Introduzione - di Roberto Bondi

Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna

Servizio Marconi T.S.I. - Documenti

La classe digitale... fai da te

ovvero

BYOD Technologies in Italian classrooms

un pastiche di Anna Rita Vizzari, Roberto Bondi, Gabriele Benassi, Simone Mazza

Introduzione - di Roberto Bondi

Bring Your Own Device. Porta il tuo aggeggio. Quello che hai va (potrebbe andare) bene. Ma allora…

...piccolo passo indietro. 2007/08 o giù di lì. LIM primi passi. Corsi (ri-corsi). Dopo anni di alfabetizzazioni. Pugni di mosche. Il digitale che entra in classe (il “cavallo di Troia”, la "finestra sul mondo" ecc.) qualcosa passa. I corsi. Qualcuno che comincia a vedere fin dai primi momenti che il digitale ha senso se i device stanno anche in mano agli studenti. Poi +- 2009 qualcuno (pochi) comincia con cl@sse2.0 a portare davvero i device in classe, tra molti inevitabili errori di prospettiva e intoppi. Per Servizio Marconi è anche Wiidea, la LIM “povera e fai da te” che supplisce alla mancanza di risorse (finanziarie) con un mare di risorse (altre) ipotizzando un uso slegato dal SW proprietario delle LIM per puntare sui SW e le webapp di condivisione.

La nostra idea di BYOD nasce qui, nell’intreccio di evidenze raggiunte (l’indispensabilità del digitale), limiti di sistema (le risorse per attuarlo ridotte e concentrate nelle poche classi finanziate), limiti di consenso (ma l’indispensabilità del digitale quanto è percepita/condivisa dai dirigenti e nei consigli di classe?) altrettanto concentrati, con l’aggravante di griglie (distribuzione delle risorse e reale percezione) che non sempre collimano, nonostante tutti gli sforzi e la volontà di chi coordina il tutto.

BYOD_one: portare il proprio per sganciare il singolo docente da logiche beghe confronti quando si trova in ambiente “ostile” al digitale. Alessandro Rabbone che per portare avanti wiidea si acquista un videoproiettore portatile e lo accende in classe, liberandosi della dipendenza da turni accordi scambi per avere le poche risorse tecniche della scuola. Più o meno contemporanea la frase di una collega che scherzando (ma non troppo) mi dice “..per il venticinquesimo anno di matrimonio a mio marito ho chiesto in regalo… un videoproiettore!”. BYOD_one come elemento di “libertà” e di autonomia per il docente. Se il digitale è nel quotidiano delle cose, allora il docente che arriva a scuola con un portatile e al limite un videoproiettore non altera nella sostanza la scena di sempre del docente che entra in classe con libri personali o tomi di una enciclopedia.

Ma intanto i primi anni di Cl@sse2.0 e le molte iniziative di formazione fanno anche crescere una fetta -minoritaria nella scuola, ma di una certa consistenza in termini qualitativi- di docenti che hanno toccato con mano i vantaggi dei device individuali in classe e si ritrovano per i normali avvicendamenti in classi non finanziate, o di docenti che hanno maturato convinzioni ed esperienze, ma che non sono assegnati alle classi finanziate. BYOD_two come elemento ….di necessità virtù. In attesa di finanziamenti pubblici (ma qualche volta privati) i dispositivi personali permettono di lavorare e sperimentare nuove piste. O anche in attesa di una maggiore consapevolezza dell’importanza del digitale che orienti diversamente la spesa per investimenti ed attività che tutte le istituzioni scolastiche continuano comunque a sostenere. BYOD è comunque percepito come un’anomalia nell’ordine “naturale” delle cose ("a scuola si utilizza l’attrezzatura in dotazione", "non si introducono su iniziativa personale elementi di differenziazione" tantomeno fattori "di rischio"), ma è tollerato perché attenua elementi di tensione tra classi e tra docenti, chi ha e quindi può, e chi no. Dove “ci si crede” aiuta a far conoscere e diffondere pratiche virtuose.

Ma, e siamo al 2011-12, diversi elementi di cornice modificano ed arricchiscono il quadro.

Intanto di BYOD si parla in modo esplicito in merito ai modelli di introduzione delle tecnologie nelle organizzazioni. La voce wikipedia inglese è del 1 gennaio 2012, e fa riferimento a pratiche del mondo del lavoro USA, non alla scuola (la -scarna- voce italiana è invece comparsa nel novembre 2013).

