1 Totale Depravazione

1. Totale depravazione

(Leggi Romani, capitolo terzo)

La liberazione

Il danno risultante

Le dichiarazioni dellla Scrittura

Ciò che la totale depravazione è

Ciò che la totale depravazione non è

Definizione della dottrina

Dobbiamo iniziare proprio da questo punto, per quanto spinoso. Avere idee esatte su questa dottrina può essere un buon punto di partenza per bene intendere le altre. Non avere idee chiare, o avere idee errate a questo proposito, conduce anche a non comprendere bene o a falsare le altre.

La parola depravato deriva dal latino e, nell’accezione che gli diamo, significa "alterato, guasto, non più genuino", ed è composta dade (del tutto) + pravus (malvagio, corrotto, storto). Il significato che comunemente si dà a questo aggettivo in italiano, potrebbe farcene fraintendere il significato teologico, ma è necessario pure imparare a non lasciarcene condizionare.

Con questa dottrina noi intendiamo, quindi, che l’essere umano sia del tutto storto, alterato, guasto, non più genuino rispetto al progetto creativo originale, e peccatore per natura in sé stesso e davanti a Dio. Questa natura corrotta ogni creatura umana la riceve in seguito alla caduta nel peccato dei nostri progenitori, che tale e quale si riproduce in tutti gli esseri umani loro discendenti. "Adamo … generò un figlio a sua somiglianza, conforme alla sua immagine" (Ge. 5:3). Essa si manifesta nella naturale propensione del cuore umano a voler fare a meno di Dio e a trasgredire la Sua santa legge.

Ad evitare equivoci ed incomprensioni, importante affermare pure che cosa noi non intendiamo con depravazione totale.

1. In primo luogo, noi non intendiamo che l’essere umano non abbia una coscienza. Dopo aver peccato, Adamo si nascosedall’Eterno Iddio (Ge. 3:8). Adamo non avrebbe potuto farlo se non avesse avuto una cattiva coscienza, non sentisse di essere colpevole. Allo stesso modo, sebbene totalmente depravati, gli accusatori della donna adultera, nell’episodio evangelico, mentre Gesù scriveva a terra con il dito sfidando colui che fosse privo di peccato a scagliare la prima pietra, erano: "convinti dalla coscienza"(Gv. 8:9) di essere pure trasgressori della legge di Dio.

2. In secondo luogo, noi non intendiamo che la persona che non sia stata rigenerata non possa compiere manifeste opere di carità e di bontà morale. Lo può fare, ma chi non è stato da Dio giustificato non può e non vuole fare queste opere alla gloria di Dio, ma per ragioni egoistiche o comunque per motivi diversi di quelli che Dio ha stabilito essere a Lui graditi. "Israele era una vigna lussureggiante, che dava frutto per se stesso, più cresceva il suo frutto, più moltiplicava gli altari; più ricco era il suo paese, più belle faceva le sue colonne sacre" (Os. 10:1). "Un tempio in rovina può anche avere magnifiche vestigia del suo splendore originale, ma non è più l’abitazione adatta per il dio per il quale era stato costruito" (A. H. Strong, Systematic Theology, p. 638).

3. In terzo luogo, noi non intendiamo che il peccatore compia di fatto tutto il male che potenzialmente potrebbe compiere. Questo punto è spesso equivocato da coloro che sono in disaccordo con noi. E’ della massima importanza che qui si sia ben chiari. La questione è: non è strettamente ciò che il peccatore fa, ma ciò che il peccatore è, a renderlo totalmente depravato. I farisei non trascuravano di pagare la decima della menta dell’aneto e del comino (Mt. 23:23), e la decima di tutto ciò che possedevano (Lu. 18:12), ma essi trascuravano le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia e la fede.

Notiamo ora che cosa intendiamo per totale depravazione.

