Report Tavoli di Discussione

Report Tavolo 1. “Le giovani generazioni sono stanche di attendere: casa e reddito primo passo per l'emancipazione”

Partendo dal testo di convocazione del tavolo, che cercava di mettere sommariamente insieme le principali contraddizioni che le giovani generazioni vivono quotidianamente sulla loro pelle, si è creata una discussione partecipata che ha saputo sviluppare ulteriormente il discorso sul quale ci riunivamo, nell’ottica di una prospettiva comune di azione nei prossimi mesi e, dunque, della necessità di dare continuità al confronto e dibattito tra realtà.

La questione dell’abitare e del diritto negato hanno rappresentato la contraddizione centrale da cui siamo partiti per rappresentarci e comprendere quella che definiamo come precarietà giovanile, intesa come crisi di prospettive per le giovani generazioni. Dagli affitti proibitivi a mutui irraggiungibili, dal numero estremamente insufficiente di studentati al proliferare di studentati di lusso, passando per la ghettizzazione nei quartieri popolari e i processi generali che sempre più in questi ultimi anni hanno investito le città e i territori, snaturandone completamente il tessuto, tra cui i meccanismi repressivi di tutela della rendita e di attacco di qualsiasi esperienza di lotta dal basso: queste sono le questioni materiali da cui siamo partiti, che, intrecciandosi con quella del diritto allo studio e delle condizioni lavorative giovanili, delineano un quadro pessimo oltre che per le prospettive di vita future, anche per le condizioni di vita presenti.

Le esperienze riportate dalle varie realtà presenti, insieme a interventi su questioni solo apparentemente più specifiche (dalla condizione di studenti e studentesse che lavorano, alla questione dell’abbandono scolastico) hanno restituito l’ampio spettro di contraddizioni che viviamo. Tuttavia, ciò che è emerso è la consapevolezza che, di fronte alla crisi generale che scontiamo quotidianamente, ogni singola questione messa in campo non è più considerabile e affrontabile da sola, ma richiama immediatamente la sua ingente portata politica e la sua natura sistemica. Insomma, durante la discussione si è dimostrata naturalmente la necessità di saper fare i conti con la complessità e la totalità della fase storica che stiamo vivendo, e, di non perdere di vista il fondamentale terreno di ricomposizione sociale: potenziare la mobilitazione studentesca per rilanciare le alleanze con i settori sociali in crisi e rafforzare le lotte in termini generali.

Uno dei nodi emersi come centrali è sicuramente la problematicità del rapporto tra pubblico e privato che nel nostro paese si configura come un ritiro del primo a favore del secondo, evidente sul piano dell’abitare con la legge 431/98, il PNRR e il proliferare di studentati privati e di lusso. Ma anche la questione del ruolo dell’istruzione (scuola, università e ricerca) all’interno del nostro modello economico-sociale, l’esclusione di classe dai percorsi di formazione a causa della mancanza di forme di welfare, il finanziamento all’escalation bellica a discapito degli interessi popolari: l’individuazione di elementi politici generali del genere testimoniano l’importanza di momenti di confronto come questo e della loro riproducibilità nel tempo, soprattutto alla luce della diffusa esigenza avvertita della costruzione di un’opposizione politica generale a questo governo e alla classe politica unita che conduce quella lotta di classe dall’alto che, oltre ad aver generato la crisi di prospettive giovanile, attacca i lavoratori fuori e dentro i posti di lavoro, affama e fa pagare la crisi ai settori popolari.

Diversi i preziosi contributi portati da realtà giovanili: il Collettivo d’Ateneo di Firenze che ha riportato l’esperienza dello Studentato Autogestito PDM27 recentemente sgomberato con una manovra repressiva, TendeInPiazza di Milano e Cambiare Rotta sull’esperienza che nei mesi di maggio-giugno ha prodotto settimane e settimane di mobilitazione permanente con le tendate negli atenei, sotto le Regioni e al Ministero dell’Università, ma anche il sostegno e il contributo di altre realtà come i collettivi transfemministi, il Coordinamento Regionale Sanità e l’Associazione di docenti ALAS.

