ARCHIVIO 2023
Il Sasun e il bosco attorno
Qui un percorso per vedere il Sasun
ed altri massi erratici minori
Il masso erratico di Bedero
Quello che, nel nostro lessico famigliare, viene designato come il bosco del nonno si trova a pochi passi del Sasun, il masso erratico di Bedero. Questo gigante della montagna, invece, noi lo chiamiamo il signore di Baux.
Nel 1874, il naturalista Leopoldo Maggi, in uno scritto riguardante la geologia del territorio varesino, lo censiva così: “Sasso del Bosco della Chiesa a Bedero: masso di gneiss porfiroide lungo m 7, largo m 5, alto m 3.” (*)
Tanti anni fa, mentre noi grandi curavamo il bosco, i miei figli bambini ci passavano ore intere. Si arrampicavano e apparecchiavano il loro gioco: nella loro fantasia, era la reggia incantata del signore di Baux.
Forze naturali
I massi erratici sono formazioni sorprendenti, ed è facile associarli a storie di incantamenti e di magie. Sono del tutto diversi dalle rocce locali, devono per forza provenire da altri luoghi… Ma sono così grandi, enormi, da sembrare inamovibili. Ecco allora fiorire le leggende di diavoli e santi, per spiegarne l’anomala presenza.
La realtà è che provengono dalla catena alpina e sono stati inglobati e trasportati dai ghiacciai in lento scivolamento verso le quote minori, per centinaia di chilometri. Ciò è avvenuto nel corso delle diverse glaciazioni che si sono susseguite negli ultimi due milioni di anni, l'ultima delle quali, la più imponente, è durata dai centomila ai diecimila anni fa. I ghiacciai hanno modellato le forme basiche del nostro territorio prealpino: le valli, i terrazzi glaciali, gli sbarramenti morenici - e, di conseguenza, gli invasi: laghi, laghetti e torbiere.
Anche questa spiegazione, del resto, richiede un bello sforzo immaginativo: figurarsi una placca di ghiaccio, quella del Ticino, che nel momento della massima estensione ricopriva tutto il nostro territorio, estendendosi fino al lago di Varese… Forse emergevano le cime delle montagne tutt’attorno, forse solo le più alte. Se i massi erratici sono stati deposti anche a quota superiore agli 800 m (per esempio, sul versante nord del Campo dei Fiori, il Sass du la Pioda, nel Comune di Orino, si trova a 840 m di altitudine), vuol dire che per certo la coltre ghiacciata arrivava a coprire quasi interamente i versanti. Occorre figurarsi un paesaggio islandese a casa nostra, insomma. Proprio adesso, che il tema è la riduzione dei ghiacciai alpini e il rischio di estinzione…
Cambiamenti climatici
I massi erratici segnano il nostro territorio da prima che si insediasse il bosco, da prima che si animasse di presenze umane. Sono testimoni della storia geologica e dei cambiamenti climatici occorsi nel tempo profondo.
Ma allora i cambiamenti climatici ci sono sempre stati? Certo che sì, ma con tempi geologici: un cambiamento significativo occorreva in migliaia di anni e l’adattamento biologico aveva il tempo di dispiegarsi. Adesso si stanno verificando cambiamenti importanti nell’arco di decenni e, di questo passo, non c’è adattamento evolutivo che tenga. Considerate il rapporto 10 anni contro 1.000 anni: il ritmo è accelerato di 100 volte. È questo a fare la differenza tra quello che è stato e quanto si sta verificando ora!
L’ultimo rimasto
Il Sasun è probabilmente l’ultimo masso erratico di grosse proporzioni rimasto sul territorio comunale (più avanti, seguendo il sentiero, se ne osservano di minori, ma siamo già nel territorio di Valganna). Con tutta probabilità ce n’erano altri, andati distrutti. Era normale, nel passato, ricavarne pietra da opera.
Da un opuscolo del Club Alpino Italiano, sezione di Milano, del 1914 (p.14-15):
“Una regione assai ricca di massi erratici e di depositi morenici è pure la Val Cuvia, e specialmente quel fianco di essa, che sale verso Campo dei Fiori. I geologi che l’hanno studiata e descritta ne ricordano moltissimi fra i quali alcuni di dimensioni veramente considerevoli; ma per mala ventura allorché ci siamo recati sul posto per riconoscerli e poterli poi ricordare, in questa breve opera nostra, non li abbiamo più ritrovati e dovemmo alla fine e persuaderci che completa è stata la distruzione di quelli, che dovettero pur essere particolarmente cospicui.
