La città di Padova ospita diversi luoghi e delle persone che hanno attraversato la storia LGBTQIA+ italiana . Abbiamo suddiviso questi spazi in:
Guardarsi dietro, se sei curioso di rivivere i momenti iconici che hanno segnato la città nel passato, sotto un'ottica fuori dagli schemi.
Un occhio al presente, se vuoi scoprire le vite e le voci che hanno ridefinito l'anima di Padova Dal 1900 in poi. Qui si intrecciano le storie influenti, aggiungendo tocchi di autenticità e coraggio al quadro cittadino.
Prato della Valle è un'enorme piazza settecentesca (88.629 mq) ideata dal provveditore Andrea Memmo con al centro un’isola alberata, ornata da 78 statue di personaggi illustri legati alla città. Tutti maschi ovviamente, con l’unica eccezione della celebre poetessa Gaspara Stampa – il cui busto si trova ai piedi della statua dello scultore Andrea Briosco.
Autrice del più originale canzoniere del Cinquecento, Gaspara visse in totale libertà le sue avventure amorose con uomini e con donne, tanto da essere stata definita nell’Ottocento come una novella Saffo. Assunto il nome d’arte di Anaxilla dedicò alcune delle sue composizioni alle donne che amò, come Elena Barozza e Ippolita Mirtilla. Nonostante la morte prematura, a 31 anni e in circostanze oscure, viene oggi ricordata (lei, una donna) per aver rivoluzionato il modo di fare poesia in Italia, all'epoca ancora legato ai modelli petrarcheschi. La forza con cui proclamò il diritto della donna di amare al di là delle convenzioni è ben riassunta da uno dei suoi versi più famosi <<vivere ardendo e non sentire il male>>.
La visita del Prato della Valle è anche un'occasione preziosa per riflettere sulla rappresentazione delle donne nello spazio pubblico. Sulla scia delle proteste che hanno attraversato le piazze di mezzo mondo in questi anni, anche Padova ha cominciato a interrogarsi sull'urgenza di un cambio di prospettiva. Perchè ad esempio non occupare gli stalli vuoti del Prato con nuove statue di donne che hanno contribuito alla storia e al prestigio della città? Dalla prima donna laureata al mondo in giù gli esempi non mancherebbero.
Per approfondire:
"Dolceridente: la scoperta di Gaspara Stampa", Monetti & Vitali
"Donne al potere. Storia, arte e rappresentazione", Valentina Sereni
"Di statue, performance moltitudinaria e memoria collettiva" , Emilio Zucchetti (apparso in Menelique)
Uscendo dalla porta laterale di destra della Basilica, che dà sul chiostro della Magnolia, troverai subito alla tua destra una lapide in latino che recita più o meno così:
Qui furono sepolte le ossa di Gabriele Falloppio e Melchiorre Guilandino, l’Orto padovano memore e grato davanti a uomini così grandi.
Si tratta di due professori dell'Università di Padova vissuti nel Cinquecento. Il primo fu un grande anatomista, famoso tra l'altro per aver prodotto la prima descrizione accurata dell'apparato genitale femminile (qualcuno ha detto: tube di Falloppio?) e per aver inventato una sorta di preservativo contro la sifilide. Il prussiano Wieland, detto Guilandino, fu un botanico interessato all'osservazione della natura con spirito già moderno e instancabile viaggiatore alla ricerca di nuove piante.
A Padova convivevano in una casa dell'attuale via Cesare Battisti, ma la loro storia d'amore cominciò ad attirare gli strali di altri botanici dell'epoca. Da questo momento la storia d'amore comincia a farsi movimentata: calunnie, fughe in Medioriente, rapimenti da parte dei corsari, pagamenti di riscatto…
Alla morte prematura di Falloppio, Guilandino fece erigere per l'amato un sepolcro a Sant'Antonio e vi fece incidere (sempre in latino):
Falloppio, in questa tomba non verrai sepolto da solo
con te viene sepolta anche la nostra casa.
Quando alla morte di Guilandino la tomba del compagno fu demolita per aprire la porta settentrionale della Basilica, le ossa dei due amanti vennero deposte da una mano pietosa in un’unica tomba. E lì nel chiostro rimangono ancora oggi.
Per approfondire:
"Falloppio & Guilandino.
