Cos'è il sacramento del Matrimonio

1. Cosa ci dice il NT sul matrimonio?

Uno dei riferimenti biblici imprescindibili in un percorso per i fidanzati è sicuramente il passo di Ef 5,21-33. S. Paolo offre un vero e proprio codice di vita per la famiglia, è una splendida catechesi su come vivere le relazioni all’interno delle mura domestiche. Egli esorta tutti alla sottomissione reciproca (v. 21) e, nello specifico, le mogli verso i propri mariti come al Signore (v. 22). Molti in passato, specie i movimenti femministi, hanno additato questo brano come la causa del maschilismo nel cattolicesimo. In realtà l’operazione compiuta da Paolo è molto più profonda: egli assume quello che era l’istituto familiare tipico della sua epoca, cioè la famiglia patriarcale, e lo reinterpreta alla luce della rivelazione cristiana. Le relazioni tra marito e moglie, nella fede cristiana, scaturiscono dalla loro comune relazione fondamentale con Cristo, nel quale sono inseriti fin dal battesimo. Cristo è il Salvatore della Chiesa. Quest’ultima è il suo Corpo, del quale Cristo è il capo. Questo duplice riferimento, cristologico ed ecclesiologico, rivoluziona il modo di vivere anche all’interno di una famiglia di stampo patriarcale. Da qui si comprende l’impegno dei mariti verso le mogli (v. 25 “amate le vostre mogli come anche Cristo ha amato la Chiesa”; v. 28 “i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo”) e delle mogli verso i mariti (v. 22 “le mogli lo siano [sottomesse] ai loro mariti come al Signore”). La comunità costituita dal matrimonio si realizza attraverso una reciproca donazione che è anche una sottomissione volontaria e vicendevole. Cristo è insieme fonte e modello dell’amore nuziale e conferisce agli sposi la grazia del sacramento che permette di vivere un amore di consegna reciproca (v. 25 “... Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”). Paolo qui adopera lo stesso verbo utilizzato in Gv per indicare la passione di Cristo: viene quindi proposta agli sposi cristiani la misura e il prezzo dell’amore Pasquale di Cristo, non solo come modello a cui ispirarsi, ma come la fonte del loro stare insieme. Qui emerge l’intreccio tra il disegno originario di Dio nella creazione (Cf. Gen 1,24) e il progetto di salvezza dell’umanità, compiuta da Cristo: diventare un’unica carne, significa giungere ad essere una sola realtà, un’intima comunità di vita e d’amore coniugale (Cf. Gaudium et spes, 48). Il dono del matrimonio sacramento è radicato nella grazia del battesimo che stabilisce l’alleanza fondamentale di ogni persona con Cristo nella Chiesa (non a caso la liturgia nuziale si apre con la memoria del battesimo). La novità del matrimonio cristiano risiede proprio nel fatto che gli sposi diventano attualizzazione nella storia dello sposalizio di Cristo e della Chiesa. Ciascuno dei due sposi accoglie l’altro da Cristo come dono e a sua volta si dona all’altro come segno dell’amore di Cristo per l’umanità. Il matrimonio è vocazione, in quanto è la risposta alla specifica chiamata a vivere l’amore coniugale, come segno imperfetto dell’amore tra Cristo e la Chiesa.

2. Che cos’è il consenso matrimoniale?

È l’atto costitutivo dell’unione matrimoniale. Scambiandosi reciprocamente il loro sì, gli sposi non pronunciano una parola tra le tante, ma una parola “performativa”, che cioè realizza quello che significa. Il consenso, proferito nell’atto celebrativo, assume l’incontro tra un uomo e una donna, basato sull’amore naturale, e gli conferisce un significato soprannaturale. Il sentimento si fa volontà d’amore che abbraccia il bene di tutta la persona, per tutto il suo tempo. La libera scelta di un amore totale, fedele e fecondo si inscrive nella struttura celebrativa e il segno sacramentale del consenso rende gli sposi i ministri del matrimonio. Inoltre il consenso non è solo un sì degli sposi a Cristo, ma di Cristo agli sposi, pertanto va letto come un atto triangolare: se il matrimonio è un “compromesso” lo è tra gli sposi e Cristo. Poiché il consegnarsi di Cristo alla Chiesa è per sempre, anche il consegnarsi degli sposi tra loro sarà per sempre, con l’aiuto della grazia divina. Gli sposi non saranno soli nell’affrontare le sfide che si presenteranno nella loro vita matrimoniale. Cristo stesso “viene incontro ai coniugi nel sacramento del matrimonio, egli rimane con loro, dà loro la forza di seguirlo prendendo su di sé la propria croce, di rialzarsi dopo le loro cadute, di perdonarsi vicendevolmente, di portare gli uni i pesi degli altri” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1642). Il matrimonio cristiano è un segno che non solo indica l’amore di Cristo per la Chiesa, sigillato sulla croce per sempre con un atto unico ed irrevocabile, ma lo rende presente nella comunione degli sposi. Da ciò deriva l’indissolubilità quale caratteristica peculiare dell’unione matrimoniale. È importante tuttavia tenere presente che si tratta di un’analogia imperfetta e che il matrimonio rappresenta un cammino dinamico di crescita degli sposi e di relizzazione graduale di questo progetto. Francesco al riguardo afferma: “non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio” (AL 122).

