Europa

A Cura del Senatore Alberto Maritati

Forse non sapevate che...

L'Unione è l'Europa che viviamo tutti i giorni. È entrata nel nostro quotidiano da decenni e spesso lo ignoriamo. Magari per abitudine oppure perché non ci siamo resi conto della dimensione reale, concreta dell'Europa. A forza di sentir parlare di bisticci sugli 'zero virgola' e della crisi, l'Europa è apparsa, sempre di più, con il volto della complessità delle istituzioni, dei vertici politici, dei finanziamenti spesso mal utilizzati o perduti, dei troppi vincoli. Invece, esiste anche un altro volto, l'Europa vicina a noi, fatta di risultati concreti che hanno cambiato, in meglio, tanti aspetti della nostra vita e ci hanno avvicinato come europei.

Ecco uno "Zibaldone" di quest'Europa comprensibile, concreta e amica.

Pochi esempi, presi un po' a caso, ma sicuramente tangibili, per riflettere e farci comprendere che, se i suoi assetti di fondo e i meccanismi sono da riformare,

L'Unione Europea non è per nulla da buttare

  • Perché abbiamo l’Euro e la tessera sanitaria europea nel nostro portafoglio.
  • Con l’Euro quando viaggiamo non dobbiamo cambiare moneta e pagare commissioni.
  • Con la tessera abbiamo diritto in viaggio all’assistenza sanitaria ospedaliera in ogni stato dell’Unione.
  • Perché possiamo non pagare i mutui per casa e auto a tassi d’interesse troppo elevati come accadeva negli anni Novanta. Grazie all’azione della BCE, ad esempio, possiamo compare un’auto con un prestito a tasso quasi zero.
  • Perché abbiamo il cibo più sicuro e controllato al mondo. Con pazienza ma con trasparenza potete leggere al supermercato - ma anche al mercato rionale - da dove viene l’alimento che state acquistando, la sua tracciabilità.
  • Perché l’Europa è lo Sherlock Holmes del controllo del cibo. Se qualcosa va storto, c’è un sistema di allerta rapido che in tutta l’Unione consente tramite scambio di informazioni di bloccare il prodotto a rischio. Adesso l’etichettatura è attenta anche alle nostre allergie.
  • Perché abbiamo i giocattoli con il marchio CE che garantiscono i più alti requisiti di sicurezza per i nostri figli: dall’imballaggio alle sostanze chimiche utilizzate. Anche qui abbiamo gli standard più elevati al mondo.
  • Perché se abbiamo acquistato un prodotto difettoso, possiamo chiedere di sostituirlo e abbiamo diritto a 2 anni di garanzia. Se l’acquisto è online possiamo restituirlo entro due settimane ed esiste una tutela extragiudiziale in caso di controversie tra consumatori e imprese.
  • Perché se viaggiamo in aereo ma anche in nave, in caso di ritardo e cancellazioni, abbiamo diritto ad essere rimborsati.
  • Perché con l’Europa possiamo finanziare anche le nostre idee. Ad esempio con “Europa creativa” per registi, musicisti, attori o scrittori che vogliono ampliare il loro pubblico, ma anche proteggere l’ambiente con progetti ‘Life'.
  • Perché quando ci troviamo all’estero e non c’è un’ambasciata italiana possiamo chiedere aiuto in una qualunque rappresentanza di un paese UE.
  • Perché da giugno 2017 con il portatile potremo telefonare, inviare sms e utilizzare i dati senza costi aggiuntivi tra un paese e l’altro dell’Unione.
  • Perché abbiamo un numero unico per le emergenze in tutta l’Unione: il 112.
  • Perché abbiamo giovani che da trent’anni vogliono partecipare al programma Erasmus. Quattro milioni si sono formati studiando per un periodo in un altro paese dell’Unione allargando gli orizzonti linguisti, culturali e possibilità di lavoro e carriera.
  • Perché possiamo utilizzare ‘Eures’, il portale europeo per la mobilità professionale, per cercare lavoro.
  • Perché in fin dei conti il lavoro degli “euro burocrati” costa ad ogni cittadino europeo 1.40 Euro al mese e cioè un chilo di mele o un litro di latte.
  • Perché per costruire tutto questo e molto di più da SESSANT’ANNI la Comunità prima e l’Unione poi ci garantisce la pace.

Ecco perché l'Europa non è da buttare

Se tutto ciò è vero, qual è la risposta che dovrebbe scaturire da parte dell’Europa?

Per tentare di dare una risposta convincente è necessario distinguere concettualmente il problema: c’è indubbiamente bisogno che, in attesa di un completamento e di una revisione della struttura istituzionale dell’Europa (Parlamento, Commissione, Consigli …), gli attuali organi istituzionali, pur nella loro “debolezza” svolgano una politica la più accorta ed incisiva possibile, per evitare quanto meno le più gravi omissioni o ritardi nel fronteggiare temi e problemi assai gravi:

  • lavoro, riduzione del divario tra ricchezze concentrate nelle mani di pochi; Sviluppo che aiuti i vari governi a fronteggiare questo nodo sociale
  • emigrazione e conseguenze complesse e profonde che questo fenomeno produce sul tessuto sociale, economico e della sicurezza;
  • sicurezza, come forte esigenza e valore che viene sempre più avvertito e preteso da un numero crescente di europei” Polizie comuni, magistratura comune e Forze armate Europee

Questi in sintesi gli obbiettivi ed i compiti strettamente politici che gravano sulle Istituzioni Europee, verso le quali, con molta sincerità, tra le varie popolazioni d’Europa, la fiducia progressivamente, sembra si vada assottigliando.

