18 Dicembre

Tornate a me e io tornerò a voi”. (Zac 1,3)

Il ritorno del figliuol prodigo Rembrand

La decisione di ritornare a Dio nasce dal pentimento. La costatazione che lontano da lui manca la possibilità di vivere in maniera piena fa sgorgare la preghiera di supplica perché solo in questa situazione si apprezza la bellezza di quell’amore paterno rifiutato per una falsa libertà.

Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani. Signore, non adirarti fino all’estremo, non ricordarti per sempre dell’iniquità. (Is 64,4-10)

Infatti senza una relazione c’è solo solitudine e la abitano unicamente il vuoto e la paura che approdano al non senso, alla disperazione. È l’esperienza amara del peccato che chiude le porte alla vita.

Tuttavia l’amarezza del peccato diventa feconda quando nel buio del silenzio lascia risuonare l’eco delle “tante voci” del tempo in cui Dio era l’amico quando “Giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo” (Pro 8,31).

Così nasce prepotente il desiderio di ritornare senza paura in quella casa dove ci sono calore e gioia.

Io dicevo: “Sono scacciato lontano dai tuoi occhi; eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio” (Gion 2,5).

Da questo pentimento sgorga la decisione di rimettersi in cammino.

«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Lc 15, 11-29).