Egidio Bullesi ed Odoardo Focherini

  UN OPERAIO CHE HA POSTO LA SUA COMPETENZA A SERVIZIO DEL PROSSIMO: Venerabile Egidio Bullesi (1905 – 1929).   Apostolo tra i ragazzi di Azione Cattolica e Scout, giovane laico del Terz’Ordine francescano scrive: “Posso esclamare: ecco, la mia vita segue una stella;  tutto il mondo, così, mi pare più bello”. 

  Egidio Bullesi nasce a Pola nel 1905, terzo di nove fratelli in una famiglia di modeste condizioni e allo scoppio della guerra è già profugo con la famiglia. Torna nel 1918 a Pola, dove fa l’apprendista in un cantiere navale, impegnandosi in un opera di apostolato nel difficile ambiente di lavoro. In occasione di uno sciopero, nel 1920, innalza il tricolore sulle gru più alte. Con due fratelli, dà vita all’Associazione Cattolica della Parrocchia, e diventa animatore dei giovani Aspiranti di Azione Cattolica, ma dopo aver partecipato a Roma nel 1921 al Congresso Nazionale per il 50° di fondazione dell’Azione Cattolica torna carico di entusiasmo per lo Scautismo ed è tra i promotori del Reparto Scout di Pola.

  A pochi giorni dalla festa del Corpus Domini, Egidio freme desiderando che, in quella grande solennità, i Giovani Esploratori cattolici possano prender parte anch’essi alla processione, e in uniforme, anche per poter essere conosciuti dalla cittadinanza. Sotto le mani volenterose di signore e ragazze, con l’aiuto dello stesso Egidio in un paio di giorni le uniformi scout sono pronte.

  Purtroppo, dopo cinque anni, il Decreto di scioglimento dello Scautismo distrusse presto quella gioia, e di fronte alla prepotenza del governo fascista gli Esploratori dovettero riporre le loro uniformi.

  Così  il 9 febbraio 1927 Egidio scrive al fratello Giovanni (da La Spezia): “Puoi immaginare quale impressione mi fece la notizia dello scioglimento degli Esploratori. Ammirabile la vostra fortezza d’animo e la devozione al Vicario di Cristo, con la quale accoglieste sì dolorosa deliberazione. Ora, Giovanni, conservando uniti gli Esploratori, sarà bene costituire un Circolo e federarlo alla Gioventù Cattolica, poi mantenere intatto lo spirito scautistico, evitando solo quello che può essere contrario alle intenzioni del Papa. E del resto continuare l’identica attività. Cercare quindi di tradurre in fatto il proverbio: l’abito non fa il monaco. ”.   Pur soffrendo profondamente per la chiusura del Reparto scout, Egidio continua a tenere “istruzioni”, ad animare giochi, a svolgere attività educativa… I ragazzi si sentivano felici con lui, e a lui ricorrevano per un consiglio, per un aiuto.

  Presta il servizio militare dal ‘25 al ‘27, come marinaio, svolgendo una vivace opera di apostolato tra i commilitoni. Dopo il congedo, lavora come disegnatore nel cantiere navale di Monfalcone, ma presto la malattia lo obbliga a continue cure. Per tubercolosi, il 29 Agosto 1928 si ricovera all’ospedale di Pola, dando, durante la lunga malattia, esempio di forza d’animo e serenità francescana, arrivando anche ad offrire la sua vita per i missionari. A 23 anni Egidio Bullesi “torna alla Casa del Padre” il 25 Aprile 1929.

  Nel 1997 la Chiesa lo riconosce come Venerabile. La Causa di Beatificazione è ora all’esame a Roma.

  Piace pensare che, forse, nella sua adesione allo Scautismo vi è anche l’intuizione di una “strada” provvidenziale, capace di portare gioiosamente i giovani al Padre...Sembrano infatti rivolte anche ai Capi dello Scautismo queste parole di Egidio: “Si tratta di salvare molte anime di fanciulli: si tratta di orientarle per tutta la vita verso Nostro Signore, verso il suo Cuore. Si tratta di dare all’Italia nostra la giovinezza di domani, forte e pura, colta e pia, si tratta di popolare il Cielo di Santi”.