Del sasso sopra Cerro di Trevisago ci fu narrata la fine recente: per ben cinque anni lavorarono in esso gli scalpellini traendone materiale per fabbrica ed ora, della gigantesca mole originaria, non rimangono che poche schegge inservibili.” (*)
Ho sentito raccontare in famiglia che i materiali della fontana del leone sono stati ottenuti da un masso erratico. La conferma indiretta viene dalla pubblicazione di Camillo Bignotti (Bedero - Il Balcone della Valcuvia”- Parrocchia di S. Ilario di Bedero Valcuvia ”, p. 138), dove si riporta che la pietra è stata raccolta in località Tara Bara. Dal momento che si tratta di roccia metamorfica sicuramente non autoctona, non può trattarsi che di materiale ottenuto da un masso erratico lì esistente fino ai primi anni ’20 del secolo scorso.
L’idea fantastica
I miei bambini giocavano al signore di Baux sul masso erratico. La suggestione era venuta loro da questi versi, qui proposti un po’ come indovinello per i lettori e un po’ come omaggio agli autori, illustri concittadini.
La casa sua il signore di Baux
l'ha costruita sui sassi.
La casa sua il signore di Baux
l'ha costruita sui sassi.
Passi di mille cavalieri
segnano i suoi sentieri,
vegliano dall'alto nella notte
gelidi i suoi pensieri.
(*) Luce Vera FERRARI - Valcuvia massi erratici - Guide Macchione – Varese, 2001 - pp.53 e 54
24 novembre 2023, Laura V.
Fonte: Website ufficiale del progetto Life ASAP
Alien Species Awareness Program
Un ingombrante e ancora poco noto inquilino dei nostri boschi
Attenti: lo scoiattolo orientale è stato avvistato nei nostri boschi. Come se non bastasse quello grigio americano a stressare lo scoiattolo locale, quello rosso… Un’altra specie aliena insidia gli equilibri della fauna autoctona.
Adriano, l’autore di questo articolo, vanta il prestigioso titolo di socio della Pro loco di Bedero, ma nella vita ordinaria è anche uno scienziato e un divulgatore. A proposito di scoiattoli, ha pubblicato questa settimana un quadro generale delle specie presenti da noi sul supplemento della Prealpina OLTRE (quello del 16/11/2023). Sulle specie aliene ha condotto il podcast VICINI e LONTANI, in cui si può approfondire l’argomento.
Interessante è la sua proposta: comunichiamo eventuali avvistamenti, contribuendo alla Scienza partecipativa.
Era il 2007 e Francesco, un agente del Nucleo Faunistico della Polizia Provinciale in servizio di vigilanza presso il Villaggio Olandese a Brezzo di Bedero, avvistò uno strano scoiattolo che gironzolava su una pianta di cachi, alimentandosi con gusto.
Il Villaggio Olandese offre scorci di incredibile bellezza sul Lago Maggiore. È un insediamento turistico originariamente creato da un gruppo di olandesi negli anni '60 e attualmente accoglie, in particolare nel corso dell’estate, oltre 1000 proprietari principalmente di nazionalità olandese, tedesca e svizzera. Il Villaggio è caratterizzato da oltre 250 case colorate e tradizionali costruite in stile olandese, con tetti spioventi e facciate dipinte con colori vivaci.
Ma che legami ci possono essere tra uno scoiattolo “strano” e un insediamento turistico “nordeuropeo”? Nei mesi successivi alla segnalazione si scatenò una ricerca approfondita, fatta di appostamenti sul campo, di catture e marcature di scoiattoli e analisi genetiche, che diedero le prime importanti risposte.
Quello strano scoiattolo, che ben presto si scoprì essere accompagnato da un drappello numeroso di “colleghi” presenti nell’area, era uno Scoiattolo di Pallas (Callosciurus erythraeus). Una specie di scoiattolo che vive in Asia orientale. È anche chiamato “scoiattolo di Corea” o “scoiattolo dal ventre rosso”.
Lo scoiattolo di Pallas ha un mantello folto e soffice, di colore bruno-grigiastro sulla schiena mentre il ventre è più chiaro, variabile dal bianco sporco sino al giallo ocra (nel nucleo presente nella provincia di Varese non ci sono esemplari dal ventre rosso). Leggermente più piccolo del nostro scoiattolo rosso, lo Scoiattolo di Pallas ha una lunghezza del corpo solitamente tra i 15 e i 25 centimetri, con una coda che può raggiungere lunghezze simili o leggermente superiori al corpo con una serie di anelli poco marcati.
