NON IL PENSIERO DI UN GIORNO, MA DI UNA QUOTIDIANA AZIONE

Violenza sulle donne: un argomento tabù dei nostri giorni. Una tematica che crediamo non ci riguardi più, ma che invece sembra non averci mai abbandonato:

-Martina Scialdone, giovane donna di 34 anni, avvocato di professione, uccisa a Roma venerdì 13 Gennaio 2023 dal suo ex. Lottava per la violenza di genere. Chissà se avrebbe dedicato la sua vita a questo se avesse saputo che sarebbe stata la causa della sua stessa morte.

-28 Dicembre 2022, 25enne vittima di un tentato femminicidio da parte del suo ex a Bologna. Entra a casa sua e si avventa su di lei con un coltello, recidendole la carotide di fronte ai loro figli. L’uomo videochiama lo suocero e gli riferisce la notizia. Peccato che poi lui viene arrestato e la donna sopravvive.

-23 Dicembre 2022, donna 40enne denuncia un atto di violenza. Racconta di essere stata stuprata mentre faceva jogging in una località al sud di Milano.

-7 dicembre scorso una donna di 37 anni, denuncia di essere stata stuprata in un'abitazione in zona Navigli a Milano.

-La notte tra il 18 e il 19 novembre è stata invece una ragazzina di 19 anni a denunciare, sempre ai carabinieri, di essere stata violentata in una discoteca al Corvetto…

Questo è quanto succede oggi. Nella nostra società progressista e proiettata verso il futuro, gli atti che ancora oggi riempiono le testate dei quotidiani, le notizie dei telegiornali, i post sui social network sono proprio questi. Torniamo un po’ indietro.

“In ogni momento della propria esistenza, o si cresce, o si regredisce”. Così diceva Norman Mailer. Per chi non lo sapesse Norman Mailer era uno scrittore statunitense vissuto fino a non molto tempo fa, la cui fama è dovuta principalmente al suo romanzo “Il nudo e il morto” del 1948. Egli visse la sua vita in modo perverso e depravato e un giorno decise di accoltellare la moglie. Non so esattamente cosa gli avesse detto lei, probabilmente lo aveva provocato e lui ha solo agito di conseguenza riaffermando il patriarcato e il ruolo dell’uomo nell’esistenza di tutte le cose. Potrebbe anche essere che sentì semplicemente un impulso e decise autonomamente di dargli sfogo. Riteneva insomma che impugnare un coltello e ucciderla fosse l’azione più idonea a calmare i suoi impeti.

Ce ne sono tanti altri come lui che si sono sentiti pronunciare parole che non dovevano essergli dette, o semplicemente parole recitate con un tono che non era appropriato utilizzare nei confronti di un “uomo”, e hanno deciso di insegnare, a modo loro, come ci si comporta. E’ una prerogativa che si sono attribuiti da soli perché credono di poterlo fare.

Eppure mi sembra strano. Perché un uomo può e sapendo di potere, fa, e una donna non ci pensa nemmeno ad agire.

Perché mai dovrebbe pensare che se un uomo alza la voce rivolgendosi a lei, lei ha il diritto di “agire”? Perché dovrebbe usare altri mezzi quando sono le parole quelle che le sono state rivolte?

Non lo so. Dicono che è il 2023, che siamo “avanti”, che non siamo più arretrati. Tutti guardano ed esaltano la “Santa modernità”, ma io credo che in questo esatto istante l’essere umano non stia affatto crescendo. Credo che la nostra indifferenza e la nostra tendenza a considerare “normali” atti che sono prettamente vergognosi ci lasci immobili in un’epoca che non dovrebbe appartenerci. Eppure sono quasi certa che la situazione sia cambiata nel corso del tempo.

Dicono che nei paesi arretrati è normale che anche il pensiero sia ugualmente arretrato ma in un paese all’avanguardia come il nostro, non si dovrebbero più sentire episodi simili. Questa è tuttavia una visione idilliaca della realtà nonostante i giornali e i fatti ci descrivano tutt’altro. In tutto il mondo si sono diffuse svariate pratiche che vedono le donne come semplice e puro oggetto di soddisfacimento della volontà del maschio, di tradizioni improntate su credi e considerazioni antichissime che oggi non trovano alcun fondamento.

Penso abbiate sentito parlare del “delitto d’onore”, un reato commesso da un uomo nei confronti di una donna per vendicare il suo onore o quello della sua famiglia per un presunto comportamento di lei che gli ha arrecato disonore.