1. In primo luogo il peccatore è privo d'amore per Dio. Cristo disse ai non credenti: "D'altra parte io vi conosco: so bene che non amate Dio" (Gv. 5:42 TILC). Privi di Cristo, possono anche avere un'apparenza esterna di religiosità, ma si tratta di formalità "… traditori, temerari, orgogliosi, amanti dei piaceri invece che amanti di Dio" (2 Ti. 3:4). Invece che essere "amanti di Dio", coloro che non sono in condizione di salvezza sono nemici di Dio. "Perché quelli che seguono le inclinazioni dell'egoismo sono nemici di Dio, non si sottomettono alla legge di Dio: non ne sono capaci" (Ro. 8:7 TILC). La versione CEI dice: "i desideri della carne sono in rivolta contro Dio". Il termine originale è addirittura più forte, non solo "nemici di Dio", ma l'inimicizia stessa contro Dio: " Per questo la mente controllata dalla carne è inimicizia contro Dio" (ND). "Un nemico può essere riconciliato, ma l'inimicizia no"(Matthew Henry, Commentary, Vol. VI, p. 416.). Inoltre "Dio è luce" (1 Gv. 1:5), e "la luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perché le loro opere erano malvagie" (Gv. 3:19).

2. In secondo luogo, benché il peccatore possieda ogni facoltà morale, ogni sua facoltà morale è in disordine e contaminata. " sia la loro mente che la loro coscienza sono contaminate" (Tt. 1:15). "L'incapacità… è ben fondata, non nella mancanza di necessarie facoltà, ma nel fatto che queste facoltà sono in condizione morale corrotta" (A. A. Hodge, Outline of Theology, p. 342). "La depravazione che il peccato ha prodotto nella natura umana si estende ad essa nella sua interezza. Non c'è parte della natura umana che non ne sia stata colpita. La natura dell'uomo è tutta d'un pezzo, e ciò che influenza una sua parte influenza il tutto. Quando si viola la coscienza con la disubbidienza alla volontà di Dio, la comprensione morale viene oscurata, e la volontà indebolita. Non siamo fatti di compartimenti stagni, uno dei quali possa essere danneggiato e gli altri rimanere intatti" (Denney’s Studies in Theology, p. 83). Una goccia di inchiostro nell'acqua di un bicchiere macchia tutta l'acqua. Per questo anche un apostolo è costretto ad ammettere di sé stesso: " Infatti io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene, poiché ben si trova in me la volontà di fare il bene, ma io non trovo il modo di compierlo" (Ro. 7:18). L'intera natura umana decaduta è colpita da questa corruzione.

La Scrittura più volte ribadisce: "…come sta scritto: "Non c'è alcun giusto, neppure uno. Non c'è alcuno che abbia intendimento, non c'è alcuno che ricerchi Dio. Tutti si sono sviati, tutti quanti sono divenuti inutili; non c'è alcuno che faccia il bene, neppure uno" (Ro. 3:10-12).

Questo testo indica quale sia la posizione della creatura umana davanti a Dio: "Non c'è alcun giusto, neppure uno". Esso afferma in quale stato siano le sue capacità percettive: "Non c'è alcuno che abbia intendimento", come pure il tipo di rapporto che ha con Dio:"non c'è alcuno che ricerchi Dio". Inoltre questo versetto mostra come Dio veda ciò che l'uomo compie nella sua vita: "non c'è alcuno che faccia il bene, neppure uno". Sia perciò per quanto riguarda la sua posizione, che in ciò che compie nella sua vita, agli occhi di Dio la creatura umana è radicalmente corrotta, corrotto per natura e nella pratica " (A. H. Strong, Ibid., p. 579).

Non è possibile migliorare l'essere umano nemmeno coltivandolo. Non è possibile, attraverso la sua coltivazione, trasformare una mela marcia in una sana. Non è possibile educarlo: "Non c'è alcuno che abbia intendimento", e nemmeno ispirarlo: "non c'è alcuno che ricerchi Dio". Ispirare la musica e la predicazione, indipendentemente dall'opera dello Spirito Santo, non significa nulla. Non serve neanche occuparlo: "non c'è alcuno che faccia il bene, neppure uno". Invitarlo a cantare nel coro… dargli un incarico nella chiesa… non lo indurrà per questo ad amare Dio.

