Consigli e
spunti riflessivi
spunti riflessivi
Come già ripetuto in altre occasioni è bene informarsi, conoscere, imparare e allenarsi nel porsi delle domande rispetto a ciò che ci circonda. Soprattutto riguardo il mondo online che è nuovo, variegato e tutto da scoprire. Questo, per i genitori come voi, deve diventare fondamentale al fine di accrescere la vostra consapevolezza, sia per un interesse personale di conoscenza e scoperta delle novità ma anche (a maggior ragione) per avere voi strumenti, competenze e conoscenze adeguate ad aiutare ulteriormente i figli nella loro crescita. È risaputo, esistono innumerevoli rischi, ma altrettante sono le opportunità e le potenzialità della rete. Per questo è importante poter parlare con i ragazzi di ciò che potrebbero incontrare e che sicuramente incontreranno. Per le riflessioni presenti in questa sezione, è consigliabile affrontarle soffermandovi a pensare, porvi domande, cercare risposte e approfondimenti con l’obiettivo di conoscere per sviluppare pensieri e punti di vista in ottica di crescita personale e sguardo aperto.
Secondo Internet Matters, in media i bambini ricevono il primo smartphone tra i 10 e gli 11 anni di età e più del 50% dei dodicenni possiede un account social. Questi dati dimostrano quanto sia necessario, sin da prima dell’adolescenza, introdurre i figli al mondo del digitale in modo che loro ci familiarizzino e imparino a conoscerlo. Con i dispositivi personali si può accedere a numerose fonti di informazione, divertimento e svago. Offre davvero di tutto, ma non può essere l’unico passatempo disponibile e utilizzato dai ragazzi; inoltre è ormai assodata l’azione deleteria di un uso passivo e inconsapevole dei dispositivi mediali. È necessario, pertanto, aiutarli a imparare a diversificare le fonti di svago e, quando passano del tempo online, è importante aiutarli a porsi domande difronte ai contenuti fruiti, sviluppare pensiero critico e capacità di distinguere e scegliere prodotti di qualità. Per aiutarvi a riflettere, potete cercare di rispondere a queste domande: che applicazioni utilizzano i miei figli? Quali sono i loro interessi online? Cosa ricercano? Possono trarre insegnamento da tali contenuti? Loro sono consapevoli di quanto tempo passano sui social media? Assumono una posizione da fruitore o producono contenuti?
Attraverso la decisione comune di regole da seguire, l’impostazione dello strumento per una per una navigazione sicura e la consapevolezza del tempo passato online e dei contenuti visualizzati possono aiutare l’adolescente a prendere responsabilità circa l’uso dei dispositivi digitali.
Ogni azione che si compie online lascia dietro di sé importanti informazioni che possono avere ripercussioni, a breve o lungo termine, sulla vita personale, nei rapporti con amici, parenti e con attuali (e/o futuri) luoghi di lavoro. Questo perché i dati immessi online, che siano ricerche, foto, video, audio, “mi piace” interazioni e simili, vengono condivisi con followers, amici, sconosciuti che possono scaricarli, fotografarli (attraverso uno screenshot), condividerli e ripubblicarli. Se è vero che esiste il diritto all’oblio sancito dal GPDR (che dichiara la possibilità di cancellare autonomamente o di richiedere la cancellazione di dati che non si desidera siano presenti online), la possibilità di cancellare definitivamente tutti i contenuti pubblicati risulta tuttavia un processo complesso e delicato proprio perché possono essere riutilizzati da altri utenti anche con finalità diverse da quelle inizialmente pensate dal proprietario originale. Esistono diversi esempi di queste situazioni, soprattutto su social come TikTok dove contenuti condivisi da utenti in Vlog giornalieri vengono poi utilizzati per diversi usi e speculazioni. Pare quindi che il diritto all’oblio e alla cancellazione sia di difficile applicazione e che qualsiasi azione, spostamento e scelta può essere significativo per la propria vita online ma anche offline in quanto concorre alla costruzione di una identità e immagine personale. Per iniziare a riflettere circa questo tema potreste chiedervi: che ruolo gioco io all’interno del mondo online come utente? Che ruolo e responsabilità hanno gli altri utenti? Quali interessi o contenuti che commento/guardo/condivido potrebbero influenzare la mia immagine pubblica e quella della mia famiglia? Se volessi togliere il mio volto da internet riuscirei? Quello dei miei figli?
