Il permesso di essere creativi

“Il permesso di essere creativi”

Il nuovo spazio di NewSipg dedicato alla creatività degli psicoterapeuti della Gestalt

“La vera creatività, nella mia esperienza, è indissolubilmente legata alla consapevolezza della mortalità. Più nitida è questa consapevolezza, maggiore è l’urgenza di dare vita a qualcosa di nuovo, di prendere parte all’incessante creatività nella natura. Questo è ciò che trasforma il sesso in amore; la massa in società; la farina e la frutta in pane e vino; il suono in musica. Questo è ciò che rende la vita vivibile, e possibile la terapia”. Laura Perls

Fagan, J. & Shepherd, I. L. (1970). Gestalt therapy now: Theory, techniques, applications. Oxford, England: Science & Behavior Books.

Silvia Riccamboni

Ti chiamo io

Racconto

Pagg. 64, euro 9

“Chissà lui cosa starà facendo. Controllo il cellulare: nessuna chiamata, nessun messaggio. Immagino le mie pagine, a quest’ora saranno parcheggiate su un angolo della scrivania e l’analogia improvvisa tra me e loro mi fa trasalire. Spalanco gli occhi, quante volte con lui mi sono sentita parcheggiata perché altre cose avevano la precedenza? Eccomi in un film di Almodovar, nuda e minuscola che sgambetto sul tavolo del mio uomo urlando e sbracciandomi per richiamare la sua attenzione. Niente, la mia vocina è sovrastata dal ronzio del ventilatore. Saltello tra le carte, gli passo sotto gli occhi dribblando la penna mentre lui scrive fittamente: niente. Provo a lanciarmi contro lo schermo del computer e il tonfo sembra distrarlo per un attimo: volta la testa, inarca un sopracciglio e mette a fuoco, il suo nervo ottico mi rileva ma lui non mi vede, non mi vede. E per la prima volta dopo mesi, davanti a questa scena qualcosa mi monta dentro; una voce, una forza, un richiamo, qualcosa che sta a metà strada tra l’allarme atomico e il grido di guerra: basta. Basta“

Basta? A cosa? Ma soprattutto, come ha fatto???

E ancora: Ma allora…non sono l’unica! Uomini, relazioni, misteri, trappole…e in più lei, Silvia, è una psicoterapeuta, gestaltista per giunta! Forse avrà trovato la soluzione, le risposte, la via d’uscita….e saprà darmela. Sì, saprà indicarmi la strada per raggiungere l’amore, la serenità, o almeno, per liberarmi da relazioni fallimentari, dolorose, con uomini assenti eccetera eccetera…

E allora tutto d’un fiato!

Così ho iniziato un poetico viaggio con Silvia Riccamboni, attraverso il racconto di una simpatica e caparbia protagonista, speranzosa quanto me di sciogliere la matassa delle sua intricate relazioni amorose. Nella ricerca delle “risposte” la protagonista del racconto si muove con leggerezza e autoironia in percorsi introspettivi che la spingono ad un certo punto ad intraprendere un reale viaggio verso le proprie origini. Spera infatti che il bandolo della matassa sia proprio laggiù, dove tutto ebbe inizio, la vita, l’esser donna, le relazioni... Ma “a casa” l’aspetta una sorpresa, che stravolgerà suoi piani, o li ricollocherà al posto giusto. Infatti cercando complesse risposte da scartabellare tra i ricordi infantili con certosina pazienza e magari qualche chiave di lettura edipica, trova invece solo se stessa, un’immagine riflessa sul fondo di una scatola di latta in cui serbava cimeli d’infanzia. Il volto di una donna adulta e libera di fare istante per istante ciò che vuole. E così farà, con spontaneità e inattesa pienezza, davanti a un bel piatto di pesce al forno fumante di casa!

Silvia Riccamboni è psicologa e psicoterapeuta della Gestalt. Ha scritto e collaborato alla stesura di numerosi testi psicologici. “Ti chiamo io” è il suo primo racconto, con cui sperimenta un nuovo genere letterario. Il libro miscela sapientemente la narrazione, accattivante e ironica, con riflessioni più profonde, dal sapore prettamente gestaltico.

Come abile tessitrice di parole e respiri, l’autrice fa scivolare in un viaggio, reale e simbolico, che prende forma a partire da una relazione “amo-dolorosa”. Eco e Narciso. L’evocazione all’eterno tema fa da sfondo al racconto, oltre che bellissima scelta di copertina.

Nel caso del racconto di Silvia però l’Eco “moderna” si rifiuta di restare tutta la vita tra i boschi a fare da Eco al suo amato e, inaspettatamente rompe il bucolico quadro, l’eterna evocativa quanto immobile immagine, staccandosi dallo sfondo per prendere un treno, e partire alla ricerca di un perché: perché io, perché sempre con uomini e relazioni sbagliate ecc.? E di un come: come uscirne?

