Il 2 settembre 2019 è mancato il teologo toscano mons. Giordano Frosini, figura che, pur intensamente spesa in una realtà ecclesiale e civile di provincia –Pistoia –, non ha cessato d’indagare i grandi problemi della Chiesa universale, pensata come compagna dell’umanità nella storia di tutti.
Nato nel paese di Casalguidi nel vicino comune di Serravalle Pistoiese il 4 giugno 1927, della diocesi di Pistoia è stato presbitero dal 1950, anno della sua ordinazione (29 giugno).
Entrato nel seminario cittadino nel 1938, visse per due anni, dal 1943 al 1945, a Milano dove nel frattempo la sua famiglia si era trasferita, quando il collegio fu temporaneamente chiuso a causa della Seconda guerra mondiale. Fu quella una tappa importante della sua vita, segnata dall’incontro e dalla frequentazione di padre David Maria Turoldo. Testimoniò a chi scrive della grata memoria che conservava del Servo di Ma- ria per il «carisma dell’entusiasmo» con cui sapeva trasmettere la sua fede profonda, indomita, incarnata nella storia, una fede che impressionò e influenzò for- temente la sua mente di giovane chierico.
Tornato a Pistoia e compiuti gli studi in seminario, conseguì la laurea in Filosofia presso la Pontificia università gregoriana nell’anno accademico 1956-1957 e successivamente quella in Teologia presso la Pontificia università di S. Tommaso d’Aquino.
Il vivo impegno nello studio e nell’insegnamento che ha contrassegnato la sua vita si è sempre accompagnato alla concreta attività pastorale: di fatto il suo lavoro di ricerca e di divulgazione è stato costantemente finalizzato all’evangelizzazione in tempi di rapida trasformazione, secondo un’immagine di cristianesimo e di Chiesa che, intravista nelle figure e nei fermenti ecclesiali degli anni Quaranta e Cinquanta – oltre al già citato Turoldo, Jacques Maritain, Emmanuel Mounier, Giuseppe Dossetti, Giuseppe Lazzati, Giorgio La Pira –, avrebbe riconosciuto nei primi anni Sessanta nell’evento e nei documenti del concilio Vaticano II.
Insegnante di Filosofia e poi rettore del seminario di Pistoia, nel 1968 fu invitato come docente di Teologia sistematica nel Seminario interdiocesano di Firenze – poi riorganizzato come Studio teologico fiorentino e Facoltà teologica dell’Italia centrale –, insegnamento che avrebbe esercitato fino al 1996-1997. La passione e la fiducia nella formazione non si limitarono alla preparazione di preti e laici nell’istituto fiorentino ma segnarono e distinsero il suo ministero nella Chiesa pistoiese. Vicario per la pastorale dal 1975 al 1982 e vicario generale dal 1982 al 2008, Frosini approfittò degli incarichi istituzionali per dare una decisa impronta culturale alla pastorale, ideando e creando numerose occasioni di studio e d’approfondi- mento: dal gruppo FUCI alla Scuola diocesana di teologia; dalla Settimana teologica alla Scuola di politica, al Centro culturale Jacques Maritain. Amava ricordare come avesse per primo fatto conoscere e ascoltare a Pistoia personalità di rilievo della cultura religiosa e civile in anni in cui erano ancora rare le occasioni d’incontro e dibattito in una città di provincia. Le voci di teologi, filosofi, letterati, storici – Giuseppe Lazzati, Bartolomeo Sorge, Mario Pomilio, Mario Luzi, Giovanni Miccoli, Giuseppe Alberigo, Sergio Givone, Massimo Cacciari, Enzo Bianchi, Bru- no Forte, Piero Coda, Giannino Piana, Adriana Valerio, Serena Noceti – suscitavano interesse e confronto nei sempre attenti e numerosi partecipanti.
Realizzare «l’aggiornamento»
Egli per primo profittava dei preziosi dialoghi, stringendo rapporti di scambio con interlocutori che avvertiva specialmente affini e stimolanti su temi ecclesiali, etici o politici (tra questi Enrico Chiavacci, Severino Dianich, Giorgio Campanini, Giuseppe Lori- zio, lo stesso direttore di questa rivista, Gianfranco Brunelli), lo sguardo sempre rivolto al necessario «aggiornamento», secondo il mandato conciliare.
Alla imprescindibile istanza del rinnovamento conciliare si è ispirata anche la sua instancabile attività di teologo, scrittore, giornalista. Penna veloce ed efficace, ha pubblicato su riviste scientifiche e periodici fra i quali Il Regno, Famiglia cristiana, La settimana del clero, e ha tenuto fino alla morte che Pistoia avesse un suo settimanale diocesano, La Vita, di cui è stato direttore responsabile dal 1986.
Assai numerose le sue partecipazioni a convegni nazionali e le lezioni tenute in seminari e università non solo italiane. Negli anni Ottanta è stato invitato a tenere seminari teologici in Brasile, dov’era presente una missione pistoiese e, dopo la fine del comunismo, ha avuto modo di esercitare il suo insegnamento presso il seminario di Scutari, in Albania. Per 5 anni è stato anche voce della rubrica «Ascolta si fa sera» su RaiRadio1.
