Nel 1905 vi furono una serie di tumulti di scioperi e di manifestazioni contro il regime zarista che portarono lo zar Nicola II a concedere alcune libertà e l'istituzione della Duma, ossia un’assemblea rappresentativa. Molti pensarono che la Russia fosse finalmente giunta a una vera e propria svolta in seguito alla concessione di queste libertà, ma in realtà si rivelarono illusorie, perché lo zar Nicola II cercò subito di restaurare l’ordine: la Duma stessa si rivelò uno strumento nelle mani del governo, perché al suo interno era nettamente predominante il voto dei rappresentanti dei grandi proprietari terrieri, rispetto ai rappresentanti delle altre classi sociali. Contemporaneamente Nicola II portò avanti la politica economica di Alessandro I, ossia una politica volta a rafforzare l'industria russa, che rimaneva arretrata malgrado fossero stati creati degli importanti complessi industriali soprattutto a Mosca, a S. Pietroburgo e sulle rive del Mar Caspio.
Le rigorose misure di accentramento introdotte da Nicola II volte a rafforzare l'autorità e il potere centrale non riuscirono comunque a porre un limite alla corruzione dilagante, che peraltro caratterizzava anche la stessa corte: la situazione russa rimaneva complessa sia dal punto di vista politico-istituzionale, sia dal punto di vista economico.
L'opposizione al regime zarista era costituita da uno schieramento molto vasto ed eterogeneo che andava dai liberali (Partito dei Cadetti),portavoce dei proprietari terrieri che aspiravano all'affermazione di un regime liberale, ai socialisti liberali, che proponevano dei programmi decisamente più radicali. All'interno erano divisi tra i socialisti rivoluzionari, che derivavano dalla fusione tra gruppi anarchici e populisti, e socialdemocratici che erano i seguaci della dottrina marxista; a loro volta i socialdemocratici erano divisi internamente in due correnti: la corrente minoritaria che appunto prese il nome di “corrente menscevica”, i cosiddetti riformisti e una corrente invece maggioritaria dei bolscevichi respingevano il gradualismo riformista dei menscevichi e sostenevano delle istanze decise e più rivoluzionarie: la grande divergenza tra essi è che i bolscevichi, secondo quella che era proprio la teoria marxista, non volevano distribuire la terra ai contadini, perché ciò avrebbe significato comunque mantenere la proprietà privata, cioè creare un numero elevatissimo di piccoli proprietari: era invece necessario nazionalizzare e collettivizzare l'agricoltura.
Queste divergenze ideologiche tra menscevichi e bolscevichi portarono alla separazione degli ultimi, i quali nel 1918 diedero vita a un partito autonomo che prese il nome di Partito Comunista. L'uomo che diresse la politica bolscevica in questi anni fu Vladimir Il'ič Ul'janov, noto con lo pseudonimo di Lenin. Egli era un seguace della dottrina marxista ed era convinto come, aveva pensato e teorizzato Marx, che il comunismo si sarebbe potuto realizzare solo nei Paesi economicamente avanzati, in cui il capitalismo avesse raggiunto un certo livello di sviluppo. Lenin partiva da questa convinzione, da cui però si discostò dopo gli scioperi del febbraio 1917, che venne proprio dalla guerra, dalla crisi economica e dalle disfatte militari. La Russia stava attraversando un periodo di fortissima crisi, perché era entrata in guerra, ma non era preparata alla “guerra dell'età industriale”, perché si scontrava con Paesi in cui l'industrializzazione era decisamente più avanzata rispetto alla propria, mancando di armi adeguate, con l'esercito era malato e soprattutto con la popolazione (e quindi anche i soldati) che era malnutrita e soffriva la fame.
Sussisteva quindi una situazione di grandissima difficoltà, tantoché per esempio furono chiuse molte fabbriche e anche la produzione agricola cominciò a diminuire, poiché il Paese dovette mobilitare tutte le risorse possibili per la guerra. Durante i primi due anni di guerra quindi le condizioni della popolazione peggiorarono molto velocemente.
