Acune note “a caldo” dopo la lettura del decreto legislativo del governo sulla dirigenza pubblica.
Ritengo positivo l’impianto del decreto e quindi confermo l’utilità della norma e la necessità di una sua veloce approvazione e attuazione anche per renderla effettiva dalla primavera 2017 con il nuovo ciclo amministrativo per molti enti locali.
Mi soffermo solo su poche note poiché, sia per la fase in cui ci troviamo (si è già discusso a lungo del tema e la momento è quella attuativo di una legge non di una nuova discussione di carattere generale), sia per la necessità di giungere a risultati concreti e a mettere a regime il sistema in tempi stretti.
La commissione (le commissioni nazionali).
La composizione (art. 4 comma 1 punto 3, punto 8 e punto 9) è piuttosto discutibile ed in particolare quella degli enti locali è del tutto sproporzionata con 5 componenti “centrali” e solo 2 “locali” inoltre non pare abbiano molto significato i seguenti componenti:
il Ragioniere generale dello Stato,
il Capo Dipartimento per gli affari interni territoriali del Ministero dell’Interno,
il Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale”.
Questi tre potrebbero essere sostituiti da componenti nominati dagli enti locali (conferenza stato autonomie).
I tempi di costituzione: la commissione (le tre commissioni in verità) viene istituita entro 90 giorni dal governo dopo la approvazione del decreto (art. 4 comma 1 punto 5): sono troppi, bastano 30 giorni anche perché 5 componenti su 7 di ciascuna commissione sono già definiti, non si può aspettare tre mesi per individuare 2 persone per commissione peraltro individuati direttamente dalla presidenza del consiglio dei ministri per la commissione statale e dalle conferenze stato regioni e stato autonomie per le altre due commissioni.
I tempi per definire i criteri di conferimento di incarico (art. 4 comma 1 punto 2b la commisione “definisce, sentito il Dipartimento della funzione pubblica, i criteri generali, ispirati a principi di pubblicità, trasparenza e merito, di conferimento degli incarichi dirigenziali e ne verifica il rispetto;”) sono di 180 giorni (art. 4 comma 1 punto 6) sono decisamente troppi, 60 sono più che sufficienti, considerando che per avviare un vero sistema di valutazione delle prestazioni uniforme (soprattutto negli enti locali) occorreranno anni, e che i criteri generali sono facilmente definibili (ed in parte lo sono già nelle stesse norme in essere: d.lgs. 165 e d.lgs. 267).
La durata degli incarichi dirigenziali (art. 4 dove modifica l’art 19 quinquies del decreto legislativo 165) è incoerente con i tempi degli enti locali dove il sistema elettorale prevede incarichi amministrativi di 5 anni e dove, per fortuna, le interruzioni anticipate dei mandati amministrativi sono molto più rare rispetto ai cambi di governo. Occorre che negli enti locali il periodo dell’incarico o sia ridotto a 3 anni rinnovabile per altri 2 o sia di 5 anni, prevedendo che vengano definiti entro 90 giorni dall’insediamento delle amministrazioni.
Il pagamento della retribuzione dirigente privo di incarico (art. 7 comma 1 punto 4) è previsto a carico dell’ultimo ente dove il dirigente ha ricevuto l’incarico. Questo meccanismo applicato agli enti locali ha un effetto decisamente controproducente, peraltro sempre più amplificato più piccolo è il comune e dove quindi è anche molto più difficile ottenere innovazione con modificazione degli incarichi dei dirigenti già presenti. La soluzione ottimale è quella presa dalla regione Friuli Venezia Giulia dove viene previsto un fondo regionale cui contribuiscono tutti gli enti locali con una percentuale della spesa per la dirigenza (il 5% sarebbe sufficiente) destinato alla retribuzione dei dirigenti privi di incarico, con un meccanismo che prevede la verifica annuale della capienza del fondo e la ridefinizione della percentuale prevista. E’ questo un punto fondamentale che altrimenti rischia di compromettere l’effettiva attuazione del decreto e il raggiungimento dell’obiettivo di riforma della dirigenza. Continuo a pensare che uno dei problemi fondamentali non sia la inadeguatezza in sé della maggioranza dei dirigenti pubblici ma la situazione di “inamovibilità garantita” che ci rende poco innovativi.
Resta non chiaro il tema dei dirigenti apicali, ma approfondirò nei prossimi giorni. Infine mi sembra che il decreto non attui una precisa delega richiesta dalla legge e cioè la definizione dei requisiti per l’accesso al ruolo di direttore generale.
Michele Bertola
Abbiamo ritenuto di stendere il documento in maniera estremamente sintetica, arrivando a proposte puntuali (riferite cioè a specifici punti della lettera del Governo), evitando ampie digressioni e approfondimenti, non certo in quanto inutili (abbiamo anzi condiviso che i “44 punti” non rappresentano un disegno chiaro e lineare di una sistematica riforma della PA) ma in quanto non efficaci in questo momento e non compatibili con i tempi di attuazione di alcuni punti della lettera.
Il documento è in fase di raccolta delle adesioni.
Chiediamo perciò a chi lo condivide di segnalare la propria adesione inviando una mail con nome e qualifica a mic.bertola@gmail.com.
Il documento è stato presentato durante FORUM PA durante il convegno del 28 maggio "Dirigenti protagonisti delle riforme" (http://iniziative.forumpa.it/expo14/convegni/dirigenti-pubblici-protagonisti-delle-riforme#.U48wMfl_tNM),
ed è stato consegnato ai presenti, In particolare è stato consegnato a:
Bernardo Giorgio Mattarella (Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione).
Il testo è stato inoltre spedito alla mail rivoluzione@governo.it,
al Sottosegretario di Stato per la Semplificazione e Pubblica Amministrazione on. Angelo Rughetti
al Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri Mauro Bonaretti.di seguito il ink
http://forges.forumpa.it/assets/Speeches/16124/bertola_michele.pdf