Negli atti di S. Visita di Mons. Andrea della Valle, nel 1513, non si parla che di questa sola parrocchia, dove “si conservava l’Eucarestia per amministrarsi a tutta la città”. Negli atti di Mons. Del Tufo, 1586, conservati nel codice detto Calderone, si nota ancora che la sola chiesa di S. Michele era quella in cui officiavano i Rettori della città e si conservavano di Sacramenti. Nelle decisioni apostoliche del 28 - VII - 1634, conservate nello archivio parrocchiale, S. Michele è chiamata “Chiesa parrocchiale matrice” (Ortona-S.Michele-p.5). In esse è detto: “Assai più di cento anni prima tutti i privilegi, diritti, iussi di S. Maria Maggiore, situata fuori della città, senza interruzione, furono trasferiti e per apostolica autorità conceduti, alla suddetta parrocchia chiesa di S. Michele (Rescritto 28 - VII - 1634, di Marco Antonio Franciotti, giudice a auditore della camera apost.). In siffatto rescritto si legge inoltre che il Vescovo di Mileto Mons. Maurizio Centino --andavit- “chela priocessione solenne del Corpus Domini fosse stata in quell’anno uscendo non dalla Chiesa di S. Michele, ut mos est, sed venerabili ecclesia Monalium Spiritus Sancti”. Non ne sappiamo la ragione. Altra prova dela sua investitura parrocchiale è che in detta chiesa di S. Michele si conservano i libri parrocchiali dei nati, morti, matrimoni e cresime di tutta la città prima dell’erezione delle altre parrocchie: Spirito santo e S. Maria del Soccorso nel 1632, e S. Maria Maggiore nel 1645. Mons.Della Valle nel 1515, per l’aumentato numero degli abitanti, da quattro elevò ad otto i cappellani della chiesa di S. Michele con l’obbligo che detti cappellani o rettori fossero di Monteleone.
La chiesa di S. Michele il Vecchio il Vecchio è dovuta sorgere in tempi molto remoti se riguardiamo la cupola qual’era, prima del restauro del 1935-38, del tipo Bizantino, simile a quella di S. Ruba, XI-XII secolo. Essendo molto piccola la chiesa di S. Michele il Vecchio si decise più tardi di edificarne una nuova più grande e più bella, che è stata principiata nel 1519 con molta spesa e, con probabile mediazione di Leone X, dietro i disegni del Peruzzo Baldassarre, celebre architetto da Siena.
La chiesa di S. Michele, pur nelle presenti condizioni, esercita un certo fascino. E’ un vero gioiello del Rinascimento. Poche città possono vantare un edificio di forme architettoniche così pure, di ornamenti così eleganti.
Fu riparata per interessamento dell’illustre concittadino Luigi Razza.
Per la descrizione della chiesa riporto quanto ha scritto l’architetto A. Dillon, incaricato dalla Sopraintendenza ai Monumenti di effettuare alcuni sopraluoghi allo scopo di elaborare la perizia relativa al restauro del 1935: “Il nostro S. Michele è un’opera d’importazione. Ricordiamo che Vibo, infeudata ai Caracciolo passò ai Brancaccio. Può essere di qualche utilità tenere presente che a Napoli i Brancaccio, verso la metà del sec. XV, modificarono la loro cappella di S. Angelo a Nilo rifacendola di stile rinascimentale toscano ponetto sulla lunetta del portale la statua di S. Michele. Oggi la chiesa si presenta con un complesso architettonico variamente modificato ed ampliato. Per i danni e le trasformazioni subite, il suo interesse non è immediatamente apprezzabile… La variazione di quota del piano stradale ne ha alterato i prospetti. (La strada che dal centro di Vibo porta al Castello, ha una forte pendenza che doveva essere anche più sensibile nei decenni passati, per cui furono eseguite opere di adattamento per rispettare i livelli delle fabbriche preesistenti. La chiesa ha avuto sul prospetto tre nuovi gradini e sul fianco una più elevata zona basamentale e la chiusura di un vano di accesso).