"FALLOPPIO & GUILANDINO. una coppia gay illustre del '500", Michele Visentin (apparso in Trafioriepiante.it)
Figlio del poeta veneziano Bernardo, Torquato Tasso è tra le figure più importanti della letteratura italiana, autore del noto poema "La Gerusalemme liberata". Trasferitosi a Padova per studiare legge, stringe relazioni con importanti intellettuali dell'epoca.
E' solo a partire dalla fine dell'Ottocento che si comincia a metterne in luce l'omosessualità, che potrebbe spiegare in parte il suo disagio di fronte alla percezione di una diffusa ostilità - disagio che sfiorò a tratti la paranoia. E' soprattutto attraverso la corrispondenza che il suo orientamento emerge in maniera chiara. Per esempio alcune lettere che scrisse al monsignor Luca Scalabrino nel 1576 (che a sua volta era innamorato del poeta) in cui confessa di amare un suo allievo: "Io l'amo, e son per amarlo anco qualche mese, perché troppa gagliarda impressione fu quella, che l'amore fece nell'animo mio".
E' probabile che il clima ostile della Controriforma abbia influito sulla sua paura di essere spiato e colto in flagrante, tanto che a Ferrara fu internato come pazzo per sette anni nell'Arcispedale di S. Anna.
Scegliamo di inserire la voce di Tasso nella nostra mappa come simbolo di una più generale censura verso la sessualità di personaggi così nazional-popolari, come se la loro omosessualità limitasse la loro storia.
Per approfondire:
"Anche Torquato Tasso?", Angelo Solerti
"Torquato Tasso: una di noi!", Gianmarco Marzola (apparso in Listone Magazine)
In ogni epoca convivono rappresentazioni diverse dell'omosessaulità. Questo vale anche per il Medioevo, che accanto a categorie come "contro natura" (espressione usata per la prima volta da San Paolo per indicare il comportamento omosessuale) elaborò anche spiegazioni differenti di tipo filosofico, medico o astrologico.
Tra le più celebri emerge la teoria naturalistica del filosofo padovano Pietro d’Abano, che nel suo Commentario ai Problemata di Aristotele (1310) cerca di dare una spiegazione dell’orientamento omosessuale sulla base delle leggi di natura e non su base morale: gli uomini con questa inclinazione o sono nati così, o talvolta lo diventano a seguito di un’abitudine tanto piacevole da diventare una seconda natura, inclinazione favorita dalla congiunzione di Mercurio con Venere alla nascita. Un’approccio del genere lo porterà a subire più di un processo da parte dell’Inquisizione, ma la protezione dell’Università e del Comune di Padova gli garantirono una certa libertà di espressione e di insegnamento.
Fu probabilmente Pietro d'Abano ad ispirare il ciclo di affreschi di tema astrologico del Palazzo della Ragione (333 riquadri suddivisi in tre fasce, rifatti nel Quattrocento dopo un terribile incendio). Nello stesso salone troviamo affrescata anche la scena di uno dei processi che subì e, sopra l'entrata, un busto che gli dedicò la sua città.
Pietro Bembo è stata una figura fondamentale nella codificazione della lingua italiana: la sua grammatica fornì infatti le regole che trasformarono il toscano da dialetto a lingua. Abitava in centro a Padova e oggi il suo palazzo curiosamente ospita il Museo della Terza Armata, che cambiamento!
Quello che a scuola non ci hanno mai detto però è il tipo di compagnie delle quali si circondava.
Come precettore del figlio scelse Jacopo Bonfadio, che terminato il suo incarico ebbe la malaugurata idea di trasferirsi a Genova. Lontano dai suoi potenti amici e dall'ambiente veneto, Bonfadio venne arso sul rogo in seguito a una condanna per sodomia:
Mi pesa il morire, perché non mi pare di meritar tanto: et pur m'acqueto del [rassegno al] voler d'Iddio. Et mi pesa ancora [anche], perché moro ingrato, non potendo render segno [esprimere] a tanti honorati gentilhuomini, che per me hanno sudato, et angustiato, et massimamente a Vostra Signoria, del grato animo mio
Per dire, il suo segretario personale è quell'Antonio Anselmi che il poeta veneziano Domenico Dolce non esita a stalkerare affinchè gli rimandi a Venezia il giovane amante - cosa che l'Anselmi si guarda bene dal fare.