L'atteggiamento in questione però non si riferisce a sua volta ad un reato o a una grave mancanza di rispetto mostrata dalla donna, ma ad azioni e decisioni come rifiutare il matrimonio combinato per sposare una persona diversa da quella che, in caso contrario, avrebbe dovuto coercitivamente imparare ad amare. Ecco un’altra consuetudine abbastanza discutibile. In tutto il mondo, ogni anno si contano ben 12 milioni di bambine e ragazze minorenni che vengono date in sposa nonostante la loro giovane età. In particolare l’India è uno dei Paesi in cui il fenomeno è maggiormente diffuso e, malgrado si abbia cercato di eliminarlo nel 2006 con il Prohibition of Child Marriage Act, i risultati sono stati effimeri. Questo perché l’atto fissava un’età minima per il matrimonio ma questa era vincolante solo formalmente; ciò significa che il contratto era invalidabile ma non illegale. Inoltre le donne spesso non ne erano nemmeno a conoscenza, e qualora lo fossero state, perseguire la causa si sarebbe tradotto per loro in un’emarginazione eterna dalla società.  Molto spesso le persone a cui sono date in sposa hanno il triplo della loro età e loro non hanno voce in capitolo. Gli viene negato il diritto all’istruzione e vengono sottratte alle madri per essere destinate a vivere una vita da adulti ad un’età così giovane. Quella dell’istruzione è un’altra questione considerata ormai superata ma stando ai dati attuali, solo il 66% dei paesi ha raggiunto la parità di genere nell’istruzione primaria, solo il 45% nell’istruzione secondaria inferiore e solo il 25% in quella superiore, tralasciando il fatto che in un Paese in conflitto le femmine sono le prime ad essere private del loro diritto all’istruzione.

La parità di genere è un argomento ricorrente anche in Iran, dove è stabilita la lapidazione per le donne accusate di adulterio. La pratica era stata vietata già nel 2004, sia per i maschi che per le femmine, ma pare che il decreto, in questi anni, non abbia assunto alcun valore e che anzi, siano le donne le principali vittime dell’orribile pratica in questione.

Che sia delitto d’onore in Sicilia, spose bambine in India, lapidazioni in Iran; non meravigliatevi, non è violenza, sono solo tradizioni, come la tradizione italiana di indossare dell’intimo rosso in vista del nuovo anno o quella di baciare la persona amata sotto il vischio.

Un’altra usanza comune è quella dell’uomo di considerare la donna come la propria mercé e semplicemente farne ricorso quando necessario, ritenendosi l’unica autorità insormontabile  che ha il potere di concedere la libertà e di punire chi non la merita. Restando dunque nell’ambito matrimoniale, prima è uno schiaffo, poi un pugno, poi qualche calcio e infine una tomba. In particolare facendo riferimento ai nostri giorni, l’esperienza del Covid ha contribuito a peggiorare la situazione: è aumentata di fatto la violenza domestica concretizzando un numero di 104 donne uccise dall’inizio del 2022 in Italia, fino al 20 novembre dello stesso anno. Dove si muore di più è proprio in famiglia. Sono 88 i femminicidi avvenuti in ambito affettivo o familiare e di questi, 52 hanno visto come carnefice il partner o l’ex. Considerando invece solo la violenza senza giungere ad atti di definitiva soluzione, il numero risulterebbe significativamente maggiore tuttavia inattendibile poichè sono comunque indubbiamente poche le donne che denunciano molestie, commenti volgari e offese che gli vengono rivolte negli ambiti più diversi tra cui il lavoro.

Non sono rari i casi in cui la donna è venduta, prezzata come un prodotto da supermercato. Sedute con un cartellino che ne indica il prezzo che si aggira a qualche centinaio di euro e pronte per vivere la stessa vita dentro altre mura.

Ad esempio l’ISIS divide donne e ragazze in tre categorie: anziane e donne sposate con bambini, donne e ragazze sposate senza figli e poi le ragazze più giovani. Vengono dunque tutte “spogliate, pulite e fatte sfilare come se fossero del bestiame” racconta la rappresentante Onu Zainab Hawa Bangura. A quel punto iniziano le vendite e ciascuna categoria ha un prezzo definito in modo inversamente proporzionale al crescere dell’età.

Almeno questo viene riconosciuto come violenza.

