SUI QUADERNI DI SCOLARO, LIBERTA'

La scuola viene in genere vista come un luogo dove regnano regole ed obblighi, dove la disciplina si impone sulla libertà del singolo in virtù di un ordine precostituito. Ciò che questa immagine nasconde è invece la possibilità di essere parte integrante di questo ambiente, di muoversi insieme verso la bellezza della letteratura in modo da creare un ponte tra la scuola e ciò che più ci appartiene.


Libertà - Paul Eluard

Nella poesia di Paul Eluard, la libertà è pura necessità di ricordare continuamente questa parola, scritta su oggetti concreti e astratti fino ad insediarsi nella mente di chi la legge.Copiata su migliaia di volantini lasciati cadere da un aereo nel cielo sopra Parigi durante l’occupazione nazista, questa poesia è espressione di un autentico invito a vivere per la libertà. Su i quaderni di scolarosu i miei banchi e gli alberisu la sabbia su la nevescrivo il tuo nomeLibertà. Su ogni pagina che ho lettosu ogni pagina che è biancasasso sangue carta o cenerescrivo il tuo nomeLibertà. Su l'assenza che non chiedeSu la nuda solitudineSu i gradini della morteScrivo il tuo nomeLibertà. E in virtù d'una parolaricomincio la mia vitasono nato per conoscertiper chiamartiLibertà.

Don Chisciotte – Guccini

Questa canzone di Guccini si concentra sul personaggio principale del libro “Don Chisciotte” in cui il protagonista, da cui prende il titolo l’opera, è consapevole di avere una missione ed è deciso nel portarla a termine, senza indietreggiare né tantomeno arrendersi nonostante le difficoltà e le parole di Sancho, suo scudiero. Siamo quindi di fronte ad un uomo libero che scegliere di adempiere al suo destino.

Ho letto millanta storie di cavalieri erranti

di imprese e di vittorie dei giusti sui prepotenti

per starmene ancora chiuso coi miei libri in questa stanza

come un vigliacco ozioso, sordo ad ogni sofferenza

Nel mondo oggi più di ieri domina l'ingiustizia

ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia

proprio per questo, Sancho, c'è bisogno soprattutto

d'uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto

vammi a prendere la sella, che il mio impegno ardimentoso

l'ho promesso alla mia bella, Dulcinea del Toboso

e a te Sancho io prometto che guadagnerai un castello

ma un rifiuto non l'accetto, forza sellami il cavallo!

Tu sarai il mio scudiero, la mia ombra confortante

e con questo cuore puro, col mio scudo e Ronzinante

colpirò con la mia lancia l'ingiustizia giorno e notte

com'è vero nella Mancha che mi chiamo Don Chisciotte!

Questo folle non sta bene, ha bisogno di un dottore

contraddirlo non conviene, non è mai di buon umore

È la più triste figura che sia apparsa sulla Terra

cavalier senza paura di una solitaria guerra

cominciata per amore di una donna conosciuta

dentro a una locanda a ore dove fa la prostituta

ma credendo di aver visto una vera principessa

lui ha voluto ad ogni costo farle quella sua promessa

E così da giorni abbiamo solo calci nel sedere

non sappiamo dove siamo, senza pane e senza bere

e questo pazzo scatenato, che è il più ingenuo dei bambini

proprio ieri si è stroncato fra le pale dei mulini

È un testardo, un idealista, troppi sogni ha nel cervello

io che sono più realista mi accontento di un castello

Mi farà governatore e avrò terre in abbondanza

quant'è vero che anch'io ho un cuore e che mi chiamo Sancho Panza!

Salta in piedi, Sancho, è tardi, non vorrai dormire ancora

solo i cinici e i codardi non si svegliano all'aurora

per i primi è indifferenza e disprezzo dei valori

e per gli altri è riluttanza nei confronti dei doveri

L'ingiustizia non è il solo male che divora il mondo

anche l'anima dell'uomo ha toccato spesso il fondo

ma dobbiamo fare presto perché più che il tempo passa

il nemico si fa d'ombra e s'ingarbuglia la matassa

A proposito di questo farsi d'ombra delle cose

l'altro giorno quando ha visto quelle pecore indifese

le ha attaccate come fossero un esercito di Mori

ma che alla fine ci mordessero oltre i cani anche i pastori

era chiaro come il giorno, non è vero, mio signore?