Ma come può essere arrivato fino a Brezzo di Bedero uno scoiattolo del sud-est asiatico? Le analisi genetiche evidenziarono che questi scoiattoli erano geneticamente identici a quelli di una popolazione introdotta artificialmente dall’uomo in Belgio (a Dadizele), i cui fondatori probabilmente furono acquistati da un grosso commerciante di scoiattoli esotici olandese. È possibile ipotizzare che qualche ospite del Villaggio Olandese avesse acquistato almeno una coppia di questi scoiattoli di Pallas dallo stesso fornitore, e una volta giunto in Italia li avesse volontariamente liberati oppure, chissà, gli fossero sfuggiti. Queste, però, sono solo ipotesi che possiamo immaginare.
L’unica preoccupante certezza, invece, è che una popolazione di questi scoiattoli alloctoni o alieni (ossia introdotti artificialmente dall’uomo in natura in aree dove naturalmente non sarebbero mai giunti) non solo si era insediata, ma si accresceva anno dopo anno sempre di più.
Lo scoiattolo di Pallas è considerato una specie particolarmente nociva per i nostri habitat boschivi, in primis perché induce l’estinzione del “nostro” scoiattolo nativo, lo scoiattolo comune europeo o scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris).
Ci sono diverse ragioni per cui le specie aliene sono considerate pericolose per l'ambiente. Le specie invasive possono competere con quelle native per risorse cruciali come cibo e habitat. Spesso hanno tassi di riproduzione più elevati o vantaggi competitivi che possono sopraffare le specie locali, portando alla loro diminuzione o addirittura all’estinzione. Le specie invasive possono anche modificare l'ambiente circostante, alterando la struttura dell'ecosistema e sconvolgendo gli equilibri ecologici esistenti. Inoltre, possono essere portatrici di malattie o parassitosi che le specie native non sono in grado di gestire. Di conseguenza, il controllo delle specie invasive è fondamentale per preservare la biodiversità, mantenere gli ecosistemi sani e sostenere le attività umane che dipendono dall'equilibrio degli ecosistemi naturali. Le misure di prevenzione, il monitoraggio e gli interventi per gestire le specie invasive sono cruciali per proteggere gli ecosistemi e preservare la diversità biologica.
Queste indicazioni derivano da quanto riportato dal Regolamento Europeo sulle Specie Aliene Invasive 1143/2014.
Da quel lontano 2007, quando il primo scoiattolo di Pallas fu segnalato, nonostante gli interventi di contenimento messi in atto dalla Provincia di Varese e da Regione Lombardia, lo scoiattolo alieno ha allargato i propri confini ed ora lo troviamo, sebbene per fortuna non ancora frequentemente, in prossimità dei boschi di Bedero Valcuvia. È più facile osservarlo sugli alberi che gli possono fornire del cibo, come ad esempio i noci. Lo scoiattolo di Pallas è anche ben riconoscibile per le sue emissioni sonore che lo contraddistinguono dal meno “vocale” scoiattolo nostrano. È difficile descrivere con precisione il verso, ma il suono ricorda vagamente dei gracidii un po’ striduli.
Cosa possiamo fare per evitare che la diffusione di questa specie, un vero e proprio inquinante ambientale, si ampli a dismisura? Segnalare con tempestività la presenza della specie in aree dove non era mai stata avvistata può essere di grande aiuto per chi deve programmare gli interventi di controllo. Comunicare la presenza è molto semplice: basta inviare una e-mail all’indirizzo aliene@biodiversita.lombardia.it indicando nel modo più preciso possibile la posizione dello scoiattolo avvistato (meglio se “registrando” il punto, ad esempio con con maps sul cellulare) e possibilmente inviando una o più fotografie che permettano agli esperti l’identificazione della specie.
Diventerete di fatto degli operatori nell’ambito della citizen science, o scienza partecipativa, che è un approccio alla ricerca scientifica che coinvolge le persone nel processo di raccolta dei dati scientifici. Una collaborazione tra scienziati e il pubblico per affrontare sfide scientifiche, osservare fenomeni naturali, monitorare l'ambiente, raccogliere dati su varie tematiche scientifiche e contribuire alla comprensione e alla risoluzione di problemi scientifici. Un bel modo di fare squadra, anche semplicemente passeggiando per i boschi ed osservando con cura gli scoiattoli in cui ci imbattiamo.
17 novembre 2023, Adriano M.