L’edificio è costituito da :
a) una navata unica rettangolare coperta da una volta a botte lunettata;
b) un ambiente centrale coperto da una cupola a tamburo;
c) un cappellone a sinistra di chi guarda l’altare, costruito nel 1695, per uno dei famosi ampliamenti, che costituisce ora un breve braccio di transetto;
d) un più profondo ambiente a destra - altro braccio di transetto - coperto con volta a lacunari, ritenuto l’antico oratorio dell SS. Sagramento;
e) il vano absidale retto, costruito pure nel 1695 e per il quale dovette essere chiuso un tratto della strada confinante.
La chiesa quattrocentesca era costituita dunque da un vano rettangolare di modeste dimensioni (M. 7.60 x 12,80), coperto da una volta a botte lunettata cui segue il vano absidale con la piccola cupola su basso tamburo. In origine il sesto della volta della navata era di circa 70 cm, più basso e lasciava libera la finestra della cupola che, appunto con la sopraelevazione, è venuta ad essere ostruita. Sul timpano del muro, sopra l’arco frontale, ho ritrovato la traccia del sesto primitivo. La sopraelevazione della volta deve essere stata consigliata per garantire la statica compromessa dai terremoti ed ovviare agli inconvenienti dei danni conseguenti. Le pareti esterne della nostra navata sono decorate da paraste scanalate con capitelli di ordine jonico. Esse poggiano sopra un alto piedistallo di basamento a cornici continue. In alto la trabeazione conchiude e definisce la massa, facendo risvoltare architrave e fregio in corrispondenza delle paraste tenendo invece continua, nitida, senza interruzione, la terminale…. Lo schema è assai vicino a quelle delle coeve cappelle napoletane del calabrese Donadio (il Mormanno), di Francesco G. Di Palma e del Malvito. Possiamo, per analogia, immaginare il portale quattrocentesco sostituito, come una semplice apertura rettangolare, con mostra e cornice, del tipo di quello della Cappella Pontano, o completato da una lunetta come nella cappella di S. Maria della Stella a Napoli…L’attuale scomparsa della volta nulla può dirci del primitivo suo aspetto. La ricostruzione fu iniziata nel 1519 secondo i disegni di G.Peruzzi… In questa fase di lavoro venne eseguito solo il parametro architettonico decorativo delle due pareti laterali della navata e, subito dopo, il nuovo più ricco portale sul prospetto”. (Il Dillon proponeva, per il rifacimento della chiesa, oltre agli elementi architettonici in pietra, la liberazione del tamburo e della cupola con il ripristino della sua massa architettonica e la riapertura delle finestrelle e la ricostruzione della volta secondo il sesto primitivo; ancora, pur conservando lamassa muraria delle cappelle aggiunte, a sinistra del transetto, diminuirne l’altezza per liberare il risvolto della trabeazione esterna e dare il giusto risalto alla cupola).
IL CAMPANILE
Verso la fine del secolo XVII e cioè quasi nello stesso periodo in cui si procedeva ai lavori di ampliamento della chiesa, (una campana porta la data 1694 ed un’altra 1713), con i fondi lasciati a questo scopo dal Rettore Rev. D. Leonardo Pizzimenti, nel suo codicillo stipulato per notar G. B. Lombardo agli otto aprile 1671 (Capialbi-Memorie del Clero p.56), veniva costruito il campanile.
Il legato del Pizzimenti doveva essere abbastanza ricco se consideriamo la grandiosità del campanile in relazione alle modeste dimensioni della chiesa. Esso era alto trentadue metri, in quattro piani, con ordini di paraste composte, alleggerite da scanalature. Nei piani superiori presenta aperture ampie a pieno centro con incorniciatura di larghe mostre. Subì ingenti danni per il terribile terremoto del 1783. “ I nostri antenati, scrisse l’Ortona, lo videro barcollare e muoversi come un ebbro, ma non cadere giammai”. Nel 1827 veniva rifatta la cuspide perché distrutta da un fulmine; questa rovinò una seconda volta per la stessa causa e cadde in seguito al terremoto del 1905 che diede apprensioni gravi per la statica di tutto il campanile. Allora il Genio Civile dispose la demolizione di esso. Si buttò giù la cuspide, ma le impalcature vennero tolte a furore di popolo e si dovette sospendere il lavoro provvedendo a puntellare alla meglio i tre ordini della torre quadrilatera che restaurata, ma senza cuspide.