A casa sua Bembo ospitò anche il poeta fiorentino Benedetto Varchi e il celebre scultore Benvenuto Cellini, il cui orientamento omosessuale è tra i più documentati della storia del Rinascimento. Da parte sua Cellini, sulla cui testa pendevano diverse condanne per sodomia fuori dalla Repubblica di Venezia, volle ringraziare dell'ospitalità il padrone di casa ritraendolo in una splendida una medaglia:
Messer Pietro mi fece le più sterminate carezze che mai si possa fare ad uomo del mondo. Mi aveva messo in ordine una camera che sarebbe troppo onorevole a un cardinale, e continuamente volse che io mangiassi accanto a sua signoria.
Bembo invece gli regalò tre cavalli per permettergli di fuggire più velocemente.
Figlia di un nobile Cornaro e di una popolana di nome Zanetta, Elena Lucrezia Cornaro mostra sin da piccola una grande passione per lo studio. Passione che la porterà prima a studiare lingue antiche e moderne (persino l'ebraico e l'arabo) e più tardi anche astronomia e filosofia, sotto la guida di abili precettori scelti dal padre.
Ha sempre rifiutato tutte le proposte di matrimonio, realizzando di non voler diventare semplicemente sposa e madre ma di dedicare la sua vita alla conoscenza. Per questo prende i voti e diventa benedettina, ma riesce a evitare la reclusione in monastero rimanendo a casa per dedicarsi allo studio.
Visti i risultati eccezionali raggiunti, il padre suggerisce a Elena di chiedere all'Università di Padova di potersi laureare presso la loro sede. La richiesta viene accolta con favore, ma incontra l’ostilità del vescovo e cancelliere dello Studio Gregorio Barbarigo, che si rifiuta di concedere un tale onore a una donna che li avrebbe resi ridicoli di fronte al mondo. Grazie però alle pressioni del professor Carlo Rinaldini, il 25 giugno 1678 Elena ottiene finalmente la laurea in Filosofia, davanti a un gran numero di curiosi che assistono alla cerimonia.
Morta a Padova ad appena 38 anni, Elena rimarrà un'eccezione: bisognerà aspettare il 1732 per veder laureata in Italia un’altra donna, la fisica bolognese Laura Bassi. Resta il fatto che già a partire dall'Illuminismo (la statua a lei dedicata al Bo è un dono del 1773, fatto da un'altra donna) la sua storia verrà letta come un primo passo nella direzione dell'emancipazione femminile.
Nel Cortile antico, letteralmente coperto dagli stemmi degli studenti illustri, si trova un bel busto di Sir John Finch, pro-rettore della Facoltà di medicina e successivamente ambasciatore inglese presso l’Impero Ottomano.
A Padova Finch c’era venuto nel 1651 con l’inseparabile amico Thomas Baines (di origini più modeste) per imparare l’arte medica nella sede allora più prestigiosa: gli stemmi di entrambi sono ancora visibili nel Cortile antico.
In seguito Finch intraprende la carriera diplomatica a Costantinopoli e viene sempre accompagnato da Baines, che figura presso le Corti come il compagno dell’ambasciatore. Quando Baines muore di febbri nel 1680 “tranciando di netto ogni filo della mia felicità terrena” Finch disperato ritorna in Inghilterra e dopo due anni muore di pleurite.
Sepolti assieme nella cappella del Christ’s College di Cambridge, la loro storia d’amore lunga 35 anni è sopravvissuta fino ad oggi in quella gloriosa università, dove vengono ancora eletti i Finch & Baines Fellows. Anche i ritratti di Finch e Baines, eseguiti in Italia da Carlo Dolci, sono conservati presso il Fitzwilliam Museum di Cambridge.
Studente di medicina a Padova e dotato di uno spiccato senso dell'umorismo, Camillo Scroffa comincia a diffondere tra i compagni alcune poesie in cui racconta in versi dell'amore inconsolabile del maestro Fidenzio Glottocrisio (dalla lingua d'oro) per il suo discepolo Camillo Strozzi. La lingua usata da Fidenzio - un misto ridicolo di latino e volgare - e gli argomenti usati per conquistare Camillo ne fanno un'opera talmente nota che si diffonde anche fuori città e crea un vero e proprio stile adottato da altri giovani goliardi: la poesia fidenziana.
