Sinagoghe

Ad Ancona vi sono 2 sinagoghe, quella sefardita e quella italiana. Sono alloggiate in un unico edificio in via Astagno, nel cuore dell'antico ghetto. Delle prime non si hanno molte notizie, sappiamo soltanto che quella italiana venne fatta demolire perché troppo vicina ad una chiesa cristiana, mentre quella sefardita era situata al porto, accanto ad una moschea, a simboleggiare il carattere cosmopolita della repubblica marinara.

La Sinagoga italiana

La Sinagoga italiana ha l’ingresso in comune con la sinagoga di rito levantino ed è situata sotto di essa, dopo un’ampia scalinata introdotta da una vetrata. Le panche per i fedeli sono addossate alle pareti ed altre corrono parallele alle prime, in modo da consentire di seguire le varie fasi delle funzioni. In alto a sinistra è presente il matroneo, schermato da grate.

Questa sinagoga è a struttura bipolare: entrando, si ha di fronte il prezioso aròn, con ante dorate a motivi floreali, che è il luogo dove è custodita la torah e che nelle sinagoghe è sempre rivolto ad est, verso Gerusalemme. Lo fiancheggiano due colonne tortili e scolpite, con larghe foglie dorate, che richiamano la vite, un frutto altamente simbolico nella cultura ebraica. Sono presenti altre foglie dorate in fuga sui lati che creano un effetto di fondo e una trabeazione ricca di ornati crea la parte alta dell’aròn.

Tra le porte d’ingresso è invece la tevà, chiusa tra le colonne, con capitello composito, del ricco baldacchino. È impreziosita da pannelli decorati con motivi vegetali in oro su fondo azzurro, di probabile influenza iberica. Tale colore ha anche un significato particolare nella cultura ebraica: richiama infatti i colori bianco e blu cobalto presenti nelle frange rituali raccomandate nella Bibbia per la preghiera: l’azzurro rappresenta la Giustizia di Dio mentre il bianco la Misericordia di Dio. Gli arredi lignei risalgono alla fine del Cinquecento e rappresentano un precoce esempio di barocco italiano, questo significa che il committente e le maestranze che vi hanno lavorato, che non erano ebraiche e che erano sicuramente dei grandi ebanisti, hanno intercettato e cavalcato al meglio il gusto del primo barocco. Il Barocco è teatrale, è scenico. e non è un caso che la sinagoga sia stata arredata secondo il gusto di questo stile, questo vuol dire che, anche se situata nel ghetto, sia le maestranze non ebraiche sia il committente ebraico sono stati capaci di intercettare il nuovo stile, creando una straordinaria osmosi tra la realtà minoritaria ebraica e la realtà maggioritaria cristiana dell’epoca, dando vita a una perfetta sintesi tutta italiana.

L’arredo di questa sinagoga, risalente al 1597, proviene da quella, sempre di rito italiano, fatta demolire nel 1932 durante il Fascismo per creare il nuovo Corso Stamira. Si trovava infatti all’inizio di via Astagno ed era stata trasferita lì dall’originaria via del Gozzo. La vicinanza della sinagoga e dei canti che da lì provenivano disturbavano le funzioni in chiesa. Il Consiglio cittadino, pur autorizzando il trasferimento, obbligò la confraternita a farsi carico delle spese per la sistemazione del nuovo oratorio.

La Sinagoga Sefardita

Fu inaugurata il 14 settembre 1876, dopo la demolizione della precedente di rito spagnolo levantino (1549-1860) affacciata sul mare. Nelle sinagoghe di tutto il mondo si officia sempre in ebraico, lingua santa. Oltre alla preghiera la sinagoga è anche luogo di studio: per questo la luce con lampade e vetrate è importante. Oltre ad alcune diversità liturgiche, la differenza principale tra il rito sefardita e quello italiano si ha nella pronuncia dell’ebraico nella preghiera e nella lettura della torah. Si riscontra anche una diversa posizione degli arredi: l’aron ed il tevà. Nella sinagoga di rito italiano si privilegia una disposizione bipolare con panche longitudinali, in quella sefardita una disposizione di solito centrale.

La tevà è situata davanti al monumentale aròn, su un ampio piano sopraelevato. Sono presenti cinque colonne su ogni lato, di legno dipinto a finto marmo rosso levanto che risalta sul fondo verde; hanno profonde scanalature e sono sormontate da capitelli corinzi dorati. La struttura lignea, imponente e barocca, è sormontata da una grande corona, sotto la quale corre la scritta in ebraico “Per coloro che seguono la Torà”. È impreziosita dalle antine di argento sbalzato (non comuni in Italia) che chiudono l’aròn, che probabilmente risalgono all’epoca del rabbino Bàsola (1549), segno evidente di gusto spagnolo e della prosperità di cui godeva, ai tempi della sinagoga sul mare, la comunità sefardita. Le finestre del primo ordine sono ad arco, le laterali schermate dalle grate del matroneo. In corrispondenza di una di esse, a destra, dove c’era l’organo, è stato sistemato il balconcino di legno intagliato e dorato, della tevà di Pesaro. Il balconcino costituiva l’ornamento della tevà, cioè del podio o tribuna, alla quale si accedeva da una doppia scala e dove trovavano posto l’officiante e nelle sinagoghe di rito spagnolo, come quella di Pesaro, i cantori del coro. Presenta una raffinata decorazione intagliata e dorata che si sviluppa in modo simmetrico partendo dal centro con un elegante intreccio di racemi floreali. Sempre dalla Sinagoga sefardita di Pesaro proviene un monumentale aròn ligneo oggi conservato nella Sinagoga di Livorno, datato 1708 e opera autografa dell’intagliatore Angelo Scoccianti. Per le affinità nel disegno dei motivi decorativi con l’aròn di Livorno e sopratutto per l’esecuzione impeccabile degli intagli anche questa tevà potrebbe essere attribuita ad Angelo Scoccianti o alla sua bottega. E’ difficile pensare che la Comunità Ebraica di Pesaro, dopo aver commissionato ad Angelo un’opera così significativa come l’aròn e visto l’eccellente risultato abbia deciso di assegnare la realizzazione della tevà a un altro intagliatore. E’ quindi probabile che lo Scoccianti abbia realizzato anche questa pregevole opera come è probabile che abbia lavorato anche per altre comunità ebraiche nella regione, essendo queste da sempre molto legate fra loro. Anche in questo caso la sinagoga custodisce un capolavoro del barocco italiano e testimonia quella sintesi tutta italiana e quella felice osmosi, di cui parlavamo prima, tra due realtà, quella ebraica dei committenti e quella cristiana qui rappresentata da una delle più importanti maestranze nell’arte dell’intaglio attive in quel periodo tra Roma e le Marche.

Gli aspetti decorativi di tutte le sinagoghe sono caratterizzati esclusivamente da motivi geometrici e vegetali, come anche nelle Moschee. Infatti, per gli ebrei il monito a non raffigurare Dio ed il creato compare nella Bibbia, nel libro dell’Esodo (20, 4-6), ed è rivolto dall’Altissimo a Mosè sul Sinai “Non avrai altro Dio all’infuori di me. Non fabbricarti nessun idolo e non farti nessuna immagine di quello che è in cielo,sulla terra o nelle acque sotto la terra”.