L’articolo riflette su come alcuni dei più celebri progetti architettonici recenti abbiano ridefinito il concetto di monumentalità e simbolismo in architettura. Partendo da opere come l’Opera House di Sidney di Utzon e il Museo Guggenheim di Gehry a Bilbao, l'autore Antonino Saggio esplora l’evoluzione dell’architettura moderna da un approccio funzionale e astratto, tipico del movimento moderno, a una visione che incorpora significati civici e simbolici, ispirandosi alle grandi cattedrali medievali.
In particolare, Gehry e Utzon sono presentati come esempi di architetti che hanno saputo riconnettere l’architettura con il senso collettivo e civico. Mentre l’architettura del XX secolo ha spesso evitato simbolismi e monumentalità, associati a forme di potere autoritario, la "nuova generazione infrastrutturale" di cui parla Saggio vede nell’architettura un'opportunità per esprimere identità e valori collettivi, contribuendo all’identità culturale della comunità.
L’autore osserva che questo ritorno al simbolismo è anche una risposta alla rivoluzione informatica, dove la funzione di un edificio va oltre l’efficienza pratica per rispondere al desiderio di esperienze e significati più profondi. In questo contesto, l'architettura diventa un mezzo per evocare emozioni, identità e memoria collettiva, capace di integrare estetica, funzione e rappresentazione.
In conclusione,A. Saggio suggerisce che architetti come Gehry e Utzon, che costruiscono "monumenti collettivi", contribuiscono a una nuova concezione dell’architettura come espressione simbolica di un’identità comunitaria, in contrapposizione all’individualismo e all’autoritarismo del passato. Questo sviluppo rappresenta, per l’autore, uno dei percorsi più fecondi e suggestivi dell’architettura contemporanea.