Io sarò un codardo e dormo, ma non sono un traditore

credo solo in quel che vedo e la realtà per me rimane

il solo metro che possiedo, com'è vero che ora ho fame!

Sancho ascoltami, ti prego, sono stato anch'io un realista

ma ormai oggi me ne frego e, anche se ho una buona vista,

l'apparenza delle cose come vedi non m'inganna

preferisco le sorprese di quest'anima tiranna

che trasforma coi suoi trucchi la realtà che hai lì davanti

ma ti apre nuovi occhi e ti accende i sentimenti

Prima d'oggi mi annoiavo e volevo anche morire

ma ora sono un uomo nuovo che non teme di soffrire

Mio signore, io purtroppo sono un povero ignorante

e del suo discorso astratto ci ho capito poco o niente

ma anche ammesso che il coraggio mi cancelli la pigrizia

riusciremo noi da soli a riportare la giustizia?

In un mondo dove il male è di casa e ha vinto sempre

dove regna il capitale, oggi più spietatamente

riuscirà con questo brocco e questo inutile scudiero

al potere dare scacco e salvare il mondo intero?

Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro

perché il male ed il potere hanno un aspetto così tetro?

Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità

farmi umile e accettare che sia questa la realtà?

Il potere è l'immondizia della storia degli umani

e, anche se siamo soltanto due romantici rottami

sputeremo il cuore in faccia all'ingiustizia giorno e notte

siamo i "Grandi della Mancha", Sancho Panza e Don Chisciotte!

Manzoni, I promessi Sposi, cap. IX,X

Nel IX e X capitolo dei Promessi sposi, Manzoni si concentra sul personaggio della Monaca di Monza, un chiaro esempio di libertà privata. Gertrude, infatti, vive una vita scelta dal padre dove l’assunzione della carica monastica non è il frutto di una libera scelta personale, ma il risultato di un vincolo imposto al quale la ragazza non riesce ad opporsi.

Era essa l'ultima figlia del principe ***, gran gentiluomo milanese, che poteva contarsi tra i più doviziosi della città. Ma l'alta opinione che aveva del suo titolo gli faceva parer le sue sostanze appena sufficienti, anzi scarse, a sostenerne il decoro; e tutto il suo pensiero era di conservarle, almeno quali erano, unite in perpetuo, per quanto dipendeva da lui. Quanti figliuoli avesse, la storia non lo dice espressamente; fa solamente intendere che aveva destinati al chiostro tutti i cadetti dell'uno e dell'altro sesso, per lasciare intatta la sostanza al primogenito, destinato a conservar la famiglia, a procrear cioè de' figliuoli, per tormentarsi e tormentarli nella stessa maniera. La nostra infelice era ancor nascosta nel ventre della madre, che la sua condizione era già irrevocabilmente stabilita. Rimaneva soltanto da decidersi se sarebbe un monaco o una monaca; decisione per la quale faceva bisogno, non il suo consenso, ma la sua presenza. Quando venne alla luce, il principe suo padre, volendo darle un nome che risvegliasse immediatamente l'idea del chiostro, e che fosse stato portato da una santa d'alti natali, la chiamò Gertrude. Bambole vestite da monaca furono i primi balocchi che le si diedero in mano; poi santini che rappresentavan monache; e que' regali eran sempre accompagnati con gran raccomandazioni di tenerli ben di conto; come cosa preziosa, e con quell' interrogare affermativo: - bello eh? -