Provare emozioni è una condizione squisitamente umana. Ogni azione compiuta e ogni esperienza vissuta producono sensazioni ed emozioni legate a esse. Anche quando si utilizzano i dispositivi digitali, ad esempio per guardare film, serie tv, video, contenuti sui social o per giocare a videogiochi, il corpo prova emozioni diverse. Ogni tipologia di utilizzo si differenzia per obiettivo, durata, frequenza di utilizzo o esposizione, qualità dei prodotti fruiti e postura nei confronti dei contenuti. Utilizzare internet per svolgere ricerche ai fini di rispondere a domande è totalmente diverso rispetto a impegnare ore e ore della propria giornata in uno scrolling infinito sui social media. Riflettere e ragionare sull’utilizzo che si fa dei dispositivi, ponendo attenzione alle emozioni che suscitano può essere un buon indicatore per migliorarne l’esperienza. Quando uso i dispositivi mi rendo conto del tempo che passa? Uso i dispositivi per cercare di rilassarmi? Funziona? Sono più irritata/o quando mi interrompono mentre sto utilizzando il telefono/tablet/console?
Attenzione però a non demonizzare l’utilizzo dei dispositivi elettronici. Sono molteplici anche le emozioni positive che essi possono suscitare. Dopo aver incontrato un contenuto quanto mi sento compresa? Quando scambio video e messaggi con i miei amici li sento vicini? Quando gioco online con i videogiochi come mi sento? Appartengo a una community e a un gruppo di persone con lo stesso interesse? Come mi sento quando riesco a dare risposta alle domande trovando informazioni attendibili online? E se le informazioni si rivelano non attendibili come mi sento?
Con eSports si fa riferimento all’utilizzo di videogiochi in ambito professionistico. Come si può intuire, alla parola “sport” è stato aggiunto un prefisso “e” utile per sottolinearne la natura “eletronic”, dunque elettronica. Coloro che giocano e si preparano per competere in sfide e tornei di eSports sono considerati dei veri e propri atleti.
Questo mercato, considerabile ancora di nicchia, sta crescendo ogni anno sempre di più. È già diverso tempo che, soprattutto negli Stati Uniti, alcune Università hanno iniziato a offrire delle borse di studio utili a coprire parte di costi universitari e programmi dedicati a quelli che potremmo chiamare eAthlets. Ma non solo. Sono stati introdotti corsi di design, ingegneria e scienze motorie per studiare e approfondire il fenomeno degli eSports che sono destinati a interessare una gran parte del mercato sportivo futuro.
I giochi presenti nei tornei organizzati passano da FIFA e PES a giochi come StarCraft, League of Legends e Brawl Stars. Vengono organizzati in tutto il mondo e anche in Italia. Possono essere online o giocati in modalità live. Il premio per il vincitore fluttua da poche migliaia fino a milioni di dollari a seconda del gioco e del torneo.
Com’è possibile che un mercato come questo possa generare così tanto denaro? Il settore degli eSports cresce in modo sovra ordinario e può contare su sponsorizzazioni (soprattutto dalle aziende produttrici dei videogiochi stessi), interesse dei videogiocatori spettautori e pubblicità.
Anche questa cornice fa parte del mondo online e, nonostante sia così importante a livello economico e sociale, non è ancora molto conosciuta. Alcune domande che possono aiutare a iniziare un percorso riflessivo potrebbero essere: qual è la fascia d’età degli eAthlets? E degli spettatori? Dove vengono trasmesse queste competizioni? Come si allenano gli atleti?
Oggi, quando si parla di intelligenza artificiale, comunemente abbreviata con IA o AI (Artificial Intellligence) si pensa tutti subito ad applicativi come ChatGPT e software che producono o modificano immagini e video. Queste però sono solo una piccola parte del mondo AI. Proprio perché l’IA è rintracciabile e utilizzabile in diverse situazioni e contesti, è necessario fare delle distinzioni. Esistono sostanzialmente due tipologie di macchine: quelle reattive senza memoria che sono progettate per svolgere compiti specifici senza necessità di ricordarne risultati e quelle a memoria limitata che possono ricordare risultati, interazioni passate e che possono utilizzare memoria e interazioni per formularne successive come, ad esempio, IA generativa (Gemini, ChatGPT, …). In generale, quando si parla di Intelligenza Artificiale si fa riferimento a sistemi creati e programmati per emulare doti esclusivamente umane come il pensiero, l’apprendimento, il problem solving, la capacità di pianificazione e di immaginazione che sono inoltre in grado di migliorarsi grazie alle capacità di adattamento analizzando feedback su azioni svolte precedentemente.