La tre giorni appena passata, ha avuto la possibilità e la funzione di mettere le basi e lanciare il lavoro politico che ci aspetta quest’autunno, quello dell’avvicinamento dei percorsi di lotta che in tutta Italia le realtà politiche e i movimenti portano avanti quotidianamente per la costruzione di un’opposizione a tutto tondo. Gli appuntamenti che sono stati segnalati durante il tavolo sulla precarietà giovanile sono: la mobilitazione nazionale di Cambiare Rotta del 14 settembre sotto gli Enti Regionali per il Diritto allo Studio per continuare le mobilitazioni contro il caroaffitti e per il diritto allo studio realmente garantito a tutti; l’assemblea nazionale del 29 settembre a Firenze in avvicinamento al corteo nazionale studentesco del 14 ottobre in seguito allo sgombero dello studentato occupato PDM27. È emersa chiaramente la necessità di relazionare tutti questi momenti studenteschi con le date di mobilitazione generali e nazionali come quello del 21 ottobre contro la guerra e del 19 ottobre, in cui, a partire da casa e reddito si metta al centro l’opposizione a questo Governo nella prospettiva generale di rilancio delle lotte.

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Report Tavolo 2. Edilizia Privata e Pubblica “Il sistema duale sbilanciato a vantaggio della proprietà

(o della rendita)”

Il tavolo ha evidenziato anzitutto la connessione tra la questione dell’edilizia residenziale pubblica ed il mercato degli affitti privato, così come ha fatto emergere la connessione tra il mercato degli affitti alla questione mutui, al di là delle questioni specificamente legate al mondo giovanile (studentesco e non) che sono trattate in tavolo separato. Si è partiti dai dati e dalla proposta di legge di iniziativa popolare che emerse dai tavoli di discussione del 2021 in questo stesso luogo.

Di fatto la questione mutui appare legata alla carenza di edilizia residenziale pubblica (per cui chiediamo un milione di case popolari) e all’alto costo dei canoni di locazione che spingono le persone ad accendere un mutuo piuttosto che pagare affitti molto alti e sono 5 milioni le famiglie indebitate, di cui 300mila in difficoltà con il pagamento del mutuo. Dunque se è vero che negli ultimi anni la situazione di liberalizzazione del mercato privato ha condotto alla necessità di ragionare su forme di regolamentazione, altrettanto va fatta una proposta in termini di edilizia pubblica, perché siamo al livello più basso (2,5%) europeo e tutto ciò che viene offerto in termini di aggiustamento appare sempre complice con il meccanismo della rendita: i famosi canoni concordati dell’Edilizia Residenziale Sociale emergono essere ad esempio portati a livelli più alti dello stesso mercato privato, favorendo la grande proprietà. Per il momento le risposte del governo sono i 300 milioni stanziati da Salvini.

La proposta di legge che ha fatto partire la discussione intende non solo introdurre delle forme di calmierazione dell’affitto ma introdurre e ribadire il principio politiche c’è una parte debole nel rapporto di locazione, che ha un bisogno di casa, e una parte forte che è proprietaria di quel bene d’uso che soddisfa quel bisogno. Dall’altro chiaramente stare a una norma che regolamenta, nella consapevolezza che la legge non significa cambiare strategia e mettersi a scrivere le leggi, ma anzi la legge deve essere un pezzo importante di una mobilitazione più generale che sia in grado di spingerla e di affermare una presa di parola collettiva su una questione che colpisce la nostra vita in maniera così diretta e che, viene sottolineato, anche una risorsa fondamentale per l’emancipazione dalla famiglia. Una delle proposte avanzate è che si componga uno spezzone sociale alla manifestazione del 21 ottobre a Coltano.

La proposta di legge è questa: Viene definito un parametro, K, che ha a che fare con l’unità di canone base, che è un valore che viene definito per legge e viene rivisto annualmente dal ministero. Ed è già un valore che può essere di sei euro per le città metropolitane, 3 euro per il resto.

C’è poi un altro parametro viene poi sommato a un parametro secondo Y, che è territoriale e dipende dalla contrattazione locale, mettendo dei limiti. L’indicatore non può mai superare del 60% del paramentro KxMq.

