LA PERFETTA LETIZIA
L’articolato discorso rivolto a frate Leone dovette essere messo in scritto, visto che Francesco più volte gli disse di fissarlo in scritto; ma lo scritto originale non ci è giunto. Rimane la trasmissione orale, che troviamo fissata in due redazioni sostanzialmente collimanti. Una si rifà all'informazione di fra Leonardo di Assisi (FF 278), l'altra è quella dei Fioretti cap. VIII (FF 1836). La prima redazione è stata giudicata più arcaica, ma ciò non è determinante per darle un primato sull'altra, vista la trasmissione orale di entrambe. La redazione su informazione di fra Leonardo, infatti, parla di “vera letizia”, ma tale espressione contrae il difetto di togliere spazio a letizie di minor altezza, ma pur legittime e sante. La redazione dei Fioretti presenta “perfetta letizia”, espressione biblica (Cf. Gc 1,2), sicuramente da porre sul labbro di Francesco, che sempre intesseva i suoi discorsi con stretti riferimenti biblici.
Nell'informazione di fra Leonardo, Francesco è presente a santa Maria degli Angeli e detta a frate Leone. Nei Fioretti l'invito a scrivere avviene durante il cammino, come sollecitazione a frate Leone di fissare, in seguito, il discorso su carta per averlo sempre presente.
L'obiettivo del discorso riferito da fra Leonardo pare rivolto a frenare un certo trionfalismo dell'Ordine di fronte ai molti successi. Nella redazione dei Fioretti l'obiettivo dell'intervento di Francesco è invece frate Leone, il quale di fronte al successo di Francesco si sentiva - preso da tristezza - un misero, un tapino, e pensava che se avesse avuto doni carismatici straordinari come Francesco sarebbe stato cercato dalla gente e sarebbe stato lieto; ma il discorso riguarda anche il pericolo di cercare di affermarsi come un culturalmente dotto, per una ricerca di prestigio umano.
La tradizione di fra Leonardo presenta un Francesco senza il dono delle guarigioni e dei miracoli, il che non è, e inoltre presenta un Francesco che calca la mano sulla sua situazione di infreddolito e di rifiutato dal suo Ordine; quella dei Fioretti invece presenta la cosa molto più sfumata, in sintonia con la virtù di Francesco.
Il discorso dei Fioretti è condotto sulla scorta di tre riferimenti biblici: il passo del prologo del Vangelo di Giovanni (1,11): “Venne tra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto”; il passo della lettera di Giacomo (1,2): “Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove,sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza. E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla”; il brano di san Paolo sulla carità (1Cor 13,1s): “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se io avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza...”
La perfetta letizia nasce dalla carità, dalla perfezione della carità, che si ha nella partecipazione alle sofferenze di Cristo; carità che è compagna della pazienza ed è nutrita dall'umiltà, poiché (1Cor,4): “La carità è paziente...non si vanta...”.
Francesco non invita a cercare la perfetta letizia per se stessa, ma l'imitazione di Cristo povero e crocifisso, che conduce alle vette della carità; e chi ama è nella gioia. Francesco dice che ivi, quivi, in ciò, è perfetta letizia, cioè nella partecipazione alle sofferenze di Cristo. Così nel centro più centro del cuore fedele a Cristo, quando il dolore lo assedia e lo assale, c'è perfetta letizia.
Francesco ci ha fatto dono di un discorso luminosissimo e necessario a tutti noi, che abbiamo bisogno di sentirci dire dove si trova perfetta letizia. E ce lo dice Francesco, già reuccio delle feste giovanili di Assisi, e già cavaliere armato di tutto punto, pronto alla gloria delle imprese conquistatrici.
Sì, Francesco ci dice dov'è perfetta letizia.
1 Lo stesso [fra Leonardo] riferì che un giorno il beato Francesco, presso Santa Maria [degli Angeli], chiamò frate Leone e gli disse: "Frate Leone, scrivi". 2 Questi rispose: "Eccomi, sono pronto". 3 "Scrivi - disse- quale è la vera letizia". 4 "Viene un messo dice che tutti i maestri di Parigi sono entrati nell'Ordine; scrivi: non è vera letizia. 5 Così pure che sono entrati nell'Ordine tutti i prelati d'Oltr'Alpe, arcivescovi e vescovi, non solo, ma perfino il Re di Francia e il Re d'Inghilterra; scrivi: non è vera letizia. 6 E se ti giunge ancora notizia che i miei frati sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti alla fede, oppure che io ho ricevuto da Dio tanta grazia da sanar gli infermi e da fare molti miracoli; ebbene io ti dico: in tutte queste cose non è la vera letizia". 7 "Ma quale è la vera letizia?". 8 "Ecco, io torno da Perugia a notte profonda, giungo qui, ed è un inverno fangoso e così rigido che, all'estremità della tonaca, si formano dei ghiacciuoli d'acqua congelata, che mi percuotono continuamente le gambe fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. 9 E io tutto nel fango, nel freddo e nel ghiaccio, giugno alla porta e, dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede: "Chi è?". lo rispondo: "Frate Francesco". 10 E quegli dice: "Vattene, non è ora decente, questa, di andare in giro, non entrerai!". 11 E poiché io insisto ancora, l'altro risponde: "Vattene, tu sei un semplice ed un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te". 12 E io sempre resto davanti alla porta e dico: "Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte". " E quegli risponde: "Non lo farò. Il Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là". 13 Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui à la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell'anima".