3. Che cosa rappresenta la sessualità nel matrimonio?

La sessualità nel matrimonio è un linguaggio col quale gli sposi si comunicano l’amore, che si incarna negli atti propri dei coniugi. Attraverso il linguaggio del corpo gli sposi esprimono la loro capacità di donarsi liberamente e consapevolmente, e di ricevere il dono dell’altra persona. La sessualità è il linguaggio fondamentale per comunicare l’amore totale, cioè di tutta la persona (corpo, mente, spirito) e per tutto il tempo (per tutta la vita terrena). Di conseguenza “gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità sono onesti e degni; compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente nella gioia e nella gratitudine gli sposi stessi” (GS 49). Il consenso è l’atto costitutivo dell’unione coniugale, ma quella stessa unione va poi completata e perfezionata con la consumazione sessuale nel matrimonio. La Chiesa ha una considerazione altissima della sessualità umana, perché nel matrimonio la sessualità non è il semplice esercizio della genitalità, ma coinvolge tutta la persona in un progetto di vita sponsale. Quando l’uomo e la donna, in virtù del patto coniugale, si uniscono così da diventare una sola carne, la loro unione corporea vuole significare l’unità di vita nella verità e nell’amore. “L’unione sessuale, vissuta in modo umano e santificata dal sacramento è a sua volta per gli sposi via di crescita della grazia. Il valore dell’unione dei corpi è espresso nelle parole del consenso, dove i coniugi si sono accolti e si sono donati reciprocamente per condividere tutta la vita” (AL 74).

4. Come viene intesa l’accoglienza dei figli nell’insegnamento della Chiesa?

L’amore totale e fedele è anche fecondo, cioè aperto alla possibilità della vita. La fecondità è la conseguenza e la manifestazione della comunione delle persone. Nell’esame degli sposi la domanda n. 7 riguarda proprio l’apertura alla vita: “Il matrimonio è di sua natura ordinato al bene dei coniugi, alla procreazione ed educazione della prole. Accetta il compito della paternità, senza escludere il bene della procreazione? Intende dare ai figli un’educazione cattolica?”. I fidanzati che frequentano i nostri percorsi parrocchiali spesso hanno già dei figli, pertanto sarà opportuno aiutarli ad acquisire una maggiore consapevolezza del loro compito di genitori nell’orizzonte del matrimonio cristiano. Il figlio è una benedizione, un dono di Dio, ma al tempo stesso un compito che dura per tutta la vita. La Chiesa esorta i coniugi all’assunzione responsabile della missione della genitorialità. La vita si trasmette attraverso il dono di due persone che si amano, pertanto si può dire che il figlio è incarnazione dell’amore. Quando due persone si amano profondamente e si donano completamente la vita viene trasmessa nella generazione come frutto dell’amore. “Mentre si donano tra loro, donano al di là di se stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno permanente dell’unità coniugale e sintesi viva ed indissociabile del loro essere padre e madre” (AL 165). I genitori sono infatti un richiamo costante alla paternità e maternità di Dio, essi collaborano con Lui all’opera creatrice. Solo Dio è l’autore della vita, gli sposi cristiani non danno la vita, ma la trasmettono, cooperando col Creatore, affinché l’immagine e somiglianza di Dio che è in loro possa perpetuarsi. Non basta accogliere i figli e metterli al mondo, ma occorre anche educarli cristianamente. Per questo generare un figlio è anche un atto di fede. La domanda circa i figli e la loro educazione è strettamente legata alla validità del consenso, senza questa intenzione il matrimonio celebrato è invalido.