Sul più alto piano del campanile era situato l’orologio, costruito nel 1691, prima posto sul campanile della chiesa di S. Agostino. Le due campane dell’orologio portano l’iscrizione: Geronimo Golito da Vignola fecit. A. D. 1703. La più grande campana del campanile ha l’immagine della Madonna col Bambino tra uno stuolo di Angeli e S. Michele con la preghiera: Sancte Michàel Arcangele, defende nos in proelio. C’è l’iscrizione: Me fecit Giovanni Gullo et Placido et Francisco fratelli - 1697.
CONGREGAZIONE DEL SS.MO CORPO DI CRISTO
IL MIRACOLO EUCARISTICO - RETTORI - PARROCI
S. Michele, pur essendo la sola Chiesa officiante, posta nel centro di Monteleone, non divenne Parrocchia di fatto se non quando il Vescovo di Mileto, Andrea della Valle, riordinando le faccende religiose del luogo elevò, da quattro ad otto i Rettori di essa nel 1515 e la costituì Parrocchia con bolla dell’8 agosto 1519. Sarà confermata tale dal Vescovo Mons. Centini quando, nel 1632, istituirà in Monteleone, le Parrocchie dello Spirito Santo e di S. Maria del Soccorso.
E’ d’allora che i documenti nominano propriamente la chiesa “ Parrocchia Matrice di S. Michele “. In questa chiesa, da remoti tempi, esisteva la cappella del SS.mo Sagramento nella quale il vescovo di Mileto Mons. Quinzio de Rusticis, fondò la congregazione del SS.mo Corpo di Cristo, con breve di Paolo III - 6 aprile - 1548. Anche dopo la creazione delle altre tre parrocchie, Spirito Santo e S. Maria del Soccorso.(1632) e di S. Maria Maggiore (1645), restò alla parrocchia di S. Michele l’antico privilegio della processione del SS.mo Sagramento nel giorno del Corpus Domini. All’Arciprete di S. Maria Maggiore restò di celebrare i primi vespri della vigilia della Festa e la S. Messa il giorno della solennità, nella chiesa di S. Michele, e portare processionalmente il SS.mo entrando nella chiesa Arcipretale per la benedizione alla fine. Nella vacanza dell’arciprete spettava al parroco di S. Michele fare la benedizione del fonte battesimale il sabato santo e le processioni del protettore, nel giorno di S. Marco e delle Rogazioni.
Una pia tradizione ci ha tramandato la ragione del privilegio della processione nel giorno del Corpus Domini e della chiesa in quel luogo edificata. “ Erano campi, in un’età antichissima, le adiacenze di questa chiesa, e l’area sulla quale essa sorge , n’era l’aia.
Passava un dì di là un sacerdote e portava il Sacro viatico a un moribondo. Alla vista del prete, il bifolco che conduceva i buoi sull’aia intento a trebbiare, ristette, si scoperse il capo e si piegò a terra, mentre le bestie dal loro canto cadevano entrambe sui ginocchi in segno di venerazione. Si gridò naturalmente al miracolo, e la pietà dei credenti si sarà più naturalmente ingegnata di radunar l’obolo per costruire nel luogo designato dall’insigne prodigio, un oratorio che si dedicò al SS.mo Sagramento. L’oratorio divenne in seguito la piccola chiesa di S.Michele” (E. Scalfari - A proposito di un quadro -). A tal prodigio si lega il privilegio anzidetto oltre alla priorità parrocchiale della chiesa. Nel cinquecento tra i cappellani di maggior risalto, due n’ebbe la parrocchia di S. Michele: D. Saladino Alemanno, capo dei rettori, di cui fu grande lo zelo anche nel risolvere le questioni dei diritti giudiziari della Chiesa di S. Michele di fronte alle chiese dei diversi monasteri, e, prima di lui, Antonio Sorbilli che meritò la sedia vescoviledi Mileto.