Ogni essere umano, per natura, inevitabilmente, è destinato a vedersi ricadere addosso l'ira di Dio: "…eravamo per natura figli d'ira, come anche gli altri" (Ef. 2:3). E' considerato dalla Scrittura "figlio del diavolo", cioè che ne porta le caratteristiche (Mt. 13:38; Gv. 8:44). E' "quanto meno un essere abominevole e corrotto, l'uomo, che beve l'iniquità come acqua!" (Gb. 15:16). E' incapace di udire realmente le parole di Cristo (Gv. 8:43,44), e tanto meno conoscerle intimamente (1 Co. 2:14). Così com'è non può in alcun modo piacere a Dio (Ro. 8:8). E' schiavo di Satana (2 Ti. 2:26). Il centro stesso della personalità umana è irrimediabilmente malato: "Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa e insanabilmente malato; chi lo può conoscere?" tradotto in altre versioni italiane con:"difficilmente guaribile" (CEI), "incorreggibile" (TILC), "insanabilmente maligno" (Riv.). Siamone del tutto persuasi, la Parola di Dio dice che ogni singola persona umana è totalmente depravata: "non c'è distinzione; poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio" (Ro. 3:22,23).

Dato che l'essere umano è totalmente depravato, esso è pure totalmente deprivato, privo, di ogni capacità di compiacere a Dio. Questo lo si vede nel fatto che il peccatore è:

1. Spiritualmente morto. "…eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati" (Ef. 2:1 NR). Un morto non può fare nulla nell'ambito in cui è morto, e il peccatore è spiritualmente morto a Dio, morto per le cose spirituali. Non può quindi ravvedersi dei suoi peccati, credere nell'Evangelo, venire con fiducia a Gesù Cristo, né vivere per Lui. Martin Lutero scrive " Io credo di non potere, con la mia propria ragione o forza, credere in Gesù Cristo mio signore, o venire a Lui" (Martin Lutero, Piccolo Catechismo, Spiegazione del terzo articolo del Credo).

2. In secondo luogo, il peccatore è contaminato. Il suo cuore e la sua mente sono contaminati. Ai giorni di Noè: " Ora l'Eterno vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che tutti i disegni dei pensieri del loro cuore non erano altro che male in ogni tempo" (Ge. 6:5). Forse che da allora i peccatori hanno migliorato? Lo Spirito Santo, attraverso l'apostolo Paolo, dice: "… ottenebrati nell'intelletto, estranei alla vita di Dio, per l'ignoranza che è in loro e per l'indurimento del loro cuore" (Ef. 4:18). Inoltre: "nessuno conosce il Figlio, se non il Padre; e nessuno conosce il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo" (Mt. 11:27).

3. In terzo luogo, il peccatore è disabile. Non può salvarsi da solo, e non si volgerà mai a Cristo per ottenerne salvezza fintanto che non viene rigenerato dallo Spirito Santo (Gv. 1:13; 6:63). Che dire però del "libero arbitrio"? Potrebbe forse volere venire a Cristo? Cristo stesso risponde: "voi non volete venire a me per avere la vita" (Gv. 5:40). La volontà umana è motivata e controllata dalla sua natura (Ef. 2:3). Egli è libero di volgersi a Cristo, ma non è in grado di farlo. Sono libero di diventare milionario, ma per il momento non ho la capacità o la possibilità di diventarlo. Volgersi a Cristo con fede è un atto spirituale, e il peccatore è spiritualmente morto."non c'è alcuno che ricerchi Dio" (Ro. 3:11). Certo, "chi ha sete, venga; e chi vuole, prenda in dono dell'acqua della vita" (Ap. 22:17), ma nessuno verrà, finché non ne verrà attirato dal Padre (Gv. 6:44). "Voi non volete" (Mt. 22:37).

Non leggiamo forse nella Bibbia: "Scegliete oggi chi volete servire"? Certo, in Giosuè 24:15, ma leggete per favore l'intero versetto: "E se vi pare cattiva cosa servire l'Eterno, scegliete oggi chi volete servire, o gli dèi che servirono i vostri padri di là dal fiume, o gli dèi degli Amorei, nel cui paese voi abitate; quanto a me e alla mia casa, serviremo l'Eterno". Notate dapprima come questa frase fosse rivolta a coloro ai quali pareva cosa cattiva, o priva di valore, "servire l'Eterno". Volete continuare ad applicare questa frase a voi stessi? Poi notate come la scelta non sia fra scegliere l'Eterno e il Diavolo, o il mondo, o qualcos'altro. La scelta è ora fra gli déi dall'altra parte del fiume, o gli dei degli Amorei! A loro sembrava male servire l'Eterno ed erano indecisi fra diversi falsi dei! Il popolo poteva andare avanti a discutere quale idolo seguire. Giosuè avrebbe scelto l'Eterno". Ascoltiamo Cristo in Giovanni 15:16: " Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi; e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia duraturo".