Nello stesso tempo non vi era una classe dirigente unita, bensì molto divisa nei confronti della guerra: alcuni erano contrari, altri invece erano favorevoli e ritenevano che la Russia dovesse continuare la guerra.
Di conseguenza sin dal primo anno di guerra c'erano stati scioperi e manifestazioni, che si intensificarono soprattutto nel 1916 in quanto gli stessi soldati si ammutinarono, per cui le diserzioni si moltiplicarono e all'inizio del 1917 i soldati di iniziarono ad unirsi ai contadini e agli operai, spinti in questo dai bolscevichi che cercavano di convincere i soldati a dirigere le loro baionette contro i veri nemici, e quindi contro la classe dirigente. Le tensioni culminarono negli scioperi e nelle manifestazioni del febbraio 1917, quando questi movimenti di protesta dilagarono in tutto il Paese e costrinsero lo zar Nicola II ad abdicare. Fu così creato il cosiddetto Comitato della Duma, costituito sia da Cadetti borghesi sia da socialisti, insomma da diversi gruppi e da diversi rappresentanti. La Duma assunse pieni poteri e diede vita a un governo provvisorio di matrice liberale democratica, che esprimeva soprattutto le istanze della borghesia. Si formò un fronte di protesta democratico che esigeva riforme decisamente più radicali guidato dai bolscevichi, che col governo provvisorio trovavano espressione attraverso i soviet, che erano forme di autogoverno createsi in Russia, ovvero organismi di rappresentanza che si ispiravano i principi della democrazia diretta.
I contrasti tra il governo provvisorio riguardavano soprattutto due questioni: da un lato quella della guerra, dall'altro lato quella agraria.
Per quanto riguarda la guerra chiaramente c'erano delle divergenze d'opinione molto forti perché il governo provvisorio era deciso a continuare la guerra a fianco degli alleati (Francia e Inghilterra) fino alla vittoria, viceversa i bolscevichi volevano invece interrompere subito la guerra e arrivare a una pace anche senza indennità pur di ritirare il Paese alla guerra.
Per quanto concerne il problema della terra invece le divergenze riguardavano sia le modalità di distribuzione ma anche le tempistiche. I bolscevichi volevano che si risolvesse subito il problema della terra.
Le divergenze quindi erano molto forti, ma nello stesso tempo il governo era in realtà debole perché poteva reggersi soltanto se mostrava la capacità di risolvere nell'immediato dei problemi sostanziali, ma non aveva gli strumenti, anche perché esso si era formato in una situazione di grandissima difficoltà in cui peraltro la Russia non era ancora uscita dalla guerra e il governo aveva dissimulato di non avere forza sufficiente.
Nell'aprile 1917 Lenin, approfittando di un'amnistia, riuscì a rientrare in patria dal suo esilio in Svizzera come guida del partito bolscevico e chiese la cessazione immediata delle ostilità su tutti i fronti, e pensava che la Russia potesse passare dal regime zarista direttamente alla società comunista, e quindi questo lo portò a non ricercare nessuna collaborazione con il governo provvisorio della Duma e di non aver bisogno di una Repubblica parlamentare o di una democrazia borghese. Ritenne che tutto il potere sarebbe dovuto passare nelle mani dei soviet operai e contadini.
Questi appelli di Lenin furono raccolti nelle Tesi di Aprile, che furono pubblicate sul giornale Pravda, il quotidiano dei bolscevichi, che allora era diretto da un tale Stalin. Le tesi proponevano la collettivizzazione di tutte le proprietà fondiarie, ma anche la nazionalizzazione delle banche che sarebbero dovute passare sotto il controllo dei soviet; quindi, in aperta opposizione al governo provvisorio, Lenin fu costretto nuovamente all'esilio stavolta in Finlandia.
