L’albo tratta in modo esplicito uno dei più evidenti effetti collaterali legati ad alcuni trattamenti chemioterapici, ovvero la perdita dei capelli. La ragione di tale scelta risiede in primis nella volontà di individuare un tema che sia il più possibile trasversale e comune a diverse patologie oncoematologiche, e che nel contempo rappresenti sia per la madre che per il bambino un cambiamento tangibile ed evocativo di possibili vissuti emotivi di perdita, sofferenza e auspicabilmente rinascita. Inoltre la perdita dei capelli rappresenta simbolicamente il processo di trasformazione interna che la mamma deve attraversare per superare questa esperienza: il doversi spogliare di qualcosa per riuscire a ritrovarsi nuovamente in una nuova immagine di sè e di relazione con gli altri.
In modo più sfumato viene accennato anche al tema dell’astenia (nella tavola “della mamma sul divano”) o dell’emesi/ mucosite (nella tavola “della caramella al gusto di notti d'estate”), la mamma e il bambino potranno scegliere se ampliare i loro discorsi, conversando anche su altri effetti collaterali (es. immunodepressione) o elementi relativi al trattamento in atto (es. catetere venoso centrale o periferico) in base a quanto emergerà dal loro dialogo e dal loro quotidiano vissuto. Alcuni aspetti molto significativi del processo di cura della patologia oncoematologica, quali l’intervento chirurgico o il trapianto di midollo osseo non sono stati inclusi nella narrazione, poiché avrebbero aperto altri capitoli e conseguenti bisogni informativi eccedenti le finalità del presente racconto.
Infine, l’albo illustrato racconta una storia. Una storia il cui finale lascia intravvedere la possibilità di una ricrescita dei capelli (tavola de “il vaso di fiori”), indicativa del fatto che ‘le cose per la mamma, almeno in quel momento, stiano andando bene’. Auspicabilmente in molti casi quello sarà il vero finale, per altri la pagina di un nuovo capitolo, ma poiché dopotutto non si sa come andranno le cose, si è ritenuto corretto che il racconto si concludesse così, con un finale che in un certo senso è “aperto”.