QUANDO IL MATRIMONIO E’ NULLO

Quante carte per sposarsi!! Forse vi sarete domandate se è così importante tutto questa burocrazia per sposarsi. Voi forse ne avreste benissimo fatto a meno!!

Anche per la Chiesa tutto questo non è essenziale. Però, è giusto considerare il vostro matrimonio non soltanto un avvenimento intimo, solo per voi due, ma anche un fatto sociale e con risvolti sociali: infatti avrete dei beni in comune e una casa regolata da leggi, ci sono degli impegni comuni verso i figli con specifici doveri, c’è un rapporto con il municipio e la società civile che non è più soltanto di uno o dell’altro come singolo, ma anche di ‘famiglia’. Le carte hanno pur sempre una ‘certa’ importanza.

Ma ora questa scheda ci aiuta a capire che la Chiesa ha un concetto di matrimonio radicalmente diverso e più profondo di quello che normalmente si pensa nel mondo e probabilmente si avvicina a quanto voi stessi sentite.

Per lo Stato infatti il matrimonio è una ‘società di due persone’ che mettono insieme beni, energie regolate da leggi e un domani avranno dei figli da educare secondo dei doveri. Come ogni buon contratto sociale si scrive tutto ben bene sulla carta e poi si firma. La firma è tutto. Quando c’è una regolare firma, tutto prende valore. Non conta più l’intenzione o le diverse interpretazioni personali, ma ciò che è stato regolarmente sottoscritto.

Per la Chiesa invece vale prima di tutto l’intenzione, il cuore, le convinzioni: più e prima della firma. Al punto che la firma (pur con i testimoni, con la cerimonia e tutto il rito) può anche diventare “nulla”, nel caso in cui è palese che l’intenzione o le convinzioni non erano quelle rette.

E’ così infatti che la Chiesa arriva a considerare ‘la nullità’ di un matrimonio anche se regolarmente firmato; lo Stato invece no. Lo Stato oggi col divorzio, pur considerando valido il precedente contratto matrimoniale, consente di concluderlo e farlo terminare; dopodiché se ne può fare un altro che prende il posto del precedente contratto.

Per la Chiesa il matrimonio contratto validamente è valido sempre, e i due sono eternamente uniti, a meno che non ci si accorga che non si sono mai uniti per davvero (quindi in quel caso il vero matrimonio non c’è mai stato! Appunto... ‘Nullità di matrimonio’!).

Quando il matrimonio sarebbe nullo e quali valori sono indispensabili perché un matrimonio sia un vero sacramento, un matrimonio cristiano, un matrimonio cristianamente vero?

Per la Chiesa il matrimonio non è semplicemente una società, ma una comunione di vita; i due non sono ‘soci’ (cioè con un contratto reso valido da un pezzo di carta e con un altro pezzo di carta può essere sciolto), ma sono “due che diventano una sola carne”; un tutt’uno dentro, che non può essere diviso.

Allora al parroco non vien raccomandato solo di fare tutte le ‘carte’ (e assicurarsi che tutte le firme e i timbri siano a posto), ma vien chiesto di assicurarsi che ci siano le vere e giuste intenzioni, perché il matrimonio sia valido. Questo certamente lo pensate giusto anche voi; anche voi pensate che chi vi unisce non è il pezzo di carta (contratto), ma le vostre intenzioni, sentimenti, convinzioni interiori....

Che cosa si richiede dunque perché un matrimonio sia un vero matrimonio cristiano (comunione di due vite)?

Qui di seguito troverai i contenuti del (simpaticamente chiamato!) “processetto” ovvero il modulo che il parroco compila dopo aver posto personalmente alcune domande al singolo fidanzato in privato. Alle domande del parroco dovrete rispondere con vera convinzione, possibilmente argomentando con qualche parola e non soltanto rispondendo ‘Si’ e ‘No’.

a- Sposarsi in chiesa, perché?

I fidanzati dovrebbero domandarselo.

Non ci si sposa in chiesa soltanto perché è tradizione; non soltanto perché lei o la mamma vi ‘costringono’ o vi supplicano; né per altri motivi esteriori.

Le motivazioni valide sono perché credete che Dio c’entra col tuo-vostro matrimonio; perché vi piace il cristianesimo; perché volete mettere nella vostra vita matrimoniale l’amor

cristiano cioè lo stile di amore che è stato tipico di Cristo Sposo verso la Chiesa sua Sposa;...

