Editoriale: Per molti anni è stato rassicurante pensare che i progressi della scienza, dell’organizzazione sanitaria, la consapevolezza politica, la deterrenza nucleare, il ricordo della storia, avrebbero tenuto lontano dal nostro continente pandemie e guerre. Il primo, fragoroso, crollo di questa illusione è stato Covid, che ci ha tolto l’illusione di un occidente “sterilizzato” da stili di vita adeguati e dai progressi della medicina. Dopo un primo momento di incredulità, abbiamo reagito e, per farci coraggio, abbiamo iniziato a dire che, per la nostra generazione, la pandemia rappresentava ciò che per altre generazioni era stata la guerra, dimenticando che le trincee e gli accampamenti sovraffollati della Prima guerra mondiale furono il terreno fertile perché si diffondesse rapidamente in tutto il pianeta quella virulenta forma di influenza che chiamiamo impropriamente “Spagnola”. L’illusione della pace era più fragile, visti i conflitti che, dalla caduta del muro di Berlino, si sono succeduti nei Balcani, in Georgia, nel Caucaso e nella stessa Ucraina, ma ora anche questa illusione è definitivamente perduta e sappiamo che ne’ la storia e neppure la attuale organizzazione politica internazionale ci mettono al riparo dal rischio di guerre globali.
Il linguaggio della guerra è stato frequentemente usato in tempo di pace. Ne abbiamo abusato per descrivere eventi politici, accademici, scientifici, persino sportivi. Così, usiamo quotidianamente la metafora dei fronti, delle trincee, delle bombe, della prima linea. Da quasi due mesi la metafora non è più tale, e la guerra la vediamo svolgersi in diretta a poche centinaia di chilometri da noi. Scopriamo allora che i nuovi fronti sono le città, le nuove trincee sono le fabbriche, in prima linea ci sono i civili e sotto le bombe ospedali e bambini. Usare il linguaggio della guerra non da più coraggio, bensì terrorizza, perché, esce dallo sport, dalla politica, dall’accademia ed entra nella cronaca. Esce dalle metafore e si fa orribile realtà.
In questo scenario, risuonano i versi di Ungaretti, “è il mio cuore il paese più straziato”. E’ dunque dei nostri cuori straziati che vorremmo prenderci cura. Per questo, in una iniziativa che si è svolta nello scorso mese, che è stata aperta, con la usuale sensibilità, dalla Magnifica Rettrice Polimeni e coordinate da Vittorio Lingiardi, abbiamo pensato di selezionare alcuni brani e alcune poesie che parlano di guerra e parlano di pace. L'attrice Federica Fracassi (https://it.wikipedia.org/wiki/Federica_Fracassi) generosamente ha accettato di venire a leggerle per noi, per testimoniare la lungimiranza delle parole rispetto alla cecità della violenza. Il musicista Marcello Allulli (https://marcelloallulli.com/?page_id=412) altrettanto generosamente ha deciso di intervenire con il suo Sassofono nella speranza che il colore e il calore della musica torni a coprire il suono orribile delle esplosioni. Nicolette Dentico, già Direttrice di Medici Senza Frontiere (https://festivaldirittiumani.it/nicoletta-dentico/) e Daniele Luzzo, uno psicologo che ha lavorato in scenari di guerra per ONU e UNIHCR (https://www.researchgate.net/profile/Daniele-Luzzo), hanno deciso di portarci un pensiero di pace, con gli occhi di chi ha visto l'orrore delle guerre.
È dai loro contributi che parte questa newsletter, in un focus che non dimentica di affrontare la guerra attraverso le competenze scientifiche e assistenziali della medicina e della psicologia. Così, Andrea Tubaro ci porta il contributo del Presidente della Croce Rossa Francesco Rocca, che, come molti di voi sanno, ha svolto il ruolo di Direttore Generale del Sant’Andrea; Gilda Sensales e Silvia Cataldi intervistano Gian Vittorio Caprara, uno dei principali esperti al mondo di Psicologia Politica, già Preside della seconda Facoltà di Psicologia, la stessa Sensales ci racconta come, in tempo di guerra, l’informazione si trasforma spesso in propaganda, Sabine Pirchio discute di educazione alla pace con Barbara Gallo, Responsabile per le Relazioni Internazionali dell’Istituto di Ricerche Internazionali archivio Disarmo.
Affronteremo poi i temi tipici del nostro mandato scientifico, didattico e assistenziale prendendo spunto, come sempre da eventi, conferenze, seminari o incontri organizzati o patrocinati dalla Facoltà in questo periodo. Parleremo allora di Giustizia Riparativa, di Disturbi del Comportamento Alimentare, di Medicina Nucleare e Teragnostica, di sesso e qualità della vita nei pazienti oncologici.
Riferiremo infine, come sempre, dell’attività del nostro gruppo di ascolto musicale e del nostro gruppo di lettura e parleremo di musica, poesia, arte, letteratura e anche di buona cucina. Mai come in questi mesi la newsletter della Facoltà di medicina e Psicologia parla di tempo liberato. Liberato dalla guerra, vorremmo augurarci, attraverso le parole e gli strumenti della pace.
Buona lettura,
Fabio Lucidi