Non è l'obiettivo che è interessante, sono i modi per realizzarlo.
Georges Braque
...come due scalatori legati insieme....
Georges Braque riferendosi a Picasso
In questo blister comprenderemo la genesi della pittura Cubista, prima recuperando le opere di Cezanne poi rivolgendo lo sguardo all'arte africana. Scopriremo come la rappresentazione del reale evolverà drasticamente verso una nuova figurazione sintetica, alternativa tanto a quella ottocentesca quanto a quella espressionista.
Nel 1908 Henri Matisse, dopo aver visto alcune opere di Braque, le definì, un po' ironicamente, composizioni di “piccoli cubi”. Louis Vauxcelles, poi, alludendo a quegli stessi dipinti usò l'espressione "bizzarrie cubiste"; Louis Vauxcelles aveva già coniato il termine Fauves nel 1905. Come accaduto per gli impressionisti, Braque e Picasso, trovando il termine Cubismo adeguato, lo scelgono per identificare il loro raggruppamento.
Per poter comprendere il processo di scomposizione della realtà e la sua ricomposizione sulla tela messo in atto dai cubisti occorre fare un passo indietro e uno laterale per considerare due essenziali presupposti: la rivoluzione di Cézanne e la scoperta dell'arte africana.
Cézanne
Punto di partenza del cubismo è l'opera di Cézanne, messa a fuoco nel 1907 da una importante mostra retrospettiva sull'artista al Salon d'Automne di Parigi. Cézanne, compresa la portata della rivoluzione cromatica innescata dagli impressionisti e che sarà alla base della svolta espressionista, si concentra sulla costruzione dello spazio figurativo attraverso la forma e il disegno.
La sua ricerca si spinge quindi in due direzioni: l’individuazione dell’essenza delle cose attraverso la scomposizione del visibile in forme geometriche semplici (il cono, il cilindro, la sfera) [←] [↓] e l’utilizzo di una prospettiva non convenzionale, con più punti di vista, che riduce l'immagine ad una sorta di tassellatura capace di connettere oggetti vicini e lontani [→].
Per ottenere tale risultato procede anche ad una riduzione razionale del colore limitandosi sostanzialmente all’uso del blu, dell’ocra e del verde [→].
Maschere africane
Tanto il colonialismo quanto la nascita dell’antropologia ressero possibile, a cavallo tra Ottocento e Novecento, la diffusione di oggetti e immagini provenienti dall’Africa nera .
Le maschere africane non nascono come forme artistiche libere e prive di utilità, ma come strumenti rituali per riti magici. L’interesse per la maschera africana è dovuta alla sua intrinseca forza primordiale, e alla sua carica espressiva sintetica capace di fornire una figurazione simbolica del volto estranea alla tradizione occidentale[←].
Tratti spigolosi, occhi ciechi e naso allungato tipici delle maschere africane sono rintracciabili non solo nelle opere di Picasso, ma anche, con differenti modalità espressive, in quelle di artisti molto diversi fra loro come Nolde, Modigliani, Carrà, Man Ray, Brancusi, Giacometti per citarne alcuni.
Il processo proposto dai cubisti è costituito da due fasi concomitanti. La scomposizione della realtà si attua attraverso l'utilizzo di una pluralità di punti di vista, anche contrapposti. Sulla tela il tutto si ricompone - analiticamente prima e sinteticamente poi - attraverso sovrapposizioni, fusioni e giustapposizioni di piani.
Pertanto guardare un quadro cubista significa osservare il soggetto della rappresentazione simultaneamente di profilo, frontalmente dall'alto, dal basso e anche dall'interno. Ciò presuppone che l'osservatore compia un percorso virtuale intorno e dentro l'oggetto, impiegando così una certa frazione di tempo. Ecco come la quarta dimensione viene conquistata dalla pittura (unità spaziotemporale).
L'azione cubista è più mentale che visiva e determina esiti che superano tanto le rappresentazioni prospettico - geometriche tradizionali che le figurazioni retiniche degli Impressionisti. È un processo razionale ma non meccanico perché prevede la scelta da parte dell'artista dei singoli punti di visti e di come metterli in relazione.
Il dipinto è il Ritratto di Ambroise Vollard realizzato da Picasso nel 1910.
Al centro, in alto, riconosciamo il volto barbuto e la testa calva vista dall'alto. Qui il colore ci aiuta molto [1].
sulla sinistra ci sono due bottiglie [2], mentre sulla destra, guardando bene, scorgiamo un libro [3].