Il mercato dell'informatica di consumo con l'avvento dei tablet e più in generale dei device personali mobili rompe il sillogismo informatica=pc, e da una parte fa crescere il numero dei device presenti nelle famiglie, non più in casa ma in tasca e nelle borse dei singoli. Comincia ad incrinare nell'immaginario scolastico (...anche quello... dei docenti) l'idea dell'”informatica” e dell'impiego di internet legata all'ora di laboratorio, sulle postazioni fisse.

I telefoni cellulari con funzionalità smartphone si collocano su fasce di prezzo sempre più basse (oggi uno smartphone si può acquistare) e, con importanti momenti di rottura specie in concomitanza con le offerte estive, gli operatori telefonici cominciano a proporre contratti flat che includono fonia e dati a prezzi decisamente contenuti. Il risultato è che già a 11-12 anni i ragazzi hanno sempre più spesso in tasca, a scuola, uno smartphone polifunzionale, con un sistema operativo, capace spesso di tethering verso altri device.

L'editoria offre in misura sempre maggiori contenuti adatti ad essere fruiti sui nuovi device mobili.

All'inizio del 2012 siamo in pochi a disporre di tablet a scuola (salvo le prime iniziative finanziate da privati, sono solo una minoranza delle classi2.0 delle prime edizioni, quelle che hanno ritardato gli acquisti). Discutiamo in rete. Nei primi mesi del 2012 siamo meno di 100 ad animare il gruppo FB “Ipad in classe” e i primi che hanno per curiosità acquistato un tablet cominciano ad intravederne l'utilità in classe, a portarlo, e a passarlo di mano in mano agli alunni. Dove c'è sensibilità e comunicazione qualche genitore coglie l'opportunità e dopo qualche settimana i tablet in classe sono due o tre, quando serve. BYOD in ottica classe 2.0. L'idea del tablet come “lavagna da tenere in mano”. Concorso di docenti e famiglie a definire e creare un setting tecnologico d'aula. Sono casi rari, non si vuole assolutamente sostenere il contrario. Ma casi che funzionano e che producono risultati.

E siamo ad oggi, BYOD_three, che è un insieme variegato di situazioni dove docenti e famiglie producono fai da te un setting digitale unica via in situazioni impossibili, dove il tethering dello smartphone del docente o di qualche studente (o di -rarissimi- router portatili) con SIM supplisce di tanto in tanto alla cronica difficoltà della connessione a scuola, dove gli strumenti personali suppliscono nell'attesa di un finanziamento promesso che tarda ad arrivare, ed anche dove qualcuno comincia ad ipotizzare di distribuire su più classi un finanziamento “cl@sse2.0”, dove i device della scuola si aggiungono a quelli portati dai singoli per produrre condizioni miste di lavoro. Dove la collega Raniera Gioacchini che insegna inglese in un istituto tecnico agrario di Ferrara mi descrive il rifiuto dei ragazzi di lavorare in laboratorio “..ma i pc della scuola sono più lenti e incasinati dei loro personali, non riuscivano a ricreare i gruppi (i pc fissi isolano) e soprattutto non supportano i software che alcuni sono già abituati a usare (tipo Movie Maker), di qui la richiesta di ritornare in classe e poter portare altri loro device personali”. BYOD quindi anche possibile risposta alla cronica impossibilità di gestione e manutenzione (specie software) dei PC della scuola, sempre vecchi, sui quali passano sempre troppe mani.

Ma non è facile, o come mi dice qualche collega, “non è per tutti”. Mi torna il parallelo con Wiidea, la LIM “povera” e “faidate”. La LIM povera imponeva di lavorare su software generico e web application per ovviare alla mancata disponibilità di un software autore proprietario. Il BYOD impone di andare oltre le peculiarità dei singoli device e dei relativi sistemi operativi, concentrandosi sulle funzionalità, sulla capacità dei diversi device di interagire sugli stessi file condivisi, sulle stesse basi di condivisione cloud. Cloud dal quale non si prescinde quando si lavora, ed è il BYOD, con device mobili. Esattamente come in Wiidea abbiamo un BYOD quale elemento di difficoltà che diventa fattore di crescita, di ricchezza per i docenti e gli studenti che lo praticano. Una bella sfida. Ne vale la pena.