I FIORI DI KABUL

Titolo: Fiori di Kabul

Autore: Gabriele Clima

Casa editrice: Einaudi

Anno di pubblicazione: 2021

Numero di pagine: 161

Gabriele Clima, nato nel 1967 a Milano, è un autore e illustratore per bambini e ragazzi. Ha pubblicato molti libri per diverse fasce d’età, dalla primissima infanzia fino ai giovani adulti. Le sue storie toccano spesso tematiche sociali quali il disagio, l’integrazione, la discriminazione e la diversità.

E’ il primo libro che leggo di questo autore, ma ne vorrei leggere altri poiché mi è piaciuto molto e tratta spesso di temi molto importanti.

Il libro è di genere biografico e sportivo, sono due tipologie testuali che solitamente mi appassionano.

All’età di sei anni la piccola Maryam ricevette una bicicletta come regalo di compleanno da parte della mamma, ma gli venne immediatamente tolta dal padre, che credeva che solo gli uomini avessero diritto ad andare in bicicletta, mentre le donne non fossero abbastanza intelligenti per poterla utilizzare.

Alcuni anni dopo, Maryam, durante la preghiera, mentre il sole tramontava, vide una scia di polvere provenire dalla cima della montagna. Incuriosita scese in giardino per vedere più da vicino. Era una straniera con una bicicletta. La donna le chiese se volesse provare e Maryam iniziò a pedalare. Ad un certo punto, la mamma vide la figlia e la chiamò subito in casa. Il padre osservò tutta la scena e rimproverò la moglie per non essere stata abbastanza attenta alla figlia.

Due anni dopo Maryam a scuola sentì alcune voci su una squadra femminile di ciclismo e chiese informazioni. Voleva far parte della squadra. Doveva convincere Samira, una sorella, ma non di sangue. Infatti le due ragazze erano nate allo stesso giorno, la stessa ora e nello stesso luogo, per questo erano chiamate “i due fiori di Kabul”. Non è stato difficile convincere l’amica, il problema è che non sapevano come arrivare al luogo dove la squadra si allenava, dato che, essendo donne, era troppo pericoloso girare a Kabul da sole, di conseguenza dovevano trovare un accompagnatore. Inoltre dovevano andare ad allenarsi solamente quando il padre di Maryam era fuori casa per lavoro, poiché quest’ultimo non voleva che la figlia uscisse con l’amica perché era un hazara, cioè non era una vera musulmana. Le due amiche si fecero accompagnare da Hamid, il fratello di Maryam. Trovato il luogo, il coach della squadra disse alle due ragazze che erano troppo piccole per assumersi questa responsabilità e che non potevano far parte della squadra. Maryam, dato che non poteva accettare un no come risposta, salì in sella a una bicicletta rotta e inseguì le altre ragazze. Dopo questo gesto il coach le fece entrare in squadra.

Passò un po’ di tempo e, mentre leggeva il giornale, il padre notò la foto della squadra di ciclismo dove vide anche Maryam. Quella sera l’uomo imprigionò la figlia dentro un capanno.

Una settimana dopo, Maryam venne fatta uscire e ricevette la notizia da Samira di una gara e Maryam voleva partecipare a tutti i costi. Poco dopo la mamma le disse che finita la gara sarebbe dovuta scappare dall’Afghanistan, dato che non era un luogo per donne, per donne forti come lei. Quella sera Maryam capì perché la mamma le aveva detto quella frase, infatti il padre la informò che si doveva sposare con un uomo di circa quarant’anni.

Maryam, dispiaciuta di non poter rivedere più le persone che amava, decise lo stesso di seguire l’idea della mamma, così il giorno della gara la salutò per l’ultima volta.

Partì con le altre ragazze della squadra e, poco dopo l’arrivo, iniziò la gara. Maryam cominciò a pedalare e continuò, nonostante il dolore nelle gambe e la mancanza di fiato; arrivò al primo posto. La mattina seguente disse addio a Samira e partì con la sua bicicletta verso ovest.

Durante il viaggio vide molte volte il padre, ma scoprì che erano solo dei sogni. Una mattina però lo vide ancora, insieme ad un uomo sulla quarantina di anni. Questa volta era reale. La afferrò e la portò verso il suo futuro sposo, ma gli diede un morso e velocemente prese la bicicletta e scappò via. Il giorno seguente trovò una famiglia con solo figlie femmine che la ospitò. A queste ragazze fece provare la bicicletta, una cosa che per loro solo gli uomini potevano fare, per questo gli sembrava incredibile. In quel momento Maryam capì che lei non doveva scappare, ma restare lì in Afghanistan, era quello il suo posto, era quello ciò che doveva fare, ovvero cambiare il modo di vedere il mondo di una donna ma anche degli uomini che devono considerare le donne loro pari e non come un oggetto o una proprietà.

I fatti sono narrati in ordine cronologico, per questo ho capito con facilità la vicenda. La storia è interessante perché racconta fatti accaduti realmente. Mi è sembrata più noiosa verso l’inizio e più avvincente verso la fine del libro.

 Il narratore è la protagonista che racconta in prima persona, una scelta dell’autore che mi piace.

Lo scrittore inserisce molte descrizioni e alcune riflessioni, soprattutto per descrivere il paesaggio e per esprimere i pensieri di Maryam. Non ho incontrato difficoltà nel leggerle e, stranamente, mi sono piaciute.

Il padre di Maryam è un uomo di mezza età, fedele alla rigida tradizione islamica che nega alle donne ogni diritto e libertà. Spesso non è presente in casa per motivi di lavoro, nonostante ciò impone alla moglie regole severe. Reputa le donne inferiori, fatte per stare in casa ad educare i figli.

Maryam è una ragazzina che vive a Kabul con il padre, la mamma e il fratello. Fin da quando era piccola le era stato insegnato che le donne erano meno intelligenti e meno capaci degli uomini e che solo quando sarebbe stata più grande avrebbe potuto capire. Lei però non capirà mai, dato che non la pensa allo stesso modo. E’ appassionata di ciclismo, cosa solo per uomini in Afghanistan, ma pensa che il sacrificio batta il talento, infatti gli uomini hanno la forza fisica, ma lei ha la forza nella sua mente.

Alcuni personaggi, come la protagonista, nel lettore suscitano simpatia e stima, mentre altri suscitano disprezzo.

La vicenda si svolge al giorno d’oggi, si capisce dagli oggetti e dalle espressioni usati dai personaggi. Il libro è ambientato sia in luoghi di campagna, come stradine sui monti e campi non coltivati, sia nella città. Sono riuscita a immaginare questi luoghi con la mia fantasia. I personaggi appartengono al ceto medio. Il livello di cultura, di progresso e di civiltà sono elementi fondamentali nel libro perché il semplice fatto di reputare una donna inferiore è una mancanza di civiltà.

Il linguaggio che usa l’autore è semplice e quotidiano. I periodi sono brevi, per questo il ritmo della narrazione è veloce e incalzante. Lo stile usato dallo scrittore è semplice e moderno.

I temi che hanno ispirato l’autore sono principalmente la parità di genere e il coraggio. Da questo libro ho imparato che in alcune parti del mondo le donne non vengono trattate come gli uomini, infatti vengono considerate oggetti da poter usare.

Il libro mi è piaciuto soprattutto perché racconta una storia vera di una ragazza che si batte per i suoi diritti e per la sua libertà. Per leggere questo libro ho impiegato circa dieci giorni e mentre lo leggevo pensavo a quanto sia dura per alcune donne avere dei diritti.


                                                                                                                                                                                                                        3A, Secondaria Minerbe