È un meccanismo oggettivo, secco, che ti permette di andare a vedere quale sia il canone base per una casa in un territorio. Introduce poi un meccanismo controllabile soggettivamente. Noi dobbiamo porci il problema non solo dei lavoratori a basso reddito, ma anche di chi ha un reddito molto prossimo allo zero.

Introduciamo un meccanismo che impone un canone che non incide per più del 25% dell’ISEE, e per il 20% del salario. Quindi abbiamo usato due parametri, sia rispetto al calcolo oggettivo che soggettivo.

Laddove l’inquilino subisce un’incidenza del canone rispetto a questi parametri: può autoridursi il canone rispetto a quei parametri, comunicandolo semplicemente al proprietario. A quel punto il proprietario avrà una detrazione del Delta, la differenza tra canone iniziale e canone ristretto dai parametri. Se il proprietario non può usufruire di quel delta, allora la regione, il comune deve integrare quel delta.

L’ultimo aspetto della legge è quello relativo alla tassazione delle case sfitte, che si quadruplica dopo un periodo di 36 mesi in cui la casa è sfitta (24 mesi in caso di case di nuova costruzione) e questo va a sostenere un fondo di sostegno agli affitti. Inoltre, individuate dai singoli le case in situazione di non affitto da lungo tempo, si può fare richiesta al comune di affittarle a canone calmierato. Questo per unire la questione della calmierazione alla lotta alla finanziarizzazione degli immobili e all’eccessivo consumo di suolo.

La discussione sulla legge all’interno del tavolo ha evidenziato vari aspetti sia critici che positivi. Anzitutto è stato osservato come questa proposta riesca a far rientrare nell’alveo della costituzionalità la questione casa, eliminando le forme di agevolazione fiscale a favore dei proprietari che non rispettano la progressività del regime fiscale sancito dal dettato costituzionale. In secondo luogo, comprende una sensibilità ambientale che andrebbe ribadita in maniera più evidente.

Un limite trovato alla proposta di legge riguarda una questione legata al bisogno: quanti metri quadrati per persona? Quanti persone per ogni bagno?

Il tavolo ha fatto emergere anche la questione dei mutui, su cui va fatto un ragionamento anche perché ci costringe a fare i conti con un ceto medio impoverito, che prima viveva senza disagi e ora è in difficoltà. Sui mutui l’unica traccia che si può seguire è una legge proposta dal governo Prodi nel 2008 e poi confermata dal governo Berlusconi. La legge prevedeva interventi dell’ex IACP per coloro che hanno la casa pignorata. Colui che ha stipulato il mutuo si vede la casa comprata dall’IACP, ma poi può ripartire con il mutuo appena ha di nuovo i soldi. Uno dei problemi sollevati riguardano il meccanismo di accesso al credito: non basta avere i soldi per il mutuo; invece, si allarga sempre di più la platea degli aventi accesso al credito. Per sostenere i costi che la rendita pretende, servono sempre più persone che sono esclusi dal credito. Oltretutto nel capitalismo della sorveglianza, chi non h accesso al credito fa parte delle classi pericolose (per esempio gli occupanti). In mancanza di altri strumenti, appaiono anche loro come prigionieri del mattone, che impiegano l’80% del loro salario per pagare il mutuo. Quello che c’è adesso è insufficiente, che ti intervengono quando non puoi pagare il mutuo, ma la questione va risolta alla base: Bisogna pensare a qualcosa per cui la rata stessa del mutuo non diventi qualcosa che ti impedisce di vivere.

Ciò che emerge dal tavolo è:

·   proseguire con il ragionamento sulla proposta di legge

·   Rivedersi e costruire uno spezzo sociale il 21 ottobre

·   Proseguire la mobilitazione a sostegno della legge.

·   Necessità di un ragionamento sulla questione dei mutui.

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Report Tavolo 3 “Salute, ambiente e consumo di suolo”

I contributi emersi dal tavolo hanno messo in relazione il tema della gestione dei territori, urbani ed extraurbani, con la dimensione della salute, intesa in senso ampio, come condizione del buon vivere, sintetizzabile nello slogan “se c’è tutto c’è anche la salute”.