A questo punto deve svilupparsi il fattore ideale che necessita di nuove spinte provenienti dalle nuove generazioni alle quali noi dobbiamo rivolgerci dedicando la maggiore cura possibile.

Il nostro impegno di “Europei convinti”, non può che svilupparsi sul terreno culturale ed ideale. Noi dobbiamo impedire in sostanza che i nostri giovani arrivino ad un malaugurato referendum impreparati.

Non ho mai pensato che nelle scuole o dovunque si debba favorire lo sviluppo della conoscenza e della cultura, sia lecito “trasmettere” verità! Ciò non è compatibile con il pensiero laico e libero, come viene garantito e protetto dalla nostra Costituzione. Ciò che però la scuola deve assicurare è la conoscenza dei fatti, della Storia prima di ogni altro e quindi i processi liberi di apprendimento dei fatti e dei problemi che ad essi si collegano.

La conoscenza delle radici storiche e politiche dell’Europa è decisamente incompleta o assente in larghe fasce anche delle classi medie, e la Scuola fino ad oggi ha fatto molto poco o nulla.

Questo nostro impegno peraltro svincolato da motivazioni politiche o da prospettive di interessi politici di gruppi o di singoli, è frutto di una coscienza, e appartenenza al Popolo Europeo reso forte dai valori fondamentali su cui si fonda l’impianto Costituzionale del nostro Paese e quindi della stessa Europa.

Non ho una visione “iperbolica” della forza di convinzione che possa scaturire dai corretti percorsi formativi ma sono certo che un gruppo di docenti preparati ed impegnati a favorire una corretta conoscenza della Storia e dei più importanti problemi che oggi incombono sugli Stati moderni, possano valere molto più di proclami o delibere adottate da parlamenti o commissioni, in assenza di una coscienza e cultura Europea.

Altiero Spinelli acutamente preconizzò che sarebbe stato possibile realizzare gli Stati Uniti d’Europa solo quando vi sarebbe stato un Popolo Europeo.

Eccoci quindi a parlare di Europa

Cosa possiamo dire quindi a chi ci chiedesse… cos’è l’Europa e da dove viene fuori questa Entità sovranazionale?!

Ciò che contraddistingue dal punto di vista geografico l’Europa, e in particolare la Comunità europea, è un certo numero di caratteristiche geografiche, con un dato essenziale che è la diversità nonostante l’abbondanza di foreste in epoca antica e alto-medievale, non c’è parte del suo territorio che non sia stata a lungo e in prevalenza occupata da pianure, da terre coltivabili, da steppa o da montagne. La prima caratteristica a imporsi in Europa è dunque la diversità, e questa diversità, che si manifesta allo stesso tempo in un altro campo privilegiato, quello della cultura, dell’alimentazione e della cucina, impedisce però all’Europa di diventare uno Stato uniforme: essa è votata alla diversità delle regioni e dei costumi, e questa diversità, coniugata ai tratti comuni che stiamo per delineare, rappresenta la sua ricchezza.

Non possiamo certo trovare nessuna traccia della Europa nei tempi della preistoria, ma gli studi più seri ci dicono che la comparsa dell’uomo è avvenuta probabilmente in Africa, che la nascita dell’agricoltura è avvenuta in Asia e che l’unico fenomeno comune agli europei di oggi in età preistorica è la presenza un po’ dovunque nell’attuale territorio europeo (tra 150.000 e 35.000 anni fa) dell’uomo di Neanderthal, che si distingue (rispetto agli altri ceppi degli umanidi) per gli insediamenti all’aria aperta, fuori dalle grotte, per un embrione di idee religiose, di pratiche funerarie, e per lo sviluppo dell’arte rupestre (…quasi una civiltà!)

Saltando velocemente

La storia dell’Umanità e delle Istituzioni nelle varie forme di organizzazione sociale si svolge in tempi assai lunghi, e ciò risulta ancora più evidente nella preistoria.

In tempi così lontani non è possibile rinvenire alcuna concreta traccia neppure embrionale dell’area geografica che acquisterà il nome “Europa”, ma, gli studiosi hanno registrato un dato al quale, nell’ambito del nostro sforzo di ricostruzione delle origini Europee, potremmo attribuire un certo interesse.

La comparsa dell’uomo sulla Terra è avvenuta probabilmente in Africa, mentre la nascita dell’agricoltura viene collocata in Asia.