Nel 1768, per guasti subiti a causa del terremoto, la parrocchia si trasferì nella chiesa degli espulsi PP. Gesuiti, ora chiamata di S. Giuseppe.
Era parroco allora l’abate Domenico Antonio Catagnoti. Si dice che la chiesa di S. Michele in questo frattempo in cui non fu officiata, fu adibita a scuola elementare e poi a teatro di burattini. Ma morto il Catagnoti nel 1798, il Vescovo di Mileto, Enrico Capece-Minutolo volle che la sede parrocchiale ritornasse nella sua chiesa di origine e che l’intero fabbricato dei Gesuiti, acquistato dal suo predecessore Mons: Carafa per trasferirvi l’episcopio, fosse dato alle suore francescane di S. Chiara. Ma le suore, non contente perché l’edificio era troppo grande e privo di giardino e disturbato dai rumori dell’abitato, passarono al monastero di S. Croce detto perciò delle Clarisse. La chiesa dei PP. Gesuiti sarà data all’antica Confraternita di Gesù, Maria e Giuseppe, allorchè il Maresciallo francese Reynier - 1808 - la priverà della propria chiesa per formare di essa un teatro per le truppe residenti in Monteleone (poi Cinema Teatro Comunale ed ora sede della SIP).
Si trovano in detta chiesa di S. Michele le seguenti pregevoli opere:
I - La comunione di Gesù agli Apostoli di Giulio Rubino. “Pietro è genuflesso in atto di ricevere il Pane del Cielo e nell’atto di dire: - Allontanati da me, o Signore, che sono un grande peccatore. Da notarsi il verginale candore emanante dagli occhi di S. Giovanni e la bieca faccia di Giuda. Ogni volto degli apostoli esprime un diverso atteggiamento. In cima al quadro, tra vaghi angioletti, primeggia S. Michele che incensa col turibolo, il Cristo”
II - La SS.ma Annunziata di Franc. Zoda. “Bello per soave delicatezza di colorito il volto della Madonna genuflessa in preghiera stringendo un libro: la Bibbia. Il pudore è misto alla umiltà più profonda. Accanto c’è l’arcolaio dove lavora; il gomitolo è caduto lì presso; a fianco è un vaso di fiori dai colori svariati, odoranti delle sue virtù. L’Arcangelo, di forma trasparente, eterea, stringe nella destra un candido giglio e addita a Maria renitente, lo Spirito Santo, che nel mezzo del quadro, in forma di colomba, fa discendere i suoi raggi misteriosi”.
III - Un bozzetto incompleto attribuito a Luca Giordano, rappresentante S. Michele che scaccia Lucifero.
Primo Rettore fu Sorbilli Antonio, che distintosi, per dottrina e moralità, fu eletto Vescovo di Mileto nel 1435. Altri Rettori
1570 - Saladino Alemanno
“ - Minico Di lia
“ - Minico Piacente
“ - Paolo Brancati
“ - Vincenzo Pavone
“ - Giovanni Facciolo
1574 - Andrea Lomanno
“ - Bartolomeo D’Alessandria
(Si sottoscriveva Rettore di S. Maria Maggiore e godeva di doppia porzione e teneva come sostituto Alessio Cillo).