Con una naturalezza quasi incarnata il libro racconta il senso profondo delle relazioni, anche quelle più fallimentari, in chiave evolutiva, come luogo in cui o da cui partire per ri-scrivere storie nuove, curare antiche ferite relazionali e liberarsene per captare finalmente fresche intenzionalità di contatto.

Profondamente gestaltico è anche il finale dove la protagonista cambia prospettiva rispetto ad una ricerca nel passato famigliare dei motivi dei suoi insuccessi amorosi, rimandandone ad altri luoghi e tempi le eventuali risposte e trovando nel contatto pieno con il qui e ora la risposta, il godimento di una cena in famiglia, il buon cibo, il bimbo di un’amica. E in cui cercando risposte altre e altrove, incontra sé.

Anche il linguaggio e lo stile utilizzati riflettono la miscela tra narrazione e approccio gestaltico: Silvia gioca con le parole, le pesa, le colloca, le trasforma, le tesse. Ogni scelta verbale ha un peso specifico, poetico nel senso “perlsiano” del termine, intrisa di significati. Le parole vengono infatti rivitalizzate dall’autrice, “fatte respirare”, smontate e rimontate in un processo di de-nevrotizzazione verbale. Il risultato è una scrittura creativa, in cui parole e frasi sono degli atti creativi e creatori, contrapposti ad un uso del linguaggio statico, cristallizzato, nevrotico.

Anche il modo di usare la scrittura riporta ad una dimensione psicologica. La protagonista infatti non ha alcuna pretesa letteraria, come ci tiene a specificare, ma scrive per sopravvivere: “da qualche parte devo pur mettere i pensieri che mi schiamazzano dentro”. Scrivere è in quest’ottica uno strumento terapeutico, un ausilio per ordinare, sfiatare, rallentare e permettere di relazionarsi con pensieri ed emozioni che invadono a volte testa e cuore senza via d’uscita. Un atto di sopravvivenza. Di cui a volte forse si farebbe volentieri a meno, come dice Alda Merini, se il costo della rinuncia fosse una maggiore serenità.

Infine, oltre che divertente, è terapeutico, nel senso di sostegno, riconoscersi nelle sensazioni a cui l’autrice dà voce, negli sms attesi con ansia che almeno una volta nella vita hanno reso tutti noi schiavi di un telefono o nel saltellare “piccole e nude” per essere viste da lui, incuranti della nostra eventuale intelligenza o semplicemente buon gusto. E allo stesso modo è terapeutico rileggere tra le righe i lunghi racconti dei pazienti malamente innamorati che ci ripetono, seduta per seduta, le battute dell’ultimo dialogo con l’amato, per individuarne l’inghippo o la soluzione.

E ridare senso in un’appartenenza collettiva alle dilanianti sensazioni dei nostri tanti Echi a Narciso.

Il libro è stato pubblicato tramite il sito “ilmiolibro”. Si può ordinare presso qualunque negozio Feltrinelli oppure tramite Internet nel sito: ilmiolibro.it – http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=563097

Jessica Ghioni

Marialuisa Grech

Prove di volo

Il Filo, Roma 2008

Con la sua opera prima Marialuisa Grech – trent’anni, catanese, psichiatra e psicoterapeuta della Gestalt – utilizza la metafora del volo per tracciare il percorso di vita della protagonista. Arianna è una ragazza in bilico tra un rapporto di coppia insoddisfacente e una parallela storia clandestina che presto si rivelerà un vicolo cieco; una famiglia ambivalente nel dare e nel pretendere sostegno; un lavoro part time che fa da scenario alla sua segreta relazione amorosa tanto appassionata quanto frustrante. Arianna riuscirà a spiccare il volo quando si abbandonerà alla novità sconvolgente di una maternità non programmata, trovando l’energia e il coraggio sufficienti ad affrontare da sola la prova fondamentale della sua giovane vita.

Il valore del romanzo, da cui traspare la sensibilità terapeutica dell’Autrice, sta nell’accattivante intreccio tra elementi espressivi poetici e ironici. Attraverso una scrittura lieve e attuale, Marialuisa Grech riesce a fotografare il crocevia di una esistenza femminile nella delicata fase dello svincolo. Lo fa con uno stile sobrio e vivace, che appassiona il lettore a cui affida l’intrigante compito creativo di completare il non detto, decifrare gli umori dei personaggi, definire la conclusione (volutamente rimasta aperta). Proprio come fa il vero terapeuta, che non dà risposte preconfezionate ma pone domande stimolanti, che spalancano nuovi orizzonti di consapevolezza.

Giuseppe Sampognaro

Istituto di Gestalt HCC, Siracusa