L’unico fenomeno comune agli europei di oggi, è individuato nella circostanza che, in età preistorica, un po’ dovunque nell’attuale territorio europeo (tra 150.000 e 35.000 anni fa) si registra la presenza dell’uomo di Neanderthal, che si distingue per gli insediamenti all’aria aperta, fuori dalle grotte, per un embrione di idee religiose, di pratiche funerarie, e per lo sviluppo dell’arte rupestre.

Inoltre, verso la metà del V secolo a.C., tre popolazioni di diverso tipo portano la propria civiltà in Europa e vi lasciano una loro eredità: gli sciiti, gli iberi e i celti. La storiografia moderna recente ha dimostrato che questi popoli erano tutt’altro che selvaggi, contrariamente a quanto ritenevano i romani ed i loro successori che li indicavano con il termine di barbari.

Al contrario, il loro contributo alla civiltà comune europea è stato di un’importanza comparabile a quella dei greci e dei romani.

Vi chiederete cosa possa volere dire ciò affrontando il già complesso tema della Europa.

Nulla di specifico, ma lo studio delle origini storiche ed un indubbio “orgoglio europeo”, ci spinge a considerare anche questi lontanissimi avvenimenti.

Ma l’esistenza degli esseri e delle cose è abbastanza strettamente legata alla comparsa di un nome. Ed infatti, è nel mondo della filosofia greca che appare per la prima volta il nome Europa, nel V secolo a.C., ed in particolare nell’ambito che all’epoca rappresentava ciò che c’era di più sacro: la mitologia. È in quell’epoca che si diffonde il mito della ninfa Europa, rapita in Oriente dal sovrano degli dei greci, Zeus, che la trasportò in Occidente.

Le origini orientali, il legame tra l’Oriente e questo Occidente che diventerà l’Europa, continueranno in modo più o meno rilevante. Anche se nel corso della storia l’Europa ha stabilito relazioni privilegiate con l’Africa (purtroppo soprattutto con la colonizzazione), con l’America del Nord dove ha trasferito una forma originale di democrazia, il cui insieme formerà l’Occidente con un ramo europeo e uno americano,

È certo tuttavia che è in Grecia e nel mondo ellenico che compaiono le prime civiltà avanzate, come quella micenea, che si afferma a partire dal XVIII secolo a.C.

La civiltà propriamente greca lascia in particolare all’Europa nel suo insieme, due eredità fondamentali. La prima è di natura politica: le città greche, il cui modello più brillante fu Atene; fenomeno che perdura ancora oggi con il nome di democrazia politica, nella quale ognuno è cittadino, (anche se nelle città greche antiche quell’uguaglianza non valeva per le donne, per gli stranieri e per gli schiavi. La disuguaglianza tra uomini e donne, i diritti negati o ridotti agli immigrati sono per questo i resti di un arcaismo del quale l’Europa fa ancora fatica a disfarsi in modo completo e definitivo, ma che deve essere relegato a quei lontani trascorsi storici).

È comunque singolare che la “Città”, come istituzione basilare della Democrazia, si sia poi trasferita e sia stata adottata, proprio nei Paesi dell’area “Europa” dove ha rappresentato appunto l’embrione della struttura dell’organizzazione sociale e l’embrione di quella che dopo la configurazione e la nascita dello Stato moderno, sarà appunto lo “Stato Democratico”, che tutt’ora ha in prevalenza la sua sede in Europa.

È ben vero che già nell’epoca storica cui ci riferiamo, anche in Oriente si formavano città anche di rilevante entità, ma non ebbero mai la struttura né gli ordinamenti delle Città greche.

Il secondo lascito dell’antica Grecia a tutta l’Europa fu quello del “pensiero razionale”. Anche se la lingua greca non è mai stata conosciuta in certi paesi europei e in altri finì rapidamente nell’oblio, la sua presenza, grazie alle scuole, all’etimologia, alle abitudini di ragionamento, si diffuse nell’Europa intera.

La successiva ondata storica che ricoprì e impregnò profondamente l’Europa fu quella del cristianesimo. Arrivò con la conversione dell’imperatore romano Costantino nel IV secolo.

Ma, dai tempi di Carlo Magno (morto nell’814), se non prima, tutti gli europei furono cristiani o meglio divennero europei convertendosi al cristianesimo (germani, scandinavi, slavi, ungheresi, fino ai lituani nel XIII secolo).

Carlo Magno, pur restando un franco per nazionalità e pur avendo lo sguardo rivolto al passato dell’Impero romano, aveva in mente una specie di accademia letteraria e filosofica europea, radunando intorno a sé irlandesi, germani, franchi, spagnoli, italiani.

Nel corso del Medioevo furono soprattutto alcune opere colte e particolari istituzioni scolastiche a formare gli elementi essenziali di una civiltà comune europea. L’opera colta era l’enciclopedia. Il Medioevo europeo, in particolare il XIII secolo, fu un’epoca di enciclopedie.

L’istituzione scolastica era l’università, che riuniva maestri e studenti, costituendo facoltà che insegnavano dovunque le arti liberali venute dal passato romano e che realizzavano una specie di propedeutica: erano in numero di sette, tre inferiori, grammatica, dialettica e retorica, e quattro superiori, geometria, aritmetica, astronomia e armonia (la musica).