Fonti francescane 278 Laudi e Preghiere
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Perfetta letizia
CAPITOLO OTTAVO DEI FIORETTI
COME ANDANDO PER CAMMINO SANTO FRANCESCO E FRATE LIONE,
GLI ESPOSE QUELLE COSE CHE SONO PERFETTA LETIZIA
Venendo una volta santo Francesco da Perugia a Santa Maria degli Angeli con frate Leone a tempo di verno, e il freddo grandissimo fortemente il crucciava, chiamò frate Leone il quale andava un poco innanzi, e disse così: "Frate Leone, avvegnadio ch’e frati minori in ogni terra dieno grande esempio di santità e buona edificazione, nondimeno scrivi, e nota diligentemente, che non è ivi perfetta letizia".
E andando più oltre, santo Francesco il chiamò la seconda volta: "O frate Leone, benché ‘l frate minore illumini i ciechi, distenda gli attratti, cacci i demoni, renda l’udire a’ sordi, l’andare a’ zoppi, il parlare a’ mutoli e (maggior cosa è) risusciti il morto di quattro dì, scrivi che non è in ciò perfetta letizia".
E andando un poco, santo Francesco grida forte: "O frate Leone, se ‘l frate minore sapesse tutte le lingue e tutte le scienzie e tutte le scritture, sì ch’e sapesse profetare e rivelare non solamente le cose future, ma eziandio i segreti delle coscienzie e degli animi, scrivi che non è in ciò perfetta letizia".
Andando un poco più oltre, santo Francesco ancora chiamò forte: "O frate Leone, pecorella di Dio, benché ‘l frate minore parli con lingua d’angeli e sappi i corsi delle stelle e le virtù dell’erbe e fossongli rivelati tutti i tesori della terra e cognoscesse le nature degli uccelli e de’ pesci e di tutti gli animali e degli uomini e degli arbori e delle pietre e delle radici e dell’acque, scrivi che non ci è perfetta letizia".
E andando anche un pezzo, santo Francesco chiama forte: "O frate Leone, benché ‘l frate minore sapesse sì bene predicare, che convertisse tutti gl’infedeli alla fede di Cristo, scrivi che non è ivi perfetta letizia".
E durando questo modo di parlare bene due miglia, frate Leone con grande ammirazione il domandò, e disse: "Padre, io ti prego dalla parte di Dio, che tu mi dica ove è perfetta letizia". E santo Francesco gli rispuose. "Quando noi giugneremo a Santa Maria degli Angeli, così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo e infangati di loto e afflitti di fame, e picchieremo la porta del luogo, e '1 portinaio verrà adirato e dirà: "Chi siete voi?" e noi diremo: "Noi siamo due de' vostri frati" e colui dirà: "Voi non dite vero: anzi siete due ribaldi, che andate ingannando il mondo e rubando le limosine de' poveri; andate via", e non ci aprirà, e faracci stare di fuori alla neve e all'acqua, col freddo e colla fame, infino alla notte; allora, se noi tante ingiurie e tanta crudeltà e tanti commiati sosterremo pazientemente sanza turbazione e sanza mormorazione, e penseremo umilemente e caritativamente che quel portinaio veracemente ci cognosca e che Iddio il faccia parlare contra noi, o frate Leone, scrivi che ivi è perfetta letizia.
E se noi perseverremo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate, dicendo: "Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, ché qui non mangerete voi, ne albergherete"; se noi questo sosterremo pazientemente e con allegrezza e con buono amore o frate Leone, scrivi che qui è perfetta letizia
E se noi, pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla notte, più picchieremo e chiameremo e pregheremo per l'amor di Dio con gran pianto che ci apra e mettaci pur dentro: e quelli più scandalezzato dirà "Costoro sono gaglioffi importuni; io gli pagherò bene come sono degni" e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e piglieracci per lo cappuccio e gitteracci in terra e involgeracci nella neve e batteracci a nodo a nodo con quello bastone se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali noi dobbiamo sostenere per lo suo amore: o frate Leone, scrivi che in questo è perfetta letizia.
E però odi la conclusione, frate Leone. Sopra tutte le cose e grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per l'amor di Cristo sostenere pene, ingiurie, obbrobri, disagi. Però che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, però che non sono nostri ma di Dio; onde dice l'apostolo: "Che hai tu, che tu non l'abbi da Dio? e se tu l'hai avuto da lui, perché te ne glorii, come se tu l'avessi da te?"
Ma nella croce della tribolazione e della afflizione ci possiamo gloriare, però che questo è nostro E però dice l'apostolo "Io non mi voglio gloriare se non nella croce del nostro signore Gesù Cristo"'. Al quale sempre sia onore e gloria in saecula saeculorum. Amen.