Fotografie di Dario L. e Gabriele K.
Conversazione tra due fungiatt: Gabriele K intervista Dario L.
Sei contento della raccolta di quest’anno?
Certo, ho il freezer pieno! Un anno così produttivo non si vedeva da tempo.
Passano le trombe d’aria, passano anni di siccità, passano boscaioli dal taglio aggressivo… Ma il bosco resiste e produce ancora funghi. Mai tanti come quest’anno!
Cambia il clima: cambiano anche i boschi e i funghi?
Sì, ci sono trasformazioni in corso.
Alcune specie sono in calo: di rusitt (Boletus rufus) non se ne trovano quasi più. Li cercavamo sotto le betulle… c’erano delle pianelle di betulle in cui potevi riempire un cesto in pochi minuti. Ma le betulle muoiono, forse perché negli ultimi anni fa troppo caldo. E con loro spariscono anche i loro funghi. Di mori (Boletus aereus) non se ne trovano più. Bellissimi! Certi funghi compatti, con il cappello richiuso a mordere il gambo, la superficie scura e vellutata…
Sono cambiati anche i posti della ricerca: da un paio d’anni, io non vado più sul monte Sceré, che è diventato negli anni sempre meno produttivo. Lì il terreno è più asciutto. La siccità degli ultimi anni ha compromesso la riproduzione dei funghi e oggi ce n’è davvero meno, mentre tanti anni fa c’erano delle vere esplosioni di funghi anche lì e sul Mondonico.
Ma se per lo Scerè e il Mondonico so darmi una spiegazione, non riesco a capire perché alcuni dei miei posti sono diventati totalmente improduttivi. Il laghett era un posto eccezionale: non è stato interessato dalla tromba d’aria, non ha subito particolarmente gli effetti della siccità, non ha subito tagli… cos’è successo lì? Due o tre piante sono morte, è vero, ma ciò non basta a spiegare perché non cresce più un fungo, là dove ce n’erano per tutti. Non me lo so spiegare.
Ma dov’è il laghett?
Vicino a dove lavoravo. Ci potevo fare un giro prima o dopo il lavoro, in poco tempo. A volte mi chiedeva un passaggio, per andare o tornare, il Pierino: era un suo posto e riusciva a trovare i funghi anche quando era costretto a usare le stampelle… Era un vero appassionato.
E adesso? Dove sono i tuoi posti?
Vado in Martica. Salgo fino all’altezza dei prati di Brinzio, poi giro un giorno verso Brinzio e il giorno dopo verso Ganna. Sono metodico. A partire dal 2015 annoto tutto: mi sono scaricato un calendario perpetuo e scrivo quanti funghi trovo, dove li trovo, le condizioni, la luna… Secondo me, la luna influenza: vengono su con la luna nuova, soprattutto col primo quarto. Se però il clima non è adatto, non c'è luna che tenga.
Ci sono tanti cercatori di funghi?
Ci sono macchine parcheggiate dappertutto, ma gente in giro nei miei posti ce n’è poca. Posso stare in giro ore e incontrare due o tre persone. Spesso non sono esperte, lo vedi da come si comportano: cercano un po’ qua, un po’ là, si spostano a caso, sentono frugare più su e si muovono incontro… Non come me: io ho visto una persona con un fungo di castagno nel cestino, allora ho puntato i castagni e ne ho trovati dieci! Se non avessi riconosciuto il tipo di fungo, avrei magari passato le ore a cercare inutilmente sotto i faggi.
Difficile cercare funghi mentre dai retta ai bambini o insegui il cane: ti giri di qui, ti giri di là e passi via senza vedere.
Io non sopporto quelli che mi vengono vicini mentre sto raccogliendo: la deontologia professionale richiederebbe un po’ di discrezione. Tu cosa fai?
Vedo un fungo mentre una persona mi viene incontro: faccio una rapida valutazione. Se riesco a coglierlo e a dissimulare, bene. Altrimenti lo lascio lì. Mi è capitato di lasciarne lì quattro.
E quelli che ti chiedono consiglio? Giuro, mi è capitato davvero, sulla strada del Brinzio:
“Ci sono funghi? Dov’è che devo cercare”?
“Mah, guardi, salga su nel bosco…”
“Ah, vi conosco a voi fungiatt! Se mi dice di andare su, allora vado in giù…”
E così se n’è andato in giù, in mezzo ai frassini e alle robinie, invece che entrare nel bosco di faggi e di castagni. Contento lui…
Quando ti sei appassionato ai funghi?