Accanto alla Facoltà delle arti, che si ritrova in tutte le università, in alcune città ne nacquero altre più specializzate. Quella di teologia divenne caratteristica dell’Università di Parigi; quella di diritto più famosa era a Bologna, dove era attiva dalla seconda metà del XII secolo, essendo la prima università europea; la Facoltà di medicina fu per esempio dominante a Montpellier.

Le università furono una creazione essenziale per l’Europa, diffondendosi gradualmente in tutto il mondo cristiano. Nel XIII secolo, in Francia a Parigi, poi a Tolosa e Montpellier, in Inghilterra a Oxford e a Cambridge, in Spagna a Salamanca, in Portogallo a Coimbra. Praga, in Boemia, nacque nel 1347, Heidelberg in Germania nel 1385, Cracovia in Polonia nel 1364, St. Andrews in Scozia nel 1413, Uppsala in Svezia nel 1477 e Copenaghen in Danimarca nel 1478.

Le università svolsero una funzione essenziale nella formazione dell’Europa.

Prima con l’uniformità della loro costituzione e del loro funzionamento, poi con il nomadismo di docenti e studenti da una sede all’altra, a lungo favorito dal fatto che la lingua di tutte le università europee era il latino, ma che continuò in una certa misura anche dopo l’adozione delle lingue vernacolari (come ricorda attualmente il nome delle borse “Erasmus”). D’altra parte, questa diffusione delle università su tutto il territorio europeo contribuì a dare forme di ragionamento e di pensiero simili a tutti coloro che le avevano frequentate in qualsiasi paese europeo.

Il XV secolo fu probabilmente decisivo per l’affermazione dell’Europa. Oltre ai numerosi impulsi unitari ricordati, va anche citato ciò che mise in pericolo quell’unità. Una comunità si forma anche attraverso le guerre, e ne esce vincente se sa trasformare la iniziale divisione e contrapposizione in una diversità, non conflittuale.

L’Europa subì quella divisione dall’Impero romano e dall’antichità: era la contrapposizione tra un Occidente che parlava latino e un Oriente che parlava greco.

Per effetto di tali grandi avvenimenti vi furono alti e bassi nel processo di formazione originaria dell’Europa. Negativa fu la grande separazione che sembrò definitiva, nel 1054, tra un cristianesimo latino occidentale e uno greco orientale, detto ortodosso.

Tra l’Europa dell’ovest e quella dell’est, la storia pose ancora una grande prova nel XX secolo, con la costituzione del mondo comunista.

Oggi, però, l’Europa antica, per metà latina e per metà greca, è davvero l’antenata di una Comunità europea che mostra di sapere trascendere le diversità delle lingue e delle religioni.

Anche se il cristianesimo resta per l’Europa medievale il grande elemento di unità, bisogna sottolineare che dopo la difficile prova nel XIV secolo dello scisma della Chiesa cristiana tra due o tre papi, l’Europa seppe ritrovarsi tutta intera ai concili di Costanza (1414-18) e di Basilea (1431-37).

Indichiamo poi due testi del XV secolo che dimostrano come la coscienza europea si andasse ormai affermandosi, anche se l’Europa concretamente restava divisa. Paradossalmente è un sovrano eretico, il re hussita di Boemia, Giorgio di Podebrad, a redigere nel 1462 un progetto di Europa unita: è il progetto più antico del genere.

Il Pensiero Alto con l’Illuminismo

Proudhon

Non possiamo certo in questa sede percorrere la storia del Federalismo Europeo, ma sembra utile ricordare il pensiero di Proudhon per mostrare come comincia ad illuminarsi l’aspetto meno noto della storia europea dopo la rivoluzione francese.

Nel pensiero di Proudhon non c’è soltanto il «federalismo integrale» (economico, sociale e politico), ed una visione del socialismo democratico, ( quello in sostanza che non sacrifica il “fine” della libertà umana, al “mezzo” della proprietà).

In Proudhon c’è anche una critica dello Stato nazionale e delle relazioni internazionali che giunge sino al punto concreto della critica decisa dell’idea di nazione.

Proudhon fu così lungimirante da prevedere quali limiti pericolosi per le libertà, avrebbe generato lo Stato nazionale, in assenza dei necessari correttivi della democrazia locale e della democrazia europea. (Vale a dire le autonomie regionali o provinciali e le identità degli Stati consociati o federati).

In una pagina troppo dimenticata egli ha scritto testualmente che la nazione francese (la «nazione» per eccellenza) non esiste, che la Francia è il raggruppamento artificiale, politico, di quindici nazionalità. Questa affermazione poteva sembrare, fino a qualche anno fa, una boutade. Ma la sua verità sta ormai di fronte agli occhi di tutti perché la crisi storica dello Stato nazionale ha fatto ricomparire, in Francia, le nazionalità brettone, basca, occitanica, mostrando quanto ci fosse di artificiale non solo nella chiusura della vita politica in uno Stato centralizzato ed esclusivo, nella separazione degli interessi dei lavoratori dei diversi paesi europei

Kant

La Federazione Mondiale come strumento di Pace. Il progetto di una federazione o di una repubblica mondiale è stato concepito e formulato da Kant nel suo saggio sulla pace perpetua nel 1795. Il sogno della pace universale è una vecchia idea. Essa risale alla filosofia stoica e al cristianesimo.

È stato ripreso nel Medio Evo da Dante, ma il progetto di Kant, elaborato durante la Rivoluzione francese, alle soglie dell'era della democrazia e del nazionalismo, è profondamente differente da tutti i progetti precedenti. Esso non era concepito come una proposta da sottomettere a un imperatore capace di unire un gruppo di Stati entro le frontiere di un impero o a governi o diplomatici per realizzare un migliore equilibrio di potere. Kant sostiene l'idea che la pace universale e permanente presuppone il superamento della sovranità degli Stati e dell'anarchia internazionale e la formazione di una federazione che abbracci poco a poco tutti i popoli della terra.

La visione della pace secondo Emmanuel Kant

Kant non pensa ad una Pace come l'intervallo tra due guerre (pace negativa).

Purtroppo questa nozione della pace (provvisoria) è ancora dominante, a parte qualche eccezione, nella cultura politica contemporanea. Lo stato di pace, secondo Kant, non è uno stato naturale, piuttosto è qualcosa che deve essere istituito (garantito) attraverso un ordine legale imposto da un'autorità mondiale superiore a ogni singolo Stato (pace positiva).

L'attualità del pensiero di Kant

Se quanto sopra è corretto, allora possiamo trarre un conclusione importante.

La tradizione kantiana, rimasta latente durante l'era del nazionalismo, è stata rilanciata nella nuova fase della storia del mondo iniziata con la fine della guerra fredda.

Numerosi studiosi, tra cui Jürgen Habermas, sostengono che l'idea di Kant di una Repubblica federale mondiale può rappresentare una valida risposta ai problemi che determina la globalizzazione e la crisi dello Stato nazionale sovrano.

Pertanto la creazione di nuove forme di statualità (in particolare gli Stati Uniti come Soggetto sovranazionale) a livello mondiale sembra essere la sola alternativa al dominio del sistema di mercato e alla diffusione della violenza.

Gli obiettivi universali della costituzionalizzazione delle relazioni internazionali e della democrazia internazionale offrono all'uomo contemporaneo un principio guida nella crescente confusione creata dal processo di globalizzazione.

C'è un numero crescente di problemi vitali, per la gran parte dei popoli, che anche lo Stato più potente è incapace di risolvere da solo. È là che affondano le radici della crisi dello Stato sovrano e il bisogno che ne deriva di Entità sovranazionali e di sviluppo di organizzazioni internazionali. (è sufficiente pensare ai temi delle migrazioni, dello sviluppo per combattere la fame, il terrorismo islamico ed il tema dell’ambiente)

D'altra parte esiste già una rete fitta di organizzazioni internazionali, dall'Onu, al Fondo monetario internazionale, all'Organizzazione mondiale del commercio.

Anche se con costituiscono un governo mondiale, esse lo anticipano, fornendo una in equivoca prova di “fattibilità), proprio come la Comunità europea e l'Unione europea sono istituzioni precorritrici dei possibili Stati Uniti d’Europa.

La Corte penale internazionale, che ha inaugurato una nuova generazione di istituzioni internazionali, è particolarmente rilevante, nella misura in cui il suo obiettivo è l'applicazione del diritto internazionale agli individui. Per tali ragioni avanzo l'idea che essa possa essere considerata come un primo passo sulla via della federazione mondiale.

L’Ottocento intanto fu caratterizzato dall’affermarsi di una nuova potente idea. L’idea di nazione, nella fase iniziale tuttavia, come forma evoluta di organizzazione politica e sociale, non pregiudicò il superiore obbiettivo dell’Europa come punto di arrivo avanzato.

Mazzini quando esalta tanto la nazione, la pone tuttavia in connessione strettissima con l’umanità. La nazione è solo un mezzo per il compimento del fine supremo, vale adire l’umanità, che per Mazzini si sostanzia proprio nell’Europa, che propugna formata da Stati nazionali ma assolutamente sovrani e indipendenti in equilibrio tra di loro e governati da un diritto pubblico universale e uniforme (una forma di confederazione di Stati, ma non Stati Federati in un unico e superiore Stato – cioè gli Stati Uniti d’Europa)

Egli non propugnava quindi un’unità politica europea, ma auspicava che ogni nazione europea realizzasse un ordinamento economico complementare a quello delle altre per il maggiore benessere materiale di tutti e la risoluzione dei principali problemi sociali.

A guardare gli ultimi secoli, si vede come le grandi e varie correnti di pensiero dall’illuminismo, al romanticismo, dal liberismo al marxismo e al cristianesimo sociale hanno attraversato tutto il continente e si sono riprodotte in tutti i paesi, seppur sviluppate e coniugate in forme specifiche.

Lo stesso accade per le idee di libertà, uguaglianza e fraternità che la rivoluzione francese fa proprio dallo spirito europeo, ancorandole al nuovo status della cittadinanza.

Anche le moderne culture politiche europee sono transnazionali: i liberali nella loro dimensione cosmopolita, i socialisti nella loro dimensione internazionalista, i movimenti di ispirazione cristiana nella loro dimensione universalista.

Una cultura di fondo quindi senza frontiere, importante sebbene incapace di arginare l’esasperazione dei nazionalismi del ventesimo secolo e facendo propria, su scala europea, la cultura federalista americana.

Contaminazione Europea

Analogamente, la contaminazione europea è stata possibile, oltre che per effetto della rapida diffusione dei libri e della stampa, anche grazie alla rivoluzione nelle comunicazioni, con progressi che hanno reso possibile la registrazione delle immagini (fotografia), del movimento (cinematografia), del suono (grammofono) e poi la trasmissione del suono (radio) e delle immagini nell’etere.

Accanto alla cultura scritta un posto eminente della cultura europea spetta all’opera lirica, fondata sulla collaborazione transnazionale fra gli autori dei libretti e i musicisti; e al teatro, in particolare la Commedia dell’Arte che monopolizza le scene europee per due o più secoli.

Infine, ma non per questo meno importante, un posto di rilievo nella costruzione del comune retroterra culturale europeo spetta alle scienze, dove il dato più significativo sta non solo nei nomi (fra i quali tante di donne, come Marie Curie, a cui si richiama un importante programma comunitario, e Rita Levi Montalcini), ma nella somma dei premi Nobel ricevuti dagli Europei spesso in gruppi di ricercatori.

Le nostre garanzie giuridiche

Chi vive, oggi, in Europa ha modo di fruire e condividere, in ogni paese e quale frutto della sua storia e del contributo collettivo, di regole e leggi, preziosa base della convivenza pacifica, di un’ordinata interazione economica e sociale.

Spesso sono date per scontate come se non discendessero dall’incessante lavoro istituzionale (ieri nazionale, oggi soprattutto europeo), dall’impegno e dalle lotte di chi ci ha preceduto.

Il manifesto di Ventotene

Il Manifesto di Ventoténe, avente titolo originale “Per un'Europa libera e unita”. Progetto d'un manifesto, è un documento per la promozione dell'unità europea redatto da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi e Andrea Colorno, durante il periodo di confino negli anni quaranta, presso l'isola di Ventotene, nel Lazio meridionale. Altri esponenti presenti sull'isola di Ventotene e rappresentanti antifascisti confinati anche loro, contribuirono alle discussioni che portarono alla definizione del testo.

Si tratta del primo documento ufficiale che prefigura la necessità dell'istituzione di un'Unione europea di tipo federalista, con una moneta unica europea, un esercito unico europeo, ed una politica estera unica europea.

Per questi motivi è considerato il testo fondante dell'Unione europea.

Originariamente articolato in quattro capitoli, il Manifesto fu poi diffuso clandestinamente ciclostilato e infine pubblicato, sempre in clandestinità, da Eugenio Colorni che nel 1944 ne curò la redazione in tre capitoli: il primo (La crisi della civiltà moderna) e il secondo, Compiti del dopoguerra e quindi L'unità europea, interamente elaborati da Spinelli, come anche la seconda parte del terzo (Compiti del dopoguerra. La riforma della società), mentre la prima parte di quest'ultimo è stata definita da Rossi.

Il Manifesto propugna ideali di unificazione dell'Europa in senso federale fondandosi sui concetti di pace e libertà kantiana e sulla teoria istituzionale del federalismo hamiltoniano.

Il titolo definitivo con cui l'opera è conosciuta oggigiorno fu assegnato da alcuni giornalisti viennesi.

Il valore del Manifesto di Ventotene risiede nel fatto di individuare con chiarezza che

la linea di divisione fra i partiti progressisti e partiti reazionari non può restare ancora, come nel passato, lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire.

In altri termini, gli estensori del Manifesto si resero conto che era necessario creare una forza politica esterna ai partiti tradizionali, inevitabilmente legati alla lotta politica nazionale, e quindi incapaci di rispondere efficacemente alle sfide della crescente internazionalizzazione. Questa forza politica nacque poco tempo dopo: e fu il “Movimento Federalista Europeo”.

Non era facile in quegli anni cogliere l'importanza di questa nuova impostazione (che poneva nel campo della reazione anche i partiti più "di sinistra", nella misura in cui non riuscivano a porsi su un piano realmente sovrannazionale) tant’è che vi fu chi, come Sandro Pertini, ritirò la firma dal documento su istigazione del suo partito.

L'edizione del 1944 del Manifesto curata da Colorni (che ha scritto inoltre una densa e opportuna prefazione) prese il titolo di "Problemi della Federazione Europea" e reca le iniziali, appunto, A.S. e E.R. Il volume fu stampato dalla Società anonima poligrafica italiana e stampato dalle Edizioni del Movimento italiano per la Federazione europea. Al testo furono aggiunti due saggi di Altiero Spinelli: "Gli Stati Uniti d'Europa e le varie tendenze politiche" della seconda metà del 1942 e "Politica marxista e politica federalista" del 1942-1943.

Dal punto di vista giuridico gli Stati che man mano la costituirono, in ordine cronologico di adesione, furono: ( Germania, Belgio, Francia e Germania 23/7/1952 CECA; Italia Lussemburgo e Paesi Bassi 1/gennaio /12958 CEE; Danimarca Irlanda e Regno Unito 17genneio 1973; Grecia 1/gennaio 1981; Portogallo e Spagna 1/gennaio/1986; Austria, Finlandia e Svezia 1/gennaio/1995; Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria :1/maggio 2004) Bulgaria, Romania 1/gennaio 2007) Croazia 1/luglio 2013),

Tutti questi Stati sono legati tra loro da una serie progressiva e per materie, da accordi internazionali (PATTI).

Da qui il concetto che il fondamento giuridico dell’Europa ha una “base pattizia”.

Accenno telegraficamente ai principali organi istituzionali dell’Europa, perche questo pur importante aspetto dell’intera materia, sarà trattato in modo compiuto ed approfondito dagli altri relatori che cureranno i successivi incontri, come da programma, a voi tutti noto.

  • Parlamento
  • Commissione
  • Consiglio Europeo (composto dai Capi di Governo o di Stato dei singoli Stati membri della Unione Europea)
  • Consiglio della Unione Europea (composto dai ministri di ciascuno Stato e mutevoli in relazione alle singole materie o competenze che il Consiglio tratta volta per volta)
  • Corte di Giustizia
  • Banca Centrale Europea

Guardando al quadro attuale, si possono ricordare:

Che se è purtroppo vero che la Unione Europea manca tuttora di una Costituzione, ha però adottato la Carta Europea Dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e, sulla base di tale importante atto si possono meglio intendere alcuni aspetti e risultati fino ad oggi raggiunti, nonostante ritardi errori ed omissioni.

  • indubbi infatti sono i risultati politici ed economici conseguiti durante i sessantasette anni di integrazione progressiva, discontinua in alcune sue fasi, ma coerente rispetto alle sue finalità originarie, mai frutto di improvvisazioni, ma piuttosto di una lenta e minuziosa ricerca di soluzioni comuni;
  • ricordiamo tra i punti più di rilievo: come assi portanti dei sistemi formativi, le scuole primarie e secondarie, le università, dove all’educazione alla cittadinanza si accompagna la ricerca di una consapevolezza dell’essere europei in storia, geografia, arte e letteratura;
  • i principi e i valori: della dignità umana, della libertà, della democrazia; di non discriminazione e di uguaglianza, in particolare fra uomo e donna; dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani; del pluralismo, della tolleranza, della giustizia e della solidarietà.
  • principi etici e giuridici, sanciti dal Trattato UE e nella Carta dei diritti fondamentali, nonché garantiti attraverso un “federalismo giudiziario”:
  • la collaborazione tra i giudici europei e quelli nazionali, chiamati ad applicare e a far rispettare le leggi dell’Unione, ha consentito il consolidamento di un corpus comune di principi e diritti “comuni alle tradizioni costituzionali degli Stati membri”;
  • un comune sentire fra le dimensioni nazionali, dell’UE e del Consiglio d’Europa rispetto alla tutela dei diritti, nel quale
  • il valore aggiunto dell’Unione Europea sta nell’aver posto sullo stesso piano, da una parte, i diritti politici e civili, e, dall’altra, i diritti economici e sociali, rendendo gli uni e gli altri pienamente tutelabili anche in via giurisdizionale a livello europeo e degli Stati membri, con un patrimonio giuridico che rappresenta una condizione per appartenere all’UE;
  • i diritti e i doveri declinati nelle norme dell’Unione Europea (regolamenti e direttive) che fanno parte degli ordinamenti giuridici nazionali:
  • diritto al lavoro e prerogative dello stato sociale;
  • cittadinanza europea e i suoi diritti;
  • libertà di viaggiare, di stabilirsi in Stati diversi dal proprio di origine, di far circolare i propri prodotti, di prestare servizi e fare investimenti transfrontalieri;
  • trasparenza degli atti e dei documenti delle istituzioni UE, informazione; partecipazione ai processi legislativi e consultazione;
  • protezione dei dati personali;
  • accesso alle risorse finanziarie UE, dato che il bilancio UE appartiene a tutte le cittadine e i cittadini europei e non alle sue istituzioni.

L’Europa nasce quindi sulla base di un forte vincolo di cooperazione economica, (CECA, CEE) lasciando al futuro la integrazione politica (in buona parte ancora da realizzare).

Ancora oggi l’Europa non ha una COSTITUZIONE

Da questa grave carenza strutturale e da ulteriori ragioni che ne sono derivate, oltre che dall’evolversi degli avvenimenti come la crisi economica mondiale, le guerre ed il terrorismo cui hanno poi incrementato il fenomeno delle immigrazioni, gli ideali e le buone intenzioni su cui l’integrazione europea era stata concepita e portata avanti per decenni, sono oggi seriamente in crisi.

Le cause, legate ai problemi che affliggono gli Europei e l’Unione,sono riconducibili a tre aspetti principali:

  • la crescente insicurezza individuale e collettiva, dovuta soprattutto alla mancanza di lavoro e alla debole crescita, che fa riemergere forme
  • esasperate di identità nazionali e locali, rendendo evanescente la costruzione dell’identità europea;
  • il crollo della fiducia reciproca fra i governi e fra i popoli, riflesso di un diffuso timore per il futuro, che mette a re.pentaglio il senso dei diritti/doveri su cui si basa ogni relazione leale e costruttiva;
  • la sensazione delle persone, quali elettrici ed elettori nei sistemi democratici, di contare poco o nulla rispetto a decisioni che reputano indipendenti dalla loro volontà, in mortificante contrasto con i medesimi valori fondanti dell’Unione.

ATTENZIONE: questi fattori sono tuttavia presenti e cause di crisi profonde anche all’interno dei singoli Stati, al punto da sviluppare un più complesso fenomeno che gli studiosi indicano come CRISI DELLA DEMOCRAZIA.

Inoltre, una delle cause determinanti per l’indebolimento dell’Unione Europea, a fronte dei fenomeni epocali più sopra ricordati, è l’incompiutezza di un elemento fondante per qualsiasi comunità sociale: l’identità europea.

Vale a dire: l’identità individuale, di ogni singolo cittadino e di ciascuno Stato membro, che stenta a maturare la piena consapevolezza di essere anche un cittadino ed uno Stato europeo.

Naturalmente, ci riferiamo a un’identità europea che mantenga uniti, rispetti e valorizzi le condizioni concrete dell’unità nel rispetto delle diversità, (l’Unione Europea non mette minimamente in discussione infatti le identità nazionali né quelle regionali dei singoli Stati che la compongono), in armonia con una plurima appartenenza a entità integrate seppure differenti nelle rispettive storie, culture, tradizioni, assetti economici e sociali.

Questa incompiutezza è determinata anche dalla mancanza di una vera e propria cittadinanza europea in senso giuridico e politico.

Sarebbe assai utile porre l’attenzione a quali difficoltà andrebbe incontro il cittadino di uno degli attuali Stati Europei, o anche i singoli stati, fuori dall’Europa … Quale peso politico potrebbe mai avere L’Italia o uno degli altri ventisei Stati dell’Europa, se abbandonassero lo scudo europeo, in un mondo sempre più globalizzato.

Pensiamo a ciò che sta accadendo in questi giorni sul teatro mondiale: gli Stati Uniti d’America con Trump, che interviene nella guerra Siriana, dove sono impegnati militarmente Iran (Aiatollà) Russia e Siria di Assad. Trump bombarda per punire i bombardamenti con armi chimiche … Nello stesso tempo minaccia la Crea del nord guidata a un folle criminale, ma che gode della protezione “interessata” della Cina che non gradisce perciò ingerenza americane in quella area del mondo. Insomma se si aggiunge il terrorismo internazionale che imperversa un po’ dovunque e l’area della Turchia e del vicino Stato di Israele …

Bene di fronte a tutti questi avvenimenti , tutti potenziali micce per fare esplodere focolai di guerra, l’Europa cosa dice, cosa fa sul piano diplomatico? L’Europa tace perché è ancora debole e subisce la Brexit e le gravi minacce di ulteriori dimensionamenti da parte delle forze politiche “populiste” presenti anche nel nostro Paese. Insomma in un momento storico in cui si dovrebbe essere tutti concordi(i Paesi europei), si assiste invece ad un pericoloso processo di deterioramento delle già deboli strutture della Europa.

Sembra comunque che tutto ciò avvenga soprattutto per una mancanza di coscienza della identità europea e della percezione della identità ed appartenenza a questa grande ed insostituibile Realtà sovranazionale dei popoli europei.

Nell’attuale assetto dei trattati, la cittadinanza europea è aggiuntiva e accessoria rispetto a quella nazionale.

I diritti riconosciuti dai Trattati ai cittadini europei sono peraltro limitati ad alcuni ambiti, sebbene importanti; mancano inoltre i

presupposti (ad esempio, nelle procedure per le elezioni del Parlamento Europeo) per la creazione di uno spazio pubblico europeo, dove la condivisione di valori, di diritti e di doveri si accompagna ad un sentimento di lealtà nei confronti delle stesse istituzioni comuni.

Vale la pena comunque rammentare che fra gli obiettivi dell’Unione Europea, il primo è la promozione della pace, consacrato all’inizio dell’art. 3 TUE. Non a caso, nell’ottobre 2012, è stato conferito all’UE il Premio Nobel per la Pace , così riconoscendo il contributo dell’Unione al progresso della pace e della riconciliazione fra i popoli, grazie al quale gran parte del continente è stato trasformato da un teatro di guerre a un’area di pace. Ma tale storico risultato, da tutelare e preservare quotidianamente, è considerato tale alla luce del passato del nostro Continente.