Venerabile Odoardo Focherini, un Giusto fra le Nazioni.

Carpi, Modena, 6 giugno 1907 – Hersbruck, Germania, 24 dicembre 1944

Con il passare del tempo, ci si rende conto come alla grande strage programmata dai tedeschi di Hitler, contro il popolo ebraico europeo, vanno affiancate nella luce del martirio e della carità cristiana estrema, tante belle figure di sacerdoti, religiosi, laici, che spesero la loro vita nell’aiuto concreto ai perseguitati di quel triste periodo della storia d’Europa.

Alcuni sono già stati proclamati santi e beati dalla Chiesa, come ad esempio s. Massimiliano M. Kolbe conventuale francescano; la beata Edith Stein carmelitana, il beato Bernardo Lichtenberg sacerdote diocesano, ecc., ma tanti altri sono avviati al riconoscimento ufficiale del loro martirio e della loro santità nello stesso contesto e fra questi vi è il Servo di Dio Odoardo Focherini, laico e padre di famiglia italiano.

Odoardo nacque il 6 giugno 1907 a Carpi (Modena), ebbe tre fratelli, frutto dei due matrimoni del padre Tobia Focherini con Maria Bertacchini defunta nel 1909 e poi con Teresa Merighi, che gli fece da mamma.

I genitori erano originari della Val di Sole nel Trentino, emigrati nella Val Padana, dopo la chiusura delle miniere di Fucine; a Carpi il padre aprì un negozio di ferramenta, nel quale collaborò anche Odoardo dopo le scuole elementari e tecniche. Frequentò come tanti ragazzi carpigiani la vita dell’oratorio, dove incontrò don Armando Benatti apostolo della gioventù, che si occupò dei suoi studi e della sua formazione religiosa e poi don Zeno Saltini avvocato-sacerdote, fondatore di Nomadelfia, che gli inculcò l’interesse per la vita pubblica e sociale. Nel 1924 non ancora ventenne fu tra i fondatori de “l’Aspirante”, il primo giornale cattolico per ragazzi, che divenne mezzo di collegamento nazionale per i ragazzi d’Azione Cattolica in Italia.

Durante una vacanza in Val di Non (Trento), vicino alla valle di origine dei suoi genitori, Odoardo conobbe Maria Marchesi (1909-1989) della quale si innamorò, i due giovani uniti dalla stessa visione cristiana della vita, si sposarono il 9 luglio 1930; dalla felice unione nacquero sette figli.

Si occupò nella Società Cattolica di Assicurazioni di Verona il 1° gennaio 1934, con il ruolo di ispettore per le zone di Carpi, Ferrara, Udine e Pordenone; il suo poco tempo libero era dedicato ad attività apostoliche, come conferenze sociali e religiose, congressi eucaristici diocesani, filodrammatica e guida di una società ciclistica.

Nel contempo in quegli anni promosse il movimento degli scout a Carpi; fu cronista attento e scrupoloso per la diocesi di Carpi presso ”L’Avvenire d’Italia” e altre testate; continuò senza interruzione il suo impegno nell’Azione Cattolica, nel 1928 era presidente della Federazione Giovanile Maschile, membro della Giunta Diocesana di A. C.; nel 1934 era presidente della Sezione Uomini e nel 1936 era Presidente dell’Azione Cattolica diocesana. L’apostolato della stampa lo coinvolse fino al punto di accettare nel 1939 un altro incarico importante, amministratore de “l’Avvenire d’Italia” nell’allora sede di Bologna, sorretto dalla fede in Dio e dalla fraterna amicizia di Raimondo Manzini, che ne era il direttore.

Il papa Pio XI nel 1937, gli concesse la croce di Cavaliere di S. Silvestro. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e con l’entrata nel conflitto dell’Italia nel giugno 1940, Odoardo Focherini organizzò con altri, presso la curia vescovile di Modena e Carpi e presso la sua abitazione di Mirandola, un ufficio di contatto con i soldati al fronte o dispersi.