Mi portavano da bambino. Andavo con il Fortunato, con il Gianni, con l’Angelino: i veri esperti del paese. Salivamo dalla pineta, in un’ora, un’ora e mezza riempivamo un grande cesto, quello per la raccolta delle mele.
A volte, tornando da scuola, mi facevo lascare giù per strada dal bus e andavo a raccogliere, là dove sapevo di trovarne.
Sono andato a funghi tutta la vita, la mattina presto o dopo il lavoro.
Con la pensione, posso dedicare più tempo e ho le mie soddisfazioni
Questa buttata durerà ancora?
Secondo me si sta esaurendo. Poi bisogna vedere come sarà il clima di ottobre. Se pioverà, può darsi che ne crescano ancora. Speriamo!
6 ottobre 2023, trascritto da Laura V.
Nidiacei di rondine
Metà settembre, anche quest’anno in paese sta per succedere qualcosa… C’è un gran fermento nell’aria e il chiacchiericcio dei balestrucci si fa via via più intenso, giorno dopo giorno. Centinaia di alucce nere sono pronte a intraprendere, anche quest’anno, un lungo viaggio verso i quartieri di svernamento, verso sud, in Africa subsahariana, poi fino al sud Africa…. Si radunano in raggruppamenti pre-migratori, assembramenti di individui che si riuniscono puntuali ogni mattina e tardo pomeriggio in stormi roteanti nel cielo appena sopra le case del centro del paese. Alla fine dell’estate i gruppi si fanno più numerosi, poiché si aggiungono via via i giovani nati (a un occhio attento appaiono riconoscibili dagli adulti per il colore nero un po’ sbiadito e poco brillante).
Il balestruccio (Delichon urbicum) è tra le 5 specie di Hirundinidae presenti in Italia, quella più legata ai centri urbani e ancor di più alla nostra Bedero Valcuvia, tanto da essere rappresentata nel logo della Pro Loco (anche se a ben guardare probabilmente gli uccelli rappresentati intorno al campanile sono delle rondini).
Il balestruccio ha un corpo piuttosto compatto, paragonato alla rondine, con una lunghezza di 12-13 cm e un’apertura alare di 15-20 cm. Di colorazione nera-bluastra lucida con un tipico sopraccoda bianco, ha una coda leggermente biforcuta (la coda della rondine ha una biforcazione più marcata, specialmente nei maschi).
Il balestruccio arriva nei nostri territori a marzo e vi rimane fino alla fine dell’estate. Predilige le aree urbanizzate per la nidificazione, costruendo nidi caratteristici a coppa (precisamente a forma di coppa chiusa, a differenza della coppa aperta caratteristica dei nidi di rondine) sotto le grondaie o i cornicioni delle abitazioni. I nidi sono in genere addossati l’uno all’altro a formare delle colonie anche numerose. La loro costruzione è complessa e richiede circa due settimane di duro lavoro: viene infatti utilizzato il fango, modellato in minuscole piccole palline tenute insieme con la saliva, mentre all’interno vengono raccolte soffici piume per ospitare le uova (deposte in numero da 2 a 6 per ogni nido, covate per circa 20 giorni) e poi i pulcini, che rimarranno nel nido, facendo capolino solo con le piccole testoline bianche e nere, per circa 25 giorni.
Ancora oggi purtroppo accade che i nidi vengano volontariamente distrutti poiché le deiezioni (guano) possono sporcare le facciate delle case o il terreno sotto i nidi. Probabilmente chi lo fa non sa che oltre a commettere un reato (questo vale sia per rondini che per balestrucci, essendo entrambe specie protette), questi uccelli esclusivamente insettivori sono utilissimi nel contenere popolazioni di fastidiosi insetti. Ci sono soluzioni molto semplici per rimediare a questi fastidi legati esclusivamente al periodo della nidificazione, come la collocazione di piccole assi sotto ai nidi, per impedire alle deiezioni di cadere nello spazio sottostante. Anche nel caso di lavori di ristrutturazione di facciate e edifici che ospitano colonie o singoli nidi di balestrucci è possibile intervenire senza recare loro alcun danno: ove possibile, è preferibile procedere con i lavori nei mesi in cui i nidi non sono occupati, senza distruggerli, verranno infatti utilizzati anche nell’anno successivo…
Se in questi giorni sentiamo quindi stridere intensamente questi simpatici uccelli sopra le nostre case, sappiamo che in qualche modo ci stanno salutando… Arrivederci alla prossima primavera!
15 settembre 2023, Alessandra G.