CINEMA

Scritto il 04/01/2023

Guerra e cinema

Ripensando a un vecchio film di Kubrick



Il rifiuto di un orientamento antibellicista induce molti a parteggiare, a simpatizzare per un esercito impegnato nel conflitto. Sono cose che succedono. Col passare del tempo ci si abitua alle tragedie della guerra. Le atrocità rimbalzano da una parte all'altra del fronte come palline da tennis in una macabra partita senza fine. Sto sviluppando una propensione per l'umorismo nero. Ricordo il motto della famiglia Addams: Sic gorgiamus allos subjectatos nunc, ovvero "Con delizia banchettiamo di coloro che vorrebbero assoggettarci". Prima non era divertente.

Le minuziose descrizioni degli armamenti fatte dai media sembrano confezionate apposta per intrattenere lo zio Fester. Quanti missili ha ancora la Russia? La ricerca di una soluzione politica non può dipendere dallo svuotamento degli arsenali. Nessuno smette di fumare solo perché ha finito le sigarette. Continuare a parlare di esplosivi e razzi può solo peggiorare le cose, qualcuno potrebbe sprofondare nel delirio: il soldato "Palla di lardo" nel film Full Metal Jacket (1987) si convince che il suo fucile abbia un'anima e lo chiama Charlene, in realtà con quel nome ha battezzato il suo sadismo.

Nel marasma dell'informazione c’è chi strizza l’occhio al soprannaturale: lo scorso dicembre alcuni sciamani peruviani si sono riuniti in cima a una collina, hanno previsto che un trattato di pace tra Russia e Ucraina verrà firmato entro agosto. Nel mondo romano classico la divinazione spettava agli aruspici, sacerdoti etruschi che studiavano le viscere di animali sacrificati. Perché rompere con la tradizione? Bisogna farlo, affidarsi all'occultismo è come abbracciare un carro armato.

CINEMA

Scritto il 19/12/2022

Due pensieri sulla felicità

E due film di Woody Allen



Le carrozze trainate dai cavalli hanno fatto il loro tempo. Per Al Bano e Romina la felicità era "un bicchiere di vino con un panino". Mortificare l'intelletto in questo modo è assai rischioso. Quando amore e felicità coincidono divorziare può essere emotivamente devastante. Freud scriveva: "Mai come quando amiamo prestiamo il fianco alla sofferenza, mai come quando abbiamo perduto l'oggetto amato o il suo amore siamo così disperatamente infelici".

La felicità intesa come soddisfazione pulsionale sfrenata, sfogo libidico, è quello che invece si augurano di raggiungere i fautori della dissolutezza e dell'anticonformismo. Un motore potente sfiora facilmente l'eccesso di velocità. Meglio procedere con cautela per evitare sanzioni o tragici incidenti. Noi che siamo meno rozzi, più civili, siamo capaci di gioire anche delle conquiste scientifiche. La svolta annunciata dagli USA sulla fusione nucleare rappresenta un passo avanti verso un'energia pulita e illimitata. Una perfetta sublimazione pulsionale.

Nel film di Woody Allen Ombre e nebbia (1992) Mia Farrow con gli occhi fissi al cielo stellato recita: "Siamo tutti felici, se solo lo sapessimo". Forse la felicità appartiene a coloro che hanno sensibilità estetica, perché più di altri sanno scorgere la bellezza nella natura e nelle creazioni artistiche. Forse è ancora più semplice. Nel film di Woody Allen Harry a pezzi (1997) un fantasma dice: "Essere vivi è essere felici". Basta accontentarsi.

CINEMA

Scritto il 19/04/2022

La mano vindice

E la caduta degli dèi



La mano vindice di Will Smith e il suo furore in frac hanno aggiunto brio alla triste e patinata cerimonia degli Oscar che si tiene a Los Angeles ogni anno. Il cinema americano è sempre pieno di colpi di scena, suspense, effetti speciali. È questo il loro punto forte, a Hollywood si vive per lo spettacolo. A Hollywood la vita è uno spettacolo. Nell'Olimpo cinematografico c’è stato un terremoto e abbiamo visto rotolare giù a valle qualche masso. Purtroppo anche loro sono come noi, talvolta loro sono anche peggio di noi.