1580 - G. Domenico Marasco
1581 - Matteo Nicastro
1582 - G. Domenico Gennaro
1583 - G. Andrea d’AlessandriaChiesa di San Michele
1588 - Marcello de Filippis
1590 - G. Battista Valia
1591 - Gov. Andrea Morelli
1591 - Ottaviano Cesare
1592 - Stefano Fagà
“ - Marcello Capialbo
1593 - G. Alfonso Strongoli
1597 - Ottavio Pizzimenti
1598 - Marco Antonio Matarise
1600 - Ottavio Bozzuto
1602 - Filippo Gennaro
1604 - Giuseppe Sgrò
1618 - Giambattista Pujeri
1624 - Pier Francesco di Marzo
1626 - Silvestro Turbolo
Nel 1659 vi erano a Monteleone cinque Rettori e 42 Sacerdoti oltre ai sacerdoti Monaci, dei diversi ordini Religiosi.
Parroci:
Dal 1632 al 1676 si trovano i seguenti: Ottavio Bozzuto, Matarise M. Antonio, Marinelli Santo, Ruggero Ottavio, Zombino Giovanni Andrea, Pizzimenti Leonardo.
Nicastro Leoluca dal 1676
Vita Antonio " 1711
De Gennaro Domenico " 1740
Catagnoti Antonio " 1768
Varano Gerolamo " 1799
Pitignano Teodoro " 1818
Ceniti Antonino " 1834
Ortona Ottavio " 1849
Brasca Giuseppe " 1903
Rubino Nicola " 1931
Genua Giovanni " 1946
Giamba Raffaele " 1969 - 13 - 10
Cannatelli Bruno " 2005 - 1 - 7
Varone Vincenzo " 2016 - 10 - 6
La Torre Giuseppe " 2022 - 10 - 19
LE CHIESE DI S. MICHELE, DELLO SPIRITO SANTO
E S. MARIA DEL SOCCORSO
ELEVATE A SEDE PARROCCHIALE, Nel 1632
Degli otto Rettori che governavano la Chiesa di S. Michele, nominati dal Vescovo Andrea della Valle nel 1515, furono assegnati tre a S. Michele, due allo Spirito Santo e tre a S. Maria del Soccorso. Ecco il decreto di erezione delle tre parrocchie da cui si rileva il proposito di erezione di una quarta in contrada Terra o Castello:
“In dei nomine, Amen. In causa novae creationis Parrocchiarum, ad instantiam D. Promotoris Fiscalis in sancta visitatione, propositum, Civitatis Montisleonis ob populorum numerositatem et conquestum ac animarum salutem … die 15 maji, visa instantia R.D. Procuratoris Fiscalis et attenta totius populi supplicatione et conquestu et conderatis animarum periculis quae obloci distantiam et multitudinem, dum repentini morbi et infirmitates eveniut, ex quo non ita de facili ab uno Rectore abdomedario visitari et provederi possint, saepius Sagramentorum salatio et auxilio destitui pereunt; perspectis icomondis ipsorum Rectorum in deferendo ad infirmos Sanctum Sagramentum, maxime autem noctis tempore, visa per personalem visitationem Ecclesiae S.Michelis incapacitate, et praecipue tempore paschali…Ad hunc effectum tres ecclesias nominamus, scilicet, unam S. Michaelis Arcangeli, alteram Spiritus Sancti et alteram S. Mariae de Succursu, quas pro ipsa Sagramentorum administratione et inconservatione decenti et pro proprio comodo apportunas judicamus; et quia octo portiones per septem nunc Rectores possiderunt cum unus ipsorum ex apostolica dispensatione, duas obtineat portiones, proide tre ipsorum ecclesiae S. Michaelis, duos Ecclesiae Spiritus Sancti et tres ecclesiae S.Mariae de Succursu pronunciavimus adserviendos et habere voluimus pro costitutis, qui alternis ebdomadis personaliter singuli intervenire debeant, salva tamen provisione super quarta parochiali ecclesia erigenda iuxta aliquorum civium petitionem, in loco ubi dicitur Terra seu Castello, si infra annum, sicut ipsis designavimus ecclesiamconstruxerint et ornaverint necessariis, rebus, Rectorum Turbulus pro duabus portionibus (V. Capialbi - Memorie della chiesa Militese, p.193).