A spasso per imparare

Alunni a teatro con "Frankestein"

L'esperienza del teatro in lingua inglese

Si è alzato il sipario su Frankenstein per gli alunni della scuola secondaria di primo grado al Cineteatro Nuovo di Magenta. 

In scena gli attori dell’Arcadia Production con "Frankenstein", interpretazione scenica del romanzo gotico horror e fantascientifico composto dalla scrittrice britannica Mary Shelley fra il 1816 e il 1817, all’età di soli 19 anni. 

I registi hanno usato il testo originale in lingua inglese arricchendolo di temi attuali e umoristici. 

Questa esperienza non voleva essere un corso di lingua inglese, ma un viaggio sensoriale a 360 gradi che immergeva nella comprensione di una scena teatrale, dall’ascolto della battuta alla sua comprensione e alla sua interpretazione. Gli attori sono abili oratori inglesi, che, in un piccolo palcoscenico addobbato da scenografie interamente autoprodotte, hanno intrattenuto la platea con melodie ed effetti speciali. Sono state utilizzate un insieme di tecniche comunicative che non hanno annoiato, ma hanno permesso di coinvolgere tutti: l’uso di danza, mimo e maschere, che hanno evocato le origini della tragedia greca. 

Con tutti questi ingredienti la partecipazione degli studenti era assicurata e non erano mancate risate, sussulti e applausi a scena aperta, oltre che un momento di riflessione finale nel quale ci eravamo confrontati con l’attore che rappresentava Frankenstein.

L'esperienza dello spettatore del teatro in lingua inglese permette di entrare massimamente in empatia con gli attori, cogliendone maggiormente gli aspetti non verbali della comunicazione. Il pubblico apprezza il clima emotivo che vive e inconsapevolmente comprende molte locuzioni inglesi che magari ad una mera traduzione potrebbero risultare difficili. La lingua, insomma, non è solo una faccenda grammaticale, ma anche sensoriale. Inoltre il piacere degli studenti di capire ciò che si sta svolgendo sul palcoscenico permette loro di appassionarsi alla lingua più usata nel mondo.

Guardare spettacoli in lingua inglese non solo può essere un’esperienza divertente, ma può anche contribuire al miglioramento delle competenze linguistiche e alla comprensione della cultura anglofona.


La trama

La scena d’apertura si svolge sulle rive del lago di Ginevra alla fine del ‘700, dove Mary Shelley, con due dei più famosi scrittori inglesi, il marito Percy Shelley e Lord Byron, decidono di scrivere dei racconti horror. Scoppia un temporale e appare Victor Smith, studente in medicina, che si trova nello stesso luogo 200 anni dopo.

Victor cerca riparo dalla pioggia e bussa al portone di un castello diroccato. Il servitore Igor, sentendo il nome dello studente, lo invita ad entrare credendo si tratti del famoso Doctor Victor Frankenstein.
Victor scopre i manoscritti e il laboratorio del leggendario Doctor, e riesce a plasmare una creatura con ciò che il suo aiutante Igor gli mette a disposizione, ma ha paura dell’essere a cui ha dato vita e lo abbandona. La creatura soffre e trova amicizie altrove, nel centro della città lì vicina: una ragazzina senza pregiudizi che lo accetta immediatamente guardando oltre il suo strano aspetto; il padre della ragazza, un attore, che lo aiuta a pronunciare le prime parole: “To Be or Not To Be”; mentre una donna del circo gli insegna a come usare il suo corpo. Frankenstein così diventa civilizzato.

Victor con il tempo capisce l’enormità del suo errore e fa di tutto per porre un rimedio, accetta le sue responsabilità e si scusa con la creatura. Victor, alla fine, ritorna alla sua realtà: è un uomo cresciuto che non ha più in testa il dramma di Frankenstein.

Nella scena finale riappare Mary Shelley che sta finendo di scrivere il suo racconto, ma è dubbiosa se dare o no un lieto fine. Nel frattempo si gode il sole che splende nuovamente sul lago.