Interessante è il fatto che bersaglio degli autori non è tanto l'amore omosessuale in sè, quanto piuttosto il linguaggio degli intellettuali pedanti, la desesualizzazione del desiderio che sfociava in troppi componimenti scadenti e ripetitivi. Alla fine l'ingenuo Fidenzio con i guai che gli piovono addosso suscitano una certa simpatia nel lettore arrivando a rivendicare il suo ruolo di passivo rispetto al giovane Camillo (scardinando le regole tradizionali dei rapporti pederastici).
La disinvoltura con cui Scroffa tratta questi temi ci dice molto sull’ambiente universitario padovano dell'epoca, dove un altro studente, Agostino Sereni, teneva a carnevale lezioni di ars pederastica, dividendo i compagni tra barbati e sbarbati e chiudendo gli incontri con una prova pratica.
Localizziamo questa voce e la successiva lungo il Piovego, in zona Portello, uno dei luoghi del folklore studentesco attuale.
Per darci un'ulteriore idea del clima libertino che si respirava nell'ambiente universitario padovano, possiamo citare le vicende di un professore, tale Carlo Federli, indagato dall'Inquisizione ma mai condannato - grazie soprattutto alla protezione garantita da Venezia all'Università. Federli non solo non nascondeva il suo orientamento sessuale ma era arrivato a proclamarsi "Papa della sodomia" e a promuovere colleghi e amanti a "cardinali di Sodoma", girando per il quartiere universitario e impartendo benedizioni non ortodosse.
Il testo dell'accusa ha un carattere così divertente che merita di essere riportato per intero (in parte tradotto):
non contento dell'haver fatto, come fa, pubblica professione del vitio nefando (sodomia), con grave scandalo e mormoratione de buoni, s'è brutalmente lasciato trasportare da gl'insani, anzi diabolici suoi appetiti, ed è arrivato ad avere tanto sprezzo e vilipendio de la santa Sede Apostolica da farsi chiamare il Papa della sodomia, mentre insegnava all'università (...) come tale ha nominato anche cardinali del suo concistoro molti dei suoi comprofessori et amanti, e dato loro negli incontri per istrada la papal beneditione (...) e per ultimo è arrivato a dire che morrebbe contento ogni qual volta potesse prima commettere un così essecrando eccesso con il pontefice vero
Se fortunatamente la città di Padova non conobbe grandi persecuzioni nei confronti degli omosessuali - grazie a una certa atmosfera di tolleranza, dovuta forse alla presenza di un'università cosmopolita e sostanzialmente laica - ciò non significa che la vita per omosessuali fosse priva di pericoli. Soprattutto per coloro che non avevano risorse o una rete di amicizie che li proteggesse.
Lo statuto della Padova comunale, approvato 1329, stabiliva la pena del rogo per chiunque si macchiasse del crimine contro natura:
Quello che avrà ardire di contaminare Donna, o Uomo contro natura sia abbruciato. Quello poi che permette di essere contaminato si punisca, e castighi, ovvero ancora si assolvi ad arbitrio del Podestà, e sua Corte, considerata la qualità del delitto, Persona, e di lei età
Il tribunale criminale aveva sede in un'area del Palazzo della Ragione. Dopo la perdita dell'indipendenza di Padova (1405), furono i magistrati inviati da Venezia (i Rectores) a giudicare i sodomiti, ma solo in casi estremi (stupri, omicidi, scandali...), la pena era il rogo. Più spesso si trattava di remare nelle galere o andare in esilio per un certo periodo, sempre che non si godesse di protezioni importanti - nel qual caso tutto veniva insabbiato.
L'inquisizione a Padova era gestita dai frati francescani e la sede del tribunale era il convento di Sant'Antonio. Va ricordato però che le autorità civili (padovane prima e veneziane poi) cercarono spesso di frenare l'ingerenza di quel tribunale e di salvaguardare l'autonomia dello Studio.
Per approfondire:
"Leggi italiane prenapoleoniche, e commentari, contro i sodomiti in latino [1259-1799]", Giovanni Dall'orto (puoi trovari qui)
Mariasilvia Spolato è stata la prima donna in Italia a dichiarare pubblicamente la propria omosessualità. E' stata un'attivista e pioniera dei diritti LGBT.
Laureata in scienze matematiche, insegnante e autrice di manuali per gli studenti, nel 1971 fu fra le fondatrici di Flo (Fronte di liberazione omossessuale), confluito poi nel FUORI! (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano) con il quale fondò e divenne redattrice della rivista omonima.