Poi c’è anche la mutilazione genitale femminile; si tratta della rimozione totale o parziale dei genitali femminili esterni oppure di lesioni a questi ultimi senza la presenza di fondo di ragioni mediche. Essa viene praticata in diversi paesi dell’Africa, del Medio Oriente, dell’Asia e dell’America Latina, ma nonostante sia illegale nell’UE, si stima che siano circa 600mila le donne che vivono in Europa, vittime della pratica in questione; inoltre, ogni anno, circa 3 milioni di ragazze, nella maggior parte dei casi prima dei 15 anni d'età, rischiano di subire mutilazioni genitali.

La motivazione non è unica; spesso la si collega alla cultura e alle pressioni delle tradizioni, altre volte invece nasce dall’idea che sia promossa dalla religione nonostante sia stato appurato che la pratica della mutilazione genitale femminile precede la diffusione del Cristianesimo e dell’Islam.

Ad esempio in Kenya nel 1995 nonostante la pratica fosse illegale, era comunque diffusa come usanza strettamente legata al concetto di onore e castità, ed è stata documentata dalla ventunenne Stephanie Welsh per il Daily Nation. Il rituale a cui assistette la fotografa, fu perpetrato sulla ragazza sedicenne della famiglia da cui soggiornò per le due settimane di stage. “Un rituale straziante: in una capanna di sterco e paglia, diedero alla ragazza una bevanda di latte e sangue, per poi iniziare a tagliarne le carni. La giovane urlava disperata, mentre il sangue colava sul pavimento di fango”. Una questione di “onore e castità”. Come può il dolore e la sofferenza patita essere uno strumento di difesa del proprio onore? Come si può dire che dopo aver perso letteralmente parte del proprio corpo la propria dignità è rafforzata? E’ possibile che il valore (non economico) di una persona aumenti quando le vengono sottratte frazioni di sé che l’hanno accompagnata dalla nascita?

Non so dare una risposta. Non credo di poter giudicare chi agisce in un certo modo perché non ha la possibilità di scelta. Il problema si riduce così, ancora una volta, a non avere il diritto di decidere per sé; senza una pistola puntata alla tempia e senza un credo che fa sentire la persona vincolata a un qualcosa di più grande, e in obbligo morale nei suoi confronti di agire in un certo modo. Se ci spostiamo a un livello più basso il problema non riguarda più il fatto di posare le mani su qualcuno che non esprime esplicitamente il consenso ma di usare le parole quando non richiesto per esprimere concetti propri di un mondo estremamente androcentrico che ormai DOVREBBE essere pienamente superato. Torniamo dunque a parlare del vecchio patriarcato che vede il maschio come il capofamiglia, colui che lavora, che si diverte, che impartisce ordini e che decide su tutto per tutti.

Non si tratta semplicemente di non poter usare le mani per la consapevolezza di essere meno muscolose e quindi facilmente sottomissibili. Si tratta di sentire la paura di aprire bocca a casa propria o di fare un passo falso nella propria dimora. Nel posto che dovrebbe essere un luogo sicuro per tutti. Si tratta di non poter varcare la porta di casa per paura che possa essere l’ultima volta o per paura di tornare e essere raggiunta da qualcuno senza avere vie di fuga. Si tratta di umiliazione, rabbia, tristezza, dolore e vero disonore.

Tutte almeno una volta, passando per le strade abbiamo sentito qualcuno fischiare, o rivolgere versi riprovevoli come commenti di presunto apprezzamento. Tutte hanno sentito il famigerato impulso che sussurrava all’orecchio di girarsi e rispondere a tono con la stessa mancanza di rispetto e considerazione che è stata rivolta loro; nonostante ciò, quante hanno agito? Una o due su un milione?

Se la memoria non mi inganna i numeri sono estremamente più elevati quando si tratta del sesso opposto. Del resto agli uomini, ai ragazzi è concesso di tutto.

A volte capita che le persone non riconoscano i loro limiti. Capita molto spesso e quando succede la soluzione è solo sperare di uscirne. Sperare di non essere il prossimo accaduto di cui parleranno tutti ovunque. Ricordo di un’amica che mi raccontò di un’esperienza simile in cui il confine tra parole e mani sembrava un filo sottilissimo in procinto di spezzarsi. Mi disse che quando era finita e aveva realizzato che il filo ha resistito, la prima cosa che fece fu sorridere. Non sapeva il perchè. Forse per ringraziare l’universo di essere stato dalla sua parte, diceva. Poi ha sentito come un grosso masso caderle sul corpo e non riusciva a reggersi in piedi. Le sue gambe hanno cominciato a tremare e non aveva la forza di bloccarle. Pianse. Pianse per qualche giorno.