Il governo continuava a rimanere molto debole e nel luglio 1917 il governo non era soltanto minacciato dai bolscevichi a sinistra, ma soprattutto dai militari sostenuti dallo zar, i quali tentarono sempre nel luglio del ‘17 un colpo di Stato.
Di fronte a questo tentativo poi fallito di colpo di Stato però il governo, guidato allora da Kerenskij, chiede sostegno ai soldati bolscevichi. Il governo aveva dimostrato alla popolazione di essere incapace di agire autonomamente e soprattutto di avere avuto bisogno dell'appoggio dei bolscevichi, il cui prestigio chiaramente inizia a diventare sempre più alto.
Nella notte tra il 24 e il 25 ottobre le forze rivoluzionarie bolsceviche occuparono i punti chiave della capitale, e con la solidarietà dei soldati circondarono il Palazzo d'Inverno e imposero al governo, che si era asserragliato appunto nel Palazzo d'Inverno, di arrendersi (tra l'altro Kerenskij aveva già lasciato Pietrogrado alle prime avvisaglie della rivolta). Per cui di fatto fu sostanzialmente una rivoluzione pacifica e il nuovo governo assunse quindi il potere: il governo provvisorio cadde e quello nuovo assunse il nome di Consiglio dei Commissari del Popolo, e oltre a Lenin le figure principali erano Trotzkij come Commissario degli Esteri e Stalin come Commissario per le Nazionalità.
Le prime decisioni furono delineate nei Decreti di Novembre, che segnarono l'inizio di un nuovo corso rivoluzionario, in cui si faceva appello ai vari popoli e ai vari governi per una pace immediata senza annessioni e senza indennità, e sarà poi la pace di Brest-Litovsk che la Russia firmerà nel marzo 1918 e che le costò la perdita di moltissimi territori.
Nei Decreti di Novembre fu sancita anche la soppressione delle proprietà terriere, la nazionalizzazione delle banche e il passaggio dell'organizzazione delle industrie nelle mani dei soviet, cioè i soviet avrebbero gestito direttamente l'organizzazione delle industrie, l'uguaglianza di tutti i popoli della Russia a qualsiasi nazionalità appartenessero e il loro diritto all'autodeterminazione.
Il problema più grosso era quello relativo alla distribuzione della terra perché la Russia si trovava in una situazione particolarmente difficile, per cui inizialmente la volontà era quella sì di nazionalizzare la terra e di non creare, secondo quella che era l'ideologia marxista, numerosi piccoli proprietari, quindi non mantenere la proprietà privata, ma questo fu impossibile. Per i contadini non era possibile accettare sin da subito, dopo una vita di sottomissione, l'idea di non poter avere nulla in mano, e quindi le terre furono spartite tra i contadini.
Averli liquidato le terre è ciò che ancora oggi molti rimproverano a Lenin, perché fu fatale per la democrazia.
Inoltre a questo punto è evidente che se Lenin, sempre rifacendosi alla dottrina marxista, aveva sostenuto una dittatura (la dittatura del proletariato, quindi la dittatura della maggioranza), invece in questo momento stava realizzando esattamente il contrario: si stava realizzando una dittatura della minoranza, perché Lenin stava affermando la dittatura, seppur temporanea, del partito comunista.
Nel 1918 infatti fu emanata la Costituzione della Repubblica Socialista Federativa Sovietica, che nel 1922 avrebbe poi preso il nome di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietica (URSS). Tutto il potere fu affidato ai soviet, che furono organizzati in termini piramidali: in basso c'erano i soviet locali e provinciali, fino ad arrivare al Congresso dei Soviet dell'Unione, che raccoglieva tutti i rappresentanti dei vari soviet, e l'organo di governo restò comunque il Consiglio dei Commissari del Popolo. Le prime scelte che il governo prese furono in due ambiti: quello relativo alla guerra e quello relativo alla politica agraria.