L'atmosfera scenica è un connubio tra suspence e il misto di orrore e bellezza della natura umana. Si vedono lampi, fumo, luci drammatiche, cimiteri e castelli, candele e buio. Non mancano momenti di comicità che si incarnano nel buffo personaggio Igor.
Victor incontra novità e si confronta con le difficoltà come noi adolescenti ogni giorno. I temi, infatti, sono molteplici e attuali: Victor crea una vita senza pensare alle conseguenze delle sue azioni, respinge la creatura di aspetto “diverso”, e non l’aiuta a crescere e vivere nel mondo. Qui si parla di argomentazioni importanti come bioetica, ambizione, razzismo, irresponsabilità e pregiudizio.

Ma Victor matura, capisce il suo sbaglio, accetta la responsabilità: metafora delle responsabilità dei genitori.

Matteo La Paglia 

Mary Shelley e Lord Byron

Igor crea Frankestein

Viaggio al buio

La visita all’Istituto dei Ciechi di Milano

E’ difficile immaginare cosa sia il buio assoluto e cosa possa provare un cieco durante la vita di tutti i giorni. 

I ragazzi della classe 3D della scuola secondaria Simone da Corbetta, però, hanno sperimentato cosa significhi essere immersi nella completa oscurità durante la loro uscita didattica. Dialogo nel Buio” è un percorso guidato, organizzato dall’Istituto dei Ciechi di Milano, in totale assenza di luce, durante il quale i visitatori devono affidarsi esclusivamente ai sensi del tatto, dell'udito, dell'olfatto e del gusto.

L’Istituto dei Ciechi di Milano fu fondato con l’intento di accompagnare i ciechi nel faticoso percorso della piena integrazione. 

Nello storico palazzo di Via Vivaio e nelle sedi precedenti, hanno vissuto e studiato migliaia di ragazzi ciechi o ipovedenti. Il suo fondatore, Michele Barozzi, nel 1840 gettò le basi di quello che diventò poi uno dei punti di riferimento della tiflopedagogia italiana ed europea. Fin dalle prime fasi, questa istituzione non si occupò solo del ricovero e dell’ordinaria assistenza ai ciechi, ma anche dello sviluppo di progetti mirati all’inserimento sociale. Oggi l'istituto ospita una scuola aperta a tutti, non solo alunni ciechi o ipovedenti.

“Dialogo nel Buio” è un percorso che si snoda per diverse ambientazioni che richiamano situazioni di vita quotidiana, tutte diverse, da scoprire attraverso i sensi e il dialogo con la guida non vedente o ipovedente, svelando “un altro modo di vedere”.

Raccontano i ragazzi della terza: “Abbiamo iniziato il nostro percorso con il suono di un ruscello e il cinguettio degli uccellini, sotto i nostri piedi si sentiva lo scricchiolio dei sassolini, abbiamo così capito di trovarci in un parco, dandoci la sensazione di calma e tranquillità. Nella stanza successiva i rumori sono cambiati drasticamente, abbiamo iniziato a sentire rumori di clacson, di  automobili e sirene di ambulanze, tutto intorno a noi era molto caotico. Quando si vede sembra tutto così semplice: la prova più difficile è stata quella di simulare un attraversamento stradale, dove la nostra mente e il nostro udito si doveva concentrare esclusivamente sul suono dell’avviso semaforico”. 

Il percorso si conclude al bar dove, sempre nell’oscurità più totale, si commenta con la guida l’esperienza vissuta.

Può sembrare banale, ma non lo è affatto: “Dialogo nel Buio” non è soltanto una simulazione della cecità, ma l’invito a sperimentare come la nostra percezione della realtà possa essere diversa, più profonda e intensa in assenza della luce. Un’esperienza significativa, da non perdere, per riflettere e scoprire come la vita colta da un altro punto di vista. 

Matilde Morani

L'istituto dei Ciechi di via Vivaio a Milano