Il tentativo è stato quello di mettere enfasi sugli aspetti comuni e non quelli divisivi, proprio per trovare delle linee comuni. Da ognuno dei contesti che hanno preso parola è emersa la necessità di coltivare le relazioni con altre realtà, anche per superare i localismi e mantenere una visione globale dei problemi di pianificazione ambientale e sociale che influiscono sulla salute dei corpi/territorio. In moti degli interventi è stata sottolineata la necessità di un’ottica  e pratiche eco trans-femministe.

È emersa la volontà di un supporto reciproco, pur consapevoli delle differenti modalità di agire, che possono però essere messe in comune e a confronto. Come emerso dagli interventi del tavolo c’è una generale fatica a comunicare in modo concreto e ad ottenere dunque un maggiore consenso che possa trasformarsi in attività concrete.

La volontà è quella di condividere le pratiche e rilanciare alcune date di mobilitazione locale e nazionale per mettere in comune lotte e lo sforzo di convergenza.

In ordine cronologico è stata rilanciata l’assemblea del 23 e 24 settembre a SNIA della rete End Fossil. Il 13 ottobre la rete No Inceneritore propone una mobilitazione sotto alla Regione Lazio inerente alla questione rifiuti, a cui unire la questione idrica e ruolo ACEA. Questa può essere l’occasione per convergere sotto alla Regione e magari costruire un’assemblea il 7 ottobre a Porto Fluviale per arrivare a quella data, poiché ogni realtà della regione Lazio ha i suoi buoni motivi per aderire e denunciare in regione i vari scempi messi in campo negli ultimi anni.

Il 19 ottobre mobilitazione nazionale diritto all’abitare: si propone di essere un punto di rafforzamento delle iniziative che si producono a livello territoriale, provando ad arrivare coesi e fuori dalle logiche della rappresentanza partitica, recuperando una forma di riorganizzazione sociale contro le grandi opere, un antagonismo al sistema delle imprese e della logica dei commissari/emergenza, ovvero tutti i meccanismi volti a cancellare la voce popolare.

Come tavolo aderiamo alla mobilitazione del 21 ottobre a Coltano, contro la guerra e contro la NATO, per la liberazione dei territori dai meccanismi di gestione privata delle risorse e dei fondi che vengono destinati in modo iniquo. Il tavolo mette sul piatto anche la questione dell’impatto del conflitto armato sulla crisi alimentare, economica e sanitaria del Paese, cui è necessario far fronte collettivamente.

30 ottobre chiusura dibattito popolare sulla costruzione dello stadio della Roma. I comitati di Pietralata contro la costruzione dello stadio che leva spazio al Pertini e mangia ancora suolo con edificazione e costruzione nuovo centro commerciale propongono un’iniziativa.

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Report Tavolo 4. Abitare e Repressione “La categoria dei senza titolo sul banco degli imputati”

Si è partiti dall'analisi della proposta di legge Bisa (Ac 566) sull'occupazione arbitraria di immobili e della proposta di legge regionale del Lazio n. 37 del 20 giugno 2023 (istituzione del fattore famiglia), per poi soffermarsi sull'ultima direttiva Piantedosi con gli indirizzi operativi contro le occupazioni di stabili o alloggi.

Si è evidenziato che nell'ultimo decennio (2014-2023) si è registrato un progressivo peggioramento dei dispositivi securitari, passando dall'articolo 5 della legge Renzi-Lupi ai pacchetti sicurezza Minniti/Orlando, rafforzati dal contratto di governo Lega-5 stelle e arrivando fino ad oggi con il governo Meloni e le sue prossime determinazioni. Al fianco di questo percorso legislativo abbiamo sempre visto schierati i mass media in forma più o meno aggressiva ma concordi nel realizzare il consenso necessario a sostegno di questo avvitamento securitario progressivo.