Tuttavia l’uomo ha il bisogno profondo di seguire i suoi dèi, li ritroverà ovunque semplicemente alzando gli occhi al cielo, li vedrà reincarnati nelle istituzioni della società, per le strade delle città e, perfino, nelle riviste di gossip. Lo schiaffo di Will Smith sarà dimenticato alla prossima Mostra del Cinema di Venezia, quando di nuovo Venere sorgerà dalle acque per mostrarci la sua bellezza. Arriverà in motoscafo, lasciandosi dietro uno strascico di spuma marina. Esisterà soltanto lei quando uno spruzzo d’acqua salata le bagnerà il viso.

CINEMA

Scritto il 25/02/2022

Nella mente di Bruce Wayne

La crisi della psicoterapia a Gotham City


Bruce Thomas Patrick Wayne è un personaggio dei fumetti con gravi carenze affettive. Da bambino assiste inerme alla rapina e all’omicidio dei suoi genitori e questo lo segna pesantemente. Non incontra mai uno psicoterapeuta anche se la sua famiglia è tanto ricca da potersi permettere un maggiordomo. Il suo maggiordomo Alfred dopo la tragedia diventa anche suo tutore legale.

Prigioniero di una mancata elaborazione del lutto Bruce se ne va in giro di notte per le strade di Gotham City a combattere il crimine vestito da pipistrello. Quando è vestito da pipistrello Bruce ama farsi chiamare Batman.

Batman è la personificazione della nevrosi traumatica di Bruce. Quando indossa il mantello nero Bruce ritorna al tragico momento della sua infanzia da cui è ossessionato e cerca inutilmente di porvi rimedio. Nel buio Bruce combatte il male del mondo perché non riesce a padroneggiare e risolvere la tonalità affettiva eccessiva che gli appesantisce l’anima. Solo sotto una maschera diventa forte e coraggioso. Scisso tra tenebra e luce, tra bene e male, non trova pace.

Passano gli anni e la sua condizione esistenziale rimane immutata.

Gli psicoterapeuti di Gotham City stanno facendo la fame e Bruce nel tentativo di risolvere i suoi evidenti problemi psicologici decide di farsi costruire la Batmobile, una vistosa automobile nera in grado di sparare missili. Ormai lo stato di salute mentale di Bruce è cronicamente compromesso eppure tutti i cittadini di Gotham iniziano a considerarlo un supereroe e decidono di assecondare il suo delirio. Gli regalano il Batsegnale, un segnale luminoso a forma di pipistrello che può essere mostrato in cielo da un proiettore.

Dalle finestre dei loro studi vuoti gli psicoterapeuti di Gotham City ogni sera seguono quel fascio di luce fino alle nuvole e si domandano che cosa sia la realtà e quindi che cosa sia la psicoterapia.

La realtà è solo una costruzione della nostra mente.

CINEMA

Scritto il 10/02/2022

Psicosomatica dell’attore di teatro

Pensieri liberi in passerella alla Mostra del Cinema di Roma


Ho pensato all’attore di teatro mentre guardavo in televisione le celebrità sfilare in passerella alla Mostra del Cinema di Roma. Ero annoiato e deluso dai prodotti contemporanei del genio cinematografico italiano e mi si è gonfiata sul collo una vena di sadismo.

Il mio attore di teatro interpreta un personaggio che muore per infarto. Tutte le sere la mano si stringe sul petto, gli occhi spalancati e supplicanti guardano al cielo implorando il perdono. Poi le forze vengono a mancare e, sulle ginocchia, giunge al trapasso. L’attore di teatro non desidera morire tutte le sere, muore per finta, muore per mestiere. Eppure recita così bene. Ogni volta che muore sembra che il cuore gli sia scoppiato nel petto.

Come sarà messo il suo cuore dopo un anno di infarti fasulli?

Forse dopo un anno di decessi curati nel dettaglio continua a ticchettare come un orologio, regolare e perfetto. In fondo, per il senso comune, è il cuore che dice alla mente “Ora stai per morire” e non il contrario. L’uomo della strada vuole che il cuore dell’attore di teatro regga agli inganni del palcoscenico perché la frequenza cardiaca è regolata dal sistema nervoso autonomo e non basta pensare di avere un infarto, volerlo addirittura, per generare caos nella gabbia toracica. Per molti possedere uno smartphone è come avere un medico in tasca.

