggenheim Bilbao è celebre per le sue forme organiche, le curve complesse e le superfici irregolari rivestite in titanio, vetro e pietra calcarea. Gehry ha impiegato tecnologie informatiche avanzate, come il software CATIA, per modellare le superfici curve dell’edificio, rendendo possibile un design altrimenti difficile da realizzare. L’edificio si distingue per la sua forma scultorea, che richiama le onde e la fluidità del fiume adiacente, evocando il movimento e il dinamismo del paesaggio urbano.
Gli spazi interni del Guggenheim Bilbao sono progettati in modo innovativo per accogliere installazioni artistiche e opere di grandi dimensioni. La struttura include gallerie espositive di diverse forme e dimensioni, disposte attorno a un ampio e luminoso atrio centrale, che rappresenta il cuore dell’edificio. L’atrio è caratterizzato da un sistema di scale, passerelle sospese e ascensori che collegano i vari livelli, consentendo ai visitatori di esplorare il museo da angolazioni diverse.
L’organizzazione degli spazi segue un approccio flessibile e modulare, in linea con il concetto di museo contemporaneo. Gehry ha progettato sale espositive ampie per ospitare installazioni di artisti, oltre a spazi più intimi per opere di dimensioni minori. Questa versatilità architettonica permette una continua sperimentazione, rendendo il Guggenheim un luogo dinamico e in costante evoluzione.
Il concetto di spazio nel Guggenheim di Bilbao è fondamentale per comprendere il linguaggio architettonico di Frank Gehry e il significato della sua opera. Gehry usa lo spazio non solo come un vuoto da riempire, ma come un elemento dinamico che stimola interazione, percezione e movimento. Lo spazio-sistema nel Guggenheim di Bilbao è una componente essenziale del progetto di Frank Gehry. Questo concetto si riferisce a una struttura spaziale complessa e integrata, dove ogni parte dell’edificio è interconnessa con le altre in un modo organico e fluido. In pratica, non esiste una divisione rigida tra gli ambienti, ma una continuità che permette al visitatore di muoversi senza interruzioni da uno spazio all’altro, sia fisicamente che visivamente.
L’apertura del museo ha avuto un impatto notevole non solo sull’architettura e l’arte contemporanea, ma anche sullo sviluppo urbano ed economico della città. Il termine “Effetto Bilbao” si riferisce alla trasformazione urbana che ha accompagnato la costruzione del museo, rendendo Bilbao un esempio di rigenerazione urbana di successo.
Prima della realizzazione del Guggenheim, Bilbao era una città industriale in declino, con gravi problemi di disoccupazione e degrado urbano. Il progetto del museo faceva parte di un piano strategico di rinnovamento urbano, che includeva la riqualificazione delle aree lungo il fiume, il miglioramento delle infrastrutture pubbliche e lo sviluppo di spazi verdi. Da allora, Bilbao è diventata una meta turistica internazionale di grande rilevanza, con un afflusso annuale di visitatori che ha avuto un impatto significativo sull’economia locale, sul commercio e sulla crescita del settore dei servizi.
Oltre al suo impatto economico e urbanistico, il Guggenheim di Bilbao ha avuto un’influenza significativa sul panorama culturale globale. La sua architettura innovativa ha trasformato il concetto di museo, che da semplice contenitore di opere d’arte è diventato un’opera d’arte in sé. Frank Gehry ha messo in evidenza l’importanza di un’architettura iconica per attirare l’attenzione internazionale, aprendo nuove strade nel campo dell’architettura museale, che oggi si concentra sempre più sulla spettacolarità e sull’esperienza immersiva del visitatore.
Il Museo Guggenheim di Bilbao è uno dei progetti più noti di Frank Gehry e rappresenta un simbolo dell’architettura contemporanea. Il suo design audace e distintivo ha cambiato non solo il panorama urbano di Bilbao, ma ha anche ridefinito il ruolo del museo come icona culturale e sociale. Grazie a un approccio innovativo e all’impatto urbano, economico e culturale che ha generato, il Guggenheim è oggi un punto di riferimento e un caso studio essenziale per architetti, urbanisti e studiosi di sviluppo urbano.
SPAZIO COME "INFORMAZIONE": Oggi possiamo interpretare lo spazio non solo come un sistema complesso, ma anche come un contenitore di informazioni. L’architettura si trasforma, diventando capace di concretizzare concetti e rendere tangibili i paradigmi scientifici. Un esempio è il padiglione svizzero “Blur” per l’Expo 2002, ideato da Diller e Scofidio, che trasforma le idee scientifiche in esperienze vivide.