- Quando il principe, o la principessa o il principino, che solo de' maschi veniva allevato in casa, volevano lodar l'aspetto prosperoso della fanciullina, pareva che non trovasser modo d'esprimer bene la loro idea, se non con le parole: - che madre badessa! - Nessuno però le disse mai direttamente: tu devi farti monaca. Era un'idea sottintesa e toccata incidentemente, in ogni discorso che riguardasse i suoi destini futuri. Se qualche volta la Gertrudina trascorreva a qualche atto un po' arrogante e imperioso, al che la sua indole la portava molto facilmente, - tu sei una ragazzina, - le si diceva: - queste maniere non ti convengono: quando sarai madre badessa, allora comanderai a bacchetta, farai alto e basso -. Qualche altra volta il principe, riprendendola di cert'altre maniere troppo libere e famigliari alle quali essa trascorreva con uguale facilità, - ehi! ehi! - le diceva; - non è questo il fare d'una par tua: se vuoi che un giorno ti si porti il rispetto che ti sarà dovuto, impara fin d'ora a star sopra di te: ricordati che tu devi essere, in ogni cosa, la prima del monastero; perché il sangue si porta per tutto dove si va. Tutte le parole di questo genere stampavano nel cervello della fanciullina l'idea che già lei doveva esser monaca; ma quelle che venivan dalla bocca del padre, facevan più effetto di tutte l'altre insieme.

Se questo è un uomo – Primo Levi

Primo Levi, durante il tempo trascorso all’interno di un campo di concentramento nazista della seconda guerra mondiale, incontra Pikolo al quale sceglie di recitare uno dei canti più conosciuti di tutta la Divina Commedia, il canto di Ulisse.

Quella di Primo Levi è la testimonianza della bellezza e della forza della letteratura che restituisce libertà in un momento di totale mancanza.

... Il canto di Ulisse. Chissà come e perché mi è venuto in mente: ma non abbiamo tempo di scegliere, quest’ora già non è più un’ora. Se Jean è intelligente capirà. Capirà: oggi mi sento da tanto. Chi è Dante. Che cosa è la Commedia. Quale sensazione curiosa di novità si prova, se si cerca di spiegare in breve che cos’ è la Divina Commedia. Jean è attentissimo, ed io comincio lento e accurato:

Lo maggior corno de la fiamma antica

cominciò a crollarsi mormorando,

pur come quella cui vento affatica;

indi la cima qua e là menando,

come fosse la lingua che parlasse,

gittò voce di fuori e disse: "Quando...

Qui mi fermo e cerco di tradurre. Disastroso: povero Dante e povero francese!

E dopo “Quando”? Il nulla. Un buco nella memoria. “prima che sì Enea la nomasse”. Altro buco. Viene a galla qualche frammento non utilizzabile, ma sarà poi esatto?

Ma misi me per l’alto mare aperto.

Di questo sì, di questo sono sicuro, sono in grado di spiegare a Pikolo perché “misi me” non è “je me mis”, è molto più forte e più audace, è un vincolo infranto, è scagliare se stessi al di là di una barriera e noi conosciamo bene questo impulso.

L’alto mare aperto: Pikolo ha viaggiato per mare e sa cosa vuol dire: è quando l’orizzonte si chiude su se stesso, libero, dritto e semplice, e non c’è ormai che odore di mare: dolci cose ferocemente lontane.

“Mare aperto”,“mare aperto”. So che rima con“diserto”:“...quella compagna picciola dalla quale non fui diserto”, ma non ricordo più se viene prima o dopo. E anche il viaggio, il temerario viaggio al di là delle colonne d’Ercole, che tristezza, sono costretto a raccontarlo in prosa: un sacrilegio. Non ho salvato che un verso, ma vale la pena di fermarcisi:

...Acciò che l’uom più oltre non si metta.

“Si metta”: dovevo venire in Lager per accorgermi che è la stessa espressione di prima “e misi me”. Quante altre cose ci sarebbero da dire, e il sole è già alto, mezzogiorno è vicino. Ho fretta, una fretta furibonda.

Ecco, attento Pikolo, apri gli occhi e la mente, ho bisogno che tu capisca:

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza.

Strange fruit

Denuncia contro il razzismo nell’America degli anni 30’, attraverso la sua voce libera, Billie Holiday tenta di far emergere il linciaggio subito da parte degli afroamericani, vittime a cui, nel testo della canzone, alludono metaforicamente strani frutti di un albero.

Southern trees bear strange fruit

Blood on the leaves and blood at the root

Black bodies swinging in the southern breeze

Strange fruit hanging from the poplar trees

Pastoral scene of the gallant south

The bulging eyes and the twisted mouth

Scent of magnolias, sweet and fresh

Then the sudden smell of burning flesh

Here′s a fruit for the crows to pluck

For the rain to gather, for the wind to suck

For the sun to rot, for the trees to drop

Here's a strange and bitter crop