Prolificissimo soprattutto il suo impegno come autore di libri che, iniziato quasi in sordina con un piccolo e prezioso volume di sintesi, Teologia delle realtà terresti (Marietti, 1971), è continuato ininterrotta- mente fino alla morte e oltre: neppure negli ultimi mesi di vita segnati dalla malattia ha cessato di pro- gettare, scrivere, produrre riflessioni e testi che saranno pubblicati postumi. Una cinquantina sono i suoi titoli, alcuni tradotti in spagnolo, portoghese, polacco, albanese: lavori di ricognizione, sintesi e rielaborazione teologica, a cui la sua potente personalità ha impresso un timbro originale, sia per il taglio con cui sono affrontati i temi, sia per le scelte degli autori di riferimento, orientate da un preciso pensiero e da una peculiare visione. I nomi di Marie-Dominique Chenu, Yves Congar, Henri De Lubac, Karl Rahner, Bernhard Häring, Jürgen Moltmann, Johann Baptist Metz, per limitarci a pochi esempi, molto presenti e citati nei suoi testi, indicano con evidenza l’orizzonte conciliare e postconciliare della sua riflessione. Ma suggestioni preziose era- no da lui raccolte anche dalla letteratura e dalla filosofia, e il suo lettore può rinvenire tra i suoi ispiratori autori classicamente interpellati dalla teologia come Albert Camus, Jean Paul Sartre, Simone Weil, Elie Wiesel, Paul Ricoeur, ma anche il «magico» Italo Calvino de Le città invisibili. Tra i suoi libri, si ricordano almeno: La fede e le opere. Le teologie della prassi (Paoline, Cinisello Balsamo [MI] 1992); Babele o Gerusalemme. Per una teologia della città, (Paoline, Cinisello Balsamo [MI] 1992), Aspettando l’aurora. Saggio di escatologia cristiana (EDB, Bologna 1994); Una Chiesa possibile (EDB, Bologna 1995); Chi dite che io sia? Una cristologia per tutti (EDB, Bologna 1997); Lo Spirito che dà la vita. Una sintesi di pneumatologia (EDB, Bologna 1998); Incontro al Padre. Una teologia per tutti (EDB, Bologna, 1999); La Trinità mistero primordiale (EDB, Bologna 2000); La Chiesa siete voi. Per una teologia conciliare del popolo di Dio (Esperienze, Fossano 2009); Dio il cosmo l’uomo: exitus-reditus (EDB, Bologna 2011); Una Chiesa di tutti. Sinodalità, partecipazione e corresponsabilità (EDB, Bologna 2014).
Chiesa coscienza critica
La sua mente curiosa e fertile ha anche ricostruito e presentato figure capitali ed eloquenti del passato e del presente della Chiesa, da Teresa di Lisieux a Ildegarda di Bingen, da John Henry Newman a Pietro Scoppola, per lui figura esemplare di laico «adulto», figlio del Vaticano II. Appassionata ed esposta su tutti i fronti del rinnovamento conciliare – in particolare sullo sviluppo di forme di partecipazione «sinodale» nella vita della Chiesa e sulle delicate declinazioni del rapporto Chiesa-mondo, fede-politica –, la sua voce non è stata da tutti condivisa e non ha anzi mancato di suscitare discussioni e dissensi. Non era raro tuttavia, percorrendo varie città italiane, raccogliere dichiarazioni di ringraziamento e di riconoscenza per gli apporti e gli sti- moli ricevuti dai suoi libri. I suoi testi indicano la dimensione di una Chiesa «mistero», «comunione», «missione», nell’ottica della Lumen gentium, spesa in un’evangelizzazione che si traduca nel servizio all’uomo nella sua totalità, in op- posizione a qualsiasi forma di schiavitù, spirituale-interiore e sociale-storica. La Chiesa è per Frosini depositaria di una «memoria pericolosa e liberatrice-redentiva dell’umanità (...) coscienza critica dell’umanità durante tutto il suo percorso storico, capace di atteggiamento critico grazie al suo cammino escatologico» (Una Chiesa possibile, cit., 199). Una Chiesa pienamente compagna dell’umanità nella sua storia e insieme custode e nutrice del suo «desiderio di infinito», come recita un altro suo titolo (Desiderio di infinito. Il cristianesimo e le aspirazioni dell’uomo, EDB, Bologna 2001). Un «desiderio di infinito» che lo conduceva negli ultimi anni a indagare e a proporre un «nuovo volto di Dio», riconoscibile nei tratti della misericordia, dell’umiltà, della mitezza, proposti da Gesù di Nazaret e puntualmente rinvenuti nel magistero di papa Francesco. Scriveva nel 1994: «La Chiesa è un’antenna elevata verso l’alto a indicare il cielo come zona di libertà e di realizzazione, una freccia che addita nell’infinito la su- prema destinazione dell’uomo (...) La Chiesa è la memoria vivente di questo destino. Senza di lei, la terra si farebbe più triste e più sola (...) mancherebbe dell’ultima risposta ai suoi angosciosi e angoscianti problemi» (Il Vangelo nel tempo, La Vita, Pistoia 1998, 120).
Mariangela Maraviglia, (Giordano Frosini 1927-2019) Desiderio d’infinito. Sacerdote amante del Concilio e della Chiesa, Il Regno-Attualità, 16, 2019, pp. 506-507.