Estate Anno 2015

"LA LEGGENDA DEL SOLE E DELLA LUNA"


Di giorno progettista meccanico, la sera e nel tempo libero, indossa le vesti dello scultore.

La vita personale e professionale di Andrea Caisutti (nato a Udine nel 1967, casa e atelier nella vicina Percotto) si svolge il suo filo di equilibrio tra tecnologia e arte, due sponde che nel gesto scultoreo convivono in dialogo costante. Ha iniziato a scolpire piccole statue per il presepe a dieci anni.


Un talento artistico innato e coltivato da autodidatta: l’unica formazione acquisita in questo particolare settore sono stati i corsi liberi frequentati alla scuola d’arte di Ortisei, in provin- cia di Bolzano, e gli insegnamenti di un maestro scultore nel suo laboratorio di Udine. Poi l’avvio di una carriera “parallela” a quella professionale vera e propria, con la partecipazione a mostre, simposi di scultura e rassegne d’arte.

Andrea Caisutti

Fienile della famiglia Casanova Fuga

La leggenda del sole e della luna


Il Sole aveva regalato a sua moglie, la Luna, una veste magnifica. L’aveva fatta lui stesso, battendola a lungo sul legno e per farla aveva preso dei pezzi di stella di tutte le stelle vicine e il filo l’aveva tratto dal proprio vestito. Era un manto meraviglioso: c’erano dei pezzi di tutti i colori; c’era dell’azzurro, del rosso, del verde, soprattutto del rosso. Come l’ebbe finita, vi aggiunse un bordo di rosso scuro; poi chiamò sua moglie e le disse: «Eccoti un dono». La Luna fu tutta contenta; guardò il mantello piena di gioia e se l’avvolse intorno alla persona.

Ma di lì a qualche giorno il Sole guardò il mantello di sua moglie e lo vide imbrattato di fango nel fondo. Non disse nulla. L’indomani guardò di nuovo e vide che il mantello era tutto sporco. Non disse nulla. Il giorno dopo guardò di nuovo e il mantello della Luna aveva dei buchi attraverso cui si vedevano le stelle. Furibondo e pallido d’ira, disse: «Dove sei stata questa notte?». «In nessun posto, ho dormito.» «E com’è che hai del fango sul mantello?» «Non so, me lo sarò tirato dietro, trascinandolo per terra.» «E come mai è tutto sudicio?» «L’ho appoggiato sopra l’essiccatoio del pesce.» «E perché è tutto stracciato?» «L’ho tirato troppo forte nel levarlo. Oh! Madre mia! Tu mi tormenti! Tu non mi ami più!» E, messasi a piangere, soggiunse: «Me ne andrò al mio villaggio!». «Vattene dunque, e non tornare mai più.» La Luna si recò al villaggio di sua madre e da allora il Sole non volle più vederla. Mai vi accadrà di vedere il Sole la notte. La Luna, sì, vorrebbe riavere il suo posto. Perciò avviene che spesso, la sera, quando il Sole non è ancora tramontato e al mattino quando si è già alzato da un pezzo, si vede la Luna che gli corre dietro nel cielo, ma il Sole non vuole più rivederla.

"LA LEGGENDA DI GIORNI DELLA MERLA"


Andrea Gaspari nato nel 1961 a Cortina d’Ampezzo. Laureato in scienze forestali Università di Padova. Scultore professionista dal 1988. Realizza sculture in: vetroresina, polistirolo, gesso, cemento, sabbia, neve, ghiaccio, segatura, fieno, cioccolato, ferro, legno e adesso, dopo molti inviti a farlo, anche cacca di cavallo. Presidente dell’associazione sculture in neve Italia.


Ha lavorato come scenografo per i maggiori teatri italiani (scala di Milano, piccolo teatro di Milano). Ha lavorato nei principali parchi di divertimento in Europa (Eurodisneyland Paris castello, Gardaland, Mirabilandia, Canevaworld, tibidabo Barcellona). Da 5 anni partecipa alla costruzione di parchi a tema realizzati in sabbia (blankenberge Belgio, Paris la plage Francia). Ha partecipato a quasi tutti (almeno un centinaio di partecipazioni) i concorsi di scultura su neve nel mondo (da Fairbanks Alaska a Sapporo Giappone).

Ha realizzato l’Italia del cioccolato a Torino in occasione dei 150 anni dall’Unità d’Italia. Innumerevoli sculture e installazioni una tantum.

Andrea Gaspari

Fienile della famiglia Casanova Fuga

La leggenda dei giorni della merla


Da sempre chiamiamo “giorni della merla” gli ultimi rigidissimi tre giorni del mese di gennaio. La leggenda narra che, nel ‘500, in un antico castello, viveva una nobile e ricca famiglia. Tibaldo, un giovane della famiglia, fu inviato a Venezia a studiare. Terminati gli studi, il giovane ritornò nel contado. Qui incontrò una giovanissima ragazza di nome Merla e se ne innamorò; Merla era talmente bella, che in tutto il contado si diceva: “Bella come la Merla”. La ragazza ricambiò immediatamente il sentimento di Tibaldo, ma un grosso ostacolo separava i due innamorati: il grado di parentela. Merla e Tibaldo, infatti, erano cugini stretti. Per un po’ i due innamorati riuscirono a tenere segreta la loro relazione, infine, dovettero rendere pubblico quel loro amore senza speranza. Ai due giovani innamorati sembrava che non ci fosse per loro altra soluzione che un romantico suicidio. Quel sentimento, però, così forte, profondo e sincero, finì per attirare su di loro simpatia, benevolenza e comprensione. Lo stesso vescovo, parente dei due giovani, si mosse a commozione e riuscì ad ottenere una dispensa papale che consentisse loro di sposarsi. Le nozze furono celebrate in pompa magna e i festeggiamenti si protrassero per tre giorni: gli ultimi tre gelidi giorni del mese di gennaio e tutto il paese vi partecipò. Il festoso evento, però, finì in tragedia. Per fare ritorno a casa, dopo le nozze, i due sposi attraversarono un fiume gelato, a bordo della loro carrozza. Durante la traversata, la superficie gelata del fiume si ruppe e i due giovani sposi finirono tragicamente annegati. Ed è per questo che i “giorni della merla” non solo sono conosciuti per essere i più freddi dell’anno, ma anche perché preannunciano un avvenimento triste.