Nella domanda si chiede anche se avete qualche difficoltà ad accettare l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio. Più avanti si precisano i dettagli importanti.

b- Il consenso reciproco.

Si fa un matrimonio cristiano quando è basato sull’amore reciproco, quindi sul libero consenso. Il contrario è sposarsi per altri interessi, convenienze o per paura; o per costrizioni di genitori e parenti o di chiunque altro, fosse pure per rimediare ad eventuali gravidanze.

A molti questa domanda può sembrare superflua, ma è importante tenere ciò ben in evidenza, perché senza questo l’atto di sposarsi sarebbe nullo, anche se fosse fatto in chiesa e con tutte le esteriorità.

Rientrano in questo contesto anche alcuni impedimenti: la incapacità di intendere e volere; la incapacità psicologica di dare e rispettare la parola. Questo secondo elemento non va sottovalutato. C’è da verificare se vi sia il lucido consenso in colui che (per dis-educazione, per situazioni particolari, per troppi psicofarmaci e tossicodipendenza...) faccia dubitare con fondamento che sarà infedele alle promesse, superficiale nel dar la parola (il ‘Si’ eterno e indissolubile) e spergiuro, perché per lui la parola non è mai ‘sacra’ nemmeno quella proclamata davanti a Dio e alla comunità.

c- matrimonio ‘unico’ e fedele.

La domanda esclude che si possano fare due matrimoni (il secondo dopo che si è rotto il primo); esclude che ci possano essere due mariti o due mogli (come tra gli islamici); esclude che possano infiltrarsi ‘amanti’ (stabili o anche saltuari: quello che viene chiamato ‘il tradimento’); esclude che il matrimonio possa cessare (nella vita che Dio concede di vivere) per qualsiasi motivo; in altre parole non c’è mai un motivo buono per rompere un matrimonio.

L’unità qui chiesta è prima di tutto un’unità dentro, un voler esser coppia unita, voler essere un tutt’uno e non semplicemente due individui che stanno sotto lo stesso tetto.

Se uno vuol fare un matrimonio senza queste qualità fondamentali (‘unità’ e fedeltà), partirebbe già col fare un atto nullo: non ha fatto un matrimonio cattolico.

d- possibilità di divorziare?

E’ collegato al punto precedente. Questa domanda tende a stabilire se nella coscienza attuale dei fidanzati c’è prevista la possibilità di sciogliere il matrimonio per qualsiasi motivo; esempio: “Se non andiamo d’accordo.., se lui mi tradisce.., se …ecc..”. Prevedere la possibilità di ricorrere al divorzio già dice che non c’è la vera volontà di un matrimonio come unico e fedele; ossia la volontà di un matrimonio come lo prevede la Chiesa, l’unico considerato vero matrimonio; (“nella buona e nella cattiva sorte”); Qui non viene chiesta una previsione matematica “succederà a noi di rompere il matrimonio o no?”), né cosa penserai fra 20 anni: infatti come si fa a sapere cosa succederà dopo 10 anni? Viene chiesto invece cosa pensi ora; se ora la tua mente è occupata dalla volontà di un matrimonio vero o se già metti in previsione la possibilità di costituirne un altro, nel caso che...

Questa previsione svuota e rende nullo il matrimonio cristiano.

e- Maternità-paternità

Qui si fanno due richieste.

La prima riguarda la possibilità di avere figli. Accettate di averne o partite già con la volontà di non volerne mai? Qui non si chiede se averne uno o quattro; non si chiede quali metodi userete per regolare la fertilità.

Se ci fosse la chiara volontà di escludere i figli dal proprio matrimonio (es: non voglio figli perché sono un impiccio, perché non li sopporto...), i due non faranno un vero matrimonio cristiano.

La seconda domanda riguarda la educazione cattolica dei propri figli.

f- Poni condizioni al matrimonio? Quali?

La domanda è collegata al punto precedente quando si diceva che per un cristiano non c’è mai un motivo buono per rompere un matrimonio. Quindi sarebbe invalido un matrimonio in cui un coniuge pensa di essere fedele solo se l’altro avrà l’eredità, se l’altro è stato sempre vergine, se non succederanno incomprensioni, se avremo figli…


Scheda sul matrimonio Ufficio Famiglia.pdf
Quando il matrimonio è nullo.pdf