La sua politica è caratterizzata da un forte desiderio internazionalista: aveva contatti con il FAHR (Front Homosexuel d'Action Révolutionnaire) francese e con gruppi LGBT in Olanda, che visitò personalmente. Questa propensione politica culmina nella scrittura di "i movimenti omosessuali di liberazione" dove raccoglie esperienze e manifesti politici di gruppi omosessuali al di fuori dell'Italia.
Per la sua omosessualità e attività politica, venne discriminata e perseguitata fino a diventare una clochard. Per questa ragione localizziamo la sua esperienza alla stazione dove gli esclusi gironzolano e si arrabattono, ma non per questo hanno vite meno preziose e coraggiose. Ora riposa a Bolzano, la sua tomba è stata pagata da un anonimo donatore.
Per approfondire:
"I Movimenti omosessuali di liberazione", Mariasilvia Spolato
"Prima", podcast di Sara Poma (realizzato da Choramedia)
Soprannominala La Divina e considerata la più grande attrice teatrale della sua epoca, era figlia di una coppia di attori di Chioggia in perenne tournèe - pare infatti che sia nata in treno sul tratto Padova-Venezia. Nel 1834 il nonno Luigi Duse aveva costruito un teatro a Padova, in piazzetta della Garzeria - oggi sede del supermercato PAM - mentre lei si esibì nello scomparso teatro Obizzi (poi Cinema Concordi).
La Divina ruppe completamente con gli schemi del teatro ottocentesco, sia nel modo di recitare sia nella scelta dei testi, che trattavano solitamentei temi più spinosi dell'epoca: denaro, sesso, famiglia, matrimonio, ruolo della donna.
Ebbe anche relazioni con altre donne: tra queste la più appassionata e tormentata fu senz'altro quella con Lina Poletti (1885-1971), scrittrice femminista nonchè una delle prime donne in Italia a dichiarare apertamente il suo lesbismo. Le due viaggiarono molto e vissero insieme a Roma, Firenze, Venezia, dove frequentarono D'Annunzio, Rainer Maria Rilke, Hugo von Hofmannsthal.
La sua tomba si trova nel cimitero di Sant'Anna ad Asolo, cittadina dove aveva una casa (la casa dell'arco). Lasciò scritto di volere essere seppellita rivolta verso il Monte Grappa, per amore dell'Italia e dei soldati che aveva assistito durante la prima guerra mondiale.
Nel luglio 1972 Padova diventò per due giorni la meta di diversi gruppi femministi provenienti dall’Italia, dall’Inghilterra, dagli Stati Uniti e dalla Francia che si incontrarono nella città per riunirsi in un convegno internazionale.
Lo scopo era quello di condividere idee e azioni da perseguire per portare avanti la battaglia per l’istituzione di un salario domestico che ripagasse tutto quel lavoro tanto indispensabile quanto invisibile svolto delle donne dentro le mura di casa per garantire il funzionamento della famiglia e della società. La teoria viene elaborata in particolar modo nel contesto del femminismo veneto, dove troviamo diversi gruppi (es. Lotta Femminista) ed esponenti, come Maria Rosa Dalla Costa. La rivendicazione del valore del lavoro domestico si fondava anche sugli ideali anticapitalisti abbracciati da questi gruppi che, proprio per questo motivo, sentivano l’esigenza di organizzarsi in una rete internazionale. Fu in quell’occasione, infatti, che nacque il Collettivo internazionale femminista, nel cui contesto nascerà l'International Wages for Housework Campaign.
Oggi, si può rileggere la storia di quel femminismo anni '70 presso l'archivio di Lotta Femminista per il salario al lavoro domestico. Il materiale, dai volantini ai documenti costitutivi, è stato donato dalla prof.ssa Dalla Costa alla Biblioteca Civica, in modo tale che questa lotta diventasse definitivamente patrimonio comune cittadino.
Per approfondire:
"Padova femminista. Le lotte per il salario domestico contro il 'lavoto domestico'", articolo apparso su Il Bo Live
"Manifesto del Collettivo Internazionale femminista (1972)'", articolo apparso su Machina
Da qualche anno Padova è stata attraversata dalla street art. Questa forma d'arte immediata e disseminata non poteva ignorare il panorama LGBTQ+ della città ed è soprattutto all'Arcella, il quartiere multietnico per definizione, che si possono ammirare due opere dedicate alla comunità.