Dal volgare …al nostro italiano
Avvenne un tempo che, san Francesco d’Assisi e frate Leone andando da Perugia a Santa Maria degli Angeli, il santo frate spiegasse al suo compagno di viaggio cosa fosse la “perfetta letizia”.
Era una giornata d’inverno e faceva molto freddo e c’era pure un forte vento tanto che procedevano camminando l’uno innanzi all’altro e, mentre frate Leone stava avanti, frate Francesco chiamandolo diceva: frate Leone, se avvenisse, a Dio piacendo, che i frati minori dovunque si rechino dessero grande esempio di santità e di laboriosità, annota e scrivi che questa non è perfetta letizia.
Andando più avanti San Francesco chiamandolo per la seconda volta gli diceva: O frate Leone, anche se un frate minore dia la vista ai ciechi, faccia raddrizzare gli storpi, scacci i demoni, dia l’udito ai sordi, fa camminare i paralitici, dia la parola ai muti, e addirittura fa resuscitare i morti di quattro giorni; scrivi che non è in queste cose che sta la perfetta letizia.
E ancora andando per un poco san Francesco grida chiamandolo: O frate Leone, se un frate minore parlasse tutte le lingue e conoscesse tutte le scritture e le scienze, e sapesse prevedere e rivelare non solo il futuro ma anche i segreti più intimi degli uomini; annota che non è qui la perfetta letizia.
E andando ancora più avanti san Francesco chiamando forte diceva: O frate Leone pecorella di Dio, anche se il frate minore parlasse la lingua degli angeli, conoscesse tutti i misteri delle stelle, tutte le virtù delle erbe, che gli fossero rivelati tutti i tesori della terra, e tutte le virtù degli uccelli, dei pesci, delle pietre, delle acque; scrivi, non è qui la perfetta letizia.
E andando più avanti dopo un po’ san Francesco chiamava il su compagno di viaggio: O frate Leone, anche se i frati minori sapessero predicare talmente bene da convertire tutti i non credenti alla fede di Cristo; scrivi non è questa la perfetta letizia.
E così andando per diversi chilometri quando, con grande ammirazione frate Leone domandò: Padre ti prego per l’amor di Dio, dimmi dov’è la perfetta letizia. E san Francesco rispose: quando saremo arrivati a Santa Maria degli Angeli e saremo bagnati per la pioggia, infreddoliti per la neve, sporchi per il fango e affamati per il lungo viaggio busseremo alla porta del convento. E il frate portinaio chiederà: chi siete voi? E noi risponderemo: siamo due dei vostri frati. E Lui non riconoscendoci, dirà che siamo due impostori, gente che ruba l’elemosina ai poveri, non ci aprirà lasciandoci fuori al freddo della neve, alla pioggia e alla fame mentre si fa notte. Allora se noi a tanta ingiustizia e crudeltà sopporteremo con pazienza ed umiltà senza parlar male del nostro confratello, anzi penseremo che egli ci conosca ma che il Signore vuole tutto questo per metterci alla prova, allora frate Leone scrivi che questa è perfetta letizia. E se noi perché afflitti, continueremo a bussare e il frate portinaio adirato uscirà e ci tratterà come dei gaglioffi importuni, vili e ladri, ci spingerà e ci sgriderà dicendoci: andate via, fatevi ospitare da altri perché qui non mangerete né vi faremo dormire. Se a tutto questo noi sopporteremo con pazienza, allegria e buon umore, allora caro frate Leone scrivi che questa è perfetta letizia.
E se noi costretti dalla fame, dal freddo e dalla notte, continuassimo a bussare piangendo e pregando per l’amore del nostro Dio il frate portinaio perché ci faccia entrare e questi, furioso per cotanta molesta insistenza, si riprometterebbe di darci una sonora lezione, anzi uscendo con un grosso e nodoso bastone ci piglierebbe dal cappuccio e dopo averci fatto rotolare in mezzo alla neve, ci bastonerebbe facendoci sentire uno ad uno i singoli nodi. Se noi subiremo con pazienza ed allegria pensando alle pene del Cristo benedetto e che solo per suo amore bisogna sopportare, caro frate Leone, annota che sta in questo la perfetta letizia. Ascolta infine la conclusione, frate Leone: fra tutte le grazie dello Spirito Santo e doni che Dio concede ai suoi fedeli, c’è quella di superarsi proprio per l’amore di Dio per subire ingiustizie, disagi e dolori ma non possiamo vantarci e glorificarci per avere sopportato codeste miserie e privazioni perché questi meriti vengono da Dio. Infatti le sacre scritture dicono: cosa hai tu che non sia stato concesso da Dio? E se tu hai ricevuto una grazia da Dio perché te ne vanti come se fosse opera tua? Noi ci possiamo gloriare nella nostra croce fatta di sofferenze e privazioni. Sul Vangelo sta scritto: Io non mi voglio gloriare se non nella croce di nostro Signore Gesù Cristo.