Vollard sembra avere gli occhi chiusi oppure sta guardando verso il basso. In effetti sta leggendo un giornale che tiene aperto davanti a sé [4]. Il giornale non ci impedisce di vedere alcuni dettagli del suo abbigliamento come la manica destra della sua giacca, un bottone del panciotto e un fazzoletto che fuoriesce dal taschino.
A questo punto siamo in grado di ricostruire tutta la figura [5].
Abolita la successione dei piani prospettici che idealmente sezionano la realtà, l'immagine viene ricomposte in una nuova unità nella quale oggetto e spazio formano un tutt'uno inscindibile.
Ne consegue che le figure si fondono con lo sfondo e la perimetrazione di separazione risulta spesso indistinguibile [↑] [↓]. Figura e sfondo sono infatti rappresentati allo stesso modo, cioè attraverso la frantumazione dell'immagine ottenuta dalla giustapposizione di tasselli di differente forma e dimensione evidenziata soprattutto dalle linee scure di accostamento [↑] [↓].
Picasso e Braque realizzano prevalentemente ritratti e nature morte (piatti, bicchieri, frutti, strumenti musicali), quindi soggetti dei quali tanto il pittore che l'osservatore conoscono bene la forma e che non richiedono verifiche ulteriori.
È la fase di maggiore sperimentazione (intorno al 1909) e il procedimento di scomposizione è portato alle estreme conseguenze.
I colori utilizzati sono terrosi e di tonalità neutre per enfatizzare le operazioni effettuate e per non aggiungere una componente cromatica che comprometterebbe la lettura unitaria dell’immagine. Alcuni dipinti sono quasi monocromi.
il colore si fa materia, infatti viene spesso aggiunta della sabbia all'impasto steso sulla tela come fosse intonaco, escludendo virtuosismi pittorici e luministici.
Nell’ultima fase i risultati raggiunti sono costituiti da immagini di una complessità tale da generare un possibile fraintendimento, rischiando di spostare il piano della lettura delle stesse dalla figurazione del reale all’astrazione. C’è quindi un cambio di direzione della ricerca e si passa al cubismo sintetico.
Tra il 1912 e il 1913 Picasso e Braque indirizzano la loro azione verso una ricomposizione più sintetica della forma. Gli oggetti sono nuovamente riconoscibili. In alcuni casi riappaiono anche le ombre. I colori sono ora brillanti e antinaturalistici.
I cubisti fanno ricorso anche nuove tecniche come il collage: per le loro composizioni, utilizzano oggetti della quotidianità come spaghi, pezzi di giornali, carte da gioco.
Fino a questo punto la superficie pittorica è stata il luogo nel quale si sono sedimentate le tracce dei continui rimandi dal soggetto (l'artista) all'oggetto (la realtà), a prescindere della prevalenza di uno dei due versi di percorrenza. Per la prima volta la tela non contiene più solo trasfigurazioni bidimensionali, ma anche frammenti concreti del reale, come un pezzo di giornale che rimane lì imbrigliato in uno dei passaggi tra soggetto e oggetto. È una rivoluzione.
Collage e assemblaggi
A partire dal Cubismo la tecnica del collage entra a far parte del repertorio espressivo delle avanguardie. Si indaga così la possibilità di sostituire o di affiancare alla rappresentazione l'innesto di oggetti concreti sulla superficie della tela [←].
Le sperimentazioni procedono in diverse direzioni. Carrà realizza Manifestazione interventista (1914) nella quale compone radialmente frammenti di scritte tipografiche che alludono alla poetica parolibera futurista sulle quali poi interviene con colori a tempera [←]. Ernst compone con ritagli fotografici spiazzanti collage surrealisti [←]. Il dadaista Schwitters nella serie Merz (1919) assembla oggetti eterogenei [↑] anticipando l'arte materica e informale del dopoguerra che avrà trai massimi esponenti Burri (Sacco rosso, 1954) [→]. Ancor più inclusivi rispetto alla realtà quotidiana sono i combine neo-dada di Rouschemberg, trai quali Bed del 1955 [→]. Negli anni Quaranta Matisse concentra la sua attività sulla produzione di coloratissimi collage di cartoncino [↓] cui sembrano fare eco quelli apparentemente decorativi, ma più che altro segnici di Capogrossi (1960) [↓].
Pablo Picasso (1881-1973)