"Nulla dies sine linea"
(Plinio il Vecchio)
A inizio anno ho chiesto ai miei ragazzi di compilare un questionario sulla scrittura. Alla domanda "Secondo te come imparano a scrivere gli scrittori?" sono stati in tanti a rispondere che saper scrivere è un dono, una dote che non si può imparare: uno o ce l'ha o non ce l'ha. Qualcuno però ha centrato subito il punto, e ha risposto: "Scrivendo".
Ecco, sta tutto lì in quel gerundio il senso di quello che ho cominciato a fare in classe. I miei ragazzi scrivono per due-tre ore a settimana a scuola, mentre a casa devono continuare il lavoro sulle bozze producendo un numero concordato di facciate, oltre che scrivere annotazioni e riflessioni sul loro taccuino. Mentre loro lavorano, io passo tra i banchi per aiutarli in consulenze individuali o per piccoli gruppi.
Il rapporto 1:1 li chiama in causa direttamente, li forza a migliorarsi perché li rende, forse per la prima volta, responsabili nel vero senso della parola: capaci di rispondere delle loro decisioni, di motivarle, di chiarirle a loro stessi prima che a me. Allo stesso tempo io li conosco meglio, sento di poter essere più efficace ed incisiva, modellando le loro pratiche sulle mie e su quelle di altri scrittori, celebri o sconosciuti, esperti o alle prime armi. Spesso infatti gli esempi e gli aiuti vengono dai compagni stessi, durante il tempo dedicato alla condivisione o durante le "consulenze tra pari" su aspetti specifici della scrittura.
Ogni ora comincia con una minilesson di quindici-venti minuti su processo di scrittura, strategie e tecniche specifiche, generi, autori, procedure del laboratorio. La minilesson si conclude spesso con un esercizio di quickwrite, quelli che la mia collega e amica Silvia Pognante chiama "lampi di scrittura", utilissimi per mettere subito in pratica quanto appreso e per migliorare la scorrevolezza. Il tempo rimanente è dedicato alla scrittura individuale e alle consulenze, ma ogni volta cerchiamo di ritagliarci almeno cinque minuti per condividere la bellezza: un passaggio, una frase, una parola donati da uno scrittore ad altri scrittori.
Piano piano infatti i ragazzi cominciano a pensare a se stessi come scrittori, a scambiarsi consigli durante il cambio dell'ora ("Ma tu come hai fatto a superare il blocco dello scrittore?"), a lavorare su se stessi prima che sui pezzi ("Prof, posso isolarmi?" detto dal ragazzo più elettrico della classe), a sperimentare strategie per migliorarsi ("Qui provo ad aggiungere dettagli che mostrano?"). La strada è lunga, il nostro viaggio è appena iniziato, ma il cambiamento lo vedo in loro e nei loro pezzi, lo vivo mentre sto lì in mezzo e ridò un senso al mio essere insegnante.
Fatica? Tantissima! Per me, che sono chiamata ad ascoltare attentamente ogni ragazzo e ragazza e a rispondere ad esigenze sempre diverse, e per loro, che sono costretti a modificare in profondità il loro atteggiamento, lasciando la comfort zone della lezione tradizionale, spesso passiva, per immergersi in un'esperienza, quella del laboratorio, che li vede protagonisti come persone che scrivendo pensano, agiscono, creano, si assumono dei rischi, rispondono delle loro scelte. E crescere non è forse questo?
Un paio di link utili per approfondire il metodo del Writing and Reading Workshop: