Catilinaria I

(18, 27-29)

Testo e Traduzione

[18] Quae tecum, Catilina, sic agit et quodam modo tacita loquitur(1): "Nullum iam aliquot annis facinus exstitit nisi per te, nullum flagitium sine te; tibi uni multorum civium neces, tibi vexatio direptioque sociorum inpunita fuit ac libera; tu non solum ad neglegendas leges et quaestiones, verum etiam ad evertendas perfringendasque valuisti. Superiora illa, quamquam ferenda non fuerunt, tamen, ut potui, tuli; nunc vero me totam esse in metu propter unum te, quicquid increpuerit, Catilinam timeri, nullum videri contra me consilium iniri posse, quod a tuo scelere abhorreat, non est ferendum. Quam ob rem discede atque hunc mihi timorem eripe; si est verus, ne opprimar, sin falsus, ut tandem aliquando timere desinam."

[27] Tantum profeci tum, cum te a consulatu reppuli, ut exsul potius temptare quam consul vexare rem publicam posses, atque ut id, quod esset a te scelerate susceptum, latrocinium potius quam bellum nominaretur. XI. Nunc, ut a me, patres conscripti, quandam prope iustam patriae querimoniam detester ac deprecer, percipite, quaeso, diligenter, quae dicam, et ea penitus animis vestris mentibusque mandate. Etenim, si mecum patria, quae mihi vita mea multo est carior, si cuncta Italia, si omnis res publica loquatur: "M.Tulli(2), quid agis?(3) Tune eum, quem esse hostem comperisti, quem ducem belli futurum vides(4), quem expectari imperatorem in castris hostium sentis, auctorem sceleris, principem coniurationis, evocatorem servorum (5) et civium perditorum, exire patiere, ut abs te non emissus ex urbe, sed immissus in urbem esse videatur? Nonne hunc in vincla duci, non ad mortem rapi, non summo supplicio mactari imperabis(6)?

[28] Quid tandem te impedit? mosne maiorum? At persaepe etiam privati in hac re publica perniciosos cives morte multarunt. An leges, quae de civium Romanorum supplicio rogatae sunt? At numquam in hac urbe, qui a re publica defecerunt, civium iura tenuerunt(7). An invidiam posteritatis times? Praeclaram vero populo Romano refers gratiam, qui te, hominem per te cognitum nulla commendatione maiorum tam mature ad summum imperium per omnis honorum gradus extulit, si propter invidiam aut alicuius periculi metum salutem civium tuorum neglegis(8).

29] Sed, si quis est invidiae metus, non est vehementius severitatis ac fortitudinis invidia quam inertiae ac nequitiae pertimescenda. An, cum bello vastabitur Italia, vexabuntur urbes, tecta ardebunt tum te non existumas invidiae incendio conflagraturum?"(9)


[18] E lei [La Patria] in questo modo ti si rivolge e pur in silenzio ti parla: <Da un po' di anni non c'è alcun delitto che non sia causa tua; nessuna infamia senza di te; solo nel tuo caso stragi di concittadini; violenze e rapine ai danni degli alleati e dei tribunali, ma sei stato capace anche di sovvertirlie distruggerli. I tuoi passati delitti, sebbene non fossero sopportabili, per quanto ho potuto, sono tuttavia riuscita a reggerli, ma ora, che io sia completamente terrorizzata da te, che Catilina sia temuto ogni volta che si sente un rumore, che nessuno possa architettare un piano contro di me senza che non ci sia di mezzo una tua macchinazione, (tutto ciò) non è sopportabile. Perciò vattene e liberami da questo stato di ansia: se è motivato, così che io non ne abbia a morire, se è immotivato, così che io finalmente smetta di avere timore.

[27] Voglio adesso, senatori, allontanare e scongiurare da me un rimprovero della patria che forse mi meriterei; ascoltate quindi con attenzione, ve ne prego, le mie parole, imprimendovele profondamente nel vostro cuore e nella vostra mente. Se la patria , che mi è molto più cara della vita, se l'Italia intera, se tutta la repubblica mi parlasse in questo modo: <Marco Tullio, ma che fai? Allora quello che hai accertato essere un nemico, che condurrà l'esercito in futuro, che è atteso nell' accampamento nemico come genreale vittorioso, l' autore del misfatto, il principe della congiura , l' istigatore degli schiavi e la rovina dei cittadini, lo lascerai partire, così che sembri che non sia stato cacciato da te dalla città, bensì che sembri che sia stato ammesso in essa? Non darai ordine che costui sia gettato in catene, condannato a morte, condannato alla pena capitale?

[28] Che cosa te lo impedisce? Le abitudini degli antenati? Eppure molto spesso cittadini anche privati in questo Stato hanno punito, con la morte, cittadini che costituivano pericolo. Forse te lo impediscono le leggi relative alla pena capitale dei cittadini romani? Eppure in questo Stato i ribelli non hanno conservato il privilegio di godere dei diritti dei cittadini . Hai paura di una condanna dei posteri? Dimostri davvero profonda riconoscenza verso il popolo romano, che ti ha innalzato tanto rapidamente al grado più alto della carriera politica, benché tu fossi uno sconosciuto, senza la garanzia di antenati illustri, se trascuri la salvezza dei tuoi concittadini per l'ostilità di qualcuno o la paura del pericolo.

[29] Ma se c'è il timore di qualche critica ostile, bisogna dunque temere di più le accuse di eccessiva fermezza e severità che quelle di inerzia e di inettitudine? Non pensi che, quando tutta l'Italia sarà devastata, le città saranno depredate, le case bruciate, anche tu sarai travolto nell'incendio dell'odio?

Note

1. loquitur : Prosopopea, figura retorica per cui vengono inseriti interventi nel discorso di personaggi fittizi e/o morti. In questo caso prende la parola la personificazione dello stato romano.

2. M.Tulli: Apostrofe.

3. Quid agis? : Le parole sono sempre da attribuire a Cicerone. La patria inizia a chiedere a all'oratore perché non abbia ancora preso provvedimenti verso Catilina e i congiurati.

4. quem [...] vides: Cicerone sa già che Catilina sta radunando un esercito.

5. Evocatorem servorum: L'accusa che i congiurati volessero arruolare anche gli schiavi, accusa che si rivelerà fondata.

6. Nonne [...] imperabis : La patria è stupita che Catilina non sia ancora stato condannato a morte. Cicerone ancora una volta dimostra la sua furbizia facendo sembrare la pena capitale dei congiurati ovvia ai senatori ancora non convinti

7. civium iura temuerunt: Il riferimento è alle leggi che concedevano il diritto di condannare a morte un cittadino romano solo all'assemblea popolare, alla quale comunque l'imputato aveva il diritto di appellarsi perché la sentenza fosse rivista.

8. Civium tuorum neglegis: Il tono di questo periodo è sarcastico.

9. Sed [...] clonflagratum : Si fa riferimento alla possibile paura che Cicerone potrebbe avere nell'intervenire. Se avesse fatto qualcosa avrebbe potuto essere accusato di eccessiva severità, se però non fosse intervenuto sarebbe potuto essere accusato di negligenza.

Analisi e Commento

l testi riportati qui sopra sono degli estratti della prima Catilinaria, ovvero i paragrafi 18 e 27-29. Nel paragrafo 18 Cicerone immagina che la Patria prenda la parola e che inizi a interloquire con Catilina, accusato di essere la causa di ogni genere di crimine e disordine che avviene nella res publica. La Patria aggiunge anche di essere impaurita dalle azioni di Catilina e di temere per la propria vita, invitando il congiurato a lasciare Roma al più presto: solo così potrà di nuovo sentirsi al sicuro. Cicerone in questa parte inserisce quindi una prosopopea, ossia l'intervento in un discorso di un personaggio fittizio. L'espediente è utile all'oratore al fine di mantenere alto il coinvolgimento del pubblico e di aumentare la teatralità delle argomentazioni esposte. La Patria inizia il proprio discorso elencando tutti i misfatti di cui ritiene colpevole Catilina, introducendoli con l'avverbio nullum; il periodo si conclude con l'espressione "non est ferendum" ossia "(tutto ciò) non è sopportabile". Il paragrafo si conclude con un parallelismo per cui la Patria invita Catilina ad andarsene liberandola dallo stato d'ansia che la pervade, sia esso motivato ("si est verus") oppure no ("falsus").

Nei paragrafi 27-29 Cicerone invita i senatori ad ascoltare il rimprovero che la Patria rivolge al console, rimprovero che a detta dell'oratore si meriterebbe. La Patria elenca i difetti e i misfatti di Catilina, meravigliandosi che il console non lo abbia ancora cacciato. Con una serie di domande retoriche la Patria elenca le azioni che Cicerone avrebbe voluto compiere, ma che furono bloccate da una parte del Senato che considerava ancora cittadini romani i congiurati. La Patria, intuendo i dubbi dei senatori contrari alla condanna più severa verso i congiurati, ricorda come in passato fossero stati condannati a morte personaggi che si erano macchiati di colpe minori di quella di Catilina e dei congiurati. Nella parte finale, la Patria ricorda a Cicerone, attraverso le già adoperate domande retoriche, che non deve avere paura di un banale giudizio dei posteri, ma deve pensare soltanto a ciò che è buono per lo stato. Astutamente, Cicerone organizza l'intervento della Patria come un susseguirsi di domande retoriche. I senatori presenti conoscevano i piani che il console aveva riguardo alla sorte dei congiurati, in questo modo egli giustifica le sue intenzioni come ovvie e approvate dalla personificazione dello stato.