In bagno, a letto, in cucina, fuori… e diceva che non le era successo niente. Mi raccontava come si sentiva e d’un tratto disse: “non oso immaginare il terrore e la rabbia di coloro che hanno vissuto la stessa storia con un finale diverso”.

Mi sono chiesta il perchè. Me lo sono chiesta diverse volte. Non c’era alcun pretesto che avrebbe potuto usare per avvicinarsi. E sono giunta alla conclusione che spesso non c’è un motivo. Che le cose esistono e accadono e non deve necessariamente esserci una ragione. Spesso lo si fa tanto per fare, e ancora più spesso è considerato puro divertimento. Dall’altra parte però dicono che il divertimento scarseggia, soprattutto nel pensare di essere così avanti e così indietro nel tempo contemporaneamente.

Nel 2023 siamo riusciti a inventare le macchine volanti, abbiamo raggiunto Marte, abbiamo scoperto che c’è acqua sulla luna… ma se una donna occupa una posizione di lavoro rispettabile e stimabile ancora si sente dire: ”Con chi sei andata per avere quel lavoro?” e una volta dimostrate le proprie conoscenze e competenze viene paragonata a un uomo “Una donna con le p***e” dicono; come se vedere una donna capace fosse una cosa talmente inusuale e rara che non può semplicemente essere associata alla figura della donna ma deve assumere un altro nome. Come se per natura le donne debbano sempre sottostare agli uomini e quando succede che una donna alzi la testa, loro sentono come per istinto la necessità di riabbassargliela. Come se sapessero che se tutte decidessero di agire allo stesso modo, la loro autorità non sarebbe minata solo da una forza maggiore, ma da un intelletto superiore che probabilmente, avendo vissuto nell’ombra, non augurerebbe a loro lo stesso. Credo che se il ruolo che hanno sempre assunto gli uomini lo avessero assunto per un po’ le donne, non avrebbero cercato di sottolineare la loro “forza” in ogni minima occasione.

Mi chiedo se sia la società degradata in cui viviamo a cambiare veramente la natura di “buon selvaggio” dell’essere umano di cui parlava Rousseau. Mi chiedo se nasciamo veramente tutti buoni e cambiamo per adattarci all’ambiente in cui siamo capitati. Mi chiedo se sia per tutti così, se siamo tutti così vulnerabili da farci plasmare come della pasta colorata. Si dice che siamo noi a decidere quanta importanza dare alle cose e alle parole che ci vengono rivolte, ma quando queste sono mattoni che piano piano, uno su uno, costruiscono un muro che non ci consente di vedere oltre, come possiamo pretendere di avere la forza di abbatterlo, se non abbiamo motivo di credere che dall’altra parte ci possa essere dell’altro? Mi chiedo se noi, artefici del nostro futuro e della vita del nostro pianeta saremo in grado di essere superiori. Chissà se potremo fare di più. Chissà se sapremo essere il vero cambiamento. Non quello che gli altri si aspettano da noi, ma il cambiamento che sappiamo essere il nostro biglietto per la vita che sogniamo di vivere.

Potremmo partire dal nostro ambiente. Ogni giorno ci svegliamo e ci prepariamo per andare a scuola e vivere la solita routine ma spesso neanche noi ci rendiamo conto che, nonostante sembri un ambiente il cui cambiamento non avrebbe alcuna ricaduta, è il primo passo per un futuro migliore. Del resto si è sempre saputo che per formare le classi dirigenti e la società bisogna partire dall’istruzione.

Potremmo iniziare smettendo di pronunciare frasi sessiste che esprimono concetti portatori di profonde disuguaglianze di genere.

Potremmo smettere di usare parole come t***a nei confronti delle ragazze come se fosse un modo scherzoso di comunicare. Potremmo provare a trattenerci dal fare “battute” come: “donna al volante, pericolo costante” oppure “sei acida oggi, hai il ciclo?” ed evitare di ridere dopo averle sentite.

Potremmo fare veramente molto ma prima di tutto dobbiamo essere consapevoli. Dobbiamo capire il motivo per cui quelle frasi, parole, versi e sguardi non sono così innocenti come sembrano. Dobbiamo capire che un problema c’è e che deve essere risolto il più presto possibile. Questo può essere un inizio. Il nostro inizio. L’inizio grazie al quale tutto cambia, tutto si evolve e la paura scompare.

di Manal Boukayoud