Una si trova al Parco Federico Milcovich (personaggio straordinario della lotta per il riscatto sociale delle persone con disabilità), proprio sulla parete dello spogliatoio del campo da calcio, e l'altro in Via Buonarroti 148, sulla parete sud del distributore di benzina.
Non dimenticare poi di percorrere il ponte rainbow di Corso del Popolo, che attraversa il canale Piovego: in occasione del Padova Pride 2020, puoi trovare un'esplosione di colori all'ingresso della città che è già diventata un classico per i selfie-addicted.
Per approfondire:
"Arcella: un murales per inaugurare il mese del pride", articolo apparso su Padovaoggi.it
"Ponte Garibaldi Arcobaleno: l'opera neppure finita e già scoppia la polemica politica", articolo apparso su Padovaoggi.it
Nicolino Tosoni, originario di Cavazzo Carnico, è stata una figura molto importante nella storia del movimento LGBT a Padova e in Italia. Poeta e politico, ha dedicato tutta la sua vita alla politica radicale ed è presto diventato uno dei nomi più ricordati di radio radicale.
Nel 1971, Tosoni fondò a Verona l'AIRDO (Associazione Italiana per il Riconoscimento dei Diritti degli Omofili), stesso anno in cui fondò il FUORI (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano) a Torino e tutt'ora è presidente del FUORI. Tosoni, inoltre, partecipò alla contestazione del I Congresso Italiano di Sessuologia a Sanremo, momento focale della storia LGBT italiana
Abbiamo deciso di collocare questa voce in "Sala degli Anziani" del consiglio comunale, che più volte ha ospitato congressi e iniziative dei radicali (e non solo).
Il 2015, in pieno dibattito per l'approvazione delle unioni civili, ha visto un piccolo ma significativo episodio che ha segnato la storia culturale dell'università di Padova e della città.
Michela Marzano, filosofa, scrittrice e all'epoca deputata del Partito Democratico, vide la sua presentazione del libro "Mamma, papà e gender" bloccata dal sindaco leghista Massimo Bitonci, che le negò la sala comunale richiesta per contrastare la cosiddetta teoria gender. L'evento ha avuto da subito una forte eco internazionale, anche grazie al fatto che Marzano era ed è professoressa all' Università Sorbona di Parigi.
L'università di Padova stessa decise di ospitare l'evento in segno di solidarietà con la filosofa, offrendo le sue sale che, nonostante la decisione dell'amministrazione comunale, si sono riempite di persone venute ad ascoltare la presentazione. Il rettore ha spiegato la decisione richiamandosi ai valori dell'università e del suo ruolo culturale, sottolineando l'importanza della libertà di espressione e del confronto di idee.
Questo gesto è stato visto come un forte segnale di sostegno alla libertà di pensiero e di dibattito, e rappresenta una delle poche volte in cui l'università si è schierata con tanta enfasi su una questione di attualità politica. Una decisione in linea con la storica tradizione dell'ateneo, citando il motto "Universa Universis Patavina Libertas" che richiama alla libertà universale.
Per approfondire:
"Confermata Marzano all'Università Bitonci: "Io difendo la Costituzione", articolo apparso su Padovaoggi.it
Nel 1994 il Centro Universitario Cinematografico tiene a battesimo a maggio le Giornate di Cinema e cultura omosessuale: una selezione di film e cortometraggi dal festival di Torino "Da Sodoma a Hollywood". Negli anni il festival diventa una vera e propria istituzione per la città, attirando spettatori anche da fuori regione, grazie all'impegno e alla passione di Luca Di Lorenzo. Oltre al cinema vengono organizzate in parallelo conferenze, presentazioni, aperitivi, feste: memorabile la presenza di Stuart Milk, nipote di Harvey Milk, nel 2011.
Difficile capire oggi l'importanza di questa finestra per la comunità di allora, quando non c'erano lo streaming e le piattaforme come Netflix. Fortunatamente, il CUC continua a organizzare nel corso dell'anno delle serate con film a tematica, occasione preziosa per vedere opere con una scarsa distribuzione e per discuterne in compagnia - quell'esperienza di "coralità" che soltanto andare al cinema può garantire.
Se conosci altri luoghi importnati per la storia LGBTQIA+ di Padova, facelo sapere inviando una email all'indirizzo collettivoschiara@gmail.com