Per quanto concerne la guerra come già aveva dichiarato nei decreti di novembre eh si doveva aggiungere la necessario concludere la pace a qualunque costo e in questo Lenin né si scontrò con Trotsky il quale riteneva di aspettare che anche nei negli altri paesi d'Europa scoppiassero rivoluzioni analoghe a quella russa; prevalse la posizione di Lenin e appunto la Russia nel il 3 Marzo del 1918 firma la pace di Brest-litovsk che la costringerà a cedere molti territori alla Germania: il territorio dell'ucraina, le province polacche, i paesi baltici e la Finlandia. Questa scelta non fece altro che alimentare l'opposizione ai bolscevichi e il fronte controrivoluzionario si fece sempre più largo e forte, per cui ad opporsi ai bolscevichi non c'erano solo i nobili, ma anche i borghesi, socialisti democratici e in più le potenze straniere finanziavano le cosiddette armate bianche, ossia quelle armate comandate ai generali zaristi le armate contro rivoluzionarie che scesero in campo contro invece l'armata rivoluzionaria (armata rossa).
Fu una lotta durissima, l'armata rossa tra l'altro era solo appoggiata dalla cosiddetta polizia politica, mentre l'armata bianca aveva il sostegno delle potenze occidentali, che spinsero anche per adottare il blocco economico nei confronti della Russia e soprattutto a stringere accordi con i paesi confinanti in modo da creare un cordone sanitario che mirava a impedire la diffusione in occidente della cosiddetta "epidemia civica" . Questi tre anni, dal 1918 al 1920, che furono detti appunto "il triennio del comunismo di guerra", furono particolarmente difficili: il problema più drammatico rimase quello alimentare, di cui la soluzione temporanea fu quella di distribuire la proprietà dei terreni ai piccoli contadini, in modo da aumentare il numero dei piccoli proprietari. Questo tipo di politica non riuscì a risolvere il problema perché questi contadini, che finalmente grazie dei decreti di novembre si erano liberati dai gravosi canoni di affitto, non si preoccupavano più di produrre per il mercato quindi si accontentavano di produrre solo ciò che serviva per la loro sussistenza e quindi lo scambio di prodotti venne gradualmente a diminuire, con delle conseguenze gravissime soprattutto per le popolazioni cittadine che cominciarono a soffrire la fame. A ciò si deve aggiungere che la Russia dovette cedere per la pace le regioni cerealicole dell'ucraina.
Nel 1920 la Pravda pubblica un articolo che fa capire molto bene quanto il prezzo pagato dalla popolazione fosse altissimo: i lavoratori delle città e in parte dei villaggi si toccano per la fame, le ferrovie non funzionano, le case si guastano e cadono in rovina, le città sono cumuli di sporcizia, all'epidemia di fondo nella morte miete vittime dappertutto, l'industria è distrutta.
La situazione è gravissima e drammatica ci sono delle proteste che vengono soffocate nel sangue e Lenin di fronte a questa situazione si rende conto che non è più possibile andare avanti in questa direzione, ma che è assolutamente necessario interrompere questo comunismo di guerre, quindi introduce una nuova politica economica che verrà definita con l'acronimo NEP, che sostanzialmente consisteva nell'adozione di un liberismo moderato controllato dallo stato, una sorta di compromesso tra nuovo e vecchio, una sorta di liberalizzazione regolamentata del sistema economico. Era però troppo tardi, perché secondo le statistiche in quegli anni morirono a causa della della fame 5 milioni di uomini.