L’IA è un importante strumento che, ad esempio, aiuta a migliorare conoscenze e abilità mediche e, di conseguenza, di assistenza sanitaria; permette l’implementazione di trasporti pubblici; può essere un valido sostegno per l’ambito educativo e assistenziale per quanto riguarda esperienze personalizzate e servizi su misura. Se da un lato si può considerare uno strumento dalle molte potenzialità, dall’altro presenta molti rischi che possono derivare da un cattivo utilizzo; ad esempio, la nascita e lo sviluppo di bolle di informazione che alimentano una visione distorta della realtà, il divario sociale e politico oppure l’utilizzo di questi strumenti per la creazione di video, immagini e audio “deepfake” che alimentano la polarizzazione dell’opinione pubblica.
Come è facile comprendere, il mondo dell’intelligenza artificiale è in continuo mutamento e, date le sue caratteristiche di autoapprendimento, è sempre più in evoluzione e tale evoluzione, probabilmente, correrà con una velocità che aumenterà in maniera esponenziale; non a caso, nel mese di giugno 2023 il Parlamento europeo ha pubblicato l’AI Act, una normativa sull'IA che delinea le prime regole per l’Unione Europea. Parlare e riflettere circa l’Intelligenza Artificiale è pertanto da considerarsi essenziale per i genitori di ragazzi preadolescenti e adolescenti proprio per conoscere e diventare consapevoli sulle potenzialità e i rischi dell’utilizzo di questo strumento.
Per iniziare a riflettere vi potreste chiedere: l’Intelligenza Artificiale vive nella mia quotidianità? In che modo utilizzo questo strumento? In che modo lo possono utilizzare i miei figli? Può essere utile in fase di compiti e studio? Quali possono essere i vantaggi e le conseguenze del suo utilizzo? Qual è il rapporto da creare con l’IA? In che modo posso difendermi da fake news o deep fake? Come conosco di questo strumento? Come lo conoscono i miei figli? È possibile che non mi accorga nemmeno che l’IA sia intorno a me?
Lo sharenting consiste nella pratica di condivisione online di materiale che ritrae i propri figli, nipoti o figli di amici e conoscenti. È un’azione sempre più comune e messa in atto con disinvoltura da parte dei genitori con l’idea di condividere momenti di vita dei figli che, nella maggior parte dei casi, dovrebbero rimanere privati. In casi estremi, alcuni genitori arrivano persino a creare profili social per i figli piccoli per monetizzare i contenuti pubblicati. L’atto della condivisione di immagini di minori online, oltre a violare il diritto alla privacy, mina anche la loro sicurezza. I rischi sono diversi, come la precedentemente citata violazione della privacy, l’esposizione dei luoghi frequentati, il furto d’identità e l’esposizione a predatori che non si fanno scrupoli a prendere e utilizzare materiale pubblicato da genitori e familiari per usi impropri. Inoltre, una volta cresciuti, i figli trovano immagini e video di loro stessi online che non sapevano di avere e per le quali non hanno mai fornito alcuna autorizzazione alla pubblicazione. L’importanza delle immagini online per i ragazzi è estremamente delicata perché è anche online che si sperimentano e costruiscono la loro identità personale; con la condivisione di materiale della loro infanzia nell’oggi, si rischia di compromettere questo percorso necessario nel loro domani. Gli stessi ragazzi possono sentirsi imbarazzati, violati, arrabbiati nei confronti dei genitori, causando difficoltà e paure relazionali a seguito di derisioni con il conseguente desiderio di dissociarsi da tali immagini. Per aiutarvi a riflettere potete cercare di rispondere a queste domande: Quante foto di mio figlio ho pubblicato online? Ho mai pensato alla sua privacy prima di postare una foto del suo viso, del suo corpo o di parte di esso? Come mi farebbe stare se scoprissi di avere foto di me stessa/stesso online senza il mio consenso?