Nel 1942 il direttore Manzini gli affidò l’incarico di mettere al sicuro alcuni ebrei polacchi, giunti in Italia con un treno della Croce Rossa Internazionale e inviati a Bologna dal cardinale Pietro Boetto arcivescovo di Genova.

Iniziò così da parte di Focherini, una intensa attività a favore degli ebrei, che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, inizio dell’intensificazione delle deportazioni razziali, divenne una rete per l’espatrio verso la Svizzera, che salvò la vita a più di 100 ebrei.

Questa disinteressata, pericolosa attività, svolta per un paio d’anni, gli ha meritato la medaglia d’oro alla memoria, concessa dall’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia.

L’11 marzo 1944 si recò in visita presso l’ospedale “Ramazzini” di Carpi, dove era un ebreo di cui si conosce il nome, Enrico Donati, per organizzarne la fuga verso la Svizzera e che sarà l’ultimo da lui salvato; qui l’attese il reggente del Fascio di Carpi che lo invitò a seguirlo con urgenza dal questore di Modena.

Giunto in Questura gli venne comunicato che era in arresto e trasferito in auto al comando delle SS di Bologna e poi rinchiuso nelle carceri di S. Giovanni in Monte; solo il 17 marzo, tramite un amico giornalista a cui aveva scritto, riuscì a fra pervenire delle lettere alla sua famiglia a Mirandola ed ai genitori a Carpi.

Le lettere per il periodo della sua prigionia fino alla morte, furono ben 166 e costituiscono un prezioso documento storico e di conoscenza del suo animo profondamente cristiano e del suo legame con la famiglia.

A Bologna fu interrogato una sola volta, contestandogli una sua lettera nella quale si diceva che “lui si interessava degli ebrei, non per lucro, ma per pura carità cristiana”.

Il 5 luglio 1944 fu trasferito al campo di concentramento di Fossoli (Carpi), dove rimase un mese con agevole contatto con i familiari; il 5 agosto fu deportato nel campo di Gries (Bolzano), anche qui come a Fossoli riuscì a farsi assegnare alla posta e quindi poté scrivere e fra pervenire qualche lettera non soggetta a censura; incontrò pure a Gries l’amico Servo di Dio Teresio Olivelli (1916-1945). Purtroppo quello che temeva si avverò, il 5 settembre 1944 ci fu un ulteriore trasferimento a Flossenburg nella Baviera Orientale, in uno dei più vasti campi di lavoro e di sterminio realizzati dai nazisti. Dopo circa un mese, fu inviato a Hersbruck, uno dei 74 sottocampi di Flossenburg, vicino Norimberga; qui all’amico e compagno di prigionia Teresio Olivelli, dettò le ultime due lettere pervenute alla famiglia; a causa di una ferita alla gamba che gli procurò una grave setticemia, fu ricoverato nell’infemeria; assistito dall’amico che raccolse le sue ultime frasi, riferite poi ad altro prigioniero Salvatore Becciu, che poté trasmetterle alla famiglia, perché Teresio Olivelli morirà una ventina di giorni dopo nelle stesso campo; Odoardo si spense nell’infermeria di Hersbruck il 24 dicembre 1944. La conferma della sua morte giunse ai familiari e al vescovo della diocesi, solo il 4 giugno 1945, con la testimonianza di due sopravvissuti, un sacerdote e il maggiore dei carabinieri Becciu.

Il 12 febbraio 1996 la Santa Sede ha dato il nulla osta per il processo diocesano conclusasi il 5 giugno 1998, gli atti per la sua beatificazione sono ora a Roma presso la competente Congregazione.

Nel 1969 Odoardo Focherini è stato riconosciuto ‘giusto delle nazioni’ dallo Stato d’Israele; concludiamo riportando una delle poche frasi pronunciate nelle sue ultime ore: “A tutti i miei cari… Dichiaro di morire nella più pura fede Cattolica Apostolica Romana e nella piena sottomissione alla volontà di Dio”.

Il 10 maggio 2012 è stato promulgato il Decreto che lo dichiara Venerabile.

Per approfondire la vita e le opere di Odoardo Focherini: LINK1 e LINK2