Per quanto concerne le istituzioni l'apparato istituzionale che si creò dopo la rivoluzione d'ottobre fu un apparato lecitamente gerarchico, per cui anche i soviet, i comitati operai di fabbrica che erano abituati a gestire a gestirsi autonomamente, divennero degli alla fine degli organi esecutivi. Era organizzato dall'alto secondo un principio di centralismo democratico che sicuramente sarebbe dovuto essere un approccio temporaneo per poi passare ad altre condizioni. Sicuramente veniva meno l'ideologia marxista secondo la quale la dittatura sarebbe dovuta essere temporanea e della maggioranza, invece qui è appunto vi era il partito comunista che gestiva tutto dall'alto, quindi questo questo partito divenne depositario di un potere pressoché assoluto, per cui ogni diciamo ogni fazione che dissentiva dalla volontà del partito veniva messo al bando, quindi quelli che venivano definiti nemici interni erano assolutamente equiparati ai cosiddetti nemici esterni, insomma venivano messi al bando tutti coloro che si allontanavano dall'ideologia dominante. Alcuni principi fondamentali del codice vecchio del partito comunista come l'uguaglianza tra i cittadini e il riconoscimento per tutti del diritto al lavoro e all'assistenza sociale portarono delle riforme fondamentali.
L'unione delle repubbliche socialiste sovietiche era uno stato a base federale che funzionava attraverso i soviet e al vertice e i rappresentanti dei soviet si riunivano nel Congresso dei soviet dell'unione, al vertice di tutta questa struttura statale ritroviamo il politburo, ossia l'ufficio politico composto da quattro membri che erano Lenin, trotsky, Sverdlov e Stalin, che era l'organo più importante del sistema statale sovietico.
La capitale dell'unione sovietica dal Marzo del 1918 era stata trasferita da Pietrogrado a Mosca, per sottolineare la centralità euroasiatica dell'unione sovietica.
Nel 1924 muore Lenin e per la prima volta nella storia moderna era stato creata in un paese una forma non borghese di Stato. Si hanno due differenti visioni politiche: da un lato quella di Stalin e dall'altro quella invece di di Trotsky che aveva come obiettivo il miraggio di una rivoluzione mondiale che appariva sempre più utopistica. La visione di Stalin appariva ed era effettivamente una visione per certi aspetti più realistica, ossia riteneva che si dovesse realizzare il socialismo in un solo paese. Quindi prevalse la linea di Stalin e Trotsky fu espulso dal partito e costretto a fuggire in Messico, dove poi venne assassinato da da un sicario. L'emarginazione di trotskisti pose le premesse del potere personale di Stalin, che già all'inizio degli anni 30 aveva dato il via al primo piano quinquennale, perché l'industrializzazione era ritenuta fondamentale per la realizzazione di una società nuova. L'agricoltura fu organizzata attraverso le grandi aziende collettive, i Kolchoz, in cui veniva organizzata la distribuzione della terra: tra il 29 e il 30, milioni di contadini furono deportati laddove serviva manodopera e tutti coloro i quali si opponevano venivano arrestati, fucilati oppure venivano deportati deportati nei gulag, cioè campi di lavoro forzato che si formarono all'inizio degli anni 30 e che rimasero attivi fino fino al all'inizio del fino al 1960. Inizialmente erano destinati ai criminali comuni, poi anche agli oppositori politici, che venivano eliminati attraverso una serie di processi sommari che presero il nome di "purghe staliniane" ed è proprio attraverso le questi che Stalin represse gli avversari politici.
L'epoca di Stalin portò un governo che più che ricordare i principi marxisti, ricordava le le tradizioni dispotiche della Russia zarista. Si aggiunse lo stalinismo ovvero un'insieme di autoritarismo che caratterizzò l'epoca di Stalin, oltre al culto del capo Stalin, che voleva essere concepito come il padre del popolo.
A partire dalla seconda metà degli anni 30 la produzione industriale fu triplicata, anche se Stalin investì quasi totalmente nell'industria pesante, quindi questo processo di industrializzazione avvenne a danno dell'industria leggera, comportando una serie di severe rinunce sul piano dei consumi.
La Russia diventò soprattutto dopo il il secondo piano quinquennale, quindi nel giro di pochi anni diventò il secondo paese più industrializzato del mondo dopo gli Stati Uniti, raggiungendo il livello di industrializzazione che gli altri paesi avevano raggiunto nel corso di secoli.