Si potrebbe obiettare che l'essere umano non sia responsabile di questa sua condizione di peccatore. Cerchiamo di ragionare con le leggi del nostro paese. Perché un uomo dovrebbe essere condannato alla prigione per ubriachezza quando è dipendente dall'alcool, un alcolizzato, e non può farci nulla? Ecco un altro uomo che non riesce a smettere di rubare. Eccone un altro che ha un tale brutto carattere che ha ucciso diverse persone. Non può farci nulla. Forse che queste persone non sono più responsabili di ubbidire alla legge civile perché non sono in grado di farlo? No, in nessun modo. Vorremmo chiedere a Diodi fare ciò che il nostro senso comune rifiuta di ammettere? Disprezzare le leggi del paese non ci esime dall'ubbidirle. L'incapacità non pregiudica la responsabilità. Sono responsabile di pagare i miei debiti, sia che lo possa fare oppure no. Il peccatore è responsabile di ubbidire alla legge morale di Dio, benché non sia in grado di farlo (1 Ti. 1:8-11). Il cristiano è responsabile di vivere senza peccato (1 Gv. 2:1), benché non sia in grado di farlo (Ro. 7:15-25). Dire: "Non sono capace, perciò non ne sono responsabile" dipende da come sia sorta questa incapacità. Se si tratta di un'incapacità creata (la colpa è del Creatore), allora non vi può essere obbligo alcuno (da parte dell'uomo). Ma se è acquisita, l'obbligo rimane (David S. Clark, A Syllabus of Systematic Theology, p. 213). Questa incapacità è stata acquisita da padre Adamo, e l'abbraccia tutta la sua razza (Ro. 5:12-21). La dottrina, però, dell'imputazione è un'altra dottrina, e merita un trattamento separato.

Dio ha fatto l'uomo retto, e se ha perduto la sua rettitudine, di questo deve ringraziare solo sé stesso, e non darne la colpa a Dio, il quale non è tenuto a sanare questo problema. La grazia dipende solo dal beneplacito di Dio. Egli la dà a chi vuole (Christopher Ness,An Antidote Against Arminianism, p. 84). Ne consegue che la salvezza del peccatore dipende interamente e solamente dalla grazia di Dio! "Dio è libero, in coerenza con l'intima perfezione della Sua natura, salvarne nessuno, pochi, molti, o tutti secondo il Suo sovrano beneplacito della Sua volontà" (Loraine Boettner, The Reformed Doctrine of Predestination, p. 71).

Dio scelse un certo numero di creature umane (innumerevoli per l'uomo), benché corrotte ed indegne, passibili solo di una giusta condanna, ad essere salvate. La scelta di queste persone si perde nell'eternità, prima della fondazione del mondo (2 Ti. 1:9; Ef. 1:4,5).

Il Figlio di Dio venne e prese i loro peccati su Sé stesso (1 Pi. 2:24), e morì per i loro peccati (1 Co. 15:3), e per loro (Ro. 5:8).

Nei tempi che Dio ritiene opportuni (Ga. 1:15,16), lo Spirito Santo viene e impartisce una nuova nascita (Gv. 1:13; 6:63) e vita eterna a questi peccatori morti (Gv. 3:1-16), per volontà sovrana di Cristo (Gv. 5:21), Dio operando in loro sia il volere che l'operare secondo il Suo beneplacito" (Fl. 2:13).

Cristo così viene a vivere nel loro cuore (Ef. 3:17) ed essi nascono da Dio, non per propria volontà, ma per la volontà di Dio (Gv. 1:12,13).

La sicurezza che questo sia avvenuto a te, caro lettore, è che tu un tempo ti trovasti sinceramente turbato e aggravato dei tuoi peccati e della tua condizione di perduto, e poi, hai visto il grande bisogno che avevi di Cristo come tuo personale Salvatore. Così la grazia di Dio ti spinse a credere nel Signore Gesù Cristo soltanto per trovarvi eterna salvezza, e tu ora sai di "essere passato dalla morte alla vita" (Gv. 5:24).

"Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio" (1 Gv. 5:1).