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CHIARA DIAMANTINI

Studio Bocchi, Palazzo Ricci, Roma, 1993

"Microscopio" della letteratura Chiara Diamantini in questa mostra analizza con inquieta fantasia i i virus vitali occultati in una frase in un segmento di racconto, nei periodi armoniosi e poetici della "Casa della vita" dell'anglista e scrittore Mario Praz. Sul vetrino svela presenze misteriose, iterazioni impercettibili alla lettura; segni particolarissimi che il periodare e lo svolgersi del racconto sacrificano alla letterarietà. L'investigazione rigorosa si traduce in immagini, in oggettualità poeticamente visive. L'endotesto che scorre nel sottosuolo del testo letterario affiora aprendosi un varco tra il senso e il significato dell'opera; apre un sentiero nella foresta delle parole, sconcerta e affascina chi cerca concetti e contenuti e valori formali. L'endotesto si imprime sulla lastra e vive di vita propria, rotto il nodo con la pagina scritta. La visionarietà poetica di Chiara Diamantini lo capta e lo fissa in un' immagine. Ecco che gli arredi e i mobili di Palazzo Ricci (" Casa della Vita" e sede dello Studio Bocchi che ospita l'esposizione) si delineano in sembianze astratte: ecco le silhouettes in nero, leggere e funeree. Si precisa nella galleria delle silhouettes il paradosso dell'opera di Mario Praz tra vita, arte e morte: la triade melodica che Chiara Diamantini plasma in forme inquietanti: oggetti e mobili che emanano un segreto fascino, una sorta di pendolarismo tra vita mortale e morte vitale. La chiave visionaria è nelle figure allo specchio descritte da Praz; figure affrancate dalla vita, eternizzate nella incessante rifrazione. Come quadri separati chiusi in quella "ecloga di cristallo" intesa come scrigno della creatività. Ecco la sequenza delle cornici vuote in attesa di vita, di barbagli, di riflessi di luce e di figure.

Commento di Maurizio Liverani alla mostra

Tratto da: Terzo occhio, Bologna, dicembre 1993

Prefazione al catalogo della mostra di Chiara Diamantini

"Silhouettes in nero" - Palazzo Ricci, Roma, luglio 1993

Tratto da: Il Giornale, Milano, 25 gennaio 1996

2009 -Senigallia, Musinf, Maurizio e Chiara



Tratto da: Il Giornale, Milano, 25 febbraio 1995





Tratto da: Il Giornale, Milano, 22 ottobre 1997

Tratto da: Il Giornale, Milano, 16 febbraio 1997

Video

IMMAGINI REVOCATE - OMAGGIO A CHIARA DIAMANTINI

testo e voce recitante di Maurizio Liverani

https://youtu.be/jRes_jfNeYs

E.T., ERMANNO TARLI E LE LUMACHE RUMOROSE ALLA VIA GRANDE DI SENIGALLIA

La motocicletta è sinonimo di slancio, di competizione, di dardo che “sventra” il tempo, esalta l’io che guida il centauro; è sempre solo l’”uomo al comando”, come si diceva di Coppi. Come Fausto il motociclista si sente proiettato verso un ignoto. Una fantasticheria che si accende con la pedivella. L’ “Io” diventa l’esaltante “ego” che cova in noi; in quell’attimo il centauro trascende se stesso illudendosi di essere una natura mitologica. E’ un piacere quasi fisico. La moto coincide con il desiderio di uscire da se stessi; la velocità svuota la mente da ogni angustia e ti fa sentire per un attimo immortale. Ermanno Tarli è un artista eclettico ed eccentrico; non si adegua ai canoni prevalenti. E’ un uomo libero, in senso universale. Personaggi della sua qualità umana sono rari. Corri, corri Ermanno. I tuoi amici ti amano perché, in un mondo di falsi, hai avuto il dono di essere “libero”. Con altri amici spiriti “liberi” –la moto è libertà- ha organizzato una mostra di quadri in cui vecchi amici si ritrovano, legati da un unico sentimento che, con il passare degli anni, è rimasto immutato. Sono rimasti i ragazzi di un tempo. La passione per il giocattolo vive nell’amare la moto, compagna di tutte le fasi della loro vita. Ermanno, genialmente, si apparenta all’ extraterrestre: E.T., le iniziali del suo nome e cognome. Con l’ironia che gli è propria congloba questi E.T. nel clan delle “lumache rumorose”.

Commento di Maurizio Liverani alla mostra di Ermanno Tarli

Senigallia, dicembre 2012