La proposta di legge Bisa prevede per chi occupa senza titolo un alloggio o uno stabile l'obbligo di arresto con l'accusa di resistenza (anche in caso di resistenza passiva) e una previsione di pena da 3 a 7 anni. Con questa entità di pena sarà possibile avviare intercettazioni e l'arresto in flagranza per chi si intromette. Oltre ciò si può prevedere per equiparazione il livellamento verso l'alto delle misure già esistenti.

Questa legislazione progressiva produce nei fatti esclusione sociale e provvedimenti amministrativi come quello della regione Lazio denominato "fattore famiglia" che esclude dai benefici e dalle tutele previste coloro che hanno occupato negli ultimi cinque anni un alloggio o uno stabile, confermano un indirizzo teso a rappresentare l'occupante come il nemico pubblico numero uno e l'occupazione come macchia morale indelebile.

In questo senso non abbiamo notato finora differenze tra centro-sinistra e centro-destra. La direttiva Piantedosi poi introduce definitivamente il concetto di sorveglianza permanente e di controllo sui movimenti di lotta per il diritto all'abitare, sollecitando sgomberi e allertando il pubblico ed il privato per garantire la difesa degli edifici vuoti. Per cui la vigilanza è più importante del riuso di ciò che è abbandonato. In questo le polizie municipali vengono chiamate a svolgere un compito di pubblica sicurezza a tutti gli effetti.

Pisa ha aperto gli interventi tra le città presenti, sottolineando la necessità di costruire una diversa narrazione sulla colpevolizzazione di chi non ce la fa a pagare un affitto o un mutuo, spesso stigmatizzati dagli stessi assistenti sociali che legano e condizionano la gestione del welfare alla posizione cosiddetta abusiva del richiedente. Ha inoltre messo in connessione le ridotte scelte economiche rivolte verso bisogni primari con un'escalation dell'economia di guerra. I costi sociali derivanti sono grandi e producono emarginazione e conseguente criminalizzazione. Per questo verso la mobilitazione del 21 ottobre sarà necessario intensificare le pratiche di lotta sugli sfratti in crescendo e contro la legge 431/98 che ha prodotto l'attuale stato dell'abitare nel nostro paese. Le iniziative devono avere un'articolazione nazionale e contestualmente va divulgata al meglio l'informazione sui dispositivi securitari in arrivo.

Anche Milano, che ha subito l'ennesimo sgombero senza soluzione di uno stabile occupato, ritiene necessario riaprire una stagione dove le pratiche di riappropriazione come forma di reddito indiretto tornino con forza. La connessione nazionale può fare la differenza anche sulla questione residenze, un tema sul quale si viaggia ancora in controtendenza, nonostante deroghe o altre forme di gestione locale della legge Renzi-Lupi. Se sulle forniture elettriche e idriche si è tenuto botta, sulle residenze la discriminazione è ancora molto presente.

Bologna ci ha illustrato una strategia di gestione degli sgomberi decisamente resiliente e suggestiva, anche se forse non semplice. Una sorta di passaggio da casa a casa autorganizzato che laddove riesce vede apparire il nucleo sgomberato in un nuovo alloggio, mentre quello minacciato si lascia vuoto all'arrivo dell'ufficiale giudiziario o della forza pubblica. Anche in questa città il ruolo degli assistenti sociali spesso è più deleterio che utile.

 

Dopo che Verona ci ha restituito la modalità del loro attivismo con l'occupazione esistente e il loro impegno sugli sfratti in connessione con il sindacato AdL, anche Cosenza sul tema sfratti/affitto ha dato il suo contributo. Soprattutto ha evidenziato come la cancellazione del reddito di cittadinanza, che aveva consentito la stipula di diversi contratti d'affitto in città, ha trasformato inquilini paganti in inquilini morosi e la garanzia che il reddito di cittadinanza aveva spinto proprietari di alloggi ad affittare è venuta a mancare. Con le amministrazioni comunali in dissesto nessuna soluzione a sostegno è possibile e con questo anche i servizi sociali diventano pericolanti. Emerge alla fine del confronto la necessità di rompere un'egemonia culturale che colpevolizza i poveri e che mette i penultimi contro gli ultimi, il bisogno di lavorare in rete e di rivederci al più presto per proseguire il lavoro svolto fin qui.