Eppure c’è l’inconscio, una variabile poco considerata. Forse c’è altro su cui riflettere. Dopo un anno il cuore dell’attore di teatro si ammala poiché tutto quel morire isterico ha risvegliato un latente e autentico desiderio di morte, una brama che gli ha infettato il corpo in cerca di soddisfazione. L’inconscio è una cosa da paranoici, c’è ma non si vede.

Un attore di teatro che realmente deve fingere circa trecento infarti all’anno si deve preoccupare per la sua salute?

Io credo che dipenda tutto dal suo copione. L’affinità psicologica tra personaggio e attore potrebbe essere un problema: la storia del personaggio può generare nell’attore risonanze emotive legate a particolari esperienze del suo passato, esperienze non elaborate, braci ardenti sotto le ceneri del tempo. Lasciatemi fantasticare in pace. È possibile, in questo caso, che avvenga una somatizzazione.

Le parole scritte da uno sceneggiatore (stimolo) entrano nella mente dell’attore che le legge per uscirgli poi dalla bocca mentre recita (modificazioni somatiche) e, infine, gli tornano nel cranio passando dalle orecchie. Le parole servono a rappresentare una particolare realtà, a dare corpo e vita al personaggio. Le parole non sono la realtà, sono invenzioni, sono fantasia. Eppure diventano concrete, diventano fibra muscolare impazzita da tenere sotto controllo con qualche farmaco (compiacenza somatica). È sempre l’inconscio a rendere tutto questo possibile. Se esiste l’inconscio è possibile.

Ci sono modelli interpretativi dell’ipertensione arteriosa che fanno riferimento ad uno schema tipico legato alla necessità del controllo della realtà: il soggetto iperteso avrebbe bisogno di un livello di attivazione costante per poter gestire al meglio il suo vissuto emotivo, questo comporterebbe un maggior bisogno di ossigeno e di energie per il corpo e quindi un anomalo aumento della pressione sanguigna. È noto ad ogni smartphone che l’ipertensione arteriosa incide notevolmente sulla possibilità di sviluppare un infarto.

Forse intervallare un finto infarto con una finta risata potrebbe esorcizzare ogni rischio di infarto reale per il mio attore di teatro. Non sarebbe male ogni tanto interpretare un ruolo comico. Purtroppo gli lascerò fare il pagliaccio solo quando la qualità del cinema italiano raggiungerà la decenza. Fino a quel momento sarà a rischio di infarto.

Ecco che in televisione vedo il sorriso in primo piano di un’attrice italiana, un grazioso impasto artistico di bianca porcellana e rossetto che rasenta la perfezione. Penso al suo dentista. Un uomo concreto e meticoloso che ha capito come mettere a frutto il suo talento. Provo stima e ammirazione per quell’uomo. Digrigno i denti. Poi mi viene in mente il volto in bianco e nero di Paula Maxa, un’attrice di teatro. Era la Parigi della Belle Époque e lei era sul palcoscenico del Grand Guignol per farsi massacrare ogni maledetto giorno davanti ad un pubblico perennemente insoddisfatto e stordito dall’assenzio. Che tempi!

Nel corso della sua carriera artistica Paula è stata uccisa in tanti modi diversi e per migliaia di volte. Morire di continuo per lei era snervante, presto cedette all’oppio. Non sappiamo niente sulla salute del suo cuore. Ora è sepolta nel cimitero parigino di Thiais.

Ho immaginato gli occhi sbarrati dal terrore di Paula Maxa dopo aver ammirato il sorriso conciliante e leggero di un’attrice italiana. Significa che devo smettere di pensare al cinema italiano e guardare qualcosa di prodotto in Francia. È sempre per quel fatto dell’inconscio. Sto pensando ad un film francese del 2018 dal titolo “La donna più assassinata del mondo” (La femme la plus assassineé du monde) diretto da Frank Ribière. Forse mi sarà utile guardarlo.

Una volta Eleonora Duse disse qualcosa sul teatro: “Per salvare il teatro, bisogna distruggerlo; bisogna che tutti gli attori e le attrici muoiano di peste … Sono loro che ostacolano l’arte”.