Il Padiglione Svizzero Blur, progettato dagli architetti Diller + Scofidio per l’Expo 2002 a Yverdon-les-Bains, è una delle opere più significative in cui lo spazio diventa un mezzo di espressione concettuale, trasformandosi da semplice contenitore in un’esperienza multisensoriale. Questo padiglione si distingue per l’uso innovativo di una “nebbia artificiale” che avvolge l’intera struttura, creando un ambiente senza contorni definiti e dissolvendo i confini tradizionali dello spazio architettonico. La percezione visiva, tattile e spaziale è volutamente ambigua e sfuggente, rendendo lo spazio un medium di informazioni sensoriali e concettuali.
Nel Blur Building, lo spazio non è solo un contenitore di esperienze, ma diventa esso stesso una forma di informazione. La struttura, realizzata sopra il Lago di Neuchâtel, è composta da un’intelaiatura di acciaio su cui sono collocati migliaia di ugelli che nebulizzano l’acqua del lago, creando una nebbia che avvolge completamente il padiglione. La nebbia non solo nasconde la struttura, ma invita il visitatore a esplorare un ambiente indefinito e privo di punti di riferimento visivi stabili.
Questo utilizzo dello spazio comunica informazioni in modo diretto: la nebbia è un’esperienza immersiva che rappresenta l’incertezza, l’indeterminatezza e l’imprevedibilità del mondo moderno. Il padiglione invita a riflettere sui limiti della percezione e sull’importanza delle informazioni sensoriali nel nostro rapporto con l’ambiente.
Caratteristiche dello Spazio Informativo
Perdita di Confini e Orientamento
Nella nebbia artificiale del padiglione, gli utenti perdono la consapevolezza di dove si trovino esattamente, vivendo un’esperienza in cui il concetto di direzione e confine è completamente dissolto. Il visitatore si immerge in un ambiente privo di coordinate stabili, dove lo spazio stesso è percepito attraverso il tatto, il suono e la sensazione di umidità. Questa “disintegrazione” dei confini tradizionali simboleggia l’incertezza e la complessità dell’informazione nella società contemporanea.
Interazione Sensoriale
Il Blur Building comunica l’idea che lo spazio possa essere esplorato attraverso i sensi, non solo tramite la vista. La nebbia invita il visitatore a utilizzare sensi spesso trascurati nell’architettura tradizionale, come il tatto e l’olfatto, per orientarsi e percepire l’ambiente. L’interazione diretta con lo spazio nebbioso è ricca di informazioni emozionali e cognitive, trasformando il padiglione in una metafora dell’informazione immateriale e sfuggente.
Architettura Effimera e Intangibile
La nebbia, elemento centrale del Blur Building, è in costante movimento e cambiamento, proprio come l’informazione. Non ci sono elementi fissi: lo spazio è volutamente effimero e intangibile, trasmettendo un messaggio profondo sulla transitorietà dell’informazione e sulla necessità di adattarsi a contesti che sfuggono al nostro controllo.
Tecnologia e Controllo dell’Ambiente
Il padiglione è dotato di sensori che regolano la densità della nebbia in base ai cambiamenti climatici e al numero di visitatori, dimostrando come l’ambiente possa essere manipolato attraverso la tecnologia per creare esperienze uniche e personalizzate. Questo utilizzo della tecnologia rende lo spazio dinamico e in continua evoluzione, rispecchiando il mondo interconnesso e variabile dell’informazione digitale.
Il Blur Building invita i visitatori a riflettere sulla percezione della realtà e sul ruolo dell’informazione nella comprensione del mondo. Questo spazio, concepito in modo innovativo, diventa un’esperienza visiva e sensoriale che si trasforma e si adatta, evidenziando l’incertezza e la complessità della nostra epoca. Grazie all’assenza di elementi strutturali definiti, Diller + Scofidio hanno creato una nuova forma di architettura informativa, che mette in discussione il nostro modo di interpretare lo spazio e di interagire con le informazioni.
In questo contesto, il Blur Building si presenta come un manifesto dell’architettura come esperienza concettuale: qui non sono tanto gli elementi materiali a definire l’edificio, quanto le percezioni individuali e l’interazione diretta con uno spazio che, sfuggendo alle definizioni tradizionali, ci spinge a ripensare il significato stesso di informazione e presenza.
In conclusione, lo spazio non è un’entità oggettiva, ma uno strumento attraverso cui possiamo modellare il mondo. La concezione dello spazio diventa quindi una forma di informazione, ricca di possibilità di manipolazione, e rappresenta un modo in cui l’architettura rende tangibile il nostro sapere.