"LA LEGGENDA DEI COLORI"


Nicola Cozzio nasce nel 1964 a Spiazzo, nel cuore della Val Rendena. In lui vive, quale costante riferimento, una costellazione di valori e di simboli. Valori in parte dovuti all’identità trentina ma forse sarebbe meglio parlare d’apparenza ad una cultura della montagna universale, non solo quella trentina. L’ambiente della montagna lo ha allevato nella bellezza paesaggistica, Essendo autodidatta l’artista non è legato ad un particolare stile o momento artistico ma trae ispirazione solo dal suo vissuto e dal gusto estetico, che gli permette di realizzare Opere di grande spessore apprezzate in diversi simposi in Italia, Olanda, Francia, Giappone, India.

Nicola Cozzio

Barco della famiglia Corticelli

La leggenda dei colori


Tanto tempo fa, il pappagallo non aveva colori; era tutto grigio, le sue piume erano corte come quelle di una gallina bagnata. Il mondo era noioso con due soli colori: uno era il nero che comandava la notte, l'altro era il bianco che camminava di giorno, il terzo non era un colore: era il grigio, che dipingeva sere e mattine affinché non si scontrassero troppo. Tutti i maghi del mondo fecero una riunione e decisero di rendere i colori più lunghi perché fosse allegro il camminare e l'amare di uomini e donne. Uno di loro prese a camminare per pensare meglio, e tanto pensava, che sbatté contro una pietra ferendosi la testa da dove ne uscì sangue. Dopo aver strillato per un bel pezzo, guardò il suo sangue e vide che era di un altro colore, diverso dai due colori e andò dagli altri uomini, mostrando loro il nuovo colore che chiamarono "rosso", era il terzo che nasceva. Un altro, invece, cercava un colore per dipingere la speranza. Lo trovò dopo un bel pezzo e lo mostrò all’assemblea, che lo chiamò "verde" , era il quarto che nasceva. Un altro cominciò a grattare forte a terra. "Che fai?" gli chiesero gli altri "Cerco il cuore della terra" rispose rivoltando la terra da ogni lato. Dopo un po' trovò il cuore della terra, lo mostrò agli altri che lo chiamarono "caffè", era il quinto colore. Un altro salì in alto. "Vado a guardare il colore del mondo" disse, e si mise a scalare e scalare fino alla cima. Quando arrivò ben in alto, guardò in giù e vide il colore del mondo, ma non sapeva come fare a portarlo. Allora rimase a guardare per un bel po', finché il colore non gli si attaccò agli occhi. Discese come poté, a tentoni, e andò all'assemblea. "Porto nei miei occhi il colore del mondo", e "azzurro" chiamarono il sesto colore. Un altro stava cercando colori quando sentì che un bambino rideva; si avvicinò con cautela e gli prese la risata, lasciandolo in lacrime. Portò la risata del bambino e scelsero il nome "giallo" per il settimo colore. A quel punto gli altri, che erano ormai stanchi, andarono a dormire, lasciando i colori in una cassetta buttata sotto un albero. La cassetta non era chiusa bene e i colori uscirono, cominciando a far chiasso e festa. Così nacquero tanti nuovi colori. Il giorno dopo, i maghi si accorsero che i colori non erano più sette, ma molti di più e guardarono la cassetta. "Tu hai partorito i colori, tu ne avrai cura , così dipingeremo il mondo". E salirono sulla cima del monte, e da lì cominciarono a lanciare i colori, così l'azzurro rimase parte nell'acqua e parte nel cielo, il verde cadde sugli alberi e sulle piante, il caffè, che era il più pesante, cadde sulla terra, il giallo, che era un risata di bambino, volò fino a tingere il sole, il rosso giunse sulla bocca degli uomini e degli animali che lo mangiarono, colorandosi così di rosso. Il bianco e il nero già esistevano. I maghi lanciavano i colori senza fare attenzione a dove finivano, ed alcuni di essi spruzzarono gli uomini; per questo vi sono persone di diversi colori e di diverse opinioni. Allora, per non dimenticarsi dei colori e perché non si perdessero, cercarono un modo per conservarli; stavano pensando come fare quando videro il pappagallo. Lo presero e gli attaccarono i colori e gli allungarono le piume affinché ci stessero tutti.

E così il pappagallo prese tutti i colori. Ancora oggi se ne va in giro, nel caso in cui gli uomini si dimenticassero che molti sono i colori e le opinioni, e che il mondo potrebbe essere allegro, se tutti i colori e tutte le opinioni avessero il proprio spazio.